24. Rissa

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CORRETTO

Il volto, ormai rivolto dall'altra parte, torna lentamente a guardarmi con occhi spalancati. Forse sono riuscita persino a farlo riprendere dalla sbronza.

I tratti si fanno duri e confusi al tempo stesso mentre una mano comincia a muoversi lentamente verso la guancia dolorante. Non si muove, rimane fermo a fissarmi che aspetta una spiegazione al mio gesto. Io cerco delle parole da dire per riempire questo silenzio imbarazzante tra noi.

<<Non osare mai più dire una cosa del genere della mia amica... se non ti convince lasciala pure, ma rischiare di tradirla e spezzarle il cuore solo perché hai paura che il tuo segreto possa essere sulla bocca di tutti, è da cretini>> gli punto un dito contro, con i suoi occhi che mi continuano a fissare imperterriti.

Si avvicina a me con qualche passo lento e calcolato, si avvicina al mio orecchio in modo da far sentire solo me.

<<Mi dispiace per te e per lei, ma l'ho già tradita>> le sue parole, sussurrate, mi sfiorano l'orecchio provocando dei brividi lungo tutta la schiena. Non so se per le parole in per sé o per via del suo fiato caldo che mi stuzzica senza permesso. Nonostante non sia io la sua ragazza, mi fa comunque male saperlo.

<<E con chi sei stato?>> dico a denti stretti.

<<Non per forza si deve tradire col corpo, basta con la mente e nemmeno una ragazza bella come lei riesce a togliermi dalla testa quella che già ho>>

<<E chi sarebbe questa ragazza?>>

<<Mi dispiace ma nemmeno sotto effetto di alcol riesco a confessare il mio amore segreto...Ne sai già uno, non permetterò che tu ne sappia un altro>>

Detto questo, si allontana dal mio orecchio e scompare in mezzo alla folla di ragazzi che continua a ballare, gettandosi i problemi alla spalle, anche se solo per una notte.

Lo seguo con lo sguardo finché non riesco più a vederlo.

<<Qualsiasi cosa abbia detto, fai finta di nulla, quando è ubriaco non controlla le parole...Come tutti, del resto>> mi volto verso la voce maschile accanto a me: è Logan. Sorride leggermente, poi beve dal bicchiere rosso di plastica.

<<Con questo cosa vorresti dire?>>

<<Voglio dire che mi sembri una ragazza combattiva e non ti piacerebbe dargliela vinta, sbaglio?>>

<<Cosa, che significa?>>

<<Che è questa la tecnica che adotta con tutti, pensa di meritare l'indifferenza delle persone, l'ha fatto persino con me, il suo migliore amico>> fissa il liquido dentro al bicchiere con uno sguardo perso, come se ripensasse alle ferite che ha lasciato anche sul suo cuore.

All'improvviso, torna a guardarmi e sorride con un alone di rassegnazione che lo illumina.

<<Ma nonostante questo, è una persona che conoscerla ne vale veramente la pena, te lo dice chi lo conosce da una vita>>

<<Se lo conosci così tanto bene, dimmi qual è la cosa per cui ne vale veramente la pena, sono curiosa>> incrocio le braccia al petto, come a dimostrargli che ho tutto il tempo di questo mondo ad ascoltare ciò che ha da dire.

<<Beh, è difficile ricordare tutte le qualità che ha Dylan quando è da tanto tempo che non le mette in mostra, ma se c'è una cosa che è impossibile dimenticare di lui è che, prima che succedesse la cosa che lo ha reso così, era una persona radiosa, il tipico sorriso che non vedevi l'ora di incontrare per risollevarti il morale>> detto questo, mi lascia da sola, a riflettere.

Mi fa strano pensare che il Dylan del passato possa essere diventato una persona indispensabile per la vita di qualcuno.

Prendo un bel respiro per riprendermi dalla forte emozioni provate questa sera, tanto da farmi venire voglia di tornare a casa e lasciare persino Matt senza accompagnatrice.

Li cerco e dopo averli trovati, mi avvicino a loro velocemente come per ridurre al massimo il tempo trascorso dentro questa casa.

<<Matt, voglio andare via>>

<<Di già? Ma la festa è cominciata poco fa>> dice ridendo e sollevando in aria la mano che stringe forte una bottiglia di birra.

Le sue guance rosse, quel sorriso da ebete e le punte dei capelli castani appiccicate alla fronte per via del sudore mi suggerisce che è già mezzo brillo. Matt non è mai stato capace di reggere l'alcol.

<<Si lo so, ma voglio andare via, mi sono stufata di restare qui>>

Le sue sopracciglia si corrucciano all'improvviso fino ad assumere l'espressione di chi ha capito.

<<Dylan, non è vero? Cosa ti ha fatto?>> comincia ad avanzare verso la gente che balla, barcollando parecchio.

<<Dov'è quello stronzo? Stavolta gliela faccio vedere io, si è messo contro le persone sbagliate>> dice a fatica per via del suo stato. Tira per i colletti delle persone a caso nella speranza di trovare Dylan, mentre io e Sofy cerchiamo di trattenerlo.

<<Matt, non devi fare assolutamente nulla, solo chiamare tuo fratello e farci venire a prendere>> gli blocco la strada, afferrandolo poi per la giacca e cercando di farmi sentire da lui. Ma sembra essere interessato a qualcos'altro: Dylan che continua a bere, poggiato alla ringhiera della veranda fuori.

Mi sposta con una spinta decisa, beve l'ultimo sorso di birra e si sbarazza della bottiglia lanciandola a terra. Lo raggiunge a grandi falcate.

<<Devi smetterla di torturarla, mi hai sentito?>> lo afferra per il colletto e lo avvicina al viso, accusatorio, cerca persino di sollevarlo da terra ma non ci riesce.

Ho una brutta impressione, due ubriachi fradici e l'uno contro l'altro non è mai un buon segno.

Dylan si libera subito dalla possente presa, spingendolo a sua volta per allontanarlo il più possibile da lui e prendere tempo per decidere la prossima mossa.

<<Ragazzi, smettetela vi prego>> grida Sofy, cercando di avvicinarsi ma la tiro via prima che si possa fare male.

<<Ma che problemi hai? Non ho fatto nulla>> lo spinge ancora ma Matt non è intenzionato a lasciare scorrere anche questo.

Si scaglia contro di lui, tira il primo pugno. Dylan accusa il colpo, poi lo guarda per qualche secondo e tutti quelli che si sono fermati ad osservare la scena in modo passivo cominciano ad incitarli alla violenza.

Dylan lotta contro tutto se stesso per evitare di iniziare una rissa, ma Matt lo colpisce ancora e ancora costringendo Dylan a reagire. Si lancia verso di lui e si cominciano a picchiare proprio come due animali che lottano per eleggere il più forte.

<<Matt, ti prego, smettila, andiamocene>> gli grido, ma non mi sente perché è troppo impegnato a colpire ripetutamente, ancora e ancora.

Degli schizzi di sangue sporcano il pavimento, nessuno se ne cura e continuano ad incitarli a continuare.

Allora devo scegliere se intervenire e rischiare di prendere qualche pugno o astenermi da questa battaglia e sperare che nessuno dei due si uccida.

Ma l'idea che si possano fare veramente male mi spinge ad aggrapparmi a quel poco di coraggio che mi è rimasto e mi metto nella mischia, aggrappandomi al braccio di Dylan che nel frattempo si è messo sopra al corpo inerme di Matt che giace a terra. Lo colpisce ripetutamente e nemmeno la sua faccia grondante di sangue lo spinge a fermarsi.

<<Dylan, Dyl, fermati>> lo tiro per il braccio che lo tiene ancorato al terreno, ma mi spinge via. Vedere Matt in quelle condizioni, mi fa venire le lacrime agli occhi ma non mi fa arrendere dal fermarlo.

Non sembra nemmeno sapere quello che fa, ha lo sguardo fisso su di lui ma sembra che non riesca a vedere l'opera uscita dai suoi pugni.

<<Dylan, ti prego lascialo andare>> grido ancora, afferrando il suo braccio e tirandolo via con me. Cado con la schiena contro il pavimento con lui che è pronto a sferrarmi un pugno. Mi copro il volto per prepararmi al colpo ma fortunatamente si ferma in tempo perché non sento nulla.

Le lacrime cominciano a colare sulle guance e la sua faccia confusa di ciò che stava accadendo mi conferma il fatto che era entrato in uno stato di trans. Lo ammetto, ho avuto paura di quegli occhi più freddi del solito, offuscati da quasi lo stesso velo che li copriva quella volta nello spogliatoio con Logan.

Si allontana da me respirando affannosamente, si alza in piedi e cammina all'indietro, tenendo fisso lo sguardo su di me.

So perfettamente che mi sta chiedendo infinitamente scusa con quegli occhi, ma preferirei che me lo dicesse, forse potrei accettarlo maggiormente.

<<Stai bene Bianca?>> Andrew, che non avevo ancora incontrato durante questi pochi minuti di festa, si avvicina a me per controllare che stia bene.

Mi tiro su a sedere, mentre con gli occhi non riesco a staccarmi dalla sua figura che indietreggia fino a scappare via.

<<Si, sto bene>> rispondo con ancora un po' di affanno.

<<Matt, Matt, stai bene?>> Sofy si accovaccia vicino al corpo di Matt, che continua a tossire e sputare sangue.

<<Dobbiamo chiamare suo fratello>> mi alzo e li raggiungo, estraendo il telefono dalla sua tasca, mentre Andrew si occupa di far andare via la gente che si era riunita attorno a noi.

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Aspetto paziente seduta sulle scale della veranda, con accanto Sofy che non dice una parola da quando è terminata la chiamata con Samuel.

<<Stai bene?>>

<<No, Bianca, affatto, il mio ragazzo ha appena cercato di farti del male e ha picchiato a sangue il nostro amico, credi che stia bene?>> sbotta senza preavviso, come se finalmente qualcuno le avesse dato il via libera per sfogarsi.

Si alza pure e comincia a camminare nervosamente avanti e indietro. La raggiungo per fermare la sua camminata e calmarla con solo il mio sguardo.

<<Allora siete già una coppia?>>

<<Diciamo di si, ma in questo momento vorrei non fosse così>>

<<Sofy, sta tranquilla, era ubriaco, non sapeva quello che faceva>>

<<Lo so Bianca, ma ho paura che faccia spesso a botte>>

<<Che vuoi dire con questo?>> domando confusa e lei guarda da tutt'altra parte che i miei occhi. Non vorrebbe dirlo ma alla fine cede.

<<Voglio dire che lo trovo spesso con lividi sulle braccia e a volte anche su volto, ma mi chiede sempre di coprili con un po' di correttore>>

<<Siete entrati così tanto in confidenza in così poco tempo?>> annuisce. Cerco di capire, dato le parole che mi ha detto alla festa. A cosa le serve lei? Solo per coprirgli i lividi che si procura chissà in quale modo?

Domani mi sentirà quel ragazzo.

<<Sta tranquilla adesso Sofy, domani penseremo a tutto quanto>> la abbraccio forte, per darle quel coraggio di cui ha bisogno adesso. Poi una macchina arriva e si ferma davanti a noi, è Samuel, che corre in nostra direzione e poi verso Matt una volta sceso dalla macchina.

<<Cosa è successo?>>

<<Era ubriaco e ha iniziato una rissa con un altro ragazzo>> gli spiego mentre lo prende in braccio e lo porta in macchina. Lo seguiamo.

<<Odio quando non mi si da ascolto... Salite, vi porto a casa>> gli diamo ascolto e lasciamo la festa.

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Passano alcuni giorni prima che io possa parlare con Dylan. A scuola non si è presentato, Matt non si ricordava minimamente cosa fosse successo e se l'è fatto raccontare solo una volta perché faceva schifo anche a lui pensare a cosa era capace di fare da ubriaco.

Ha pure promesso di non bere più e se lo dovesse fare, io e Sofy siamo autorizzate a fargli pagare dieci dollari per ogni bicchiere, solo con i soldi possono essere controllati gli esseri umani.

Sofy, invece, non ha fatto altro che essere pensierosa per tutto il tempo, con Matt che ne approfittava per farle rendere conto che lei merita di meglio e gliel'ho sentito dire così tante volte che anch'io lo comincio a pensare.

<<Scusate ragazzi, vado un attimo in bagno>> mi alzo dal tavolo della mensa e mi dirigo verso Logan, che consuma il suo pranzo seduto in giardino, sotto un albero.

Mi assicuro che non mi abbiano visto e lo raggiungo.

<<Ehi Logan, come va?>> si blocca dall'addentare il suo panino e mi guarda dal basso verso l'alto. Lo posa e guarda quel panino con lo sguardo di chi si sta preparando a rispondere ad un sacco di domande.

<<Avanti, siediti e chiedimi tutto ciò che vuoi>>

Mi siedo accanto a lui, incrociando le gambe.

<<Non mi insulti perché ho interrotto il tuo pranzo?>>

<<Punto primo, io non sono Dylan e, secondo, il pranzo può aspettare>> ridiamo insieme. Logan è un bravo ragazzo ed è strano pensare che possa essere il migliore amico di Dylan ma se gli rimane accanto anche dopo tutto quello che ha fatto, significa che c'è veramente del buono in quel ragazzo.

<<Hai per caso visto Dylan?>>

<<Avrei scommesso soldi che fossi venuta qui per lui, ma ti devo dare una brutta notizia... Non lo vedo dalla festa e non vuole vedere nessuno e se ti dico che vuole stare da solo, deve restare da solo>> si fa serio subito dopo la sua battuta e questo non mi piace.

<<Ma sta bene?>>

<<Si, diciamo, sta solo metabolizzando quelli che sono i suoi demoni>>

<<Detto così suona proprio male... Beh, se lo dovessi vedere, digli che io non ce l'ho con lui, era ubriaco e non era in sé>> mi alzo e me ne vado da lì, ma prima la sua voce mi ferma.

<<Sarai servita e sta tranquilla, ha solo bisogno di tempo>>

<<Lo spero>>

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Mi specchio un'ultima volta prima di convincermi del tutto che sono pronta per andare all'appuntamento con Andrew.

Afferro la mia borsetta ed esco dalla stanza, lasciando che qualche ciocca dei miei capelli lunghi mi copra la visuale e quando li tiro indietro con un soffio, ecco che appare mio fratello nel bel mezzo del corridoio.

Non ci ho più parlato dalla volta in cui stava per farci schiantare e ritrovarmelo qui fa svanire tutti i miei, finora, eccellenti tentativi di evitarlo.

Avanza verso di me, piano, a passo felpato e una volta abbastanza vicino, mi sorride, posando quella ciocca fastidiosa dietro l'orecchio.

<<Sei bellissima>>

<<Grazie... Non mi chiedi dove vado?>>

<<Non ho bisogno di sapere che non ti stai andando a cacciare nei guai, sei mia sorella e ti conosco perfettamente>> nonostante mi suonino strane queste parole, decido di sorvolare e dirglielo comunque.

<<Va bene, ma se te lo chiedesse la mamma dille che sono ad un appuntamento>> sorrido compiaciuta e lui mi segue a ruota.

<<Guarda un po', la mia sorellina sta crescendo... Viene a prenderti lui?>> nello stesso momento in cui lo dice si sente il clacson di una macchina.

<<Eccolo... Io vado, buona serata>> gli stampo un bacio sulla guancia e vado dal mio accompagnatore.

Pensavo che sarebbe successo di peggio in questo momento, ma non è stato tanto male e lo ringrazio per aver fatto lui il primo passo se no non avrei saputo trovare le parole perfette per iniziare un discorso con lui.

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Scendiamo dall'auto e il locale è davvero carino, economico ma carino.

<<Ti ho già detto quanto sei bella stasera?>> mi sorride gentile e non posso fare a meno di arrossire al suo complimento.

Mi sistemo il giubbotto di pelle, abbinato ad un vestitino nero che arriva a metà coscia, degli stivaletti col tacco neri e una borsa nera semplice.

Entriamo dentro e un ragazzo davvero gentile ci accompagna al nostro tavolo, lasciandoci decidere ciò che desideriamo mangiare.

I tavoli sono disposti in modo davvero ordinato, nonostante sia una sorta di trattoria, con tovaglie bordeaux con un'altra tovaglia di sopra quadrettata e delle sedie di legno semplici. Le pareti sono bianche naturali ma costernate da fotografie o da cornici di giornali che ritraggono il nome del ristorante in prima pagina.

<<Davvero bello questo posto>> lo osservo da cima a fondo e se prima era il locale carino ad attirare la mia attenzione, adesso lo era una persona, quella che mi ha reso e rende ancora oggi la vita un inferno: Dylan, vestito da quello che sembra essere la divisa da dipendente e che parla con qualcuno dal viso non troppo amichevole.

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