38. Andrew: non è come sembra

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Stranamente, i mesi successivi furono tranquilli. Privi di qualsiasi preoccupazione.

Liam mi aiutò sempre di più con la scuola, ottenni ottimi risultati grazie a lui, smisi di approfittarmi della mia condizione da capitano e mi impegnai.

Liam si aprì con la squadra, specialmente con Jason e Mason. Non parlò loro di Billy, ma disse la verità sulla propria famiglia e sul perché viveva a casa mia.

Per mia madre era un periodo di grandi gioie, soprattutto dato che passavano più tempo a casa anziché stressarsi continuamente a lavoro, e perciò erano mesi che non ricadeva in una crisi.

Stavo bene, sempre meglio, man mano che si avvicinava la fine dell'anno. L'estate si avvicinava, per la prima volta non felicemente. Avevo paura, molta paura, non ero certo di essere pronto ad affrontare l'ultimo anno, e poi il college. Per di più il mio compleanno, a luglio, e quello di Liam, ad agosto, si facevano più vicini ogni giorno che passava. Diciassette anni sembravano tanti, troppi da poter gestire.

Insomma, quell'anno stava per concludersi, a metà tra felicità e paura. Di certo avere Liam aiutava molto. Parlavamo tanto, ci confidavamo qualsiasi cosa, abbracciandoci. Con lui sentivo di poter parlare di qualsiasi cosa, non mi trattenevo, mai. Buttavo fuori tutto ciò che mi passava per la testa.

Anche Liam parlava molto, di Billy, o di quanto gli sembrasse ancora strano avere degli amici. Più volte avevo cercato di introdurre un pensiero che più volte mi aveva sfiorato, ma non avevo mai osato farlo. Sentivo che Liam avesse bisogno di parlare con uno psicologo, per affrontare al meglio tutto ciò che gli era capitato. Io ero felice di aiutarlo e l'avrei ascoltato anche per ore sfogarsi, coccolandolo per farlo stare meglio, ma non ero nessuno per dargli consigli.

Avevo tuttavia paura che, confidandogli questo mio pensiero, Liam si arrabbiasse, o si offendesse. 
Avevo anche fatto delle ricerche, convincendomi quasi che soffrisse di schizofrenia. In fondo, i sintomi erano quelli: aveva detto lui stesso che spesso, nei momenti di crisi, Billy prendeva il controllo, e aveva allucinazioni, o perdeva il contatto con la realtà. La schizofrenia creava spesso problemi a relazionarsi con gli altri, e rendeva difficile mostrare le proprie emozioni. Erano tutti sintomi facilmente riconoscibili nel Liam che avevo imparato a conoscere qualche mese prima.

Man mano che il tempo passava, Liam migliorava, ma io continuavo a dirmi che il mio aiuto non sarebbe mai stato abbastanza per lui. Aveva sofferto a lungo, subendo traumi terribili a causa della propria famiglia, chiudendosi in sé stesso, senza nessuno. Io avevo sfondato le sue difese e l'avevo aiutato ad uscire dal proprio guscio, ma... No, non bastava.

Prima o poi gliene parlerò, mi promettevo ogni volta che ricominciavo a pensarci.

Però, fino ad allora, non avevo mai avuto il coraggio.

***

Finalmente arrivò fine maggio, e con esso il ballo. Aspettavo quell'evento da tutto l'anno, anche perché con l'aiuto di un paio di ragazzi della squadra bravi con l'informatica, Rick e Tom, avevo fatto in modo di alterare i voti per il re e la reginetta del ballo, cosicché io e Liam venissimo eletti.

Era un cliché, una cosa sciocca, e Liam non me l'avrebbe perdonata per un po', ma ne avevo bisogno.

Per anni, ero stato eletto come re assieme a una delle tante ragazze senza personalità, uguale a troppe altre, che cercava solamente di accalappiarmi. Sentivo la necessità di vincere quel titolo, di aprire le danze, con colui che amavo. Volevo mostrare a tutti di essere cambiato, che il vecchio Andrew, nonostante vivesse in me, non sarebbe più tornato.

La sera del ballo, Liam si muoveva nervoso per la nostra stanza. Indossava un mio smoking di qualche anno prima, l'unico che non gli era grande a causa della sua magrezza. Gli stava davvero bene, a mio parere, ma lui continuava ad osservarsi allo specchio, sistemandosi i capelli, la cravatta o la giacca, per poi riprendere a girare da una parte all'altra e ricominciare da capo.

Decisi di intervenire, lo presi per mano, lo attirai a me. «Cosa ti preoccupa, amore?»

«Non sono mai stato al ballo» sospirò.

«Ti divertirai» lo rassicurai. «Ci sarò io, e ci sarà la squadra. E se qualcuno dovesse osare dire anche solo una parola contro di te, non esiterò a dedicargli lo stesso trattamento di Mirko».

Si sciolse in un sorriso. «Ti amo ancora di più quando fai il protettivo».

Finalmente si decise e mi seguì al piano inferiore. Dopo qualche foto, uscimmo e ci avviammo con la mia macchina verso la location prenotata per il ballo.

***

Era tutto splendido, curato nei minimi dettagli, pieno di cibo e persone allegre. Trascinai subito Liam a fare altre foto, alcune serie e romantiche, altre divertenti, con gadget sciocchi.

Liam sembrava aver dimenticato ogni preoccupazione, sorrideva, assecondava le mie proposte e, guardandosi attorno, non sembrava agitato. Forse un po' a disagio, se capitava che mi allontanassi da lui per più di qualche secondo, ma stava decisamente migliorando.

«Vuoi qualcosa da bere?» gli chiesi, mentre ballavamo - molto male - sulle note allegre emesse dalle casse.

Liam sorrise e annuì, rintanandosi in un angolo mentre io mi avviavo. Presi una limonata per lui e una birra - custodita segretamente da alcuni dell'ultimo anno - per me. Mi avviai verso Liam, ma qualcuno mi sbarrò la strada. Willow, una delle tante ragazze che avevo usato negli anni precedenti. Lasciai cadere le bibite.

«Oh, ehm... ciao, Willow» la salutai imbarazzato.

Alzò un sopracciglio, scrutandomi da capo a piedi. «Quindi sei frocio».

Mi morsi la lingua, ricacciando indietro gli insulti. Era ferita per ciò che le avevo fatto, e ne aveva tutte le ragioni.

«Già...» borbottai.

«Per questo hai usato le ragazze per anni? Perché non avevi le palle per dire la verità?»

«Credo che non ci sia modo migliore per dirlo», ammisi.

Willow incrociò le braccia al petto. «Tu non meritavi l'affetto che ti ho dato».

«Lo so» mormorai, sentendomi sinceramente in colpa.

«Non meritavi di conoscere i miei segreti».

«Lo so» ripetei.

Willow fece un passo in avanti, con gli occhi lucidi. «Non meritavi di prenderti la mia verginità!»

Non ebbi il coraggio di pronunciare una sola parola. Rimasi immobile ad osservarla, senza sapere cosa fare o dire.

«Mi fai schifo, Andrew Parker, non sei altro che un codardo, un ragazzino viziato che si approfitta di tutto e di tutti!» sputò fuori con cattiveria.

Quelle parole mi colpirono, perché sapevo quanto fossero vere. D'altra parte, c'era anche un motivo per cui mi comportavo così.

«Tu non sai un cazzo!» sbottai. «Non hai idea di cosa sia la mia vita! Di ciò che mi tormenta, di ciò che mi ha fatto soffrire per anni! Sono stato uno stronzo insensibile, ma solo perché era l'unica arma di difesa che avevo per non soccombere!»

Avrei voluto dire molto altro, ma le parole mi morirono in gola, mentre le prime lacrime mi pizzicavano gli occhi.

Willow rimase in silenzio per qualche secondo, prima di avvicinarsi a me. Sembrò volermi tirare uno schiaffo, ma poi avvicinò il proprio viso al mio... E mi baciò. Incastrò le nostre labbra insieme, tenendomi saldo per la nuca, imprigionandomi a sé.

Riuscii a tirarmi indietro dopo pochi secondi, ma una brutta sensazione si impossessò di me. Spostai lo sguardo su Liam, distante di pochi metri, che ci osservava.

Era ferito. Credeva... Oh no.

«Liam, no!» cercai di avvicinarmi a lui. «Non è come sembra!» lo implorai afferrandogli la mano.

Mi scacciò, gli occhi già rossi di pianto, la delusione impressa sul volto. Mi era sembrato di sentire il suo cuore spezzarsi.

Fu in quell'attimo, quando vidi il suo volto divenire una maschera di dolore, quando lo vidi respingermi con tanta aggressività, che qualcosa si spezzò in me.

Avevo rovinato tutto. La cosa migliore che mi fosse mai capitata... Rovinata. In un battito di ciglia, in un respiro, in una parola o un gesto di troppo.

Tutto spazzato via, come non fosse più nulla. Tutto eliminato, in un secondo, senza lasciare traccia. 

Vidi un'unica lacrima brillare sulla sua guancia. Una. Una sola. Nulla di più.

Poi si voltò, e fu quello che mise fine una volta per tutte a ciò che eravamo stati. Si voltò, e se ne andò. A passo spedito, senza esitare, senza fermarsi, senza guardarsi indietro.

Il mio cuore si spezzò, proprio come il suo. Sapevo che era tutta colpa mia.
Iniziai a piangere, la mia vista si fece appannata; in quel momento, lo vidi scomparire, andare via.

E compresi. Compresi che forse sarebbe stata l'ultima volta che l'avrei visto. Che era stata con buona probabilità l'ultima volta che mi avrebbe mai parlato.

Compresi.

Compresi che la mia vita non sarebbe più stata la stessa.

Angolino autrice

Sembrava quasi un capitolo allegro, vero? Che ne dite, come state? Spero non troppo distrutti.

A parte gli scherzi, cosa credete che accadrà ora? Liam ascolterà Andrew? Andrew dirà la verità? Si sentirà per sempre in colpa?

Ma, soprattutto, domanda fondamentale: credete che Andrew abbia qualche colpa, o no? E Willow?

A lunedì per scoprire come Liam ha vissuto la scena!

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