Capitolo 11

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"Tutto bene?" Domanda dopo avermi lanciato qualche occhiata perplessa.

Alzo gli occhi al cielo.

"È la quinta volta che me lo chiedi in cinque minuti!"

"È la decima volta che ripeti Oddio! In cinque minuti" Mi fa notare con il mio stesso tono per sfottere.

"Io inizio ad avere un po' paura, Fede..." Confesso. "Ho paura... Quegli assistenti sociali mi hanno messo ansia!" Alzo gli occhi al cielo, e lui sorride.

"Hai dieci minuti? Forse anche meno..." Fa calmo.

Lo guardo storto.

"In realtà no... Ma penso che potrei trovarli. Spara"

Accosta l'auto in un parcheggio deserto di un vecchio benzinaio, oramai chiuso da anni. Spegne il motore, si slaccia la cintura di sicurezza, dopodiché mi guarda negli occhi. Sta sorridendo.

"Respira"

Inspiro, poi respiro tranquillamente.

"Ancora"

Eseguo.

"Di nuovo"

Mi calmo.

"Grazie" Sorrido, e lui fa lo stesso.

"Lo sapevi anche tu, perciò non ce n'è bisogno"

"Sapevo che cosa?" Lo guardo confusa.

"Che saresti stata in grado di calmarti anche da sola. E che andrà tutto bene" Replica tranquillo.

Che...Che cosa? Dice davvero?

Lo guardo negli occhi.

"Hai così tanta fiducia in me?"

Fa spallucce, come se non si rendesse conto di ciò che ha detto prima, e prosegue: "Semplicemente sto iniziando a conoscerti!"

Il battito cardiaco accelera.

"E... E quindi tu..." Deglutisco velocemente, e lui inizia a preoccuparsi.

"Va tutto bene? Ho detto qualcosa di sbagliato?"

"Oh no... No, tu sei... Tu mi hai sorpresa, ecco!" Esclamo, e per sbaglio esce con un tono di voce più avuto di quello che credevo. "Mi dispiace! Perdonami, io .." Tento di scusarmi, ma lui sorride.

"Tutto okay... Fin quando i vetri e i timpani restano intatti!" Scherza facendomi ridere.

Ridiamo.

"Un'altra cosa..." Mi guarda trattenendo una risata.

"Sì, dimmi" Cerco di non tremare come una foglia.

"Non mi hai dato l'indirizzo dell'ateneo"

"Oddio scusa!" Esclamo imbarazzata. "Solo un istante"

"Non ti preoccupare"

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Arriviamo, parcheggia e scendo.

"Quando finisci?" Domanda.

"Alle diciotto e trenta più o meno"

"Se vuoi ti vengo a prendere, e andiamo a mangiare qualcosa!" Propone.

Resto allibita.

"T- Tipo ... Aspetta, ma è un appuntamento?"

Sbianca di punto in bianco.

"No!" Esclama. "Cioè... Io... Non credo" Dice tra sé e sé.

"Okay... Viviamocela come ci pare! Che ne dici?" Sorrido. "E' un appuntamento? Non è un appuntamento? Chissene! E' un'uscita! E usciremo"

Sorride.

"Giusto!"

"Grande!" Faccio io.

"Perfetto!" Annuisce.

Mi guardo intorno. Si è creato il traffico nella strada nella quale si deve immettere.

"Mi dispiace!"

"Ma tu non facevi tardi?" Mi fa la linguaccia per tranquillizzarmi. "Dai, vai!"

"Grazie mille! Buona giornata!" Sorrido allontanandomi sentendo dietro di me un: "Anche a te!"

Il mio sorriso si allarga.

Entro, e vado in aula.

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All'uscita vedo Federico di fronte all'Uni.

"Ciao!" Sorrido avvicinandomi.

Qualche passante si ferma a guardarci, facendomi sentire a disagio.

"Ho qualcosa sul viso? In giro?" Mi volto e lui mi prende per mano incentivandomi con lo sguardo a fare una piroetta, per poi posare un bacio sul dorso della mano.

Ridacchio imbarazzata, poi mi avvicino.

"Ma che fai?!" Esclamo.

"Mi assicuro che abbiano un motivo per restare a guardare" Sussurra dopo avermi fatto fare un casqué.

Provo una felicità immensa. Non vorrei dire che non abbia mai sentito nulla di simile, perché sono stata felice, e lo sono tutti i giorni... Però questa è diversa!

Guardo negli occhi questo ragazzo, che giorno dopo giorno ho avuto l'opportunità di conoscere e più lo guardo più mi sembra una persona meravigliosa.

"Tutto bene?" Sorride.

Mi limito ad annuire.

Torniamo a casa per cambiarci, e quando salgo vedo che la porta è già aperta. Fede mi si para davanti, ma io lo scavalco ed entro.

È tutto in ordine.

"L'avrò dimenticata!" Sorrido. "Dai, vieni!"

"Guarda che qui è entrato qualcuno" Fa guardandonsi intorno con attenzione.

Faccio lo stesso e noto che ha ragione. Alcuni mobili sono aperti. Non c'è niente a terra però.

Ci dividiamo, e andiamo a guardare nelle stanze. Tutto libero. Resta la mia camera da letto. Entriamo insieme, con il fiato sospeso, e vediamo Fatima dormire nel mio letto.

"Ma io l'ammazzo..." Sussurro alzando la testa.

Lui scoppia a ridere, e lei mugula per poi girarsi dall'altro lato.

"Che vuoi fare?" Mi chiede.

Oh mio dio, Fatima è qui.

Corro al mobile dove ci sono le pratiche per l'adozione di Gaetano seguita dal ragazzo, e notiamo con immensa gioia che è tutto in perfetto ordine dentro al cassetto chiuso a chiave.

"Se vuoi usciamo..." Gli dico avvicinandomi.

"No, tranquilla... Faremo un'altra volta" Mi sorride comprensivo.

"Ma sei sicuro?" Lo guardo da sotto le ciglia.

Annuisce.

"E noi? Che facciamo?" Lo prendo in giro avvicinandomi.

Cogliendo la provocazione, risponde sorridendo: "Io direi che noi avremmo due vie: dormiamo qui, a casa tua, sul divano, senza fare casino, che sennò svegliamo la tua amica... Oppure potremmo andare da me!"

"Ah sì?" Faccio con sarcasmo.

"Sì!" Risponde sincero.

"E ascolta un po'... Come ci saresti passato dall'odiarmi al volermi sedurre?" Mi allontano andando a chiudere le ante.

"Hai inziato tu!" Sussurra alle mie spalle dopo avermi raggiunta.

Non appena sento la sua voce spalanco gli occhi, e per un momento temo di cadere. Mi reggo al bordo del mobile e chiudo gli occhi per riprendere fiato sperando che lui non se ne accorga, ma chiaramente non è così.

"Tutto bene?" Continua a sussurrare.

Mi mordo l'interno della bocca indecisa sul che cosa rispondere. Optando per la gentilezza, mi volto sorridente.

"Sì, grazie. Ti posso offrire qualcosa dopo aver sistemato tutto questo disordine?"

Continuo a ramazzare aiutata da lui.

"No, ti ringrazio"

"Sei qui completamente disinteressato, ovviamente!" Faccio sarcastica guadagnandomi così un'occhiataccia.

Trattengo un sorriso.

"Sono qui perché sono un gentiluomo che vuole aiutarti" Replica come se fosse la cosa più ovvia del mondo, per poi aggiungere in tono di sfottò: "Dovresti saperlo!"

"Certo!" Gli reggo il gioco. "Come ho fatto a non pensarci prima?"

Un'altra occhiataccia (di sottecchi questa volta).

Rido, e mi accorgo che lui vorrebbe fare lo stesso.

"Su su, non trattenerti!" Lo provoco.

Scoppia a ridere.

"Cogliona!"

Mi porto una mano al petto fingendomi offesa.

"Come osi? Stronzo!"

"Bambina!"

Iniziamo così un gioco a chi dà il nomignolo più azzeccato all'altro, che finiamo nel giro di qualche ora, quando terminiamo di mettere tutto a posto e siamo troppo stanchi anche per sfotterci.

"E adesso che si fa?" Mi guarda.

Guardo la tv.

"Filmetto?" Propongo.

"Hai i pop corn?"

Annuisco.

Apro l'anta e tiro fuori la confezione, solo da mettere nella scodella. Se ne occupa lui, mentre io vado ad accendere la televisione.

Due lavori completamente inutili, dal momento in cui non appena tocchiamo il divano, ci mettiamo ben bene e solo qualche istante dopo crolliamo tra le braccia di Morfeo.

Mi sveglio e il mio vicino non c'è. Al suo posto, un biglietto.

"Non ho voluto svegliarti. Io sono andato a prepararmi per andare a lavorare, spero tu possa capire e perdonare la mia assenza quando ti sveglierai.
Sinceramente, non ricordo se l'ho fatto prima, ma ti lascio il mio numero. Chiamami (o scrivimi) se dovessi aver bisogno, per qualsiasi cosa.
Ciao,

- Federico"

È così dolce!!!

I miei pensieri vengono interrotti dal suono del campanello.

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