36. Andrew: vendetta

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Superai Liam e mi diressi in cucina.  Fui felice nel vedere i miei genitori intenti a preparare la colazione; era ancora una sorpresa, trovarli lì, pronti ad assumere il ruolo di genitori, e non a lavoro. 

Mi accolsero con un bacio sulla fronte, per nulla sorpresi di vedermi già in piedi. Dopotutto erano stati loro stessi a dirmi di fare la cosa giusta, di dire la verità. Non era esattamente ciò che avevo in mente... Ma di certo avrei fatto qualcosa. 

Liam arrivò poco dopo; mia madre gli sorrise e gli indicò con gentilezza la sedia accanto alla mia, per poi servire la colazione.

«Andrew, che cosa vuoi fare?» trovò finalmente il coraggio di chiedere Liam.

Lo guardai, senza scompormi. «Qualcosa, affinché Mirko sia punito come merita».

«Finirai nei guai! Smettila, non ne vale la pena» ribattè.

«Certo che ne vale!» esclamai. «Ti ha fatto del male, Liam! E questo non posso accettarlo».

«Ma io ora sto bene! Non è niente! Non voglio che mi vendichi, non voglio che tu faccia una cosa stupida!»

«Peccato, perchè è proprio ciò che farò» mi alzai e afferrai le chiavi della macchina. «Lo vuoi un passaggio a scuola o no?»

Liam mi scoccò un'occhiataccia glaciale, ma si arrese e mi seguì fuori. Non disse nulla durante l'intero viaggio, rimase ad osservare il paesaggio circostante a braccia incrociate. 

Odiavo vederlo così, ma lo stavo facendo per lui. Ciò che avevo organizzato era rischioso, probabilmente stupido, ma non avrei sopportato che Mirko sfiorasse di nuovo Liam. Dovevo assicurarmi che Mirko fosse cacciato.

Quando arrivammo a scuola, Liam si era ormai arreso. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a convincermi di lasciare perdere.

«Fa' attenzione» mi supplicò, posandomi poi sulle labbra un tenero bacio.

«Se qualcuno ti dà fastidio, chiamami» risposi io più serio che mai.

Liam mi fece un veloce cenno e chiuse la portiera. Sapevo che non l'avrebbe fatto, ma mi sentivo più tranquillo dopo averglielo raccomandato.

Scesi anch'io dalla macchina e raggiunsi la squadra. Mi stavano tutti aspettando, non conoscevano ancora il mio piano, ma erano pronti ad aiutarmi.

***

Che cosa incredibilmente stupida.

Non potei fare a meno di pensarlo, osservando il corridoio davanti a me. Stavo per attuare il mio piano. Non ero neanche sicuro che potesse funzionare, non ero sicuro di nulla. Tutto quanto era un azzardo. 

Mason mi diede una pacca sulla spalla. «Noi siamo pronti».

Mi voltai verso i miei amici. «Se scoprono che siamo stati noi, verremo espulsi» ci ragionavo da tutta la notte, tuttavia non avevo paura. Per Liam avrei fatto qualsiasi cosa.

«Non ci scopriranno» sorrise Jason. «E se anche fosse, quello stronzo deve pagare. Non ho paura di rischiare, se c'è una possibilità di vendetta contro Mirko e il tuo gruppetto».

Non trovai le parole per ringraziarli, ma le loro espressioni mi dissero che avevano capito. Ci conoscevamo fin dalle scuole elementari, avevamo imparato a comunicare solo con gli sguardi. 

Distribuii le bombolette di colore a tutti, raccomandando di non sporcarsi, e ci mettemmo a lavoro. Imbrattammo l'intero corridoio, sia i muri, sia le porte, sia gli armadietti, con una serie di imprecazioni irripetibili, spesso scritte appositamente nel modo sbagliato.

Concludemmo in una ventina di minuti; a quel punto scassinai l'armadietto di Mirko, nel corridoio poco distante, e ci misi dentro le bombolette. Ci allontanammo in fretta, per paura di essere visti dalla sorveglianza, e ci dividemmo; il resto della squadra andò in biblioteca, per non destare ulteriori sospetti. Ma per me... il lavoro non era finito.

Mirko e gli altri erano in palestra. Ridacchiai immaginando il coach, che ancora li odiava, farli sgobbare più del necessario. Proprio per questo avevamo scelto quell'ora per agire. Mi intrufolai negli spogliatoi, presi un paio di tubetti di pittura dal mio zaino, e con essi sporcai qua e là gli abiti di Mirko, in modo che non fosse troppo evidente, ma che potessero nascere dei sospetti.

Speravo bastasse a farli espellere. Non li volevo attorno. Volevo che Liam potesse vivere in pace, almeno a scuola. E per strada, o nei ristoranti, ci sarei stato io a proteggerlo. Ci sarei sempre stato io a proteggerlo. Non avrei lasciato mai più che qualcuno gli facesse del male.

Gliene avevo già fatto a sufficienza io. L'avevo respinto, cacciato, ferito. Gli avevo mentito, avevo eretto muri su muri attorno a me nel tentativo di evadere dalla sua dolcezza, da quel suo sorriso, dalla sua timidezza, che mi avevano conquistato dal primo momento. Non l'avevo ammesso neanche a me stesso all'inizio. Era stato più facile negare, continuare a usare le ragazze, a fingermi forte. Lo era stato, fino a che Liam aveva fatto breccia nelle mie difese. Era riuscito a conquistarmi, poco per volta. Nessun altro prima c'era riuscito. 

Forse, nessun altro prima ci aveva provato. Ero stato usato allo stesso modo in cui io usavo gli altri. Per i soldi dei miei genitori, per la mia fama, per il mio aspetto fisico. Erano pochi, a parte Mason e Jason, i veri amici che avevo. 

Non ci avevo mai pensato, per anni. Era stato facile mentire a tutti, anche a me stesso. Fingere che la mia vita fosse perfetta, priva di qualunque difetto, sofferenza, imperfezione. Fingere che io fossi privo di qualunque difetto, sofferenza, imperfezione. Niente era faticoso come indossare per anni una maschera. In parte l'avevo scelta io, ma mi era stata anche imposta dagli altri, sulla base di chissà quali aspettative. 

Liam aveva eliminato la mia maschera. Aveva risanato la mia anima, mi aveva mostrato che andava bene anche essere diversi da come ci vedono gli altri. Lui mi faceva stare bene...

Angolino autrice

Già, proprio così. Andrew ha fatto un'altra cavolata. Dai, almeno stavolta è a fin di bene.

Questo fiume di pensieri a fine capitolo non era programmato, mi sono lasciata andare alle emozioni ahaha. Però mi piace com'è venuto.

Comunque! Cosa credete che accadrà? Andrew verrà scoperto? O riuscirà nel suo intento - far cacciare finalmente Mirko?

Aggiorno lunedì! ♥

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