Due strumenti assieme

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Da quando aveva sconfitto Wilhelm Haruden, Guglielmo Quasinotte non rinunciava mai a indossare la maschera, quando sapeva di dover combattere dei mutanti. In anni successivi, sebbene il rapporto tra Santa Romana Chiesa e i telepati cambiò radicalmente a seguito della Seconda Guerra del Vapore, diversi ordini monastici studiarono il modo in cui era più opportuno coprirsi il volto combattendo un mutante, sulla scorta dell'esperienza di Guglielmo e di chi era stato testimone delle sue imprese.

In realtà, lui per prima sapeva che Maschera di Ferro era più di uno pseudonimo sotto cui si era nascosto. Dopo aver vissuto un'intera vita seppellendo gran parte delle sue conoscenze e capacità, indossare una maschera gli aveva permesso di dare sfogo ai lati di sé che aveva represso più a lungo. Sapeva perfettamente di essere più sarcastico e irriverente, dietro al ghigno congelato del suo alter-ego.

"E' un cavaliere teutonico" diceva intanto Francesco Pupo, davanti a lui. Sebbene l'essere accovacciato non gli prestasse più attenzione lui continuava a fissarlo, incapace di fidarsi. "la distruzione della comunione lo ha irrimediabilmente pervertito".

Il cavaliere era quattrozampe e grattava il terreno, curvo. Impossibile capire se stava già tentando degli attacchi psichici al suo nuovo avversario. Come a irridere il suo atteggiamento bestiale, Maschera di Ferro assunse la più elegante delle posizioni di guardia che conosceva, con la spada allungata verso l'avversario. "Cosa farai mai, prete, se io spazzerò via tutta la perversione di questo mondo?"

La creatura attaccò, evidentemente attaccò con più velocità e impeto di quanto Maschera di Ferro stesso di aspettasse perché lui fu in difficoltà, prima a respingere le mani tenute ad artiglio e poi a riguadagnare una distanza ragionevole per brandire la sua arma. Dopo aver fatto ruzzolare via la bestia tentò un affondo, ma il suo polso si fermò a mezz'aria, come preso in una morsa, a pochi centimetri dal corpo dell'essere.

"Telecinesi incredibilmente sviluppata" notò, digrignando i denti e intraprendendo un braccio di ferro col suo nemico.

"Era la telecinesi a guidare i Myrmidon" aggiunse Francesco Pupo.

"Siamo DUE degli strumenti eletti di Alfredo Colonna, se collaborassimo avremmo vittoria facile sulla creatura, non credi?"

Francesco Pupo avanzò. Si vergognava di come quell'essere lo aveva gettato nel panico. La sua disciplina non era stata studiata per un certo tipo di nemico, ma per ogni tipo di nemico, perché ovunque si annida il male. Che lui si fosse lasciato spiazzare solo perché quel mostro era più mostruoso di altri era imperdonabile. Allungò una mano, cercando di appoggiarla sul corpo della creatura.

"Ora mi sembri particolarmente, avventato" giudicò Maschera di Ferro. Ma non poté fare altro, perché la telecinesi del cavaliere lo costrinse a piegare il braccio in modo doloroso, facendogli digrignare i denti.

"Preparati ad affondare, che sia un affondo preciso" disse Francesco Pupo. E toccò la schiena del cavaliere.

Il contatto fisico era qualcosa che un inquisitore non doveva mai cercare con un telepate, perché a contatto fisico un telepate è nella condizione migliore per esercitare il suo potere. Quello su cui però Francesco Pupo contava era che, in una condizione del genere, l'istinto animalesco dell'essere avrebbe avuto completamente il sopravvento, facendogli perdere il controllo. Prima che accadesse qualcosa di tutto ciò, però, l'inquisitore ricevette un vero e proprio fiume psichico che presto, nella sua coscienza, si condensò in immagini, immagini che non appartenevano alla persona che aveva davanti. Immagini della Regina Anna, immagini dell'orribile zarina, immagini di myrmidon in movimento. Wilhelm, morendo, aveva copiato attraverso la comunione tutte le sue sensazioni nei cavalieri. Era stato un atto involontario, ovviamente, una specie di ultimo grido per far sopravvivere alla morte i suoi sentimenti, ma questo comunque aveva distrutto i suoi compagni, che si erano trovati vulnerabili davanti una tale inondazione di sensazioni. Persino Francesco Pupo, che pure era abile nel leggere e scorrere i ricordi, tremò mentre la vita del generale della Regina diveniva la sua vita e il dolore del suo cuore il suo dolore. Cercò di aggrapparsi ai suoi principi. "Colpisci!" gridò "Ora!"

Lo stratagemma aveva funzionato, il mostro scuoteva la testa, indeciso se assalire mentalmente la creatura che gli si era fatta così vicina o continuare a sfidare l'uomo armato. La semplice indecisione fu sufficiente, Guglielmo colse l'attimo corretto e si divincolò dalla presa telecinetica, fece fare alla sua lama un largo giro e in questo giro attraverso la gola del mostro. Senza un lamento, senza capire nemmeno cosa significasse, il cavaliere teutonico crollò a terra, morto.

Francesco Pupo indietreggiò e diede segno di aver bisogno di vomitare. Dopo più di un minuto riuscì finalmente a focalizzarsi su Maschera di Ferro, fissandolo con occhi allucinati. "Tu... cosa ci fai qui, in Germania? Cosa sei venuto a fare?"

Guglielmo si tolse la maschera, sotto di essa il suo volto era devastato dalla fatica, fradicio di sudore, gli occhi iniettati di sangue. "Sono venuto a prenderti, prete"

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