CHAPTER 10

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Link's pov

...

Finalmente arrivo ai piedi del grande vulcano, esausto.
Il cielo è scurito dal fumo proveniente da quella montagna di fuoco, lapilli e cenere contribuiscono a rendere l'aria greve e calda, il terreno è arido, la sabbia scottante; un piccolo villaggio di nomadi è accampato lì nei paraggi.
Mi avvicino per studiare meglio l'accampamento costituito da tende e tendoni di pelli animali, sorrette da pezzi di legno e frasche robuste.
Controllo gli interni di ogni capanno - stranamente disabitati - finché una quindicina di boblin non mi circonda, pronti a combattere con le loro piccole sciabole e armi da taglio.

Estraggo la spada dalla guaina alle mie spalle in un movimento veloce, mi guardo intorno prima di mettere in pratica un attacco rotante che stende al tappeto tutti quegli esseri mostruosi.
Sono più sorpreso che allibito per la precisione e bravura nel colpirli tutti contemporaneamente.
«WOW LINK! Dove hai imparato quella tecnica?» esclama stupito Zayk nel mentre annusa i vari cadaveri.
Elogiato dal suo complimento sfoggio un sorriso, soltanto in seguito ricordo di trovarmi nel bel mezzo di uno sterminio, e leggermente disgustato esco da quel cerchio di morte; uno dei mostri possedeva una chiave di legno intagliato, probabilmente quella di una gabbia dello stesso materiale.

E infatti, nel tendone più grande, ce n'è una: i bimbi di Faanon sono imprigionati in un'enorme gabbia serrata, legati e bendati dalla testa ai piedi; alla mia vista alcuni iniziano a gridare nonostante la corda tra i denti, implorandomi di liberarli, salivando e piangendo allo stesso tempo.
Mi affretto a slegarli prima di abbracciarli calorosamente: «Grazie! Sei il nostro eroe!» esclama uno con un sorriso sincero in volto.
Anche gli altri mi colmano di lodi e lusinghe infantili, tranne una ragazzina piccina e silenziosa che annuncia: «Ti prego, vai a salvare il mio amico Cosimo, è stato rapito da quel cattivone verde!»
Annuisco accarezzando la guancia arrossata dal pianto della bambina, successivamente la vedo ancora più terrorizzata mentre punta il suo esile dito in direzione opposta alla mia; alle mie spalle c'è lo stesso orco rapitore del bimbo al villaggio, solo più goffo e mostruoso, in groppa allo stesso cinghialotto nero.

Istintivamente faccio entrare tutti i bambini nella capanna, escludendoli da ogni pericolo, poi avanzo verso l'orrida creatura a passi lenti e colmi d'ira; egli non ha più con sé il bambino crocifisso, ma se riuscirò a sconfiggerlo, magari mi porterà da lui.

Parto all'attacco, asciugando la lama sanguinate sul pantalone e correndo con tutta la forza possibile in direzione del mostro; Lui sembra divertirsi, e dopo essere sceso dall'animale il quale montava, estrae la sua grossa sciabola arrugginita sorridendo il giusto per far notare i suoi piccoli dentini affilati.
In seguito si piazza in mezzo alla strada deserta, aspettando una mia mossa.

Mi fermo.
Sembra tutto troppo facile, e forse correre non mi aiuterà a sconfiggere il boblin.
Riinizio a camminare cauto verso di lui, facendo roteare la spada e sorridendo anche io per dimostrargli sicurezza... Quest'ultima però, svanisce non appena l'arma mi cade per terra, e senza nemmeno il tempo di raccoglierla, l'orco mi aveva già intrappolato tra le sue braccia sudaticce.
Mi stringe il collo impedendomi la respirazione, e mentre cerco di ribellarmi sbattendo i piedi sul terreno, mi sforzo di spostare il suo avambraccio.
Non riesco a liberarmi dalla sua presa però, e man mano anche l'aria inizia a mancare.

Il viso mi diventa rosso dal soffocamento, le gambe non toccano nemmeno più la terra arida, anche i miei pugni rallentano la forza esercitata energicamente sul dorso del suo braccio, ma il grande boblin continua a non fermarsi.
Nel mentre inizio a perdere i sensi, rivolgo uno sguardo al capanno dei bambini dove Zayk mi fissa insensibile, immobile, con lo sguardo perso e silenzioso; era sulla soglia della tenda, proprio lì, a pochi metri da me... Ma non stava affatto intervenendo in mio soccorso.
La vista si offusca e il mio battito cardiaco rallenta di colpo.

Con gli ultimi sforzi impugno il filo d'erba che avevo legato al collo, portandolo difficilmente alla bocca, e con l'ultimo respiro soffio all'interno.
Fulvia mi aveva detto che se avessi fischiato, "qualcuno" o "qualcosa" sarebbe venuto in mio soccorso riportandomi da lei, ma ho i miei dubbi.
Svengo tra le braccia del mostro che mi sosteneva a stento ormai, e con la percezione del vuoto sotto il suolo dei miei stivali, precipito in un sonno profondo.

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