Cap. 28 - Rientro e sorpresa.

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Bakugo e Kirishima tornarono al dormitorio, cercando di mantenere un profilo basso. Quando poi entrarono nel salotto comune, trovarono Midoriya e Todoroki a rilassarsi sul divano.

«Oh, ciao ragazzi. Come è andata la vostra serata?», disse Midoriya sorridendo e cercando di sembrare naturale.

Kirishima, con un sorriso un po' troppo largo, rispose, «Quale serata? Noi siamo stati qui».

«Infatti? E non abbiamo fatto nulla di ché. Tutto normale», rispose Bakugo.

Todoroki, alzando un sopracciglio, incalzò, «Davvero? Non vi abbiamo visti».

«Confermo», aggiunse Midoriya.

«Siamo stati nel campo ad allenarci un po'», disse Kirishima, cercando di mantenere la calma.

Todoroki, visibilmente scettico, non sembrava del tutto convinto, «Nel campo, eh? Di sera?».

Bakugo, innervosendosi, non rispose e cambiò argomento, «Non si può? Perché invece non ci dite voi che avete fatto stasera?».

«Oh, nulla di ché. Solo una serata tranquilla», rispose Midoriya.

«Beh, sembra che tutti abbiamo avuto serate tranquille o normali», ironizzò Kirishima.

Todoroki, anche se ancora sospettoso, si limitò a annuire, «Sembra proprio così».

«Allora buonanotte», disse Bakugo, concludendo la conversazione e avviandosi con Kirishima ognuno dei due verso le loro stanze, mentre Midoriya e Todoroki rimasero nel salotto.

Midoriya lanciò un'occhiata a Todoroki, «Shoto», iniziò, abbassando la voce, «Pensi che ci stiano nascondendo qualcosa? Dopo averli visti a cena posso dire solo che...».

Todoroki si appoggiò allo schienale del divano, fissando il soffitto, «È possibile, Deku. Ma non sono gli unici. Anche noi abbiamo evitato di dire loro dove siamo stati stasera, dovevamo cenare allo stesso ristorante, prima di cambiare i piani».

Midoriya si grattò il mento, «Già. È strano, però... Kacchan non è il tipo da evitare una domanda a meno che non ci sia un motivo».

«Lo stesso vale per Kirishima», aggiunse Todoroki, «Ma non sono sicuro che dovremmo spingerci oltre. Se vogliono mantenere i loro segreti, dovremmo rispettarlo, come Bakugo rispetta il nostro, no?».

Midoriya rifletté un attimo, poi sorrise leggermente, «Già, però se ci penso, non so proprio cosa ci sia tra quei due... ma meglio lasciar stare».

Todoroki annuì e lo abbracciò Midoriya, «Esatto. E visto che siamo soli, godiamoci un po' di coccole».

Nel frattempo, nella stanza di Bakugo, il silenzio era stato spezzato solo dal fruscio dei vestiti lanciati in aria mentre si preparava per la notte davanti a Kirishima, costretto a entrare nella stanza con la forza, anche se poteva ammettere che non gli dispiacque.

Lo osservava con la coda dell'occhio, cercando di capire a cosa stesse pensando e seguendo ogni indumento finché lo vide solo con la biancheria addosso.

«Katsuki, che stai facendo?», chiese.

Bakugo si voltò a guardare Kirishima con un'espressione irritata, «Che cosa sembra che stia facendo, Eijiro? Mi sto preparando per dormire!».

«Davanti a me? E poi perché mi hai portato in camera tua? Cosa vuoi fare?», stuzzicò.

«Te l'ho già detto, sei sordo?!».

Kirishima rise leggermente, avvicinandosi a lui, «Non intendevo quello...».

Bakugo lo fulminò con la sguardo, allora tentò di cambiare argomento, «Voglio dire, hai notato come Midoriya e Todoroki ci guardavano? Sembrava quasi che sapessero qualcosa».

Bakugo sospirò, «Non m'importa di quello che pensano. Loro fanno i loro affari, noi i nostri. Fine della storia».

Kirishima, tuttavia, non sembrava del tutto convinto, «Sì, hai ragione. Ma sai com'è Midoriya... se inizia a sospettare qualcosa, non lo lascerà perdere facilmente. E poi, c'è Todoroki... è come se sapesse sempre più di quanto lascia intendere».

Bakugo si sedette sul letto, incrociando le braccia, «Lascia che facciano quello che vogliono. Non possono provarlo, e comunque non c'è niente da provare su noi due».

Kirishima si sedette accanto a lui, «Sì, certo. E la cena? Quello strano bacio, e la voglia che hai di me dietro quegli occhi di indifferenza? Ti vedo, sai», rise.

Bakugo arrossì leggermente, ma il suo sguardo divenne subito più serio, «Tsk, smettila di dire sciocchezze, Eijiro. Quello era solo... un momento. Non significa niente».

Kirishima lo guardò per un momento, poi sorrise in modo dolce, «Avanti, stai per raggiungere e oltrepassare limiti che non avresti mai immaginato di avere. Stai solo cercando di proteggerti, ma io sono qui con te, non contro di te».

Bakugo lo guardò negli occhi, combattuto tra il desiderio di respingerlo e quello di lasciarsi andare. E prima che potesse dire qualcosa, Kirishima si avvicinò ancora di più, lasciando che le sue labbra sfiorassero quelle di Bakugo in un bacio inizialmente dolce e incerto.

Per un attimo, Bakugo restò immobile, il suo corpo era teso come una corda pronta a spezzarsi. Poi, quasi istintivamente trasformò il bacio in qualcosa di più intenso e violento. Afferrò Kirishima per la maglietta, tirandolo più vicino, mentre il bacio diventava una lotta per il controllo.

Kirishima non si tirò indietro, accogliendo l'intensità di Bakugo con la sua forza calma e determinata.

Le loro labbra si mossero freneticamente, i respiri si fecero più affannati e le mani di Bakugo si strinsero ancora di più attorno alla maglietta di Kirishima, quasi come se temesse che potesse sfuggirgli; ma Kirishima era lì, saldo e presente, che rispondeva con altrettanta passione, senza cercare di sovrastarlo.

Quando finalmente si staccarono, entrambi erano rimasti senza fiato, e i loro occhi ancora fissi l'uno nell'altro. Bakugo sembrava confuso, quasi spaventato, mentre Kirishima lo guardava con affetto, «Vedi? Non è così difficile lasciarsi andare».

Bakugo abbassò lo sguardo, sentendo il peso delle sue emozioni che lottavano per emergere.

«Tsk, sei proprio un idiota, Eijiro», mormorò con un tono di voce che tradiva un senso di resa mai mostrato prima.

Kirishima sorrise di nuovo, avvicinandosi per posare un altro bacio, questa volta più dolce e delicato, sulle sue labbra imbronciate, «Forse sì, ma sono il tuo idiota».

Bakugo non rispose, invece si fece avanti per privare Kirishima di tutto ciò che indossava a parte la biancheria, «Siamo pari adesso», mormorò, «Così non sono l'unico scemo rimasto in mutande qui dentro», sbottò.

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