45. Sensazione

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CORRETTO 

Mi accuccio al petto di Dylan ora vestito d'una maglietta pulita, il mio corpo a malapena coperto da una maglietta così lunga da sembrare un vestito mini. Sopra i nostri corpi una coperta super calda che riscalda la nostra pelle infreddolita dall'aria di questa sera.

<<Non sarà preoccupata tua madre?>>

<<Le ho mandato un messaggio dicendole che dormo da un'amica>> dico io con voce assonnata e con gli occhi chiusi. Il suo profumo che stuzzica gentilmente le narici mi rilassa.

<<Come sapevi che qui ci fossero delle coperte?>> domando con le ultime forze che mi restano. Lui non risponde per alcuni secondi ma alla fine apre bocca, mentre con una mano mi accarezza i capelli gentilmente.

<<Vengo qui a dormire quando a casa c'è mia madre e Logan non può ospitarmi>> la sua voce si fa triste, malinconica. Torno sull'attenti per ascoltare cosa ha da dire. Alzo la testa e mi poggio con il mento sul suo petto. Lui posa lo sguardo su di me come se volesse dirmi che è la sua triste verità.

<<E' così orribile vivere con tua madre?>> Dylan torna a guardare dritto davanti a sé mentre scrolla le spalle.

<<Non è orribile vivere con lei, ma il ricordo di lei in quella casa>>

<<Perché, cos'è successo?>> nonostante il buio della stanza riesco a vedere i suoi occhi incupirsi di un ricordo che lo ha segnato dentro. Gli vedo il dolore scorrere negli occhi e trascinarlo in quel baratro da cui sta cercando di uscire.

<<E' iniziato tutto qualche anno fa, nella sera del 26 giugno, quando mio padre stava tornando da lavoro, ci siamo sentiti per telefono e se avessi saputo che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrei sentito la sua voce, giuro che gli avrei detto di più>> gli si illumina il volto al ricordo del padre.

Capisco subito quale passo importante della sua vita sta per raccontarmi e mi preparo ad ascoltare la sua verità e mettere da parte la versione del suo patrigno.

<<Ebbe un incidente poco dopo aver finito la chiamata, un camion gli venne addosso perché perse il controllo del mezzo... Mio padre finì in terapia intensiva per qualche giorno, sembrava si stesse riprendendo così venne trasferito in una stanza normale d'ospedale, in coma... Non ci fu giorno in cui lasciai la sua stanza, la sua mano>> la voce comincia a spezzarsi ma cerca comunque di sembrare forte e continua a ripercorrere il calvario di suo padre e il suo.

<<Continuavo a pregarlo di farcela pensando che mi sentisse, ma la stessa notte non ce l'ha fatta, se n'è andato proprio mentre gli sussurravo che sarebbe andato tutto bene>> una lacrima gli scorre lungo la guancia e che io asciugo con il pollice. Si alza da terra col busto e porta entrambe le mani sul volto mentre viene scosso da singhiozzi d'un pianto che nasce dal cuore.

Mi alzo anch'io ed inizio ad accarezzargli la schiena per dargli conforto. Poi decido di abbracciarlo per essergli più vicina e per scaldargli il cuore. Lui mi circonda con le sue braccia e mi stringe forte. Gli accarezzo i capelli provando a calmare quel mare in tempesta che riesce a scombussolare anche me.

<<Mia madre non è più stata la stessa, continuava a trattare male me e miei fratelli, a volte riuscivo a vedere dell'odio dentro ai suoi occhi... Non si è più presa cura di noi e ha cercato di colmare la mancanza di padre con il mio attuale patrigno>> si stacca da me e torna a guardare davanti a se. Sembra non volersi mettere a nudo completamente come per proteggere la parte più intima di se stesso.

Ripenso alla chiamata di sua madre, adesso tutto ha più senso. Ed anche i messaggi lasciati nella segreteria di suo padre. Gli poso le mani sulle guance e lo costringo a guardarmi negli occhi.

<<Io sono sicura che lei vi voglia bene comunque, siete i suoi figli dopotutto>> Dylan inizia a sorridere e a scuotere la testa.

<<Io sono sicuro che invece non sia così, ha fatto cose che una vera madre non farebbe mai: mi ha voltato le spalle proprio quando ne avevo più bisogno>> gli occhi gli si accendono di rabbia, si scosta dalle mie mani e si corica verso la parete di legno, dandomi le spalle. Mette un braccio sotto la testa per sostituire il mancante cuscino e, anche se non posso vederlo, sono sicura stia piangendo in silenzio com'è abituato a fare.

Ma stavolta ci sono io con lui, non lo lascerò solo adesso, non ora che ha aperto il suo cuore con me. Mi avvicino il più possibile a lui e senza chiedere il permesso circondo il suo busto con le mie braccia infreddolite. Stampo un dolce e delicato bacio sulla sua schiena poi gli sussurro all'orecchio <<Ti prometto che andrà tutto bene, dai tempo al tempo>>

Resto sveglia a coccolarlo finché non sento il suo respiro farsi pesante. Poi con una mano gli ho asciugato le lacrime dalle guance e stampato un bacio su di esse per poi sprofondare, come lui, nei sogni.

Il giorno dopo è il grande giorno: il ballo invernale. A scuola nessuno riesce a far molto caso alle lezioni, ma più alla persona che porteranno al ballo. Alcune coppiette si parlano guardandosi negli occhi nel bel mezzo del corridoio, si stringono la mano e mi vien da sorridere. E non siamo ancora a San Valentino.

Durante la pausa pranzo, dopo aver riempito il mio vassoio, vedo da lontano Matt e Sofy seduti al nostro tavolo. Li guardo ridere e parlare e mi vien nostalgia di quei tempi in cui passavamo del tempo insieme senza nascondere segreti l'uno gli altri, o forse non è mai stato così d'altronde. Mi mancano i miei amici ed è tale il sentimento che i miei piedi mi portano direttamente da loro.

Ci salutiamo senza dire nulla sul fatto di non esserci visti molto negli ultimi tempi, forse perché Sofy dà la colpa a se stessa per aver dato tanto tempo alla scuola e non ai suoi amici e vuole evitare di proposito l'argomento solo per non ricordarlo a se stessa.

Matt, invece, mi si avvicina all'orecchio e mi sussurra un "mi sei mancata". Poi prende la mia mano e la stringe forte. Sorrido. Sono felice che non ce l'abbia con me per averlo ignorato in questi giorni. Ma sento comunque che c'è qualcosa di strano, una strana sensazione mi divora lo stomaco, penso sia solo il fatto che mi sento colpevole ad aver baciato Dylan.

Nel pomeriggio Sofy mi invita a casa sua per preparaci insieme ad andare al ballo ed io accetto volentieri, magari mi verrà la voglia di dirle ciò che devo dire da molto tempo.

<<Allora con chi vai al ballo? Dylan ti ha invitata?>> domando io mentre sono seduta con le gambe incrociate sul suo letto. Muove un po' la testa che è appoggiata sulle mie gambe.

<<Si, mi ha invitata ieri>> dice con poco entusiasmo, visto il tipo di ragazza che è lei.

<<E non sei felice?>>

<<Si, lo sono, solo sembrava strano quando me l'ha detto come se fosse costretto, capisci che intendo?>> volta la testa verso di me per guardarmi negli occhi. Io annuisco. <<Allora, scherzosamente, gliel'ho fatto notare, lui si è arrabbiato e abbiamo litigato>> dice sovrappensiero, forse ricordando il momento e rimanendoci male ancora adesso. Si alza, si mette in posizione prona e mi guarda dritta negli occhi come se stesse per confidarmi un segreto.

<<Ho l'impressione che mi tradisca, Bianca>> la sue parole sono un colpo al cuore per me ma cerco di mantenere la calma. Arriccio il naso.

<<Come fai a saperlo?>>

<<Non lo so, certe cose te le senti>> fa un lungo sospiro, per poi ricadere sul materasso con le braccia aperte. Scuote la testa. Dopo qualche secondo si alza scattante e si volta a guardarmi.

<<Ma non voglio pensare in negativo, d'altronde dobbiamo prepararci per una festa>> mi tira per un braccio fino a farmi atterrare con i piedi per terra <<E che festa sia!>> mi trascina verso la sua cabina armadio ridendo come una bambina.

Dopo essermi cambiata, aspetto sul suo letto che Sofy esca dalla cabina armadio. Nel frattempo mi guardo un po' intorno e non posso notare le sue foto con suo padre appese nella parete di fronte al rivestita da una carta da parati fiorata. Altre, dove è più grande, insieme ad un'altra donna. Forse è la nuova compagna di suo padre, penso.

Osservo poi la sua stanza con attenzione: le pareti colorate di un rosa confetto tranne quella con le foto, il letto enorme con mille peluche sopra e davanti alla grande finestra una scrivania in legno bianco e le sue cose ordinate perfettamente sopra. Sorrido, chissà se è per via della mia presenza o se è di norma così.

L'anta si apre ed io porto tutta la mia attenzione su di lei. Esce da là dentro vestita d'un vestitino azzurro chiaro, semplice, con l'unica particolarità che la schiena è trasparente e la sua pelle nuda viene coperta da dei ricami particolari di un azzurro argentato. Le arriva sopra le ginocchia, lasciando intravedere le gambe snelle mentre ai piedi porta delle decolleté bianco lucido.

<<Sei bellissima>> le dico sincera e con un sorriso sulle labbra. Lei alza gli occhi al cielo.

<<Vorrei che anche Dylan la pensasse come te>> sorride tristemente mentre si fissa le mani che si stanno torturando. Corro ad abbracciarla. La stringo forte a me e riesco a percepire il suo dolore, lo stesso che mi fa pentire sempre di più delle mie scelte sbagliate. Ho sempre più paura di confessarle la verità ma è suo diritto saperla.

<<Te lo dirà, te lo diranno in tanti stasera>> mi allontano e le asciugo le guance da quella lacrime colate ma con il sorriso di gratitudine stampato in volto che lo rende luminoso come sempre.

Annuisce alle mie parole, poi riprende il controllo e ci andiamo a truccare davanti alla specchiera piena di luci. Correttore, fondotinta, eyeliner, mascara volumizzante e rossetto rosso per lei, pesca per me.

Lei lascia i capelli biondi platino liberi ma leggermente ondulati, io, invece, faccio un semiraccolto e il resto li lascio liberi di ondeggiare come le onde del mare sulle mie spalle. Nel frattempo sono arrivati i nostri cavalieri ma, da brave ragazze quali siamo, li abbiamo lasciati là sotto ad aspettarci.

Scendiamo come se stessimo sfilando per un marchio importante mentre Dylan ed Andrew si sistemano alla fine delle scale e una volta ben visibili i loro occhi iniziano letteralmente a brillare. Ci sorridono in modo radioso ed entrambe arrossiamo dalla consapevolezza di aver fatto colpo. E ne abbiamo la conferma quando all'unisono ci dicono "Siete bellissime". Io e Dylan ci scambiamo degli sguardi ma non di più, almeno per stasera Sofy dovrà godersi la serata al meglio.

Ci dirigiamo a scuola, io ed Andrew con la sua macchina e Sofy e Dylan con la sua. Ci ritroviamo direttamente lì, nella palestra della scuola perfettamente decorata per l'evento. Le luci sono soffuse così da creare un'atmosfera più intima, la musica si sprigiona con tutta la sua prepotenza e che fa ballare già i ragazzi che si trovano in pista.

Mi avvicino all'orecchio di Andrew per dirgli che vado a cercare Matt, poi inizio la mia ricerca. Lo trovo quasi subito, sugli spalti che parla con una ragazza che frequenta alcuni dei nostri corsi.

<<Ciao ragazzi>> attiro la loro attenzione, Matt mi sorride subito <<Matt, possiamo parlare?>> lui annuisce e chiede compermesso. Scendiamo di qualche gradino per poi guardarci negli occhi.

<<E' Cynthia la tua accompagnatrice?>>

<<Si, è una ragazza simpatica>> la guarda mentre parla di lei, poi riporta l'attenzione su di me <<Che volevi dirmi?>> domanda curioso con entrambe le mani dentro le tasche. Guardo dentro a quegli occhi bicolore e mi sento sprofondare in un mare di ricordi. Non so del perchè io sia malinconica, ma dentro di me stento ancora quella sensazione che mi infesta il cuore, sento come se dovessi perdere tutti da un momento all'altro.

<<Nulla, volevo sapere come andava, in questi giorni non ci siamo parlati molto>>

<<Ah sì, Alex mi ha detto del lavoro, complimenti per il posto>> mi sorride a trentadue denti e quella purezza nel suo gesto sento di non meritarmela <<Ma sei sicura di stare bene? Sei un po' pallida>>

<<Si, si, sto bene, ho solo bisogno di un po' d'acqua, scusami>> mi allontano da lì velocemente e raggiungo il tavolo delle bevande. Afferro il primo bicchiere che mi trovo davanti e butto giù il liquido in un solo sorso. Qualcuno mi tocca il braccio ed io sobbalzo. Mi volto e davanti a me trovo Andrew.

<<Bianca, tutto bene?>>

<<Veramente no, vieni fuori con me?>> Andrew acconsente immediatamente e in pochi secondi ci ritroviamo a camminare sul prato dell'esterno immersi dagli alberi decorati da lucine natalizie. Mi stringo nelle spalle per via della brezza.

<<Prendi la mia giacca>> sorrido quando Andrew si sfila la giacca, rimanendo solo in camicia bianca e cravatta, e la mette sulle mie spalle. Mi ricorda Dylan fuori dal ristorante al mio primo appuntamento con Andrew, fallito miseramente.

Camminiamo in silenzio finché non ci sediamo in una panchina. Io osservo il cielo blu mentre gli occhi di Andrew sono puntati su di me, lo sento addosso.

<<Avevi ragione>> mi volto di scatto e arriccio il naso non capendo <<Quando siamo usciti insieme, mi sono comportato come un bambino e mi dispiace di aver pensato che ti facesse piacere vederlo umiliato davanti a tutti>>

Scuoto la testa con un sorriso <<Non solo a me devi chiedere scusa, ma soprattutto a Dylan>>

<<Se lo faccio uscirai di nuovo con me?>>

<<Non devi chiedere scusa per ottenere qualcos'altro in cambio>> gli faccio notare ma lui scoppia a ridere <<Sta tranquilla, stavo scherzando... Sei una ragazza fantastica, bella ma non solo fuori ma dentro>> si avvicina un po', diventa più serio e lo sguardo diventano di un'altra intensità.

<<Ti sbagli, non sono bella come credi>>

<<Io credo di si>> mi sorride con un sguardo profondo, immerso nel mio, tanto che mi fa imbarazzare a tal punto che mi costringo a guardare altrove.

Passiamo altro tempo a parlare del più e del meno, almeno una mezz'ora, poi decidiamo di tornare dentro e ballare almeno un po'. E' un lento, fantastico, abbiamo scelto il momento perfetto. Andrew si volta verso di me e mi porge la mano, invitandomi a ballare con lui, lo faccio senza esitazione.

Mi prende la mano delicatamente, io poggio la testa sul suo petto e mi lascio cullare dai movimenti guidati da lui e dalla musica in sottofondo. Dentro di me non riesco a smettere di pensare di star ballando con Dylan e a questo pensiero inizio a sorridere come una bambina, forse come una che si è presa una bella cotta per qualcuno che non doveva.

<<Vorrei avessimo più momenti così>> mi sussurra Andrew all'orecchio con voce calma, rilassante. Io non rispondo, facendogli credere che sia d'accordo con lui. All'improvviso la musica viene abbassata, l'atmosfera si dissolve come una nuvola di fumo e il vocio dei ragazzi che stavano ballando riempie e rimbomba per tutta la palestra. Mi stacco dal petto di Andrew e comincio a guardare in giro per capire cos'è successo. Scambio uno sguardo anche con Sofy, a pochi metri di distanza insieme a Dylan, ma alza le spalle e scuote la testa, segno che non era previsto.

Madison sale sul palco allestito appositamente per mettere in bella mostra il re e la reginetta del ballo nominati a fine serata, ma non mi sembra ancora quel momento e soprattutto compito di quella ragazza.

Prende in mano il microfono, ci picchetta sopra per constatare che sia acceso producendo un rumore squillante dopodiché abbozza un sorriso compiaciuto mentre guarda a noi ragazzi. In particolar modo, però, verso di me. Mi fissa negli occhi e dentro ad essi non riesco a vederci nulla di buono, solo una tinta di cattiveria che sta per sprigionarsi dentro questa palestra. 

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