Capitolo 11

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Finalmente, dopo quattro giorni passati in ospedale, posso tornare a casa con il piccolo Marco, ma prima decido di presentarlo ad Anastasia.
Appoggio l'ovetto con sopra Marco su una sedia.
Mi giro verso Anastasia. «Ciao piccola mia» dico baciandole la fronte.
Oggi profuma di talco e fiori d'arancio. Le passo le dita tra i capelli districandoli dai nodi. «Ti voglio presentare una persona.»
Prendo in braccio Marco e poi lo sistemo vicino a lei. «Lui, è Marco, tuo fratello.»
Avvicino una mano di Anastasia a quella di Marco e il piccolo subito stringe un suo dito.
Le lacrime appannano la vista, appoggio la testa sulla parte di letto vuota. «Piccola mia, mi manchi tanto, infinitivamente. Perché non ti svegli?»
«Mamma...» una voce roca.
«Svegliati, ti prego, Anastasia.»
«Mamma...» sento una mano che si appoggia sul mio braccio.
Alzo gli occhi e vedo il viso di Anastasia: la bocca è leggermente tirata in un sorriso, gli occhi verdi sono leggermente acquosi, ma conservano quella luce che ricordavo.
Mi porto una mano sulle labbra reprimendo un singhiozzo. «Sto forse sognando?»
«Mami, perché piangi?»
«Oh tesoro.» Le do un bacio sulla fronte senza lasciare la sua mano. «Arrivo subito, vado a chiamare la dottoressa.»
Lei annuisce. Prendo in braccio Marco e vado a cercare la dottoressa. Vorrei urlare, saltare, ma il buon senso me lo impedisce.
«Dottoressa, dottoressa Migli» la chiamo appena la scorgo nel corridoio.
La donna bassina, con il volto teso in un'espressione contrariata e gli occhi color nocciola stretti come a voler fulminare con lo sguardo, si ferma osservandomi mentre incrocia le braccia sotto il seno.
A grandi falcate la raggiungo. «Mi scusi... Anastasia si è svegliata!»
Allarga la bocca quasi quanto gli occhi e senza dire nulla si avvia verso la camera di mia figlia. Io la seguo silenziosamente mentre cullo Marco che ha deciso di mettersi a piangere.
Arriviamo nella stanza e Anastasia ci esamina curiosa.
«Tesoro, lei è la dottoressa Migli. Ti visiterà.»
La piccola sbuffa, incrocia le braccia e sul suo viso si dipinge un'espressione crucciata in cui le labbra sono curvate all'ingiù. «Fallo tu.»
«Lo sai, devo farlo la dottoressa.»
Si arrende e lascia che Migli la visiti.
Prende lo stetoscopio dalla tasca del camice e chiede ad Anastasia di fare dei grossi respiri mentre lo passa sulla schiena, poi le guarda la gola tenendo ferma la lingua con una palettina di legno.
Mia figlia mi cerca con lo sguardo e incrocia i suoi occhi con i miei in una muta richiesta di aiuto. Le sorrido sperando di rassicurarla.
«Anastasia, ora devi seguire il mio dito con gli occhi» dice la dottoressa attirando la sua attenzione.
Lei annuisce e fa come le è stato detto, poi Migli le chiede di fare la stessa cosa con una lucina a forma di penna.
«Allora?» chiedo in preda all'ansia.
«Nessun trauma cranico», e con un martelletto controlla la risposta agli impulsi da parte delle gambe.
Sospiro di sollievo quando al tocco della dottoressa sussultano.
«La terremo monitorata per qualche altro giorno. Naturalmente per un po' farà fatica a camminare, ma imparerà di nuovo presto.»
«Papà dov'è?»
La dottoressa mi guarda con compassione e se ne và.
Sistemo Marco nell'ovetto, mi avvino ad Anastasia e mi siedo al suo fianco.
«Tesoro, papà, è volato in cielo e da lassù ti guarda.»
Aggrotta le sopracciglia e storce un po' il naso, poi annuisce fidandosi delle mie parole. È troppo piccola per capire che non lo vedrà più.
Marco piange avvertendomi che ha fame, così lo prendo in braccio, mi scopro un seno e lo allatto.
Ora che Anastasia si è svegliata non mi muoverò dalla stanza, così chiamo Anna e le chiedo di portarmi qualche vestito per me e per la piccola.
Risentire la voce di mia figlia, vederla ridere, fare i capricci mi rende felice.

Sto facendo muovere le gambe di Anastasia come se stesse andando in bicicletta, quando Anna entra nella stanza insieme a Grace che, con l'aiuto di sua madre, sale sul letto. Mia figlia e Grace si abbracciano e ridono. Inevitabilmente, osservando quella scena, una lacrima riga la mia guancia. Mi volto verso la mia migliore amica e noto che anche lei si è commossa.
Le due bambine iniziano a parlare sottovoce scambiandosi segreti, poi iniziano a cantare una canzoncina battendo le mani una su quella dell'altra.
Anna lascia cedere il sacchetto, mi abbraccia e io crollo in un pianto di felicità liberandomi da tutto il dolore che mi ha attraversato in quei mesi.
Le due pesti ci scrutano curiose.
«Mamma, perché piangi?» chiede Grace.
«Io e la zia siamo contente che Anastasia si sia svegliata.»
«Io lo sapevo. Tutte le pincipesse si svegliano.»
Sorridiamo mentre ci asciughiamo le guance. «Hai ragione, Grace» e le schiocco un bacio per poi abbracciarla.

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