Capitolo 10

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Sulle note della marcia nuziale sto percorrendo il tappeto rosso aggrappandomi al braccio di Federico. Un nodo mi chiude la bocca dello stomaco e le gambe sembrano fatte di gelatina. Stringo con più forza il braccio di mio cugino, ho una dannata paura di cadere.
Finalmente lo vedo, ci scrutiamo a vicenda e sorridiamo. Noto che anche lui ha gli occhi lucidi, sorrido al pensiero di come mi ha chiesto di sposarlo.

Sono stesa su un telo e Marco è al mio fianco. Le nostre dita sono intrecciate e i nostri volti rivolti verso il cielo stellato.
«Sposami» dice rompendo il silenzio, come se sapesse già la risposta.

Scuoto la testa, non poteva chiedermelo in un modo migliore.
Gli tiro una gomitata. «Voglio una proposta migliore.»

Il giorno dopo era tornato con un anello e si era inginocchiato ponendomi la fatidica domanda. Di quel momento ricordo solo il mio pianto a dirotto e che gli sarò sempre grata per avermi donato un istante di completa felicità.
Immersa in quel flusso di pensieri arrivo vicino all'altare. Marco mi prende una mano e, mentre mi alza il velo, mi sussurra: «Sei Stupenda.»
Don Gerardo, il sacerdote, un uomo dai capelli bianchi, un po' tarchiato e con il ventre leggermente pronunciato, si avvicina a noi dopo aver fatto l'omelia. Ci osserva e sorride, poi con voce profonda dice: «se dunque è vostra intenzione unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa il vostro consenso.»
Marco stringe la mia mano. «Io Marco, accolgo te, Andrea, come mia sposa. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.»
Le lacrime premono per uscire, deglutisco e con voce rotta dico: «io, Andrea, accolgo te, Marco, come mio sposo. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.»
Tenendo tra le braccia la piccola Grace, Anna si avvicina all'altare e consegna le fedi al sacerdote che le benedice e poi le consegna a noi.
Marco sorride, prende la mia mano sinistra. «Andrea, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo», poi mi infila l'anello al dito. È una fede d'oro semplice in cui è inciso "Comunque vada con me" e la data di oggi.
«Marco, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.»
La cerimonia continua e dopo mezz'ora il parroco ci congeda con la benedizione finale. Mano nella mano usciamo dalla chiesa dove ci aspetta una pioggia di riso e petali di rosa.
Marco mi stringe a sé e mi bacia. Tutti applaudono.
Sulla Lamborghini ci dirigiamo alla location che abbiamo scelto per il ricevimento: una villa coloniale degli anni 800 completamente immersa nel verde.
Il luogo è decorato tema viaggio e con colori blu e oro a rappresentare il mare e la sabbia, ma anche il giorno e la notte.
Sui tavoli sono appoggiate delle decorazioni in cui il vaso con i fiori è collegato a una sfera di cartapesta a rappresentazione di una mongolfiera.
Al nostro arrivo la sala si riempie di applausi.
Marco mi trascina in pista per il primo ballo sulle note di Home di Michael Bublé.
Dopo ore passate tra balli, discorsi commoventi, risate e scherzi, ci congediamo e partiamo per la nostra luna di miele.

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