20. Lo avevi promesso...

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CORRETTO

Oggi è il grande giorno: io ed Alex decideremo se andare o no a pranzo da mio padre, sicuramente per farci conoscere la sua nuova ragazza... e donna con cui ha tradito mia madre. Dipende dai punti di vista e quale delle due versioni preferite.

Già di prima mattina non ho voglia di alzarmi e a scuola non continua bene in quanto voglio solo scappare da queste mura che tengono rinchiuse ogni giorno migliaia di anime.

Sbatto l'anta dell'armadietto con un po' troppa violenza,tanto che attiro degli sguardi ma non ci faccio caso.

<<Bianca, come va?>> Sofy mi raggiunge e cammina al mio fianco.

<<Bene, solo un po' stanca>>

<<Per il pranzo da tuo padre?>>

<<Precisamente>> Sofy si blocca, trattenendomi per un braccio.

<<So quanto ti ha fatto male, ma dagli un'altra possibilità, d'accordo?>> mi sorride dolcemente ed incoraggiante. Lo restituisco.

<<Ci provo Sofy, ogni giorno, ma non riesco a non pensare a tutto quello che ha fatto... è come se ogni volta che mi sforzi di pensare solo ai nostri ricordi belli, quelli brutti li superano in un batter d'occhio....Ma ci proverò, per l'ennesima volta>> mi accarezza le braccia mentre ci sorridiamo a vicenda. Poi riprendiamo a camminare.

<<Comunque vada, che ne dici di venire ad una festa questo fine settimana?>>

<<Un'altra? Ma quante persone popolari conosci? Sono tre anni in questa scuola e mai nessuno mi ha invitato ad una festa>> ridiamo insieme quando in lontananza vedo Dylan parlare con Logan, sono sempre insieme quei due.

<<Beh, devo ammettere che la conoscenza con Dylan mi sta aiutando, ma non pensare che lo stia facendo per la popolarità, lo sto facendo perché credo di provare qualcosa per lui>> si ferma al suo armadietto ed estrae i libri che le servono.

<<Non l'ho mai pensato... A proposito, come va con lui?>>

<<Beh, che ti devo dire... E' bello, simpatico e anche se non ci crederai mai, è gentile>> so perfettamente quanto possa esserlo, ma forse non voglio farci tanto caso.

<<E poi mi sembra così misterioso, sai quei ragazzi dei libri che hanno un sacco di segreti? Ecco, lui sembra uscito direttamente da quelli e questo è un'altro punto a favore>> mi fa l'occhiolino e morde la mela che aveva teneva nascosta là dentro.

Chiude l'armadietto e lo nota anche lei. Sobbalza dalla sorpresa, si sistema la gonna blu che ha deciso di indossare oggi, si sistema i capelli lunghi di color platino e si volta verso di me.

<<Come sto?>>

<<Sei perfetta>> sorride e mi lascia la mela in mano, ringraziandomi e correndo nella sua direzione.

Lui la nota, ma nota anche me. Mi sorride appena e alza una mano per salutarmi. Ci penso un po' prima di ricambiare, ma alla fine lo faccio.

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La giornata passa tranquilla, soprattutto perché non ho incontrato Matt o Dylan e non sono stata costretta a parlargli.

Sinceramente non so che fine abbia fatto Matt, ma se non mi parla vuol dire che non lo vuole fare ed io devo dargli tempo.

Una volta arrivata a casa, sento Alex e mia madre gridarsi contro. Perfetto, unico giorno della settimana in cui possiamo vederci nel primo pomeriggio e loro lo utilizzano per litigare.

Li raggiungo in salotto e mi intrometto nella discussione.

<<Che succede qui?>>

<<Succede che mamma ci vuole costringere ad andare da papà, ma non ha minimamente capito che può urlare quanto vuole perché io non ci andrò>> mi risponde mio fratello, ma urlando verso mia madre.

<<Bianca, puoi cercare di far capire a tuo fratello che è giusto andarlo a trovare, è pur sempre vostro padre, a voi non ha fatto nulla per cui lo dobbiate odiare così tanto>>

<<Nulla? Pensi che per noi non vali niente? Davvero credi che, quello che ha fatto a te,non l'ha fatto anche a noi?>> Alex si avvicina a lei che è appoggiata al muretto che separa la cucina dal salotto e fissa un punto a caso, con le lacrime agli occhi.

<<Sono abbastanza grande da decidere se andarci o no, sono pure maggiorenne e questo implica il fatto che non ho più l'obbligo di dividermi a destra e a sinistra per poter stare con entrambi, quindi no mamma, io non ci vado>> le parla vicino all'orecchio con tono quasi minaccioso, per poi andarsene via.

Mia madre si copre la bocca per evitare di far uscire anche il suono del pianto, ma sono i suoi occhi a tradirla.

Mi avvicino con cautela a lei, ma nel tentativo di abbracciarla, si allontana per sparire in cucina.

Non so cosa faccia piangere mia madre, forse il fatto per quanto lo voglia negare, noi possiamo essere il ponte perfetto per nostro padre a cui lei è ancora legata.

Il suo era amore vero e questo è il risultato: sentire ancora quel legame con quella persona a cui hai donato tutta te stessa, come un qualcosa di indistruttibile.

Ecco, lei si sente così, lo so perché qualche mese fa ho letto ciò che ha scritto su un suo diario segreto. Sì, mia madre lo tiene ancora, lo usa per riprovare la sensazione che si prova quando parli con una persona fidata.

Dovrei esserci io al posto di quel mucchio di pagine e fiumi di suoi pensieri, ma ho provato più di una volta a provare a farlo ma sembra che non abbia bisogno di quel tipo di rapporto, più di quello amoroso, amore vero intendo.

Ad ogni modo, raggiungo mio fratello per cercare di convincerlo, almeno così posso ottenere la felicità della mamma.

Busso alla sua porta ma non mi risponde, brutto segno con mio fratello. Entro comunque e lo trovo sdraiato sul suo letto, rivolto verso al muro.

Mi sdraio anch'io e lo abbraccio dalla vita.

<<Alex, ti prego non lasciarmi sola>>

<<Cosa intendi?>>

<<Non lasciarmi da sola ad affrontare questa cosa, me lo avevi promesso>>

<<Hai intenzione di andarci?>> si volta appena e la voce assume un tono spaventato.

<<Sì, sono stanca di essere egoista, sai perfettamente che alla mamma farebbe piacere se ci andassimo e se questo può renderla felice, io voglio andarci>> Alex sospira.

<<Non posso dirti cosa fare Bianca, ma ti dico solo che questa volta sarai da sola>> si divincola dalle mie braccia e si sistema meglio il cuscino.

<<Davvero vuoi dargliela vinta così? Non sei stanco di vedere lui felice e nostra madre, noi, sempre pensierosi? Pensi che ce lo meritiamo?>>

<<Si Bianca, lo penso davvero ma se noi andassimo a quel pranzo lo renderemmo ancora più felice>>

<<Hai ragione, ma tu pensa a nostra madre, sarà contenta, noi faremo buon viso a cattivo gioco e poi ci andremo a divertire come non mai, senza pensare minimamente a lui... Voltiamo pagina una volte per tutte>> lui rimane in silenzio e questo significa che sta riflettendo.

Mi alzo e mi dirigo verso la porta.

<<Pensaci Alex, per una volta pensa alla nostra felicità>> e vado via, lasciandolo da solo.

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Credo sia illegale avere come prima ora educazione fisica, non che sia pigra ma la prima ora vorrei solamente nascondermi agli ultimi posti e coricarmi sul banco per recuperare quelle ore di sonno perse.

Siamo in due classi in questo momento e tra questi ragazzi c'è anche Dylan, che parla o mi osserva mentre mi riscaldo.

Facciamo dei giri di corsa per poi iniziare a fare degli esercizi. Io e Matt decidiamo di giocare, infine, con una palla.

Lo ammetto, qualche volta cadeva la palla e mentivo sul perché fosse successo, ma la verità è che non riuscivo a non gettare ogni tanto lo sguardo su Dylan, vestito di una tuta grigia sotto e una maglietta bianca a maniche corte sopra.

Ad attrarmi erano i suoi esercizi in cui sembrava volersi stancare di proposito come ad usarlo come scusa per andare via da lì.

Aveva lo sguardo di chi si pone un obiettivo e vede solo quello davanti ai suoi occhi o peggio, di chi si immagina già come sentirsi male.

Conosceva i suoi limiti e in ogni esercizio si sforzava di superarlo ma non come record personale, piuttosto per sentirsi venir meno le forze.

Mi sono preoccupata a tal punto da non vedere la palla arrivare verso me, dritta in faccia.

<<Caspita Matt, sta più attento per favore>> mi lamento, massaggiandomi il punto dolorante.

<<Forse dovresti stare tu più attenta>> palleggia la palla a terra, in una posizione di riposo, con un mano sul fianco.

<<La puoi piantare per favore? Mi stai cominciando a stufare con questo tuo rancore>>

<<Sai perfettamente come sono fatto>>

<<So perfettamente che io e te dovremmo essere migliori amici e il fatto di Sofy non dovrebbe distruggere quello che c'è tra noi>> raccolgo i capelli in una coda, forse un po' disordinata, mentre lui mi osserva senza dire una parola.

<<Guardami negli occhi e dimmi che sei geloso di lei, dimmi che ti sei preso una cotta ed odi me per averle detto che ha una possibilità con Dylan>> mi avvicino a lui che sembra perdere la sua sicurezza.

Ci scambiamo sguardi di fuoco rimanendo in silenzio.

<<Anderson, Smith, la smettete o volete andare a far visita al preside già di mattina?>> ci urla il professore da lontano. Ci allontaniamo l'uno dall'altra, riprendendo a passarci la palla mentre tutti gli occhi sono addosso a noi.

Poco dopo noi, altri rumori si sentono rimbombare nel campo, oltre alle grida per far passare la palla o per quell'ingiustizia subita da qualcuno durante il gioco di squadra, cioè quella di ragazzi preoccupati accerchiare qualcuno. Pure io e Matt ci dirigiamo là dopo esserci scambiati degli sguardi preoccupati.

I professori sbracciano in mezzo al gruppo di ragazzi fino ad arrivare al centro. Non sentiamo niente in mezzo alle voci dei ragazzi e delle parole dei professori, sento qualcuno parlare con il proprio amico.

<<Immaginavo si sarebbe sentito male, non fa altro che sfinirsi in questi giorni>>

<<Povero, chissà cosa sta passando>> farfugliano delle ragazze ed un gruppo di ragazzi.

Ho un'idea di chi potrebbe essere, ma non voglio crederci finché non lo vedrò con i miei occhi.

Poi il prof si vede sbucare dal centro del cerchio con in braccio Dylan, ci grida di fare spazio per far passare. Fisso in modo ipnotico il corpo inerme di Dylan, col braccio penzolante e la testa gettata completamente all'indietro.

Il professore ha una faccia intrisa dallo sforzo e avanza lentamente verso la scuola per portarlo in infermeria.

Il professore richiama la nostra attenzione e ci chiede di continuare a fare quello che stavamo facendo. Ci guardiamo gli uni con gli altri e con movimenti lenti e quasi meccanici riprendiamo a fare attività.

<<Bianca stai bene?>> Matt si avvicina a me come ad aiutarmi. Lo guardo confusa.

<<Ma che fai?>> gli sussurro.

<<Vuoi andare in infermeria?>> quasi grida fino ad attirare l'attenzione del professore.

<<Anderson, tutto bene?>> si avvicina a me, mentre Matt mi da una gomitata per chiedermi di reggere il gioco.

Allora mi chino su me stessa, come se mi facesse male la pancia e comincio a lamentarmi, assumendo una faccia addolorata.

<<No prof, mi fa male la pancia>>

<<Matt, accompagnala in infermeria>>

<<Va bene prof... andiamo Bianca>> posa una mano dietro la mia schiena e spariamo dentro la scuola.

<<Perché questa scenata?>>

<<Avanti, ti si vedeva lontano un miglio che avevi voglia di vederlo ed io ti copro>> dice sorridendo un po'. Io lo imito.

<<Grazie Matt>> lo abbraccio come non facevo da giorni. Lui rimane sorpreso dal mio gesto, tanto che all'inizio non sembra voler ricambiare ma alla fine mi cinge la vita con le sue braccia.

<<Avanti, sbrigati e va' da lui... Io vado a farmi un giro>> se ne va, salutandomi di spalle. Rido ancora in mezzo al corridoio, poi inizio a correre per andare da Dylan.

Busso alla porta e la voce della donna che rimane qui ad aspettare chi accudire ogni giorno.

<<Buongiorno, c'è Dylan?>>

<<Si, è nell'ultimo letto, ma fa piano, sta riposando>>

<<Cos'ha?>> entro dentro e chiudo la porta alle mie spalle.

<<Ha avuto un calo di pressione, ultimamente capita sempre più spesso... Non capisce che continuando così si farà male>>

<<In che senso?>>

<<Non so se sia vero, ma la mia laurea in medicina mi dice che sta conducendo della abitudini che lo rovinano>>

<<Che tipo di abitudini?>> mi avvicino a lei, per udire meglio le parole sussurrate apposta per non far sentire al diretto interessato.

Si guarda in giro, come se stesse per trasgredire ad un comando che gli era stato dato, poi mi risponde dopo un sospiro.

<<Tipo saltare i pasti o bere un po' di troppo>> la sue parole mi fanno venire i brividi ma finché non ne avrò la conferma da lui o qualcosa che lo attesta, non voglio crederci.

Annuisco e vado alla sua ricerca, trovandolo subito dopo. Mi siedo sulla sedia lì vicino, cercando di non svegliarlo ma ogni tentativo sembra invano dato che apre un occhio e sospira.

<<Che fai qui?>>

<<Sono venuta a vedere come stavi>>

<<Non c'è bisogno, starò bene>> chiude l'occhi e sistema meglio il cuscino.

Lo so che starà bene, ma se continua così finirà per rovinarsi. Questo non lo dico perché so di essere la persona meno giusta per fargli la morale.

Mi avvicino al letto con la sedia, tentata di stringergli la mano che è posata leggera sul materasso.

<<Non dici niente?>>

<<Cosa dovrei dire?>>

<<Non so, le solite cose che mi dice mia madre o l'infermiera>> sorridiamo entrambi.

<<Non sono qui per farti la morale, sia perché so che non mi darai comunque ascolto, sia perché sono la persona meno adatta per dirti che fare, ma ti chiedo solo di stare attento>> apre entrambi gli occhi, si volta a guardarmi dritta negli occhi. Ci osserviamo a vicenda e per la prima volta mi sembra di comunicare con quegli occhi freddi ma stanchi di esserlo.

<<Ti dà fastidio se ti chiedessi di tenermi la mano?>> mi chiede poi, intimidito della mia possibile risposta.

Sorrido ma annuisco. Gliela afferro e gliela stringo forte. Il suo viso si contorce in una smorfia, come fosse commosso da questo gesto tanto gentile, come se non credesse più che ci fosse qualcuno disposto ad offrirglielo. Sembra volersi lasciare andare, ma si trattiene per mantenere la sua figura da duro. Non sa che con me quella maschera non c'è più.

<<Ti ringrazio>>

<<Di nulla>> 

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