Missione in Spagna

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La testa di Vanjan ronzava come un nido di vespe, ma il suo rapporto con Valerius non era tale da permettergli di esternare quello che provava come aveva fatto con Francine. Era seduto con il ragazzo in una delle infinite sale udienze del palazzo, con davanti un plico di fogli che non aveva aperto, ma che aveva un'aria misteriosa.

"Sembra impossibile pensare a qualcosa di più critico dell'invasione inglese" esordì Valerius indicando i fogli "ma quello che c'è scritto qui mi preoccupa in un modo... diverso."

Vanjan stava baloccandosi nuovamente con l'idea che Valerius fosse geloso di lui e che dietro il suo allontanamento dal fronte ci fosse una macchinazione per tenerlo alla larga da Francine, ma quelle parole lo incuriosirono "Come?"

"Si tratta di un rapporto arrivato dagli alleati spagnoli. Un rapporto che re Gregoire ha ignorato, ma che io non riesco proprio a accantonare. E' pieno di riferimenti oscuri a cose assurde... comprese navi volanti e uomini rettili."

Vanjan rabbrividì, quella sua vicenda era già fin troppo paradossale. "Pensavo che fosse re Gregoire ad avere le allucinazioni."

"Voi non siete con me dall'inizio." La frase di Valerius suonava come un'accusa, ma spesso quello che diceva aveva una perentorietà non voluta, dovuta alla sua goffaggine. "In questo rapporto ci sono eventi che coincidono con alcune mie esperienze."

"E voi vorreste che ci indagassi?"

"Siete sicuramente uno degli uomini più fidati."

Vanjan prese i fogli e iniziò a scorrerli. Se le vicende che vi erano raccontate erano così fuori di testa probabilmente ci avrebbe messo un po' a digerirle. Sicuramente il rapporto aveva un tono ufficiale ed era corposo in modo anomalo. Valerius Demoire, poi, in qualsiasi situazione, incarnava la razionalità in persona. Se lui non considerava il rapporto assurdo evidentemente non lo era. Il patologico rigore del ragazzo permetteva di avere in lui una fiducia incondzionata.

"Non è esattamente ciò che penso io debba fare" disse, perché una frecciata non poteva risparmiarsela "ma sono ordini e li eseguirò."

Valerius si alzò in piedi e gli strinse la mano, sollevato. Evidentemente temeva una scenata. Forse se la sarebbe meritata anche lui, ma Vanjan non trovava possibile farla. Sfuriare contro Valerius era come urlare a un muro, non se ne poteva ricevere soddisfazione.

Il soldato francese lasciò lo studio, pensoso, ansioso di leggere il rapporto per capire quanto bizzarro era il destino a cui andava incontro. Quando Beatrice gli sbarrò il passo sobbalzò.

"Dicono che tu stia andando via." gli fece la ragazza, con tono casuale.

"Le notizie corrono."

"Dicono che hai urlato che stai andando via in mezzo a un corridoio pieno di gente."

Vanjan arrossì. "Immagino che questo non deponga a mio favore."

"Portami con te."

Vanjan squadrò Beatrice. Non era molto cambiata da quando l'aveva conosciuta. Vestita ancora di indumenti comodi, sfacciati, stracciati, solito aspetto poco rassicurante. Nata ladra era ancora una ladra, nonostante la guerra. "Perché dovrei?"

"Perché ci siamo salvati il collo a vicenda e perché Parigi non è più Parigi. Perché voglio fare qualcosa per questa vostra causa, ma non qui. Qui mi viene solo da vomitare."

Vanjan avrebbe dovuto rifiutare, era la reazione logica, ma a parlare con Beatrice si sentì improvvisamente meno solo. La solitudine, l'aveva oppresso, quando Francine gli aveva negato il fronte, la solitudine del soldato che non può condividere il destino di altri soldati. E Beatrice attenuava tutto quello. "Potrebbe essere un viaggio scomodo."

Lei alzò un sopracciglio. "Se cerchi di farmi desistere parlandomi di lividi sul culo è perché hai già deciso di portarmi con te."

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