10. Nella bocca del serpente - Parte 2

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Osservandolo più da vicino, notò che era ridotto proprio male: presentava graffi ed ematomi su buona parte del corpo, dei quali il più grosso faceva bella mostra di sé a lato del viso, appena sotto lo zigomo destro. Nonostante le ferite, l'unico segnale a tradire la sua sofferenza era il tremore alle mani e alla schiena, forse causato anche dal freddo.
Temendo che si trovasse in uno stato di semi-incoscienza, Luana si inginocchiò sull'asfalto, allungando una mano verso la sua spalla per riscuoterlo dal torpore. Si stupì di quanto il corpo del ragazzo fosse gelido a contatto con le proprie dita.

Kevin, avvertendo il suo tocco gentile, sobbalzò, sollevando lentamente il viso fino a fissarla dritta negli occhi. Quando la riconobbe la sua espressione si incupì -Ah, sei tu. -gracchiò, abbandonando nuovamente la testa contro il muro.

Quel tono freddo e distaccato, in qualche modo, ferì la ragazza che avrebbe immaginato qualunque reazione tranne che un rifiuto tanto netto. A ogni modo non lo diede a vedere, limitandosi ad assumere un cipiglio di rimprovero. -Che cosa ti è successo? Chi ti ha ridotto così? E perché te ne stai lì seduto a congelare nella neve?! -gli domandò, lasciando trapelare senza volerlo una parte della propria preoccupazione.

Se possibile, l'occhiata che quest'ultimo le lanciò fu ancora più ostile della precedente. -Non ho bisogno del tuo aiuto. Vattene.

Le sue parole lasciarono la Mew alien oltremodo stupita e irritata, dato che fino a quel momento era sempre stato lui a scocciarla per ogni singola scemenza, mentre lei aveva sempre risposto in modo poco gentile.
La sensazione che i ruoli si fossero improvvisamente invertiti scatenò in lei un lieve senso di smarrimento. Le era di nuovo sfuggito qualcosa?
Comunque stessero le cose, le condizioni di salute di quest'ultimo erano troppo precarie per permetterle di abbandonarlo al suo destino, per quanto allettante in quel momento le paresse la prospettiva. Se l'amico fosse morto congelato a causa della sua reticenza non avrebbe potuto perdonarselo.

-Avanti, è chiaro che hai bisogno di aiuto. -tentò di ammansirlo con uno dei suoi sorrisi più dolci. Stranamente non le risultò nemmeno troppo difficile simularlo.

Kevin si limitò a fissarla con diffidenza per poi sospirare. Sembrava mortalmente stanco, come se qualcosa o qualcuno lo avesse privato della sua forza vitale. Sicuramente non avrebbe potuto resistere ancora per molto lì fuori, con quel tempo da lupi.
Proprio quando la ragazza stava per perdere la pazienza e decidere di abbandonare i tentativi di comunicazione a favore delle maniere forti, quest'ultimo si staccò dal muro, lanciando un gemito di dolore e appoggiandosi contro di lei con tutto il peso del corpo.

-Mi gira la testa. -sussurrò flebilmente, tremando a contatto con il petto caldo della giovane.

Luana tentò di sorreggerlo alla bell'e meglio, nonostante la posizione di precario equilibrio -Non ti preoccupare. -mormorò scostandogli i capelli bagnati di neve dal volto -Ora ti porto da un dottore.

-No! -un'improvvisa luce riscaldò gli occhi del ragazzo, mentre la sua presa sulle spalle della Mew alien si faceva d'acciaio, costringendola ad immobilizzarsi al suolo senza potere muovere un muscolo.

-Che ti prende?!

Così come era sorto, quell'improvviso lampo d'energia svanì, lasciandolo privo di forze e ansimante sulla spalla di lei. -Per favore... non ho bisogno di cure mediche.

Luana lo guardò dubbiosa, prendendo in considerazione l'eventualità di interpretare le sue suppliche come deliri causati dal dolore e non prestarvi troppa attenzione. Ma qualcosa nella disperazione del suo sguardo la indusse, dopo pochi istanti, ad annuire con lentezza. -Va bene. -acconsentì, un po' incerta -Dove ti devo portare?

Senza dire una parola, Kevin indicò un punto imprecisato alla sua sinistra. Seguendo la direzione suggerita, lo sguardo della ragazza incappò in un'enorme villa in stile neoclassico con i muri per metà ricoperti di scura edera e un cancello d'entrata così imponente da scoraggiare qualunque visitatore.

Spalancò la bocca, rifiutandosi di credere che un proprio compagno di classe potesse permettersi il lusso di vivere in una casa così splendida senza che nessuno ne fosse a conoscenza. -Tu abiti lì?! -esalò, con un tono tanto acuto e sorpreso che perfino l'amico, nonostante le precarie condizioni di salute, non riuscì a trattenere un risolino.

-Non c'è niente da ridere! -lo apostrofò, sollevandosi lentamente in piedi e reggendo il peso del compagno sulle spalle. Era perfino più leggero di quanto credesse -Abiti a meno di un chilometro di distanza da me e non ne sapevo niente!

Il ghigno di quest'ultimo si allargò, facendo nascere in lei l'improvviso e illogico desiderio di mollarlo a terra e fuggire via, fregandosene altamente delle sue ferite.
Per quanto irritante potesse essere quando voleva, doveva ammettere che era davvero un bel ragazzo: i capelli scuri facevano risaltare deliziosamente l'incarnato pallido della pelle, per non parlare del sorriso perfetto e del suo profumo che le giungeva alle narici in ventate afrodisiache, quasi fosse stato studiato apposta per fare cadere ai suoi piedi tutte le ragazze del pianeta.

Ma l'elemento che più la turbava erano i suoi occhi, di un verde così intenso da sembrare disumano. Un colore estremamente familiare che le provocava un aridimento della gola e uno strano tremore alle gambe ogni volta che si ritrovava a guardarlo.
Non riusciva a capire che cosa significassero quelle sensazioni. Era attratta da lui, ma al tempo stesso ne aveva paura.

-Ecco, questa è casa mia.

Distolse rapidamente lo sguardo, preoccupata del fatto che Kevin potesse aver notato il suo turbamento. Fortunatamente l'attenzione del giovane era già concentrata sull'apertura del cancello d'ingresso e ciò permise a Luana di riprendere il controllo delle proprie terminazioni nervose, che sembravano essere scattate simultaneamente sull'attenti alla vista del suo sorriso semi-diabolico.
Vista così da vicino, la casa appariva ancora più imponente e austera; dovette deglutire un paio di volte prima di riuscire ad avanzare sul sentiero ghiaioso che conduceva al portone d'ingresso, anch'esso in metallo finemente decorato.

-Non farti strane idee... -la redarguì Kevin, notando i suoi occhi illuminarsi -Non ti lascerò fare un giro turistico della casa.

La giovane arrossì, punta sul vivo -Non avevo intenzione di fare proprio niente. -ribatté, strappando di mano le chiavi al padrone di casa e prendendo ad armeggiare furiosamente con il chiavistello.

Dopo parecchi istanti di lotta infuocata, la porta si aprì cigolando e spandendo nell'aria un inconfondibile odore di umido e chiuso.

Luana tossì, arricciando il naso -Da quanto tempo non apri le finestre? -domandò, lanciando un'occhiata accusatoria a Kevin che fece spallucce.

-Io non uso questa zona della casa. Vivo al piano di sopra, -si giustificò, indicando le scale con un gesto imperioso. -dobbiamo salire.

-Sarà, ma io continuo a credere che un po' d'aria farebbe bene a questo posto, -mormorò la ragazza, osservando i mobili e i tappeti ricoperti di polvere e sgualciti dal tempo. -e anche una bella rimodernata.

-Come diavolo fai a lamentarti dell'arredamento se non si vede a un palmo dal naso!

"Accidenti" era vero: le finestre erano chiuse e i candelabri spenti, qualunque essere umano sarebbe stato costretto a procedere a tentoni. Ovviamente, lei non era più un semplice essere umano, ma questo Kevin non l'avrebbe di certo dovuto scoprire.

Si morse il labbro furiosamente, alla ricerca di una scusa plausibile che potesse far passare inosservata la sua gaffe. -Ecco... ho notato qualche particolare quando ho aperto la porta. -inventò sul momento, sperando che quest'ultimo se la bevesse.

Il ragazzo emise un verso poco convinto, ma non aggiunse nulla, limitandosi ad accendere una lampadina a basso consumo che illuminò fiocamente l'ambiente circostante.

Ringraziando tutti i santi del paradiso che conosceva, Luana sospirò di sollievo, preparandosi ad affrontare le scale. Per quanto la sua muscolatura potesse essere ben sviluppata, trasportare il peso di un uomo ormai adulto per tutti quei metri con le sole forze da umana, l'aveva decisamente spossata.
Nonostante il numero spaventoso di scalini che si stagliavano di fronte a lei, non si diede per vinta, continuando ad avanzare un passo alla volta, finché non si ritrovò di fronte ad una semplice porta in legno, la più spoglia di tutta la casa.

-Lì dentro. -mormorò Kevin, che ormai faticava perfino a tenere gli occhi aperti.

Senza indugiare oltre, la Mew alien spalancò la porta della stanza che stavolta girò sui cardini senza emettere alcun rumore. Non fece troppo caso all'arredamento che, comunque, appariva leggermente più moderno rispetto al resto della struttura, e i suoi occhi saettarono subito in cerca del letto, intercettando uno strano oggetto rotondo e bianco che ostruiva buona parte della camera.

-Quello sarebbe il tuo letto?! -esclamò, osservando esterrefatta quello che si rivelò essere un enorme pouf rotondo e peloso.

Il giovane gemette, alzando gli occhi al cielo. -Ti sembra il momento di fare la schizzinosa? -esalò, per poi portarsi una mano al petto con una smorfia di dolore.

Sembrava veramente sfinito e Luana, osservando il suo viso pallido e le numerose ferite presenti sul suo volto, si domandò chi potesse averlo ridotto in quello stato.
Lentamente, lo fece sdraiare sul "letto", lanciando un'occhiata critica ai suoi vestiti fradici e macchiati di sangue. Come ci si doveva comportare di fronte ad un ragazzo bagnato fino all'osso, a rischio di ipotermia e coperto di ferite? La risposta apparve nella sua mente con tanta ovvietà da indurla ad arrossire: avrebbe dovuto spogliarlo e medicarlo alla bell'e meglio.

Si trattava di un compito davvero ingrato, soprattutto perché non provava alcun desiderio di toccarlo intimamente, ma si fece coraggio. -Ascoltami. -Proferì, con voce tremante. -Hai per caso del disinfettante o qualcosa di simile?

Quello annuì lentamente, la fronte madida di sudore gelido. - Esci da questa stanza... gira immediatamente a sinistra. Nel frigorifero. -Tentò di trarsi a sedere, ottenendo ben pochi risultati. -Cerca un piccolo botticino di vetro con dentro una sostanza verde chiaro... sembra gelatina, ma non lo è.

La Mew alien annuì con decisione, affrettandosi a balzare in piedi e a correre verso la direzione indicata. Mentre percorreva con lo sguardo quella che si presentava come un'antica cucina con dispensa, si ritrovò a pensare a quanto fosse strano che Kevin si fosse ritrovato a vivere da solo, senza avere accanto nemmeno i genitori, in un luogo così immenso. Tanto più che doveva avere pressappoco quindici anni, dato che frequentava la sua stessa classe. Era impensabile che un ragazzino di quell'età si comportasse in modo così indipendente.

"Se ci pensi bene, anche Pai, Kisshu e Taruto si comportano esattamente allo stesso modo. Anche loro sono giovanissimi e soli." Si ritrovò a ragionare, mentre rovistava febbrilmente nel frigorifero, alla ricerca del famigerato disinfettante.

Si era illusa che trovare quel medicinale sarebbe stata un'impresa facile, ma non appena aveva aperto lo sportello di metallo, si era resa conto di avere commesso un madornale errore.
Aveva dato per scontato che l'elettrodomestico fosse pieno di cibo e che quindi, di fronte a tutte quelle leccornie, sarebbe stato un gioco da ragazzi scovare l'intruso e portarlo all'amico ferito.
Invece, con suo sommo sgomento, una volta spalancato lo sportello si era trovata davanti a decine e decine di botticini tutti della stessa misura, contenenti ognuno un liquido diverso e accatastati ordinatamente gli uni sopra gli altri. Di cibo nemmeno l'ombra.

Fu sopraffatta dall'istinto di mettersi le mani nei capelli. -Ma cosa diavolo mangia questo tizio?! -imprecò a mezza voce, resistendo alla tentazione di mandare al diavolo tutto e chiamare la guardia medica.

Finalmente, dopo parecchi minuti di disperata ricerca, riuscì a trovare quello che le serviva: un piccolo contenitore di vetro, contenente del liquido verdastro e gelatinoso, sul quale era stata applicata un'etichetta a caratteri indecifrabili.
Sospirò di sollievo e si affrettò a mettere in tasca il prezioso medicinale.

Era consapevole del fatto che avrebbe fatto meglio a tornare immediatamente nella camera di Kevin, ma quella casa, e soprattutto la totale assenza di cibo contenuta in essa, la incuriosivano e insospettivano più di quanto non fosse disposta ad ammettere.
Si mise, così, a frugare in tutti i cassetti e nella dispensa, riuscendo a scovare solamente un paio di cucchiai antichi, dell' argenteria ossidata e un sacchetto pieno di batuffoli di cotone. Le pentole, le tovaglie e tutti gli strumenti solitamente presenti in una cucina sembravano essersi volatilizzati. Perfino i fornelli non davano segno di vita.

Improvvisamente, si domandò se Kevin non le avesse mentito: abitava veramente in quel luogo o vi si era introdotto clandestinamente?
Sempre più confusa, appuntò lo sguardo sul lavandino. Almeno quello sembrava pulito, e quando provò a girare una delle due manopole ne fuoriuscì un getto d'acqua fresca con il quale si lavò le mani.
Mentre si asciugava alla bell'e meglio con i propri vestiti, dato che la cucina sembrava anche sprovvista di asciugamani, continuò a mordicchiarsi il labbro, indecisa sul da farsi.

In quel momento le tornarono in mente le parole che Pai, il volto pallido e tirato per le troppe ore trascorse ad analizzare i risultati prodotti dai suoi marchingegni alieni, aveva rivolto alla squadra pochi giorni prima. "Non riesco a trovare nessuna traccia. Chiunque ci abbia aiutato durante la ricerca dell'acqua cristallo deve essersi nascosto bene. Ma se è uno di noi, come temo, non potrà passare inosservato in eterno: noi alieni abbiamo dei modi di vivere piuttosto bizzarri."

-Modi di vivere bizzarri... -ripensando a tutte le cose indubbiamente strane presenti nel modo di comportarsi e nello stile di vita di Kevin, Luana non riuscì a reprimere un brivido.

Come doveva agire in quella situazione? Avrebbe fatto meglio a parlarne immediatamente con Pai, questo era evidente, ma la scocciava abbandonare il compagno di classe in condizioni così critiche, per quanto esistesse una possibilità neanche troppo remota che fosse in realtà un sottoposto alieno inviato da qualcuno.

Un debole gemito, proveniente dalla stanza adiacente, la riportò alla realtà.
Inspirò a pieni polmoni, cercando di non farsi prendere dal panico. Prima si sarebbe occupata di lui, poi avrebbe pensato al resto.
Tornò al suo capezzale, sforzandosi di mantenere un'espressione più neutrale possibile.

Tuttavia, non dovette riuscirci troppo bene perché quest'ultimo, non appena la vide, le lanciò uno sguardo indagatore -Cominciavo a temere che il frigorifero ti avesse inghiottita...

La ragazza si finse offesa -Non è colpa mia! Quella dannata boccetta era infilata nel fondo del frigorifero! -sbottò, stupendosi lei stessa di quanto le risultasse facile mentire. Forse si stava immedesimando troppo nel ruolo dell'agente segreto.

Senza aggiungere altro, si chinò sul corpo ferito del ragazzo, iniziando a slacciargli rapidamente la camicia. Nonostante i suoi buoni propositi, l'occhio le cadde comunque alcuni istanti sul suo petto scolpito e dovette farsi forza per non arrossire.
Non le era mai capitato di trovarsi davanti a un uomo mezzo nudo e le sue conoscenze in materia erano alquanto scarse.

Tuttavia, quando l'indumento scivolò via completamente, non vi fu più posto per pensieri di tale genere, perché la preoccupazione della giovane venne quasi totalmente assorbita dalla quantità incredibile di ferite che straziavano il corpo di Kevin.
Represse un gemito scioccato, osservando la sua carne dilaniata da tagli e lividi.

Intercettando la sua espressione, il compagno di classe sospirò amaramente. -Brutte eh?

-Ti sembra una cosa su cui scherzare?! -la voce di Luana si ruppe sull'ultima sillaba. Le mani iniziarono a tremarle di rabbia repressa e dovette prendere un paio di respiri profondi per riuscire a stappare la boccetta contenente il disinfettante senza rovesciarne il contenuto. -Chi diavolo ti ha ridotto così?!

Senza preavviso, la mano di Kevin salì fino a sfiorarle la guancia. -Calmati. -mormorò, sorridendo debolmente. -Non mi succederà niente. Non sono ferite profonde.

Per la prima volta, non vi fu traccia di scherno nella sua voce e forse fu proprio quel particolare a indurre Luana a rilassarsi. -Sembri davvero ridotto male.

Con rinnovata calma, iniziò a tamponare le ferite una a una, utilizzando i pezzi di cotone che aveva trovato nella credenza.

-Non sembra, ma ho la pelle dura. -la rassicurò ancora il ragazzo, senza tuttavia riuscire a trattenere un'espressione sofferente ogni volta che il liquido disinfettante entrava a contatto con la carne viva. -E poi ci sei tu a prenderti cura di me, adesso.

Il volto di Luana divenne di tutti i colori: immaginava come dovesse apparire agli occhi degli altri quella scena. Decisamente sdolcinata. -Non farci troppo l'abitudine. La prossima volta che tenteranno di ammazzarti potrei anche non essere nei paraggi.

"Anzi, potrei essere io stessa a tentare di ucciderti... se i miei sospetti su di te dovessero essere fondati."

Proprio come il giovane aveva affermato, le ferite erano sottilissime, sembravano causate da una frusta minuscola o da una lama penetrata nella carne di taglio e smisero di sanguinare quasi subito, facendole sperare che non sarebbero stati necessari punti di sutura: non era sicura di essere psicologicamente pronta ad affrontare tale prova. Tuttavia, la strana forma di quei tagli la indusse anche pensare che non potessero essere stati inflitti durante uno scontro, ma per punizione, una punizione accettata senza proteste.

-Sei stato ferito anche sulle gambe? -domandò, a un certo punto, temendo in una risposta affermativa.

Kevin, fortunatamente, scosse la testa. Sembrava avere già ripreso le forze rispetto a quando avevano iniziato la medicazione.
Evidentemente, quel disinfettante possedeva delle proprietà miracolose o qualcosa di simile, perché dopo pochi minuti il suo incarnato era tornato a tingersi di un tenue color rosato e il respiro si era fatto più regolare.

Intercettando lo sguardo stupito della Mew alien, Kevin non riuscì a trattenere un risolino -Te l'avevo detto che ho la pellaccia dura.

-Sì, ma sei ancora gelato. -obiettò quella con prontezza, lanciandogli un'occhiata eloquente.

Solo in quel momento il giovane si accorse di avere ancora la mano premuta contro la guancia di lei. Si affrettò a ritrarla, vagamente imbarazzato.

-Hai degli scaldabagno in casa?

-No, ma c'è il caminetto acceso in salotto.

Luana si portò una mano al mento, con fare riflessivo. -Non so quanto possa giovare alla tua salute muoverti... ma una cosa è certa: hai bisogno di calore. Sei rimasto fuori al freddo per troppo tempo. -lanciò un'occhiata dubbiosa al fondo del corridoio. -Ci sono dei divani in questo famigerato salotto?

-Sì, uno molto grande.

-Bene. Allora ti sistemeremo lì. -decise, in tono soddisfatto, per poi chinarsi ad aiutare l'amico.

Quest'ultimo obbedì prontamente, ma nonostante avesse dato segno di essersi ripreso, farlo scendere dal letto si rivelò un'impresa piuttosto faticosa.
Il tempo di alzarsi a sedere e la fronte gli si era di nuovo imperlata di sudore, il colorito del suo volto era ritornato a essere terreo e brividi intensi avevano iniziato a scuoterlo da capo a piedi.

Vedendolo ondeggiare pericolosamente in avanti, Luana si affrettò a sorreggerlo, afferrandolo prontamente per le spalle. -Tutto a posto? -gli chiese, detergendogli la fronte sudata con un fazzoletto recuperato dalla tasca. -Forse è meglio se, per il momento, evitiamo gli spostamenti... potresti...

Kevin, gli occhi serrati per contenere i capogiri, scosse la testa. -No.

-Ma...

-Posso farcela. Se mi aiuti...

Luana aggrottò le sopracciglia, decisamente poco entusiasmata dall'idea di doverlo costringere a camminare in quelle condizioni. Ma, come era accaduto poco prima, qualcosa nel tono con cui le si era rivolta la indusse a esaudire la sua richiesta. -D'accordo, proviamoci. Tu cerca di non svenire.

Continuando a sostenerlo con attenzione, si sedette accanto a lui sul pouf in modo da poterlo aiutare più efficacemente nel caso avesse perso l'equilibrio.
Kevin prese un gran respiro, come a voler raccogliere la poca energia ancora presente nel suo corpo, e le circondò il collo con un braccio, poggiandosi su di lei con tutto il proprio peso.

La ragazza, dal canto suo, non poté fare a meno di rabbrividire avvertendo il contatto con la sua pelle: se prima aveva avuto dei dubbi riguardo alla necessità di farlo spostare in salotto, ora capiva che era davvero indispensabile, perché il corpo del giovane era freddo come il ghiaccio.

Prestando attenzione a non compiere movimenti troppo bruschi, fece leva sulle ginocchia, sollevandosi lentamente in piedi. -Appoggiati a me più che puoi. -Suggerì, squadrando l'amico con preoccupazione. -Se ti senti svenire, avvisami immediatamente.

La traversata non fu così tragica come aveva previsto: trasportarlo sul pavimento di legno fu piuttosto semplice, probabilmente perché poteva contare anche sul sostegno dei muri di sasso. Kevin minacciò di cadere in avanti solamente verso la fine del percorso, quando il divano era talmente vicino che alla giovane bastò spiccare un balzo leggermente più intraprendente rispetto agli standard umani per raggiungerlo.
Comunque, era fiduciosa del fatto che il suo paziente fosse troppo intontito per rendersi conto di ciò che stava accadendo.

Come previsto, nel salottino ardeva un allegro fuocherello che rischiarava l'ambiente in penombra e spandeva il suo calore benefico per tutta la stanza.

Una volta liberatasi dal peso del proprio paziente, per la giovane non fu difficile spostare il divano in modo da esporlo maggiormente al calore: allenandosi tutte le mattine contro guerrieri pressoché invincibili, sollevare pesi e spostare mobili era diventato un gioco da ragazzi. -Ecco fatto! -sospirò soddisfatta, quando ebbe terminato di attizzare il fuoco.

-Ci sai fare, non c'è che dire... -si complimentò l'amico, allungandosi con cautela sul divano.

-Modestamente, ci vuole un certo stile nel gettare legna nel camino. -scherzò lei, facendo mulinare l'attizzatoio a mo' di spada.

-Mh... attenta a non mandare a fuoco la casa...

Seguendo il suo consiglio, si affrettò a rimettere a posto l'oggetto, per poi incrociare le braccia con fare teatrale. -Dovresti avere più fiducia in me. Soprattutto dal momento che ti ho appena salvato la vita. -sorrise sarcastica attendendosi una delle solite frasi pungenti da parte dell'interlocutore, ma quando alle sue orecchie giunse solo un profondo respiro, si voltò allarmata, temendo che fosse subentrato qualche altro problema.

Invece lo trovò profondamente addormentato, con un braccio a nascondere parzialmente il volto.

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