La rosa bianca.

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Seconda sfida: scrivere una storia ispirandosi alle due foto.

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A Leonardo, il mio amato fratello.
A Giulia
A mia nipote Bianca, l'essenza di Leo.

Era così assurdo che fosse una bella giornata di sole, mentre dentro, Corrado sentiva il grigiore della nebbia. Camminava senza fretta, la mano stretta nella maniglia della valigetta ventiquattrore zeppa di pratiche notarili. Percorreva la strada di casa: file di siepi curate e piccole villette con il prato tagliato da poco. Tutto ordinato e pulito, ma ora gli sembrava che tutto fosse così dolorosamente triste. Aveva ripreso a lavorare da un paio di giorni, i suoi genitori avevano insistito tanto.

"Ti terrà impegnato, smetterai di pensare a Leonardo. Lui non avrebbe voluto vederti depresso. Voleva che tu stessi bene." Sua madre aveva smesso di piangere, vedendo che lui era in difficoltà.

L'aveva vista parlottare con suo padre, mentre tagliava le rose, e da allora niente più lacrime. Clara sapeva che per Leonardo, il suo amato figlio secondo genito, non avrebbe potuto fare più nulla. Ora c'era da proteggere lui, Corrado, il figlio più debole con il cuore fragile, ma vivo, al contrario di Leo.

Già, perché Leonardo, suo fratello, quello aperto alla vita, quello positivo pieno di energia, se ne era andato per sempre.

Uno stupido incidente in moto e non c'era più stato.

Corrado sussultò vedendo la casa che aveva condiviso con Leonardo. Una piccola graziosa viletta da uomini rudi. Rise, ricordando come il fratello minore si arrabbiasse quando la trovava piena d'erba da tagliare.

"Potresti dare una mano, Nado, sei diventato pigro. Il dottore ha detto che ti devi muovere." Scuoteva la testa, i capelli sudati, scuri e ricci, la maglietta da buttare tanto era sporca.

Lui lo guardava sornione, appoggiava la valigetta nell'ingresso, si toglieva giacca e cravatta. Rimaneva in camicia rigorosamente bianca, si versava una birra e si sedeva sotto al portico a guardarlo lavorare.

"Sono convalescente, ho avuto un'operazione al cuore, non scordartelo." Sogghignava prendendolo in giro.

"Tu fai apposta, Nado! Il lavoro pesante lo faccio io, almeno aiutami a rimettere in ordine." Brontolava, ma aspettava che avesse finito di bere. Poi lo incalzava e lo faceva collaborare.

Ma era accorto, se lo vedeva ansimare, si fermava con una scusa, perché riprendesse fiato. Era protettivo nei suoi confronti, aveva passato giorni interi in ospedale vicino al suo letto, quando aveva rischiato di morire.

"Forza Corrado, non vorrai farmi passare il resto della vita in clinica, datti da fare e guarisci presto. Ora il cuore ti funziona di nuovo." Rideva, battendogli la mano sulla fronte. "Metti in moto quel cervello, ritorna a fare l'avvocato." Ed era bello guardarlo infilare le mani nelle tasche e dondolarsi al centro della stanza. I capelli neri scompigliati e lo sguardo canzonatorio. Corrado sbuffava, ma sapeva che gli voleva bene e aveva avuto paura per lui.

Leonardo era il fratello perfetto. Non meritava di andarsene così.

Almeno Dio, gli aveva risparmiato la sofferenza di capire che li stava lasciando. Era morto sul colpo, senza rendersene conto.

Svoltò l'angolo e fu subito alla porta d'ingresso. Le chiavi nella tasca pesavano come macigni. Non era tornato a casa da quella sera dell'incidente. Due settimane prima.

Scosse la testa, aprì con lentezza. Il buio e l'odore di chiuso gli pizzicarono le narici.

Respirò con calma, accese la luce. Tutto era immobile, tutto congelato a quel giorno, quando, dopo aver ricevuto la telefonata era corso all'ospedale. Ma era già troppo tardi, non aveva avuto il tempo di dirgli addio.

Appoggiò la valigetta, poi aprì le finestre. E la luce si impossessò della casa. La polvere che si alzò dai mobili lo fece tossire.

Fece alcuni passi verso la stanza di Leonardo. La porta in noce chiara era socchiusa, come se lui fosse ancora là dentro ad aspettarlo. Corrado si allentò la cravatta e aprì il colletto della camicia.

Essere un legale lo obbligava a vestirsi sempre con cura, mentre Leo era stato uno sportivo poco incline all'abbigliamento classico. Si vestiva elegante solo quando presentava un progetto edilizio. Leo era stato un ingegnere apprezzato, attento e preparato, ma aveva un debole: la passione per le moto. Quel maledetto amore per le due ruote.

Corrado ansimò un poco. Si fermò di fronte alla porta, titubò, ma poi la spinse. Quando entrò gli sembrò di sentire la presenza di suo fratello. Andò verso la finestra e la spalancò. Il sole lo investì, lo ferì agli occhi. Due lacrime gli scesero silenziose. Non si girò subito, non ne aveva il coraggio. Pianse, non l'aveva mai fatto in quei giorni, temeva che non si sarebbe mai più fermato.

Qualcosa lo spinse a voltarsi, un leggero fruscio. Sulla scrivania di Leo, c'era un vaso dal collo lungo, oramai senza acqua, con una rosa bianca appassita che lasciava cadere i petali sul tavolo. Si avvicinò sorpreso. Cosa ci faceva quella rosa nella sua camera?

Un piccolo fiocco candido, stretto nel gambo. E sul tavolo una busta con la calligrafia di Giulia.

La ragazza di Leo, cioè la donna che frequentava da un po'. Aggrottò la fronte, cercando di ricordarne il volto. E si rammentò di quella sera.

"Che fai, ti sei agghindato a festa. Esci con qualche amica?" Lui seduto in divano, annoiato davanti al televisore, lo guardò sorpreso. "Fratellone stasera voglio fare faville. Lei è bellissima si chiama Giulia."

Provò un sottile dispiacere, Leo era suo e non l'aveva mai diviso con nessuno, non dopo l'operazione per il suo cuore malato.

"E lei chi sarebbe? Chi sarebbe la dea che ti ha rapito."

Leo si aggiustò il vestito di fronte allo specchio, si voltò e gli sorrise. Mai lo avrebbe dimenticato.

"Lavora con me. È a capo dell'impresa di costruzioni. Insomma una tipa tosta." Si aggiustò la cravatta.

Corrado sentì il suo cuore battere lento. Non era pronto a sentirsi messo da parte e vedere suo fratello innamorato. Ma lui lo percepì, chinò la testa e mormorò piano.

"Lo sai che sarò sempre al tuo fianco." Gli sorrise, appoggiando il telecomando sul divano, il televisore che gracchiava cose incomprensibili.

Leo si avvicinò rapido. "Non sentirti abbandonato, ci sarò sempre. In qualsiasi modo." Lo abbracciò e lui si scostò imbarazzato. Ora avrebbe voluto stringerlo ancora una volta, ma molto più forte.

"Bada che il tuo cuore malandato faccia il suo dovere. Un giorno sarai tu ad aiutarmi." Si senti' spiazzato, quasi percependo il futuro bastardo che lo aspettava.

Uscì leggero come era stata tutta la sua vita. Piena di una grazia e di un amore inaudito.

Corrado si asciugò gli occhi e aprì la busta. E la vide.

Quasi cadde. Dovette aggrapparsi alla sedia. Le sue mani girarono la foto di una ecografia. La confusa immagine di un bambino. E la lesse senza aria nei polmoni.

"Leonard, questa è nostra figlia. Ha pochi giorni, ma già scalcia. Indovina come la chiameremo? È una rosa bianca, come il suo nome. Amore ci vediamo stasera. La tua Giulia."

Non c'era mai arrivato Leo dalla sua Giulia. Si era fermato per sempre a un semaforo rosso, saltato da un tizio che aveva bevuto troppo. Si sedette sulla sedia. Il suo cuore tremò. Per Dio, non adesso! Non ora! Dio, ti sei già preso tutto! Respirò con calma, come gli aveva insegnato suo fratello. Riprese colore mentre rigirava il foglio fra le mani.

Era suo compito, era suo dovere. Era sua nipote. Era l'eredità di Leonardo.

Si alzò deciso. E comprese perché Giulia non si fosse mai fatta avanti in quei giorni. Non voleva appesantire il dolore che già soffocava la sua famiglia.

Si aggiustò il vestito. Prese due bei respiri, era deciso. Si guardò allo specchio d'ingresso. "Ci sarò fratello mio, se Giulia vorrà, io ci sarò per Bianca."

Il suo cuore era saldo, la sua volontà anche. Salì in auto e presto fu al cantiere.

Giulia lavorava lì. La vide in lontananza che tornava alla sua auto.

Scese, la chiamò.

Giulia, si strinse nella giacca di lana. Si voltò guardinga, i suoi occhi nocciola puntati su di lui.

"Ciao. Sai chi sono? Non ci siamo che intravisti un paio di volte." Corrado, i capelli neri, gli occhi grigi di Leo, stringeva i bordi della giacca con forza. Lei sorrise. "Sì, lo so. Mi parlava spesso di te." Abbassò il capo, i capelli castani si sciolsero e caddero sulla fronte.

Corrado si morse le labbra, non sapeva come cominciare.

"Giulia, oggi sono tornato a casa dopo tanto e sono entrato nella sua camera." Si fermò, respirò profondamente. Lei lo guardò preoccupata. Sapeva del suo cuore rattoppato. Ma Corrado addolcì la voce. "C'era una rosa bianca appassita sulla sua scrivania. E ho letto la lettera, scusami." Lei sorrise mestamente. "Non ti crucciare, va bene. L'importante è che Leonardo lo sapesse."

Annuì. "Lo sapeva, veniva da te. E da...Bianca." Due lacrime scesero sul volto delicato di Giulia. Non abbassò lo sguardo, rimase lì serena a fissarlo. "Ti voleva bene Corrado, non sai quanto."

"Lo so." Mormorò, mentre il dolore li percorreva e finiva per unirli.

Riprese fiato. "Giulia, ho promesso a mio fratello che un giorno lo avrei aiutato." Inghiottì a vuoto. "Permettimi di starti vicino e aiutarti con Bianca." Lei strinse le labbra sottili. Corrado era tutto quello che la legava a Leo. Lo stesso modo di fare, la stessa determinazione e quella aria contrita piena di desiderio di aiutare.

"Ti prego non negarmelo Giulia, sarò discreto non invaderò i tuoi spazi." Rimase immobile le mani abbandonate lungo i fianchi. "Mio fratello vive in Bianca. E per il tempo che mi resta, voglio starle vicino."

Sorrise, dolce e rassegnata. Era disarmante Corrado, la parte riflessiva di Leo.

"Avrai tempo. Tutto il tempo che vorrai. Leonardo diceva che gli saresti sopravvissuto. E aveva ragione." Giulia lo prese sottobraccio. Si incamminarono verso la sua auto.

Si voltò e strinse il suo braccio. "Vieni quando vuoi. Lei è tua nipote." Si accarezzò il ventre. Lui si distese in un sorriso pacato.

"Ti accompagno. Torno dopo per la mia auto. Niente sforzi inutili."

Giulia si schernì. "Se proprio identico a Leo. Era fiero di averti come fratello."

Gli allungò una carezza leggera sulla guancia ormai ispida.

Corrado sentì dentro di sé una nuova consapevolezza.

Ora aveva due persone di cui occuparsi.

E Leonardo, beh, sorprendente come lo era stato sempre, aveva lasciato un'eredità immensa: la piccola Bianca.

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