1. Il capitolo della mia nuova vita

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RIELE
Il cielo di Ottawa è sereno con delle nubi iridescenti così ammirevoli e colorate. Il clima è molto tollerante oltre ad essere illuminato dal bellissimo sole rigoglioso che accompagna i rami quasi spogli, dove il soffio autunnale scuote le restanti foglie che cadono danzanti a terra. L'arrivo dell'autunno è imminente.

Il tempo in questi quattro anni è decisamente tramutato e non mi riferisco solo ai cambiamenti climatici, ma in modo particolare a me. La Riele di oggi è decisamente progredita rispetto a quella del passato: sono cresciuta molto dal punto di vista fisico, e sono alquanto maturata sul piano mentale.

Devo ringraziare il mio percorso universitario alla University Fashion dove ho affinato le mie doti e il mio talento, alzando la fiducia in me stessa oltre alla mia sicurezza; quest'ultima ne ho fatto da padrona. Ora sono decisa più che mai sulle mie scelte e su ciò che voglio. Ho annientato quel colosso di fortificazioni compiute dalla mia sfiducia che si è fatta molto sentire nei primi anni e nonostante ciò,
nel lungo andare, l'ho superato. Con mia grande felicità mi sono aggiudicata la laurea ad inizio settembre, finalmente!

Ho anche imparato dai miei errori, ascoltando bene sia me stessa che gli altri e non potevo in alcun modo continuare ad essere insicura e farmi dirigere dalle mie paure, visto a ciò che mi ha portato verso una delle persone più importanti della mia vita. A causa di queste sfere comportamentali mi hanno costretta a terminare dolorosamente la mia relazione amorosa con lui, Jace.

Lascio che le mie dita scivolino sul vetro appannato della finestra semichiusa, percependo il freddo corrodere il mio calore. Il rumore della pressione è lievemente stridulo come le mie passate urla di dolore, nei mesi successivi dalla nostra rottura.

Perdurando anche dopo un anno

«Ma che? Riele. Che diamine ci fai ancora appiccicata contro il vetro del salone? Fra meno di otto ore prenderemo l'aereo» mi rimprovera Joanna, mia cugina.

Mi stacco da esso, girandomi per guardarla.

«Sei davvero impaziente Jo» ridacchio, ponendo i miei ultimi capi nella valigia grigia «Ero lì da soli cinque minuti.»

Lei si sventola una mano sul viso.

«E solo che sono molto nervosa ed emozionata allo stesso tempo. Ti rendi conto che andremo a Los Angeles, in California dolcezza?» mi canticchia lei muovendo il suo bacino contro il mio.

Ricambio il colpo sorridendole.

«Ricordo eccome» affermo.

Ho perso il conto degli insistenti e pressanti suppliche che Joanna mi rivolgeva durante gli anni in cui sono stata ad Ottawa, la città in cui vive. Mi tartassava continuamente sulla promessa che le avevo garantito nei miei penultimi arrivi da Los Angeles. Voleva che la portassi a visitare la città visto che non ne ha mai avuto purtroppo l'occasione, e ci teneva tanto a intraprendere un viaggio insieme a me.

Così l'avevo assicurata che dopo la laurea saremmo partite non solo verso Los Angeles ma anche in Europa. Eppure quest'ultima tappa non si può fare a causa del nostro budget ristretto, perciò ci limiteremo a viaggiare negli Stati Uniti. Ovviamente non tutti gli stati e forse faremo un salto pure in America Latina.

«Finalmente questo giorno è arrivato» si eccita non tenendo a freno la smania.

Inoltre chissà come saranno cresciute Ella e Lizzy. Sono intrepida di rivederle dopo quattro lunghi anni! Non ho avuto il tempo in questi anni per ritornare a Los Angeles, sia per gli impegni universitari e sia perché non me la sentivo...

Avrei rischiato di rivederlo

Ad un certo punto una voce cristallina spezza per il momento la nostra allegria.

«Ragazze, vi siete dimenticate che sono ancora online?» incrocia le braccia Rylee, la mia migliore amica di infanzia.

Io e Joanna ci fermiamo, grattandoci il capo dispiaciute. Eravamo talmente prese che ci siamo dimenticate che Rylee è tuttora in videochiamata dal mio computer.

«Scusami ma è l'emozione» si mortifica mia cugina.

«Ci siamo fatti prendere dall'incombente partenza» aggiungo.

Rylee sbuffa arricciando il naso per poi demoralizzarsi.

«Uffa!! Avrei voluto tanto venire con voi, ma sono costretta a rimanere in Nuova Zelanda per altre due settimane» si lamenta «Inoltre avevo appena ricevuto le ferie e guarda un po'? Le sto utilizzando per far compagnia al mio patrigno nella sua grande impresa.»

Travirgoletta la parola 'grande' perché in realtà sarebbe piccola. Comunque il patrigno di Rylee lavora in Nuova Zelanda ed a chiesto alla figliastra di sostituire per due settimane una sua impiegata visto che è in fine maternità. Aveva bisogno di un'impiegata immediata e gli altri dipendenti erano tutti impegnati per prendere il posto della collega, perciò ha supplicato a Rylee di aiutarlo.

«Ma sai che è per una buona causa» dico chiudendo due valigie.

«Lo so, però uffa.»

«Non ti lamentare Rylee che ti pagherà una fortuna» proferisce mia cugina.

«Ciò nonostante avrei voluto comunque essere con voi.»

Joanna non volendosi perdere il volo, prende il computer e la saluta frettolosamente.

«Aspetta Joanna, fammi salut-...» riattacca.

Mi schiaffeggio la fronte.

«Jo» la richiamo.

Lei si volta alzando le spalle.

«Che c'è? Non ho fatto nulla di male e poi la possiamo chiamare benissimo al nostro arrivo a L.A.» mi comunica indifferente «Inoltre le ho salvato il culo visto che ho intravisto il caporeparto entrare nell'ufficio in cui sta. Guai se la beccava.»

Sospiro arresa e ricontrollo per l'ennesima volta di aver preso il necessario e finisco con le ultime valigie.

«Hey, hey» sentiamo dalla lavanderia della casa di mia cugina e poco dopo appare suo padre.

Lui si posiziona in modo buffo.

«Hey, Hey» ricambiamo noi imitando la sua postura.

Ridacchiamo andando ad abbracciarlo.

«Mi raccomando state attente» ci raccomanda baciandoci i capelli.

Joanna si allontana, facendo un movimento con la mano come per dire che le sue raccomandazioni fossero inutili.

«Pff... andiamo, per chi ci hai prese? Riele ha ventitré anni mentre io ne ho ventiquattro contati. Siamo adulte cavoli.»

Suo padre inclina il capo leggermente guardandola con espressione illeggibile. Mi stacco da mio zio, dirigendomi accanto a mia cugina.

«Riele» mi nomina lui.

«Dimmi pure zio John.»

Lui si zittisce sbattendo le palpebre, in seguito sospira.

«Prenditi cura di Joanna. Sai com'è fatta soprattutto se c'è una festa in corso» proferisce.

Lei realizza lo stesso movimento con la mano di poco fa e aggiunge una sbuffata. Poso un braccio intorno alle sue spalle.

«Tranquillo zio, mi assicurerò che non faccia disastri» gli alzo il pollice e lui ricambia.

Mia cugina rotea gli occhi e mormora qualcosa in giamaicano.

«Joanna! Guarda che ti sento» la rimprovera.

L'interessata alza le mani in aria e collochiamo le ultime valigie vicino alla porta di ingresso. Mio zio John è giamaicano ed è il fratello di mio padre. Mentre la figlia è nata qui in Canada. Lei non ha fratelli o sorelle e suo padre è divorziato da mia zia, da quando Joanna era una bimba.

Io e Jo ci siamo legate dal momento in cui eravamo in fasce. È la miglior cugina dell'universo, ha un carattere simpatico con chi la conosce da tempo ma può apparire antipatica per chi non la conosce. È forte e caparbia, non si fa mai mettere piedi in testa da nessuno ed è molto intelligente e scaltra. Ha un animo buono e nobile nei confronti dei suoi amici e della famiglia. Il suo difetto peggiore è quello di giudicare le persone da come vede senza nemmeno lasciare il tempo di conoscerli; si fida poco della gente.

«Jo hai avvisato Caleb della tua partenza?» le domando slegandomi i capelli dall'elastico per far ricadere i miei ricci sulle spalle.

È l'amico più vicino di Joanna. Può essere considerato il suo migliore amico, tuttavia lei non crede nella migliore amicizia; pensa che sia nullo questo grado.

«Sì» dice solamente con tono quasi imparziale.

Digita insistentemente lo schermo del cellulare, battendo il piede per terra. Non capisco cosa stia facendo ma ad ogni modo sarà meglio recarci nell'auto di suo padre, siccome il percorso verso l'aeroporto di Toronto dura quattro ore.

«Ragazze siete pronte?» ci domanda quest'ultimo prendendo le chiavi.

«Più che pronte» risponde lei, afferrando le valigie tra le mani.

Lui ci sorride contento e usciamo dalla loro dimora. Sono così contenta ed elettrizzata!! Chissà come sarà Los Angeles dopo quattro lunghi anni. Sarà la stessa oppure no? Non ho idea. Depositiamo le ultime valigie nel cofano e ci allacciamo le cinture.

«Bene Riele, la University Fashion ti ha avvisata quando ti contatteranno per lo stage?» mi domanda zio John.

«In linea teorica dopo che rientrerò dalla vacanza, per cui tra circa tre settimane e mezzo. Ma in realtà nemmeno loro sono sicuri, dipende dalla disponibilità della signora Trevi» lo informo.

All'ultimo anno del corso, gli insegnanti ci avevano riferito di un concorso che avrebbe fatto vincere un'aspirante stilista di entrare in contatto con l'industria di moda canadese di Rebecca Trevi, una brillante modellista di origini italiane ma nata in Canada. E c'erano alte probabilità di lavorare con lei!

Ovviamente avevo partecipato non volendo farmi sfuggire quest'occasione da sogno, nonostante le innumerevoli fatiche nel gareggiare contro gli sfidanti e in seguito ad una serie di slealtà da parte degli ultimi due finalisti provenienti dalle altre università di moda canadesi, sono riuscita a guadagnarmi il posto.

Non vedo l'ora di essere contattata da Rebecca Trevi e iniziare il periodo da stagista presso il suo studio. E chissà, poter lavorare a stretto contatto con il suo staff.

«Non hai bisogno che ti mettano alla prova, dovresti essere già assunta. Sei una stilista fenomenale» enfatizza Joanna dal sedile anteriore.

«Concordo.»

«Vi ringrazio, ma vi assicuro che sarebbe meglio prima fare la stagista. Così vedo se mi ambiento o meno» esprimo.

Passano delle orette e nel restante percorso verso l'aeroporto, Joanna e suo padre cantano una canzone in lingua creola, un dialetto inglese giamaicano, parlato anche nella Costa Rica e nel Panama.

Nel frattempo mi concedo a rilassarmi nella mia playlist tramite le mie cuffie e oriento il mio sguardo verso la finestra. Vedo la città passarmi in un secondo e un po' di tristezza si sente. Lascerò anche se per breve periodo, il mio Paese e mi spiace. Oltretutto mi sono abituata a restare in Canada con i miei cari.

Ad una certa i miei occhi si soffermano sul molo di Polson e il mio cuore si altera tramite un'improvvisa sensazione di squilibrio. È stato proprio lì che tutta la nostra storia, il nostro noi durato ben sette mesi, si concluse in un batter ciglia. Per colpa mia

Socchiudo le palpebre verso il basso e mi raggomitolo, stringendo tra le mie dita l'unico oggetto che mi rimane di lui: il suo fermaglio a forma di videocamera.

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Angolo Autrice:

Ciao a tutti gente!! Vi do' il benvenuto nel primo capitolo di •Think about me•!!! Ahh!! Sono così elettrizzata di farvi conoscere il continuo della storia dopo la rottura tra Jace e Riele. Quest'ultima è cresciuta e maturata in questi anni, e possiamo notare che ha tenuto nonostante tutto il piccolo fermaglio di Jace. Aww adorabile!! Fatemi sapere nei commenti come trovate questo primo inizio e spero che vi sia piaciuto. Al prossimo capitolo con:

2. Partenza

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