Campo estivo

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Sabato 15 luglio 2023

Isaac, beh, lo sapevano tutti, era stato adottato.

Lui stesso lo sapeva e ne parlava piuttosto serenamente, dimostrando una certa maturità anche di intelletto, nonostante fosse giovanissimo.

Il padre e la madre erano riusciti a riceverlo in adozione quando erano un po' avanti con l'età, soprattutto grazie alla stretta vicinanza con gli ambienti ecclesiastici. Nulla di illegale, sia chiaro, anzi, grazie a loro il piccolo Isaac, probabilmente rimasto orfano a causa di un regolamento di conti in una favela, aveva trovato immediatamente una casa e una famiglia in cui ricevere il necessario amore.

Così era cresciuto.

Molto.

Era diventato un po' il sogno bagnato delle frequentatrici dell'oratorio, per dirla in maniera elegante: all'approssimarsi dell'estate che lo divideva dal liceo, era diventato suppergiù un metro e ottanta di manzo scolpito, perchè mens sana in corpore sano, i genitori lo avevano avviato piuttosto presto all'atletica leggera e Isaac si era trasformato in un eccellente quattrocentista a ostacoli.

Lui, però, queste cose non le sapeva. Dai genitori aveva ricevuto una educazione molto religiosa, che aveva fatto il paio con una istruzione molto religiosa negli istituti paritari, e un tempo libero, a eccezione dell'atletica, molto religioso come aiutante in capo del parroco e, nel tempo libero, lettore di scritture.

Specialmente l'antico testamento, oh, quanto lo rapivano quelle vicende così truci presenti in quel librone, e quanto ragionava su tutti quegli strani dettami e sulle arrabbiature che si prendeva l'Altissimo avverso a certi suoi sottoposti, tipo, una per tutte, Sodoma e Gomorra, per non parlare di Lot e le sue figlie.

Ecco, considerando che era stato concepito da un uomo e una donna che erano giaciuti assieme, ma che poi lo avevano abbandonato a sé stesso in tenerissima età, e che quelli che considerava i suoi veri genitori mai avevano giaciuto assieme (o almeno questo lui credeva) non è che la sua visione del sesso fosse molto positiva.

Non capiva l'esigenza di alcuni suoi compagni di sport, di parlare in certi termini delle ragazze, o guardare certi video, primo perchè era peccato, e poi perché da tali pratiche così animalesche potevano venire solo sciagure.

«Guarda che i bambini, cioè tutti noi, nascono così, ciccio» era solito dirgli Cristian, che di cose da dire sull'argomento, pareva averne un sacco.

«Lo so, ma è il modo, non si giace per giacere, si giace per procreare.»

La madre di Isaac, che si era occupata di spiegare la meccanica della riproduzione, involontariamente aveva calcato la mano sugli aspetti pulp della vicenda, ammantando tutto di sanguemestruale. Per poi concludere con l'agiografia del sentimento puro, quasi che si trattasse di una sorta di leale amicizia tra marito e moglie.

«Perché dici "giacere" cazzo?! Non lo sfango "giacere"! Piuttosto dimmi "fare sesso", "scopare", ma "giacere"! Mia nonna diceva "giacere"!» rispondeva Cristian, e lasciava che Isaac scivolasse fuori dal discorso, in cui era quasi sempre inutile, se non dannoso.

Isaac infatti, tendeva a smorzare la libido dei suoi compagni di sport, e quindi rimaneva un po' un oggetto solitario. Si rifaceva ampiamente nei pomeriggi che passava a fare l'animatore di oratorio, dove aveva uno sterminato arsenale di giochi da cortile e da tavolo, e un sorriso cordiale che non gli veniva mai a meno.

I bambini volevano diventare "Forti come Isaac", le bambine volevano sposarsi con Isaac, quelle un po' più cresciute, magari non sposarsi, ma altro.

Avrebbero tanto voluto chattarci in maniera romantica, ma il ragazzo non aveva il cellulare, o meglio, ce l'aveva ma era una specie di Nokia 3310 in cui si potevano mandare solo gli sms e le chiamate. Per cui certe ragazzette che giravano attorno all'oratorio esclusivamente perchè c'era lui, e che si facevano la violenza di giocare a Scarabeo solo per farsi aiutare da lui a comporre parole che non fossero "Pane" o "Casa" o "Faro", si struggevano, dicendosi a vicenda quanto era bello e quanto avrebbero tanto avuto voglia di farsi sbattere da lui come dei materassi durante le pulizie di primavera.

Ok, d'altronde si sa che le ragazzine di oggi sono più spigliate di quelle di qualche anno fa.

Ma poi era arrivata Isabella, o meglio, c'era sempre stata, ma non frequentava l'oratorio, e non frequentava nemmeno la chiesa. Tuttavia più o meno due mesi prima della data delle cresime, sua madre si era presentata al parroco dicendo che la figlia aveva deciso di cresimarsi.

Tutta una bufala, era stata la nonna a obbligare la madre a obbligare la figlia a cresimarsi. Una volta saputo che la nipote aveva smesso il catechismo subito dopo la comunione, l'anziana signora si era trasformata in un demone che saettava dagli occhi, minacciando di diseredare chiunque si fosse messo in mezzo tra la nipote e i sacramenti che ogni ragazzina perbene doveva avere. Così era partita la corsa alla cresima di Isabella, che aveva preso tutto questo come una invasione della sua privacy, salvo poi ripensarci quando la nonna, che l'aveva accompagnata personalmente a scegliere il vestito per l'occasione, le aveva ventilato un sostanzioso regalo.

Isabella era uno spirito libero, era curiosa, e sapeva un sacco di cose. Diverse cose in più della maggior parte delle ragazze che bazzicavano l'oratorio cercando di strappare un sorriso a Isaac. Quando se l'era visto davanti, immediatamente aveva chiesto alla sua compagna di banco «Ma chi è quello?!»

«Quello è Isaac. Hai visto?!»

«Ho visto molto bene!»

I compagni di classe di Isabella erano dei bimbetti un po' cresciuti fisicamente, che parlavano di Fortnite e di FIFA23 ingozzandosi a merenda di caramelle gommose. A lei faceva letteralmente ribrezzo il pensiero di quegli orsetti gommosi triturati nella bocca di quelle sottospecie di facoceri.

E così la ragazza aveva non solo percorso con gioia la strada verso la cresima, ma aveva preso a frequentare con assiduità l'oratorio. Isaac era nei suoi pensieri, e non perdeva occasione per farsi selfie con lui, e persino per fotografarlo di nascosto.

E persino andare a vedere i suoi allenamenti.

Isabella lo stannava spudoratamente, come solo le ragazzine di tredici anni sanno fare per quelli di cui si invaghiscono. Il problema era che lui pensava solo e esclusivamente a correre, saltare gli ostacoli e fare stretching, per poi dedicarsi a un po' di sacre scritture. Per lei era praticamente impossibile riuscire a rimanere sola con lui per un tempo ragionevole, senza che qualche ragazzino di sei anni non chiedesse di giocare a calcino o una qualche nonnetta rompicoglioni arrivasse con una ciambella da donare a Don Giulio.

E così, quando il parroco aveva messo fuori l'avviso per un bel campo scuola estivo della parrocchia dedicato ai giovani, appena era comparso il nome di Isaac nell'elenco dei partecipanti, subito era comparso sotto pure quello di Isabella.

La presenza di Isaac era stata caldeggiata dallo stesso Don Giulio, primo perché sapeva che il ragazzo era una figura molto "seguita" e secondo, perchè sapeva che era uno di quelli che avrebbero dato una mano a frenare gli spiriti adolescenziali, dato che si trattava di un campo scuola 12-17 anni.

Per Isabella quello era il momento di osare: aveva persino fatto il diavolo a quattro per tornare a casa con un giorno di anticipo dalla vacanza in Puglia con il padre pur di essere ai nastri di partenza del campo scuola. Si era fatta prestare tutti gli abitini più succinti dalle amiche, ne aveva persino comprato uno su Vinted, e li aveva cacciati in valigia senza farsi troppo vedere, ma poi non ce n'era stato nemmeno troppo bisogno: abbronzata e levigata dopo un giro dall'estetista di emergenza, appena arrivata al piazzale della chiesa, era saltata in braccio a Isaac urlando «Quanto mi sei mancato!»

Sentirsi strusciare in quella maniera così repentina e incontrollabile, per lui che aveva sempre tenuto tutti a cordialissima distanza, aveva sbriciolato istantaneamente qualsiasi sua convinzione biblica. La falla che quell'abbraccio aveva lasciato nella sua luminosa corazza di Santità muscolosa, era stata presa d'assalto da una quantità incontrollabile di demoni.

Quando Isabella aveva abbandonato l'abbraccio, su energico e imbarazzato sollecito del parroco, Isaac aveva un incontestabile durello, di cui si vergognò come mai era accaduto. Per tutto il viaggio sul pullmino, i demoni che erano entrati dalla falla l'avevano stuzzicato facendogli tornare in mente le sensazioni provate con la ragazza appesa a lui. Non era contato nulla nemmeno aprire il vangelo e mettersi a leggere la Passione di Cristo: continuava a sentirsi addosso i seni, le cosce, persino il respiro di lei.

A cena, si era sentito addosso lo sguardo di lei per tutto il tempo, uno sguardo che lo indagava. Non si era mai dato pena di pensare a come gli altri lo guardavano, ma improvvisamente si sentiva in obbligo di controllare periodicamente quella ragazza, verificare se continuasse a osservarlo, e puntualmente si ritrovava impigliato negli occhi di quella che, minuto dopo minuto, pareva sempre di più l'astuto serpente del paradiso terrestre, che porgeva non una mela ma, ehm, due.

E così, quando la sera, dopocena, nell'estremo tentativo di placare i demoni, si era incamminato per fare il periplo del fresco laghetto su cui faceva facciata la loro sistemazione, vedersi piombare alle spalle Isabella era stato una sorta di colpo di grazia.

«Dio mio, dio mio, perché mi hai abbandonato?» aveva profferito sospirando, per poi maledirsi per quella quote così blasfema.

«Che fai?» aveva chiesto Isabella, e prima ancora di sentire la risposta, aveva detto «Ti posso fare compagnia? Sì, vero?»

E niente, Isaac si era sentito in trappola, nemmeno l'arma della passeggiata ascetica aveva sortito effetto. Era tornata una erezione clamorosa, per cui il ragazzo aveva detto, sempre più confuso «Isa, torniamo alla casa, ok?»

«Dai, un giretto, piccolo piccolo!» le si era gettata al petto, guardandolo con gli occhi a fanale.

Tutti e due si erano accorti molto bene che c'era qualcosa di grande tra di loro.

Lei si era limitata a un «Oh» un po' languido e aveva provato a dare un tenero bacio a Isaac. Lui, pietrificato per quanto stava accadendo, aveva lasciato fare, dando l'impressione a lei di poter avere finalmente campo libero.

S'era affrettata a mettere le mani di lui sulle proprie chiappe e aveva approfondito il bacio, sospingendolo verso un abete. Non si poteva negare che avesse appreso parecchie cose guardando le serie 16+ su Netflix. Lui, in preda a una furiosa battaglia tra Bene e Male nel proprio petto, comunque si era detto che non era per nulla male tenere le mani sul sedere di Isabella, in fondo non stavano facendo nulla di male, stavano solo abbracciandosi, non era proprio proprio qualcosa di peccaminoso, no? Bastava tenere a bada i demoni, bastava che tutto si limitasse alla sua testa e...

Lei gli aveva infilato la mano nei pantaloncini, dicendo «Dai fallo anche te.»

Ancora in preda a una ricerca furiosa dei passi biblici che avallassero quel comportamento, lui aveva azzardato la manovra, non sapendo bene nemmeno dove cercare, era partito praticamente dall'ombelico, e continuava a domandarsi come mai dovesse scendere così in basso per trovare l'obiettivo.

Un borbottio del cielo aveva coperto le risatine di lei e annunciato l'avvicinarsi di un temporale, forse. Il cielo si era coperto. Ma loro si davano poca pena di quel cambio meteorologico. Isaac finalmente era giunto a destinazione, trovando la situazione già particolarmente umida. Nemmeno alle grotte di Frasassi alla gita della parrocchia di due anni prima.

Che bizzarria, non si era mai nemmeno toccato e stava toccando lei.

"Ehi, ma questi non sono abbracci, non bisogna toccarsi... cioè, non bisogna toccarsi troppo, altrimenti si finisce come Onan che... disperdeva!"

A quel punto, aveva provato a concentrarsi su di lei, ma non è che fosse poi così bravo con le dita, se la cavava meglio a girare le pagine della Bibbia CEI che si portava sempre appresso. Lei invece pareva piuttosto a suo agio e non aveva fatto troppo caso a quando lui aveva muggito «Non farmi disperdere!»

"Ma che cazzo dice?" aveva pensato, divertita e convinta che le sue abilità lo avessero fatto cortocircuitare.

E così, quando Isaac, per la prima volta consapevolmente, aveva eiaculato, il suo viso non aveva preso l'aspetto della soddisfazione, quanto del terrore, soprattutto dopo aver sentito l'ennesimo brontolio del temporale ormai alle porte.

«Non dovevo disperdere!» aveva detto, un po' esasperato.

«Disperdere? Ma non siamo dispersi! La casa è lì» aveva risposto Isabella, indicando la casa che distava non più di duecento metri, perfettamente visibile dalla riva del laghetto.

«Non capisci, è come per Onan!»

«Onan il Barbaro!» aveva replicato lei, balenandole nella testa uno dei titoli dei film che ogni tanto suo padre guardava, quando gli veniva la nostalgia degli anni '80.

«No! Onan che disperdendo diventò sgradito al Signore! E il Signore lo fece morire! Non dovevo dis-»

Un tremendo boato, una luce vivida e accecante. Il fulmine caduto nell'abetaia, così vicino alla riva del laghetto, aveva attirato l'attenzione anche dei ragazzini della casa, eccitati dal fatto che fosse caduto lì a pochi passi.

«Sta per arrivare un temporale, meglio che vada a chiamare chi è rimasto fuori» disse Don Giulio, chiudendo la finestra.

Isaac si era svegliato alle prime gocce di pioggia in faccia. Isabella era sotto di lui, ancora con un mezzo seno fuori dalla maglietta. Lì di fianco giaceva l'abete letteralmente spaccato in due dal fulmine.

Lo aveva guardato per bene, indeciso se considerarlo un segno della mira non precisissima dell'Altissimo, o una personificazione del Colpo di Fulmine.

Aveva caricato la ragazza sulle spalle, ancora dormiente, e l'aveva portata alla casa. Per tutto il percorso l'aveva sentita respirare pesantemente, ma regolarmente, con il corpo perfettamente adagiato al suo. Poi se ne era andato a dormire senza rispondere alle domande degli altri.

E aveva sognato Isabella.


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro