L'aviatore.

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Concorso "Giovani scrittori"

Traccia n. 2

Una sera, dopo aver scelto con i tuoi amici di passeggiare per le campagne, trovi un pezzo di aeroplano. I giorni successivi, incuriosito, ritorni sul posto finché noti una bandiera sconosciuta, che non ha nessuna nazione. Cosa fai? Contatti i tuoi amici o indaghi da solo? Oppure te ne vai? E se proprio in quel momento succede qualcosa? Libera la tua fantasia.




L'aviatore.

Abitare ai piedi delle colline del Montello ha i suoi vantaggi, specialmente d'estate, quando si fa sera. Spesso ci incontriamo all'inizio del paese, abbandoniamo le biciclette e corriamo nella campagna. L'umidità sale dalle zolle riarse e ci bagna. Cerchiamo di arrivare ai piedi della collina, che è stata una zona di battaglie feroci durante la prima guerra mondiale.

"Forza pigroni, raggiungiamo il Cippo e chi arriva ultimo paga pegno." Michele grida come sempre, è il più coraggioso e parte per primo.

"Avanti aspettaci, non fare il prepotente." Gli grido contro, ma tanto è già distante.

"Sara, rimani con me, ho paura." Betta già trema, lei è la timorosa del gruppo. Le prendo la mano e la trascino con me.

"Betta, sei sempre la solita, non ci sono mostri nella campagna Trevigiana. Solo verdure e radicchio." Ride Corrado, gli occhi grigi luminosi, è il più posato di noi. Lo zaino sulle sue spalle è la nostra sicurezza. Contiene di tutto.

Procediamo lentamente, per non affaticare Betta che porta un tutore sulla gamba più corta. È nata così. A volte penso che trascinarla nelle nostre escursioni notturne la affatichi più del solito. Ma lei è felice e questo mi piace.

Corrado è un po' più avanti quando inciampo in qualcosa di solido e dimentico di essere una femmina educata.

"Gesù, ma cos'è? Corrado vieni a vedere." Betta si aggrappa al mio braccio, già immaginando scenari terribili.

"Forse è solo un sasso che sporge." Cerco di tranquillizzarla, intanto lui mi affianca, prende la pila dal suo famoso zaino, è impassibile. Illumina la sporgenza con decisione. "Sembra metallo, Sara. Che strano, in un posto come questo." Borbotta pensieroso. La luce si riflette in un pezzo di ferro ormai arrugginito, che sembra portare un piccolo disegno contorto.

Assomiglia quasi a un cavallino. Come quello della Ferrari." Ci guardiamo attoniti. Betta si scosta, aumenta il ritmo dei respiri, mentre mi chino a guardare meglio. Corrado lo pulisce con il fazzoletto, con una lentezza esasperante.

Lo aiuto a estrarlo dalla terra secca e friabile. Ci guardiamo silenziosi. È propri un pezzo di metallo con un disegno di cavallino rampante. Un frammento di aereo: ne ha le caratteristiche e la consistenza.

"Sara, pensi quello che penso io?" Annuisco con forza, i capelli biondi mi nascondono gli occhi. La nostra è stata terra di battaglie. Nel giugno del 1918, qui è stato abbattuto l'aereo del Maggiore Francesco Baracca, l'eroe aviatore. Un Mito.

Il Cippo onorario che dovevamo raggiungere fu eretto in sua memoria.

"Non può essere," mormoro, "sono passati troppi anni."

Michele ritorna strepitando che lo abbiamo lasciato solo. Poi percepisce qualcosa e si blocca.

"Che fate? Che avete trovato che Betta trema come una gelatina nel piatto?" Ride, dà una pacca di solidarietà alla nostra amica e si china vicino a noi.

"Vi siete persi per un pezzo di metallo? Gesù, siete rimbecilliti o è il caldo della campagna?" Corrado gli fa un cenno e gli mostra il disegno. Il cavallino risalta lucente illuminato dalla sua pila. Ci affascina.

"Non penserai che sia un pezzo del suo aereo? Che diamine." Sbuffa Michele. La nostra scuola porta il suo nome. Tutti sanno la sua storia, lui è morto qui, abbattuto dalle linee nemiche più di cento anni fa.

Corrado ripone il pezzo come una reliquia dentro lo zaino, e in fondo lo è.

Osservo ancora la piccola buca da dove è uscito. "Guardate c'è della stoffa gialla!" Mi parte un grido soffocato. Michele stavolta prende l'iniziativa, si mette a scavare con attenzione. In breve un pezzo strappato di bandiera consunta, appare fra le sue mani. Gialla e nera, riusciamo a distinguere un grifone sbiadito. "L'esercito austriaco!" Michele è elettrizzato. "Forse l'aveva strappata al nemico." Gli occhi castani che brillano, le mani che tremano mentre sente lo spessore della stoffa.

"Non stiamo correndo un po' troppo? Potrebbe non essere quello che crediamo." Mugugno, mentre cerco di calmare i miei amici.

Betta si è incuriosita, lei è la studiosa del gruppo. "Certo è, che il Maggiore Baracca è caduto qui. Perché non dovrebbe appartenere a lui?"

Corrado annuisce e con la torcia gira attorno alla buca, Michele muove la terra con un rametto.

"C'è dell'altro." Urla spaventato. Mi chino e scorgo un pezzo di pelle slabbrata, piano la ripulisco e la estraggo.

È più grande di quanto mi aspettassi. Sembra un vecchio portafoglio. Non riesco contenere il tremito delle mani quando lo mostro agli altri.

Corrado lo illumina, Betta e Michele, mi guardano apprensivi mentre lo apro delicatamente, sperando non vada in pezzi.

Dentro c'è una vecchia foto, appena visibile, ritrae un aviatore appoggiato all'ala del suo aereo. Sulla punta il simbolo di un cavallino rampante. "Dio, ma è lui! È Francesco Baracca."

Tutti i nostri occhi sono puntati lì. La foto mostra un uomo orgoglioso che tiene stretto un bambino fra le braccia."

Betta è la prima a riprendersi. "Forse era suo figlio." Mormora commossa, Corrado prende il portafoglio con decisione, cercando di non distruggerlo.

"Non siamo delle vecchie pettegole curiose. Questo appartiene a quel bambino." Lui è quello saggio, lo ripone nello zaino avvolto con cura.

"Hai ragione, porteremo tutto questo alla sua famiglia." Siamo solidali. Perfino Michele che è il più irrequieto, annuisce.

Rimettiamo in ordine la buca e portiamo con noi quei reperti preziosi.

Camminiamo silenziosi, nemmeno Michele a voglia di correre. Poi biascica sottovoce.

"Chissà se è morto subito? O se avrà sofferto..." Betta, che si era documentata del perché la scuola portasse il suo nome, sentenzia. "Si era abbassato troppo sulle linee nemiche, lo hanno centrato con un solo colpo in fronte. Aveva appena trent'anni."

Scuote la testa castana. "Quindi no, non ha sofferto."

"Che strano parlare di un uomo vissuto un secolo fa, un eroe della grande guerra." Michele da un calcio alle zolle. "Che stupido morire così, però! Per cosa poi."

Mi sento coinvolta, ho sempre rispettato chi ha dato la vita per un ideale.

"Erano giovani, eppure credevano in qualcosa di così forte, che sono morti in tanti." Respiro profondamente. "Se ora siamo qui a cazzeggiare, lo dobbiamo a loro."

Corrado si fa serio. "Per cosa possiamo lottare noi? Che abbiamo tutto, che uccidiamo a distanza senza metterci la faccia."

Betta si scuote.

"Possiamo cercare di migliorare quello che ci hanno lasciato. Salvare la nostra terra, il nostro pianeta. Lottare per quelli che muoiono di fame, dare un futuro a quelli che verranno."

Nella foga, quasi inciampa, Corrado la sostiene.

Betta rimarca con voce decisa. "Se lottiamo per un ideale, se ci schieriamo, è come se pilotassimo quell' aereo in mezzo al fuoco nemico, né più e né meno di quello che ha fatto Francesco per noi, cento anni fa."


Note dell'autore: 

Questo racconto è nato da un vecchio ricordo di una gita scolastica nelle zone della grande guerra. Fra le tante storie che sentii, rimasi molto impressionata dalle gesta di questo aviatore.

Francesco Baracca (Lugo, 9 maggio 1888 – Nervesa, 19 giugno 1918)

È stato il principale asso dell'aviazione italiana durante la prima guerra mondiale, nel corso della quale gli vennero attribuiti trentaquattro abbattimenti di aerei nemici.

Nel giugno del 1918, al tramonto, si alzò in volo con altri due aerei della squadriglia, per un'azione di mitragliamento a volo radente sul Montello, una larga collina del Trevigiano.

Ma il volo così basso, gli risultò fatale.

L'apparecchio venne colpito da due pallottole incendiarie di fucile. Una  perforò il serbatoio e l'altra lo ferì mortalmente alla testa.

Morì precipitando sulla collina, il velivolo verrà  ritrovato insieme al suo corpo giorni dopo. L'emblema che portava stampato sul suo aereo,  un cavallino rampante, diventerà poi il simbolo della Ferrari.

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