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2016 – Kagoshima


Qualcuno bussa con forza alla porta e Rui sospira, indignato. «Sto sviluppando!» urla per farsi sentire dal seccante visitatore. Nella camera oscura il silenzio è così totale da sembrare qualcosa di denso, vivo, opprimente, ma è proprio per quello che gli piace. Nonostante ormai tutte le foto del loro studio siano realizzate in digitale, il ragazzo continua a sviluppare i propri rullini in quel modo.

«Rui, per favore esci da lì.» urla a sua volta Kei da dietro la porta. «Le esalazioni di quell'acido ti daranno al cervello...»

Lui ignora la voce persistente e stende l'ultima fotografia ad asciugare, con calma, prendendosi tutto il tempo necessario, quindi si lava le mani nel piccolo lavandino quadrato di ferro e, finalmente, apre la porta. I suoi occhi abituati al buio vengono aggrediti dalla prepotente luce del mattino che inonda la stanza del negozio di fotografia e il ragazzo la scherma con la mano, incapace di trattenere un gemito.

Kei ride, mettendo in mostra i denti bianchissimi sotto le labbra morbide. «Così impari a startene delle ore rintanato al buio.»

Rui si massaggia le palpebre, ignorando l'amico. «Cosa volevi, comunque?» chiede passandosi le lunghe dita affusolate in mezzo alla zazzera spettinata di capelli castano chiaro.

«Oh, ho ricevuto una e-mail.»

«Che e-mail?»

«Vieni a vedere.»

Kei si siede davanti al computer, sulla morbida poltroncina rossa con le rotelle e fa una smorfia non appena tocca il tessuto caldo. Con la mano sinistra si libera la fronte dalla setosa frangia corvina, portandola indietro, ma le ciocche bagnate di sudore ricadono quasi subito ai lati della sua testa, incapaci di restare ferme. Muove velocemente il mouse e apre la pagina del browser, digita i dati di accesso della sua casella di posta e clicca velocemente sulla più recente. «Leggi tu stesso.» dice girando leggermente lo schermo in direzione di Rui.

Lui si china, poggiandosi con la mano contro lo schienale della sedia che cigola leggermente e dà un'occhiata seccata alla pagina. «Una rimpatriata con i compagni delle elementari? Ma che cazzata è?» esclama tirandosi su.

Kei gli risponde con un ghigno divertito. «Le magie di Facebook.»

«Che cosa c'entra Facebook, adesso?» domanda seccato il ragazzo, massaggiandosi la nuca.

«Qualcuno ha diffuso la moda delle rimpatriate tra vecchi compagni di classe e sembra che l'idea abbia solleticato le fantasie del vecchio Saito. Il nostro amico ha cercato i bambini che hanno fatto le elementari insieme a lui e ha organizzato un viaggio di gruppo. Siamo tutti invitati.»

Rui fissa l'amico con costernazione. «Prima di tutto, chi è Saito? E secondo, perché mai dovrei fare un viaggio organizzato da persone che non vedo da più di 10 anni? E, soprattutto, chi paga?»

Kei ride, poggiando i gomiti sui braccioli. «Yori Saito, rappresentante della classe 1-A durante il nostro sesto anno di scuola elementare.»

«Non me lo ricordo.» ribatte Rui.

L'altro si stringe nelle spalle. «Per rispondere alle tue altre domande, c'è chi troverebbe divertente l'idea di rivedere i suoi vecchi compagni di classe. E, infine, naturalmente ognuno paga per sé.»

Rui scuote la testa. «Questo Saito deve essere scemo.»

«Perché?!»

Il ragazzo poggia la mano sulla scrivania e si china verso l'amico, avvicinando il volto al quello di lui, minaccioso. «Kei, io non spendo i miei soldi per andare a farmi una vacanza con persone sconosciute.»

«Non sono sconosciuti, sono i nostri ex compagni di classe.» precisa passandogli un braccio intorno al collo. Gli sorride in modo invitante. «Non sei curioso di vedere come sono diventati?»

Rui gli lancia un'occhiataccia. «Non me ne frega niente.»

«E se scoprissi che quelle bambine di sesta elementare si sono trasformate in delle bellissime ragazze venticinquenni?»

L'altro sbuffa. «Sai quante bellissime ragazze venticinquenni ci sono al pub sotto casa mia? Non c'è bisogno che vada tanto lontano.» si libera dalla stretta di Kei e gli dà le spalle, dirigendosi di nuovo verso il retro, ma quello lo afferra per il braccio e lo trattiene.

«Aspetta, Rui, almeno pensaci!»

Lui emette un grugnito di disappunto, scrollando il braccio intrappolato per liberarsi. Kei si alza in piedi ed i due si affrontano. La differenza d'altezza tra i due è sempre stata motivo di imbarazzo per Rui, che non ha mai sopportato il fatto che non solo il suo migliore amico sia più bello e popolare con le ragazze, ma anche più alto di lui. Kei sottolinea sempre la sua superiorità fronteggiando Rui in quel modo quando vuole averla vinta, mettendo a nudo la sua debolezza. «Dimmi che ci penserai.» sibila.

Rui digrigna i denti. «Col cazzo!» gli dà una spinta e si volta di nuovo.

«Ho già confermato a Saito la tua partecipazione!» lo informa l'altro.

«E chi se ne frega? Problemi tuoi.» risponde senza voltarsi.

«Sei testardo come un mulo. Che cosa penseranno gli altri compagni?»

«E chi se ne frega al quadrato!» si volta di colpo, fulminandolo con lo sguardo. «Ma che ti prende stamattina, Kei? Se ci tieni tanto vacci da solo!»

«No, devi venire anche tu!»

Quello allarga le braccia con disperazione. «Ma perché?» urla.

Kei lo fissa dritto negli occhi. «Perché la destinazione è Okinawa.»

Rui sbianca. Abbassa lentamente le braccia e si porta una mano alle labbra serrate, i suoi occhi, che non hanno lasciato quelli dell'amico, sono sgranati. Kei muove un passo verso di lui, ma il ragazzo solleva la mano, il palmo aperto verso di lui per bloccarlo. «Tu non sei normale.» Sibila infine.

«Rui...» mormora Kei.

«Basta, discorso chiuso.» fa un gesto brusco con la mano. «E vaffanculo solo per avermelo proposto.»

Il volto di Kei si rabbuia. «Ci devi andare. Lo devi affrontare prima o poi.»

«Pensa agli affari tuoi, Kei.» sputa quelle parole con rabbia. «Io non ci vado ad Okinawa. Mai più.»

Gli dà le spalle e s'infila nuovamente nella camera oscura. Le gambe gli cedono e lui si lascia cadere a sedere per terra, prendendosi il volto tra le mani. 

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