Il messaggio di Francine

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Germaine aveva ritrovato un'uniforme da recluta ed era sporca di sabbia e fatica in faccia, abbastanza per essere nuovamente scambiata per un ragazzo. La fattoria non era stata facile da raggiungere, lontana da tutto, in mezzo alle colline, ma se non altro il viaggio l'aveva portata lontana dalla guerra e dai soldati.

Per tutto il viaggio aveva incrociato solo un gruppo di quattro ORL piuttosto malconci, che evidentemente erano stati a lungo in prima linea. Aveva provato a salutarli, ma quelli non l'avevano neanche notata, procedendo per la loro strada. Lei non ci aveva fatto molto caso, anche se vederli le aveva ricordato quando era stata un pilota. Un mediocre pilota, ma sicuramente molto più utile che in quel momento.

La fattoria, da lontano, pareva disabitata. Solo quando fu quasi al suo portico un uomo uscì da una porta con un fucile. Era stato un soldato, evidentemente, ma ormai aveva fatto il suo tempo. Aveva tutti i capelli bianchi e una barba malcurata. Anche la sua uniforme, notò subito Germaine, era vecchia, apparteneva all'esercito del re precedente, quello della guerra del vapore. "Messaggi, ragazzino?" chiese, scorbutico.

Lei abbassò la testa. "Si signore"

L'uomo non rispose, ma rientrò. Germaine lo seguì. Sembrava l'unico abitante della fattoria. La fece sedere a un tavolo e le diede pane e latte. "Riferisci, avanti"

"Signore... mi è stato chiesto di riferire direttamente al capitano."

"Al capitano? Non c'è nessun capitano qui. Pensi che questo luogo ne abbia bisogno?"

"Mi è stato detto di venire qui e fare riferimento al capitano."

Il vecchio ci pensò su, poi gonfiò il petto. "Allora riferisci. Sono io il capitano..."

Germaine arrossì, imbarazzata. La situazione cominciava a parerle ridicola. "Signore... mi perdoni, ma mi è stato detto come riconoscerlo."

"E come?"

Lei abbassò gli occhi, senza dire nulla.

"Di chi è il messaggio?"

"Francine. Francine Santaroche."

L'anziano soldato ebbe un attimo di esitazione, poi si sedette al tavolo. "Francine? Puoi dimostrarlo?"

"Lo... dimostra il messaggio, signore... ma è solo per... il capitano."

"Il capitano non può darti udienza."

Lei guardò il vecchio negli occhi. "E' di vitale importanza! La prego! MI faccia parlare con lui!"

"Il capitano non può darti udienza perché..."

"Forse perché credi che un cieco non sappia scendere una scala, Alfonse?"

Germaine si girò di scatto. Aggrappato al corrimano della scala che dava al piano superiore stava un uomo di bell'aspetto, con forse meno di quarant'anni, alto e slanciato, con capelli neri arruffati e un sorriso beffardo. Ma i suoi occhi guardavano il vuoto, le iridi e le pupille sbiadite, un segno rosso di qualche antica ferita a cerchiargli le orbite. "Sono io il capitano, portalettere?"

Germaine annuì, poi pensò assurdamente che l'uomo non l'avrebbe vista. "Si, signore... si."

"E hai un messaggio da Francine?"

"Assolutamente, signore, per lei solo."

L'uomo si staccò dal corrimano e arrivò al tavolo. Guidandosi col bordo, trovò una sedia e vi si sedette. "Se il problema è Alfonse non temere, non c'è niente che lui non possa sapere. E comunque qui non abbiamo nessuno con cui parlare."

"Ma è una faccenda molto... delicata."

"Allora esponimela." In qualche modo il volto dell'uomo era rivolto verso di lei, con precisione. Persino i suoi occhi vuoti sembravano fissarla.

"E' una questione di vita o di morte."

"Avanti portalettere, spiegami perché mia sorella ti ha mandato da me!"

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