28. E' finita

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CORRETTO

Io e Dylan ci rechiamo dal preside, aspettiamo qualche minuto, in silenzio ovviamente, dove io mi mangio le unghie dall'agitazione e Dylan sbuffa nel

vedermi così ansiosa per qualcosa che ha fatto milioni di volte.

<<Ragazzina, devi solamente mentire>>

<<Per te è facile, hai fatto mille cose brutte e questa è solo un in più da collezionare nel tuo repertorio>> mi volto di scatto, arrabbiata e lui sbuffa nuovamente.

<<Va bene, ma ho bisogno che tu menta, potremmo finire in guai ben più gravi di una costrizione a stare insieme>> ci rifletto su e non posso negare che ha ragione.

Maledetto quel giorno in cui ho deciso di salire su quel maledetto tetto. Odio il destino.

<<Pensa a quanto si possa sentire male tua madre se venisse a scoprire che hai fatto una cosa del genere, pensa a come ti guarderà o in che punizione ti metterà stavolta... Così ci riuscirai>> dice sussurrando, come ad entrarmi in miglior modo nella mente.

<<Va bene, farò così... Ma tu? Perché mentire se non hai nulla da perdere?>> la porta dell'ufficio si apre, interrompendo la nostra conversazione. Dylan si volta di nuovo verso di me per dirmi un'ultima cosa.

<<Non preoccuparti per me, fa quello che devi>> si alza ed entra nell'ufficio, dove ci aspetta il preside con una faccia per niente cordiale. Entro anch'io.

Ci sediamo su quelle poltrone nere, Dylan in una posizione spavalda mentre io agito la gamba il più velocemente possibile, ripassando nella mia testa le parole da dire, come un mantra.

Ci fissa in silenzio, le mani incrociate e lo sguardo che si alterna tra me e Dylan. A farci compagnia è il ticchettio dell'orologio che, a lungo andare, diventa sempre più fastidioso come se rimbombasse nelle orecchie.

Nel mentre cerco di concentrarmi sull'ufficio ancora mal ridotto, a terra c'è ancora qualche pezzo di carta sfuggito ai bidelli, proprio come quello che penzola dall'armadietto dove sono contenuti curriculum di alunni.

<<Scusi se mi permetto...>> inizia Dylan, ma il preside lo blocca iniziando a parlare.

<<Stia zitto, se la sto facendo stare seduto su quella poltrona è già tanto>> si massaggia le tempie e tiene gli occhi chiusi, dandogli l'aria di una bomba pronta a scoppiare al solo passo falso.

Dylan si morde la guancia per trattenersi dal non insultarlo ed io inizio a sudare, sentendo l'ansia montare dallo stomaco.

<<Ve lo chiedo gentilmente, siete stati voi a ridurre la scuola in quello stato pietoso?>>

<<Noi avremmo fatto cosa?>> Dylan finge di non sapere nulla, mentre si sporge in avanti dalla poltrona come se non avesse sentito bene.

<<Collins, non faccia finta di non sapere nulla, sono sicuro al cento per cento che è stato lei a fare quel macello>>

<<Se pensa che sia stato io, perché ha fatto venire lei?>>

<<Perché è la tua testimone...Non è vero Anderson?>> si volta verso di me, aspettandosi una risposta...che non arriva perché mi sono bloccata. Fortunatamente Dylan viene in mio soccorso.

<<La guardi, secondo lei potrebbe mai fare una cosa del genere questa ragazza? Se la sta facendo sotto dalla paura>> nonostante mi stia insultando davanti al preside, lo lascio fare. Non riesco a muovere un muscolo e a proferire nessuna parola, quindi lascio tutto nelle sue mani.

<<Avanti, la lasci stare>> lo incoraggia a lasciarmi andare e devo dire che l'espressione del preside non sembra volermi trattenere ancora a lungo qui.

Mi guarda per bene, poi torna a guardare lui.

<<Anderson, voglio credere che lei non abbia collaborato con Collins quindi può anche andare>>

Io e Dylan ci guardiamo, con un gesto del capo mi indica la mia unica via d'uscita. Io non posso non ascoltarlo ed esco da lì velocemente, così da lasciargli gestire la situazione al meglio, anche se da solo.

Chiudo la porta e aspetto seduta a terra là fuori, aspettando che Dylan esca indenne da là dentro. Aspetto con pazienza, ripensando a tutto ciò che avrei potuto dire e come avrei potuto aiutarlo e si, me ne pento di essermela svignata così come una codarda.

Dopo un po' sento la porta aprirsi, cosa che mi fa scattare sull'attenti e alzare in piedi più veloce di una furia. Mi preparo ad accoglierlo con un sorriso vittorioso e che, ripensandoci, è stato davvero bello provare l'emozione che abbiam provato ieri e che ne avevo davvero bisogno dopo un lungo momento in cui l'unica cosa che sentivo era soffocare.

Ma quando lo vedo, non è la faccia che mi aspettavo di uno che se l'è cavata per l'ennesima volta.

<<Dyl, che è successo?>> lo fermo per un braccio, visto che lui non mi ha nemmeno calcolata. Mi guarda con quegli occhi color ghiaccio e posso esser sicura non scorra felicità in questi.

<<Ho detto la verità>>

<<Tu hai fatto cosa?>> chiedo stupita e con un tono di voce abbastanza alto. Lascio andare il suo braccio per incrociare le mie al petto.

<<Spero tu intenda che non siamo stati noi>>

<<No, Bianca, quella in cui confesso di esser stato io a fare tutto questo schifo, a quanto pare mi odia così tanto da credere che da solo avrei saputo ridurre un'intera scuola così>>

<<Ma avevi detto che dovevamo mentire>>

<<Tu dovevi mentire perché avevo bisogno che tu restassi fuori dai guai>>

<<Cosa ti ha detto, allora?>>

<<Che sono espulso dalla scuola, si è stancato di darmi ancora possibilità>> si gratta la nuca a disagio mentre io rimango sempre più senza parole e per questo rimaniamo in silenzio assoluto per qualche secondo.

<<Perché mai l'avresti fatto?>> dico con un groppo alla gola che è misto tra la rabbia e la tristezza che possa avergli dato una punizione ben più grave che una costrizione a lavorare insieme.

<<Perché hai ragione, io non ho nulla da perdere perché mentire? Per una volta mi assumo le responsabilità e ho lasciato fuori te perché non te lo meriti>>

<<Si, invece, hai perso il tuo futuro facendo così>> gli grido contro come a farglielo entrare bene in testa.

<<Ti ho mai detto perchè vado così male a scuola?>>

Scuoto la testa.

<<Perché, per quanto io ami studiare, ho altro a cui pensare, qualcosa di molto più importante... Per questo non ho un futuro, il mio è già scritto e conosco pure il finale>>

<<Intendi lo spaccio di droga?>> sospira alla mia osservazione <<Smetti e basta, quanto ti costa farlo?>> insisto.

<<Non conosci tutta la storia Bianca e credimi se ti dico che è meglio così>>

<<Dyl, ti prego, non dire così... Ti prometto che convincerò il preside ad annullare l'espulsione>>

<<Bianca, non devi fare un bel niente, solo finire il tuo anno scolastico in tranquillità... Adesso avrai un pensiero in meno e non sarai più costretta a vedermi ogni giorno>> ha ragione, dovrei essere felice del perché sparisca una volta per tutte dalla mia vista, ma la verità è che qualcosa dentro di me non vorrebbe che se ne andasse e non riesce ad immaginarselo fuori da qui.

Ma per far si che creda alla nostra versione, quella che abbiamo messo in chiaro fin dal primo giorno di lezioni, devo acconsentire.

<<Allora è finita>>

<<Si, è finita>> ripete lui, sospirando dopo.

Sento un peso sullo stomaco, o forse sul cuore, non lo so, non so più distinguere dove mi faccia più male questa situazione.

Allora faccio la prima cosa che mi viene in mente e che più mi preme fare in questo momento: mi butto tra le sue braccia, lo stringo forte a me e chiudo gli occhi per godermi al meglio questo ultimo abbraccio.

Il suo profumo mi rilassa totalmente i muscoli, si mischia al mio e crea una scia di profumo che, mi rendo conto solo adesso, vorrei stare qui ad odorarlo per un tempo infinito.

<<Grazie per non avermi immischiato e di avermi fatto provare, allo stesso tempo, quelle emozioni che non provavo da tempo>>

<<Vuoi dire che ti stai affezionando a me?>>

<<Stai zitto e goditi questo mio momento di dolcezza con te perché non ne avrai più>> sorrido un po', come credo stia facendo anche lui e ci godiamo questo momento raro di dolcezza tra noi due.

Vorrei continuare a stargli così vicino, vorrei prendere la scusa del nostro addio per poterlo stringere ancora un po' tra le mie braccia ma mi rendo subito conto che potrei far scoprire facilmente il mio gioco.

Così mi allontano e quando riapro gli occhi vedo Sofy e Matt guardarci da lontano. Lei mi guarda con occhi gelosi, quasi malvagi oserei dire, mentre Matt cerca di capire quale sia il filo conduttore di quell'abbraccio.

Si avvicinano, infine, non resistendo alla tentazione di sapere di più sulla vicenda.

<<Che è successo?>> dice Matt.

<<Dylan si è preso la colpa dello scherzo e il preside ha deciso di espellerlo>> dico tristemente.

Sofy subito passa a gaurdarlo come se chiedesse spiegazioni o una conferma di quello che dico. Dylan capisce e annuisce, col capo rivolto alle nostre scarpe.

Matt non dice nulla ma so che dentro di sé sta gioendo per me e per lui, peccato che non pensi lo stesso.

<<Finisco questa giornata e poi non potrò più mettere piede qui>>

<<Ma perché devi fare sempre così? Non puoi, per una volta, comportarti come un ragazzo maturo?>> Sofy scoppia come una bomba nascosta sotto terra, iniziando a gridare arrabbiata in mezzo al corridoio. Dylan alza gli occhi al cielo e si capisce subito che ha già perso la pazienza.

<<Perché volevo divertirmi, Sophia, solo lasciarmi andare>>

<<Non è così che ci si diverte>>

<<Questo perché veniamo da due mondi diversi, come tutti qui... Smettetela di dirmi cosa giusto o non è giusto fare, so perfettamente quello che faccio e il fatto che mi sia preso le mie responsabilità dimostra tutt'altro che un ragazzo immaturo>> e se ne va, lanciando un'ultima occhiata a me piena di rabbia, soppresso da questa attenzione che gli diamo. E così mi tornano in mente le parole di Logan: "Pensa di meritare l'indifferenza delle persone, l'ha fatto persino con me".

Solo ora capisco cosa voglia dire. Dylan si sente in dovere di fare ciò che vuole perché qualcosa l'ha distrutto dentro e si isola per evitare che persone come Logan, Sofy o io possano ricordargli che non è così che si affrontano le cose.

Ora mi mette ancora più curiosità su ciò che l'ha reso così.

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A fine giornata mi sembra strano non dovermi dirigere in biblioteca per fare lezione con Dylan. Mi fermo davanti alla porta della biblioteca e la osservo come ormai fosse qualcosa di molto lontano.

<<Sta tranquilla, sopravviverai anche senza le ripetizioni>> Matt fa notare la sua presenza.

<<Devi per forza scherzare su tutto?>> dico, avanzando verso l'uscita ma senza guardarlo in faccia.

<<Certo, saremmo tutti come te altrimenti>> lo guardo di traverso.

Sofy ci passa accanto senza camminare con noi, probabilmente ancora arrabbiata per la discussione avuta con Dylan.

<<Anziché preoccuparti per me, perché non vedi di andare da lei che ha più bisogno della tua presenza>>

<<Va bene, ma sappi che la prendo come un'offesa>> cammina all'indietro per dirmi questo e poi inizia a correre nella direzione di Sofy, che è già arrivata alla fine del vialetto.

L'arrivo di un messaggio fa vibrare il mio telefono. Mi fermo nel bel mezzo del corridoio e controllo chi sia: quel numero conosciuto che ho segnato in rubrica come "Ammiratore segreto". Era divertente farlo. Ma lo trovo strano comunque poiché era da tempo che non mi scriveva, se non per chiacchierare in modo innocente.

Controllo il messaggio: "Tutto ciò che è fatto per amore è sempre al di là del bene e del male". Questa frase va a creare un'idea di chi ci possa essere dietro questo telefono, ma non sono sicura.

Rispondo: "Mi parli attraverso le frasi di filosofi perché hai finito le tue, di parole?"

"Voglio solo essere sicuro di colpirti"

"E perché vorresti farlo?" Attendo un po' prima di ricevere una risposta.

"Perché l'amore è il mezzo che ti permette di rimettere le ali e raggiungere la felicità"

"Questa non la conosco.... Già parli d'amore, perché?"

"Platone... perché credo di aver raggiunto la mia felicità"

E con questa frase rimango senza parole. Vorrei tanto sapere chi sia questo ragazzo e non mi vien da pensare Dylan perché è troppo romantico e riflessivo per essere lui. Ma allora...chi è?

Un'idea mi coglie alla sprovvista, dopo aver ripensato alla prima frase che ha detto. Mi guardo indietro e la mia idea si fa sempre più concreta nella mia mente, così mi lascio convincere che sia la cosa giusta nonostante comporti delle conseguenze.

Vado controcorrente tra il fiume di ragazzi che non vede l'ora di tornare a casa e abbandonarsi alla cose che più gli piace fare, ma non per me.

Cammino e cammino con tanta determinazione dentro e quando finalmente arrivo, mi blocco là davanti.

Ho il tempo di scappare a gambe levate, ripensare a tutto ciò che succederà se varco quella porta e spaventarmi così tanto da abbandonare l'idea come una codarda. Ma stavolta scelgo di essere più coraggiosa e di prendere anche le mie responsabilità proprio come ha fatto Dylan.

Lui ha voluto fare quello scherzo per sbarazzarsi una volta per tutte della scuola? Bene, allora dopo questo mi odierà a morte ma almeno lo avrò fatto del mio meglio per salvarlo dal suo finale già scritto.

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