00. Prologo

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Art Deco - Lana del Rey

"Posso scattarti una fotografia?"

La ragazza alzò lo sguardo dal Clipper con cui stava tentando, invano, di accendere la sigaretta stretta tra le labbra. Senza curarsi di rispondere, studiò per un paio di minuti lo sconosciuto fermo davanti a lei, cercando di capire se avesse sentito bene o se la frase fosse solo il frutto della sua immaginazione un po' brilla – non che avesse bevuto tanto, ma il paio di birre buttate giù a stomaco quasi vuoto per festeggiare l'ultimo esame passato le erano salite alla testa più in fretta del solito, da cui la necessità di una boccata d'aria.

Lo vide aprirsi in un sorriso imbarazzato e scostare con un gesto secco della mano il ciuffo di capelli biondi caduto a coprirgli il viso magro e dai tratti affilati. Era carino, più alto di lei, e il naso sottile e all'insù gli dava un che di simpatico, ma la domanda che le aveva posto era fin troppo strana per non farle suonare almeno un piccolo campanello d'allarme in testa.

"Ma stai parlando con me?" si risolse a chiedere.

L'altro tossicchiò. "Non è che ci siano molte altre persone..." mormorò divertito.

In effetti, al momento erano gli unici sul marciapiede fuori dall'Hemingway a quell'ora di un giovedì sera di fine gennaio, a meno di non voler aggiungere alla conta il gatto randagio acciambellato sul motorino parcheggiato vicino a lei.

"Che cretina." La ragazza fece scattare il Clipper un altro paio di volte, tramutando tutto l'imbarazzo provato nel fastidio che quel maledetto affare, capace solo di produrre scintille a vuoto, fosse finito.

"Aspetta, ne ho uno io" le disse l'altro. Cacciò una mano nella giacca invernale che indossava, per poi scuotere la testa e mettersi a frugare nello zaino arancione; ci volle giusto qualche minuto perché estraesse, con aria trionfante, un accendino malconcio.

Lei si allungò verso la fiamma e aspirò una densa boccata di fumo, che poi lasciò uscire dalle narici. "Grazie" disse, guardandolo negli occhi piccoli e verdi.

L'altro scrollò le spalle e le lanciò di risposta un'occhiata penetrante. "Quindi?"

"Quindi cosa?"

"Quindi... posso scattarti una foto?" le chiese di nuovo, questa volta picchiettando con un dito sulla macchina che portava appesa al collo. "Dai, sei perfetta per il mio progetto."

Lei alzò un sopracciglio, perplessa, e fece per replicare, ma la voce del ragazzo sovrastò qualsiasi sua protesta.

"Ti prego... se vuoi ti offro qualcosa per il disturbo" le disse, giungendo le mani e avvicinandole al volto. "Per favore."

Ormai più incuriosita che preoccupata, fece un altro tiro. Senza rendersene conto si ritrovò ad annuire, il pensiero che quello fosse il modo più strano con cui l'avessero mai abbordata a farla sorridere appena. "Dimmi solo cosa devo fare" aggiunse, mentre il volto dell'altro s'illuminava.

"Niente" le disse. "Sei perfetta. Fa solo finta che io non esista."

"Facile a dirsi..." pensò lei, sentendosi arrossire. Lanciò un'occhiata all'interno del bar, dove i suoi amici erano intenti a chiacchierare e a bere, e pensò che Ginevra sarebbe impazzita quando le avrebbe raccontato di ciò che le stava letteralmente accadendo alle spalle.

Due distinti click la fecero scivolare via da quei pensieri e voltare piano verso lo sconosciuto che, soddisfatto, stava coprendo l'obiettivo col cappuccio.

La ragazza si schiarì la voce. "Posso almeno vederle?" gli chiese, muovendo un passo verso di lui.

"Non al momento." L'altro scosse la testa. "È analogica."

Lei non riuscì a trattenere un "Oh" dispiaciuto, prima di tornare a concentrarsi sulla sigaretta consumata ormai fino al filtro; si diresse verso il cestino posto sull'angolo del marciapiede, dove la spense e la buttò via, sperando di gettare allo stesso modo la cupa sensazione che le cresceva dentro e la faceva sentire disorientata. Voleva che il ragazzo se ne andasse via, ma al contempo le sarebbe piaciuto invitarlo a bere una birra con lei e i suoi amici.

"Se vuoi, dopo averle stampate potrei inviarti le scansioni" le disse l'altro, quando tornò vicino a lui. "Certo, prima devo finire il rullino, ma non penso ci vorrà molto."

"Volentieri" replicò, cacciando le mani gelate in fondo alle tasche del cappotto. Lo vide aprirsi in un sorriso contagioso, che la portò ad arricciare il naso in una smorfia felice.

"Se mi dai il tuo numero, poi ti posso inviare i file via messaggio" continuò il ragazzo, tirando fuori il cellulare. Le lanciò un'occhiata speranzosa a cui lei non ebbe voglia di resistere; snocciolò le cifre senza pensarci troppo, mentre la parte di lei sempre diffidente nei confronti del prossimo le urlava di non essere così ingenua e di tornare subito dai suoi amici, abbandonando il freak uscito da chissà dove.

"Perfetto" mormorò intanto lui. "Come ti chiami?"

"Zaira."

Il ragazzo inclinò la testa di lato e socchiuse gli occhi, per poi muovere un passo avanti, avvicinandosi a lei quel tanto che bastava per permetterle di sentire una vaga puzza di trementina che le fece arricciare il naso. Oltretutto, già si immaginava il successivo e classico commento – qualche borbottio di stupore accompagnato da un "Ma è straniero?" a cui lei avrebbe risposto con un sospiro sconsolato.

L'altro, però, scosse la testa e si lasciò sfuggire una frase che la spiazzò. "Ti dona molto."

Zaira socchiuse la bocca, stupita e con la testa che già vagava per le lontane lande delle fantasie più assurde. Eppure, notando il nuovo silenzio calato tra loro, si costrinse a tornare coi piedi per terra – aveva bevuto troppa birra, non c'era altra spiegazione per la sua improvvisa follia.

"Beh..." mormorò, succhiando il labbro inferiore. "Io dovrei tornare dentro dai miei amici."

L'altro spalancò gli occhi. "Certo, certo! Anzi, scusami se ti ho disturbato" disse, con lo sguardo velato da una leggera preoccupazione. "Grazie ancora e ciao, allora."

Zaira non fece in tempo a dire un leggerissimo "Ciao" che il ragazzo aveva già attraversato la strada per infilarsi in una via laterale opposta, lasciandola ancora più spiazzata di quanto si sentisse prima.

"Breve ma intenso" pensò, mentre si avvicinava all'ingresso del locale, alzando le sopracciglia.

Solo quando raggiunse il tavolo a cui erano seduti i tre amici, intenti a discutere su quale fosse la serie tv migliore mai prodotta, si rese conto di non aver neppure chiesto al ragazzo il suo nome. Guardò sconsolata il bicchiere di birra scura che aveva lasciato a metà e, dopo un attimo di esitazione, lo buttò giù tutto d'un colpo, accompagnata dagli incitamenti di Davide e i rimproveri di Ginevra e Michele.

"Che cretina."

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro