23. Festa

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CORRETTO

Scendiamo nel cortile di casa sua e ci avviciniamo alla figura di Dylan vestito completamente di nero. Matt cammina velocemente verso di lui e si ferma a pochi centimetri di distanza.

<<Perché vuoi passare la notte da me? Fino a prova contraria, anche tu hai un tetto sopra la testa>>

<<Ho litigato con mia madre>>

<<E cosa vuoi che m'importi? D'altronde noi non siamo nemmeno amici, perché dovrei farlo?>> dice con un mezzo sorriso sulle labbra. Incrocia le braccia e lo guarda in modo altezzoso.

Io non posso far altro che guardare la scena da lontano, ancora sopra i gradini della veranda. Nonostante Matt sia un'anima buona, non accetta lo si venga sfruttato soprattutto da chi non gli propriamente a genio. E' un ragazzo buono ma non stupido.

Dylan sembra riflettere sulle sue parole e dopo qualche secondo risponde a tutte le curiosità che ha Matt.

<<Hai ragione, non siamo amici e non dovrei pretendere aiuto da te, ho sbagliato a venire qui>> inizia ad indietreggiare con volto dispiaciuto <<Scusate per avervi disturbato>> si volta ed inizia a camminare.

Lo guardo allontanarsi e, più lo fa, più una vocina dentro di me dice che lo devo aiutare, che devo far qualcosa per aiutarlo.Credo mi stia costringendo a tal punto che non mi sembra di controllare io il mio corpo.

Anche Matt si dirige verso casa sua per tornare a fare ciò che stavamo facendo, ma non riuscirei a non pensare come ha rifiutato di aiutarlo. Come se venissi risvegliata dai miei pensieri, lo afferro per un braccio mentre passa davanti a me.

<<Matt, ha solo bisogno di un posto dove dormire, non credi dovresti dargli il beneficio del dubbio su quello che dice?>>

Matt guarda la mia mano che stringe il suo braccio, poi punta quegli occhi bicolore verso di me.

<<Non vuoi essere una persona migliore di lui?>>

Sospira e immerge lo sguardo nel cielo blu, costernato di stelle luccicanti.

Passano minuti prima che lui mi guardi, mi fissi negli occhi e apra di nuovo bocca.

<<Chiamalo e digli che può restare, a condizione che domani mattina se ne sia già andato, non voglio questioni con i miei>> inizio a sorridere, per poi correre verso la strada e cercare Dylan tra i vicoli.

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<<Queste sono tue>> dico affaticata, gettando le coperte utili per la notte leggermente fredda.

Lo guardo per un momento e comincio ad immaginare i motivi del litigio con sua madre, come fosse un incognita da risolvere.

<<Grazie>> si alza da vicino la finestra e afferra le coperte con un po' di fatica.

Le sistema nel posto che più preferisce, anche se la casetta è proporzionata alla grandezza di un bambino.

Mi perdo ad osservarlo sistemare tutto con grande cura, come se in mezzo a tutto quel disordine nella sua vita almeno qualcosa debba essere al posto giusto.

<<Anziché fissarmi in quel modo inquietante, potresti mandare un messaggio a mia madre dicendo che questa notte non dormirò a casa? Sii bruta, non farti scrupoli>> estrae il telefono dalla tasca e me lo porge, aspettando che lo prenda in mano.

Lo fisso per qualche secondo, poi lo afferro, già sbloccato, e cerco il contatto di sua madre tra tutti quelli in rubrica.

Lo sguardo però cade sul contatto di suo padre, dove è presente un messaggio mandato poche ore fa.

Mi assicuro che non mi guardi , poi apro il contatto e curioso tra tutti i messaggi che gli ha mandato ma non vedo nessuna risposta. Ed è allora che la mia maledetta bocca decide di parlare.

<<Ti risponderà prima o poi tuo padre?>> si volta di scatto e mi guarda in modo rabbioso. A grandi falcate mi raggiunge in due secondi strappandomi dalle mani il telefono.

<<Ti avevo detto di mandare un messaggio a mia madre, non di curiosare nel mio telefono>>

<<Scusa, non volevo>>

<<Comunque non credo che lo farà mai, non lo fa da tempo, ormai ho perso le speranze>> si siede a terra e osserva il display con uno sguardo rassegnato.

<<Ci ha abbandonato esattamente tre anni fa, all'improvviso, senza dire nulla>> inizia a ridere, spegnendo il telefono e colpendo il cuscino al fine di renderlo più comodo. Si sdraia, mettendo una mano sotto alla nuca, distendendo i muscoli del viso come se non servisse pensarci più di tanto, per non riaprire delle ferite.

<<E ti fa ancora male, non è così?>> mi siedo accanto a lui. Solo adesso capisco quella scena in spogliatoio, mi ha ricordato un po' me ai primi tempi della separazione dei miei.

<<Avevamo un bel rapporto, ovvio che ci sono rimasto male, ma ho ripromesso a me stesso che una volta che avrò abbastanza soldi lo andrò a cercare... Peccato che non posso raggiungerlo facilmente>>

<<E perché?>>

<<Perché non so da dove iniziare a cercarlo, chi è il pazzo che ha intenzione di scappare e lo dice ai propri familiari?>> sorride di nuovo e comincio a pensare che sia più carino così che quando si perde nei suoi pensieri.

Si volta dall'altra parte e il silenzio cala tra le mura di quel legno vecchio di tanti anni.

<<Se l'interrogatorio è finito, vorrei dormire adesso>> il tono sembra essere cambiato ma non ci faccio caso più di tanto, così lo lascio da solo, a dormire, non prima di avergli dato la buona notte.

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<<Avete un accompagnatore per questa sera?>> domanda Sofy, mentre prende i suoi libri dall'armadietto e noi la aspettiamo pazientemente, prima di andare alla classe della nostra ora.

<<Abbiamo bisogno di un accompagnatore?>>

<<Si, è una festa dove devi essere obbligatoriamente accompagnato>> chiude l'armadietto e sorride a Matt, che ha fatto la domanda.

<<Altrimenti non posso venire?>>

<<Si, ma rimarrai seduto ad un angolo della stanza, tutto solo soletto>>

<<Ma questo non succederà perché ci sarà la mia migliore amica Bianca, non è vero?>> mi prende a braccetto iniziando a sorridere come un idiota.

<<Certo, invece scommetto che tu ci andrai con Dylan>>

<<Si, dovrei, non me l'ha ancora chiesto ma sono sicura lo farà oggi>> si ferma all'incrocio tra un corridoio e l'altro, per osservare Dylan poggiato al suo armadietto che parla con Logan.

Casualmente si volta verso di noi, salutandoci con un gesto della mano e un sorriso simile all'imbarazzato. Ricambiamo tutti, ma è Sofy l'unica a far trasparire una gioia maggiore, diversa dalla mia e quella di Matt, soprattutto la sua.

<<Io vado, forse vedendomi si è ricordato di qualcosa>> ci fa l'occhiolino e si dirige nella sua direzione. Continuo ad essere dubbiosa sul fatto che lei gli possa interessare davvero. Ho paura che le possa spezzare il cuore.

<<Ti senti in colpa, vero?>>

<<Cosa? Perché?>> riprendiamo a camminare per andare a prenderci i migliori posti dentro la classe, cioè quelli agli ultimi posti.

<<Quale ragazzo si dimentica di invitare la ragazza per cui gli batte il cuore?>>

<<Dici tutto questo come se fosse colpa mia>>

<<Forse si, se non ricordo male sei tu ad averle dato false speranze>>

<<La smetti di essere così pessimista? Lascia che l'amore faccia il suo corso>>

<<Non sono pessimista, ma realista>> si siede al banco vicino alla finestra ed io accanto a lui.

Poco dopo Andrew si siede davanti a noi, solo dopo averci lanciato un'occhiata però. Freme dalla voglia di dirmi qualcosa, si vede lontano miglia ma continua a starsene zitto e a muoversi a disagio sopra la sedia.

Lascio perdere, se vuole parlare lo farà, non è problema.

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A fine lezione, ci dirigiamo fuori dalla classe ma Andrew mi blocca per un braccio e mi chiede di poter parlare con una faccia talmente seria che mi mette in uno stato di agitazione.

Matt ci lascia da soli e allora Andrew inizia a parlare.

<<Dimmi>>

<<Ho avuto una relazione con una professoressa l'anno scorso>> rimango leggermente scioccata dalle sue parole. Apro varie volte la bocca per dire qualcosa ma non riesco a farne uscire nessuna.

<<Perché me lo stai dicendo?>>

<<Ti ricordi del segreto che sapeva Madison per ricattarmi?>> ora ricordo e tutto si fa più chiaro, anche la consapevolezza del peso che hanno le parole che ha detto.

<<Vuoi dire la prof che poi è stata cacciata perché sospettata di qualche tresca con un alunno?>>

<<Si, proprio quella... Madison era l'unica ad aver origliato ad uno dei nostri incontri segreti qui a scuola>>

<<A scuola? Davvero molto astuti>> mi guarda con un sopracciglio alzato e mi sento in dovere di chiedergli scusa con lo sguardo.

<<Solo una storia passata ma buona per essere usata contro di me... Non potevo permetterle di dirlo a tutta la scuola, pensa cosa sarebbe successo>>

<<Si, capisco... Ma dovrò pensarci se perdonarti o meno, il perdono si conquista, non si concede>> sorrido un po' per smorzare la tensione tra noi.

<<Va bene, me per velocizzare i tempi mi chiedevo se ti andasse di venire con me alla festa di questa sera>>

<<Mi dispiace ma ci vado già con Matt>> sorridiamo in imbarazzo.

<<Capisco, allora... Ti andrebbe di venire a cena con me prossimo sabato in un ristorante economico ma carino che conosco?>>

<<Beh, non è dicendo alla ragazza che il suo cavaliere la porta a mangiare quasi gratis che si conquista il suo cuore>> iniziamo a ridere insieme. Alzo lo sguardo e mi imbatto nel suo, così luminoso, sincero e... bello.

Mi costringo a pensare che sia giusto pensare questo, mi costringo a provare queste emozioni come se servisse ad oscurare ciò che il mio cuore prova davvero ma che io evito di vedere per non restarne ferita.

<<Ma potrei fare un'eccezione per te>> gli sorrido ancora una volta, iniziando a muovermi verso l'uscita.

<<Ci vediamo prossimo sabato>> devo ammetterlo però, il cuore ha preso a battere più forte ma forse è solo perché qualcuno riesca a notare anche me.

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<<Sofy non viene con noi?>> domando a Matt una volta salita sulla macchina di suo fratello, Samuel, che ci ha gentilmente offerto di accompagnarci. Diciamo che ho il presentimento che Matt l'abbia costretto, ma non faccio domande.

<<No, andava con Dylan>> annuisco e la macchina parte.

<<Fate attenzione ragazzi e non accettate bevande dagli sconosciuti>> ci avvisa Samuel prima di andare via. Che carino, è sempre stato così, si preoccupa di tutti coloro a cui tiene e a cui tiene su fartello. La sua felicità è anche la felicità di Matt.

<<Si, si, come se non avessi voglia di ubriacarmi>> Matt avanza verso la casa, stretto nei suoi abiti sempre stile Matt: jeans normali, una maglietta semplice e una giacca quadrettata con un cappellino di lana in testa, rigorosamente nero.

<<Sai che lo dice per il tuo bene, non vuole che ti droghi>>

<<Drogarmi?>> si volta a guardarmi interrogativo.

<<Secondo te perché ti ha detto di non accettare nulla dagli sconosciuti? Non era dell'alcol che si preoccupava>> ci ritroviamo di fronte alla porta d'ingresso.

Il proprietario, che non conosciamo, ci fa entrare senza dirci nulla. Sarà forse perché è già ubriaco.

Matt si dirige verso il bancone dove danno le birre e torna da me bevendo dalla bottiglia. Si guarda intorno e credo proprio che stia cercando Sofy e, una volta adocchiata la nostra amica, ci avviciniamo a lei e al suo accompagnatore.

<<Ciao ragazzi, vi state divertendo?>>

<<Siamo appena arrivati ma non credo mi divertirò come non mai>> dice Matt, con una nota di offesa nel tono. Beve di nuovo.

<<Matt...>> gli do un colpetto al braccio e Dylan inizia a ridere.

<<No, no, ha ragione, Brandon non è conosciuto come miglior organizzatore di feste e sua sorella non è da meno, visto il tema di merda della serata>> anche Dylan beve dalla bottiglia della birra. E Sofy lo riprende.

<<Che c'è? E' la verità... io vado a prenderne un'altra>> si dirige, un po' barcollando, verso il bancone. Sofy cerca di fermarlo ma quello che ottiene è solo un gesto che sminuisce le sue parole di preoccupazione.

<<In questi ultimi giorni sembra strano>>

<<In che senso?>>

<<Non so, è meno dolce, sempre con la testa tra le nuvole e ho l'impressione che gli dia fastidio che gli giri intorno>> stringe tra i pugni il vestito bianco, fin sopra il ginocchio, che ha deciso di indossare per questa serata forse per lei importante, dato che l'avrebbe dovuta passare con il ragazzo che le piace.

<<Beh, è Dylan Collins, cosa ti aspettavi?>> dice Matt, bevendo ancora. Più lo guardo, più mi rendo conto che è qui solo perché non voleva lasciarmi sola, ma beve sperando che presto si ubriachi per potersi divertire di più e dimenticarsi che la ragazza che gli piace stia male per Dylan, il ragazzo che ha fatto male a me e continua a fare male a lui.

Mi allontano da loro con una scusa banalissima, non posso starmene con le mani in mano sapendo che entrambi i miei amici stanno soffrendo.

<<Ti sembra divertente?>> mi avvicino a Dylan, rivolto verso il ragazzo che distribuisce le bottiglie. Mi appoggio al bancone con un braccio e lui si volta verso di me, alzando gli occhi al cielo.

<<Cosa, ragazzina?>>

<<Il fatto di trattare così la mia amica: è preoccupata per te, perché non te ne rendi conto?>>

<<Perché non m'importa di rendermene conto, non mi interessa nulla di lei, perché non lo vuoi capire? Io sto con lei solo perché ho paura che tu possa dire in giro di quello che ho provato a fare, perché non ci arrivi?>> mi grida prima contro e poi se ne va, avendo finito le parole da dire o di dire la verità.

La rabbia comincia a scorrere sempre più velocemente dentro alla mie vene, combatto contro l'istinto di raggiungerlo e tirargli uno schiaffo così forte che tutti dovranno vederlo. Ma alla fine mi lascio sopraffare e i miei piedi cominciano a muoversi. Attraverso il salotto di quella casa a grandi falcate, raggiungo la sua figura, lo tiro per un braccio, lo volto verso di me e faccio ciò di cui muoio dalla voglia di fare. 

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