2 ~ L'incontro

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Rimango esterrefatta a guardare fuori dalla finestra, incredula e con la bocca aperta. Dove sta andando mia mamma? Non mi ha spiegato nulla... perché?

"Sofi... che ci fai già sveglia? Dov'è la mamma?".

Mio fratello Francesco sbuca dal nulla. Si strofina gli occhi e sbadiglia. Il suo pigiama bianco a righe celesti svolazza leggero accompagnato da un soffio di vento che è entrato in casa attraverso la finestra aperta. I suoi capelli marroni e ricciolini giocano a rincorrersi sulla sua testa, attorcigliandosi tra loro. I suoi occhietti di un grazioso color nocciola sono ancora un po' assonnati. È normale. È ancora piccolino. Ha appena dieci anni, anche se ne dimostra dodici, essendo più alto dei suoi coetanei.

È l'opposto rispetto a me: è scatenato e fifone, ha paura di tutto. Quando in casa entra un ragno, o una cimice, o magari un pipistrello, lui lancia un grido e corre in camera tremante. Sono sempre io che devo scacciare l'animaletto. Ma gli voglio tanto bene, non so cosa farei senza di lui. Lui mi completa e, come avviene nelle calamite, gli opposti si attraggono.

"Sofi, rispondimi! Dove è andata la mamma?" chiede di nuovo con la sua vocina acuta. Ma le sue parole si perdono nell'aria.

"Sofi... Sofia..." continua a ripetere.

"Basta, Franci! Neanche io so dove sia andata! Torna a dormire!" rispondo alla fine, scocciata.

"Ma ora non ho più sonno, ho fame! Mi prepari pane e salame? Io amo il salame!" esclama lui saltellando.

Rimango ferma un secondo, poi mi dirigo in cucina, afferro una fetta di pane e del salame.

"Ogni volta devo preparargli io la colazione. Ma non potrebbe imparare a farlo da solo?" penso mentre affetto il salume dall'odore sfizioso. Poi ridacchio. "No, non cambierà mai. Ma è speciale proprio per questo" continuo il discorso nella mia testa.

Non capita di rado che io mi metta a parlare da sola. Lo so che non andrebbe fatto, e spesso mia mamma mi rimprovera, ma a me non importa. Mi piace parlare un po' a me stessa. Mi aiuta a rilassarmi e spesso nella mia mente si formano dei veri e propri discorsi. Ed è bellissimo perchè mi sento al centro dell'attenzione, come un'attrice che si esibisce su un palco sotto gli occhi curiosi di centinaia di spettatori. Talvolta sento anche il mio fratellino parlare da solo, spesso anche andare in giro per casa durante la notte. Quando lo colgo sul fatto, scoppio a ridere dicendo: "Aha! Ti ho beccato!". Lui mi guarda imbarazzato e le sue guance si colorano di rosso. "Non stavo facendo niente!" replica cercando inutilmente di difendersi "e comunque anche tu parli da sola! Ti sento, eccome che ti sento...". Iniziamo quindi a giocare. Seppur abbia cinque anni in meno di me, insieme ci divertiamo molto.

Quando torno in sala, lo vedo saltellare impaziente sul divano.

"Ecco a te, monello".

Lui si dirige verso di me, afferra il panino e corre in giardino. Io lo seguo a ruota. Ci fermiamo di fronte al cancello che separa la nostra casa dall'esterno e ci sediamo nell'erba. L'aria mi passa tra i capelli e chiudo gli occhi, sentendomi come un passero che si libra in aria, in alto nel cielo, divertendosi a volare attraverso le nuvole, che gioca a "Ce l'hai" con il vento, che canta dolci parole ai fiori profumati di mille colori, che saluta il sole la mattina, che discorre con gli alberi che in cambio gli offrono riparo dal mondo pieno di rischi. Le nubi si rincorrono sulla mia testa e fanno assomigliare il cielo a un mare mosso.

"Guarda, Franci, quella nuvola sembra un gatto. Bianco ed elegante, agile e scattante, che caccia gli uccellini che gli volano ignari accanto" dico puntando col dito una nuvoletta.

"Ah sì? A me sembra di più un leone. Non vedi la sua criniera lucente?" replica lui. È così bello stare in giardino, senza pensieri per la testa, con l'erba che profuma di fresco, solo noi e l'infinito blu. All'improvviso torno a pensare a mia mamma e mi assale la preoccupazione: chissà perchè era andata via così non appena aveva sentito parlare del mio sogno.

Ad un tratto avverto un fievole miagolio. Volto la testa e vedo una gattina di forse sei mesi che sta seduta al di là della staccionata. Ha il pelo marroncino striato di nero, una bella coda cespugliosa e due teneri occhietti verdi. È spaventata e miagola rumorosamente.

"Deve essersi persa. Povera piccola" penso. Mi alzo in piedi e mi dirigo verso quella cucciola.

"Sofi, aspettami!" grida mio fratello correndo con le mani allungate. Inciampa su una zolla di terra e cade goffamente, gridando: "Accidenti, che male!" e scoppiando a piangere. La gattina rizza il pelo sulla schiena e soffia impaurita.

"Zitto, così la spaventi!" grido a Francesco che smette istantaneamente di singhiozzare e si avvicina piano piano alla cuccioletta. Lei appiattisce il pelo e miagola. Noto che dietro le sue piccole orecchie sono state poste delle piume color castagna, probabilmente appartenenti a un passero. Al collo non porta un collarino, deve essere randagia. Lei miagola di nuovo, ma stavolta non è un miagolio di paura.

"Ciao, piccola. Che ci fai qui? Ti sei persa?" sussurro dolcemente, come se quella piccola palla di pelo potesse capire quello che dico. Lei sembra iniziare a fidarsi di me: ha capito che non le voglio fare del male. Si strofina contro le mie gambe, facendo le fusa.

Dopo pochi minuti da un cespuglio sbuca una gattina rossa più o meno della sua stessa età. Le zampe e la punta della coda sono più chiare, di un color arancione brillante.
Prende la cucciola tigrata per la coda e la trascina via.

La soriana, contrariata, lancia una zampata alla gattina fulva e le due si azzuffano giocosamente, radunandosi in una soffice palla di pelo. Mio fratello ed io ridiamo. Ad un certo punto le due cucciolette si staccano e corrono verso la foresta, veloci come fulmini, sparendo nell'oscurità.

Vi è piaciuto questo capitolo? Chi saranno le due gattine? Lo scoprirete presto! Al prossimo capitolo!

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