Palazzi che bruciano

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Il palazzo bruciava.

Come a Parigi, come a Berlino, come in qualsiasi altra corte avesse messo piede. Nella sua memoria era come se la gente, in realtà, avesse in odio i palazzi, fosse interessata a masticare mura, buttare giù architetture. Di fronte a quei roghi pareva che la gente non importasse.

Daikatana e gli altri quattro myrmidon erano rannicchiati in un angolo del campo. Potevano lasciarli tranquillamente incustoditi, tanto i ribelli ne avevano paura. All'inizio non era stato così, giocavano intorno ai loro piedi, poi li avevano visti in azione e da allora cercavano di starci il più lontano possibile, il che era meglio, così evitava di calpestarli.

Quella che avevano concluso era stata la prima vera battaglia che si erano trovati a combattere. Era stato come tornare in dietro, ai tempi in cui l'esercito di re Gregoire attraversava la Francia per rimetterlo sul trono, quando nessun altro, tranne lei, aveva una macchina da guerra. La Russia era una terra troppo vasta perché i myrmidon fossero ovunque, la caccia all'aeronave aveva preso tutto il vapore pesante della nazione. A difendere la sua nobiltà decadente non era rimasto nulla. Quasi nulla. Quel quasi nulla l'aveva dovuto uccidere.

Camminava rigida tra i ribelli festanti. Ora che il palazzo del nobile che controllava la provincia era caduto non c'era più nulla a ostacolare la rivoluzione, nessuno più a opporsi. Era nata realmente una nuova nazione, una nuova nazione che non aveva niente a che fare con lei e di cui non le importava nulla.

"Troveremo Pasternak" disse ad Artemisia, che continuava a correrle dietro, preoccupata come era sempre preoccupata quando riconosceva certi segni sul suo volto. "e metteremo fine a questa farsa."

Nella direzione opposta alla sua venivano due guardie, tenendo stretta tra loro una ragazza giovane, all'incirca della sua età, completamente coperta di fuliggine. La ragazza non stava facendo niente per opporre resistenza, ma i due soldati della rivoluzione la stringevano come se potesse avere ragione di entrambi. La ragazza era sudicia dalla testa ai piedi, solo i suoi occhi erano ancora splendenti, sebbene duri.  "Dunque siete voi." esclamò, guardandola.

Francine si arrestò e solo questo fece sì che anche i due carcerieri della ragazza si fermassero. In questo modo le due giovani donne poterono guardarsi distintamente. Impossibile capire cosa ci fosse sotto tutto quello sporco e quella cenere, per la Spada Immacolata di Francia quello che aveva parlato erano solo due occhi. "Il famoso assassino francese."

Parlava francese nella maniera pulita e un po' vezzosa degli stranieri che imparavano la lingua per poter fare conversazione nei salotti buoni e teneva alta la testa nonostante tutto, in un gesto di sfida. Quello che opprimeva Francine era che aveva la sua età, aveva maledettamente la sua età eppure sembrava allo stesso tempo più vecchia e più giovane di lei. "Soldato. Sono un soldato."

Se anche Artemisia avesse voluto intervenire in difesa del suo generale non avrebbe mai osato farlo. Era sempre impacciata di fronte alle persone di rango superiore al suo, come se una parte di lei continuasse a sentirsi inadeguata.

"Posso conoscere il vostro nome? Sembra che lo sappiano tutti, ma prima che veniste a guidare questo massacro in realtà io non sapevo niente di voi."

"Sono Francine Valery Santaroche e voi?"

Tirare fuori il petto costò alla ragazza una smorfia di dolore. Non era solo cenere che aveva addosso, doveva esserci anche del sangue, impastato con essa. "Roksana Dimitrova Obragina. Contessa di Toya, immagino, ora che l'intera mia famiglia è stata uccisa."

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