57 ~ Storie dimenticate

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FonteChiara's P.O.V

"Ci incontriamo di nuovo, Sofia."

Il clamore si attenua, riducendosi a un unico, insignificante sussurro. Tutto ciò che riesco a sentire è il rumore silenzioso che quei fin troppo conosciuti occhi taglienti sembrano emettere. Un sibilo, un ululato, un ruggito.

Studiano la mia paura, divorano le mie speranze, lacerano il mio futuro.

Cercano la mia anima, per strapparla via.

"Tu..." soffio, assottigliando le pupille. Non so come abbia fatto a trovarmi, perché abbia le sembianze di un gatto, ma non ha importanza.

Lui è qui. Per me.

"LeonediMontagna in persona, piccoletta. E dimmi un po', ti sono mancato?" sussurra, velenoso.

"Non sai quanto" replico, sarcastica.

"È questo il modo di trattare colui che ti ha cresciuto, Sofia? E io che volevo solo farti un saluto! Mi sento molto, molto offeso" brontola.

Comincia ad avvicinarsi pericolosamente, facendomi indietreggiare. Allunga una zampa e mi accarezza il mento con un artiglio.
Ringhio sommessamente in segno di avvertimento, ma lui non smette.

"Ma guarda un po' come ti sei fatta bella. Pura, delicata, tenue. Un fiore avvolto da candida neve, una nuvola soffice, una rosa bianca." Avvicina il muso al mio e mi lecca una guancia. La sua lingua è ruvida, il contatto mi provoca un brivido di stizza e disgusto. Non oso però divincolarmi: se ci provassi, lui mi ucciderebbe, senza darmi neanche il tempo di inalare l'ultima boccata di ossigeno.

"Guarda questo muso così aggraziato, queste appuntite orecchie tinte di carbone, questi occhi azzurri così grandi, così ipnotici, così fragili. Due boccioli di cielo, due pozze d'oceano. Vedo la paura scintillare in essi. Ah, meraviglioso terrore! Ingentilisce i tuoi tratti, lo sai?" dice, intimorendomi sempre di più. Provo a rinculare ancora un po', ma la sua zampa me lo impedisce.

"Peccato dover estirpare una tale bellezza, dover macchiare di rosso un pelo così latteo, così folto, che pare dipinto di argentee sfumature dalla luna stessa" sussurra maligno, cominciando a incidermi la pelle sul collo. Un rivolo di sangue fuoriesce dal taglio, screziandomi di rosso la pelliccia. Stringo i denti, serro un grido tra le labbra.

Continua a fissarmi, il contatto visivo non si rompe. Ma perché attende? Perché si sofferma così tanto sui miei occhi azzurri, sul mio manto bianco, sulle punte nere delle mie orecchie?

"So quanto ti stai sforzando per trattenere la tua paura. So quanto cerchi di apparire spavalda. Sai però cosa mi ricorda questa espressione?" Affonda di più l'artiglio, facendomi gemere.

Scuoto la testa, cercando di prendere tempo e di frenare la tortura. Già ArtiglioCremisi mi ha usato come tiragraffi, perché ora dovrebbe farlo anche lui?

Ma che domande mi pongo? A lui non importa di essere crudele. Per quindici lunghi anni ho sopportato i suoi insulti e i suoi maltrattamenti. È lui che ha inciso nel mio cuore una ferita indelebile, mai completamente rimarginata.

Tutto era cominciato con sguardi fugaci, parole a metà e lusinghe fasulle.
Poi era passato a lunghi scambi di occhiate, sorrisi abbozzati, ruvide carezze, baci sfuggenti sulle guance.

Io non capivo, ero solo una bambina, una povera creatura sfortunata senza un vero padre. Credevo che quei gesti dimostrassero quel briciolo di affetto che il mio patrigno cercava di nascondere in ogni modo. Che mi volesse davvero bene, nonostante le botte e le sfuriate?

E invece, non mi aveva mai voluto bene.

Quella sera lo avevo capito.

Quella sera in cui era riuscito ad afferrare il mio spirito e a farlo sanguinare.

Quella sera in cui le sue labbra screpolate non si erano adagiate sulla mia guancia, ma sulla mia piccola bocca.

Quel bacio sapeva di rabbia e di alcool.

Ma io continuavo a non capire.

Mamma e Franci erano fuori casa, non sapevano nulla. Non sono mai riuscita a raccontare ciò che era successo quella sera e, forse, neanche ora ne sarei capace.

Solo una cosa mi è chiara: se non mi fossi ribellata, se non fossi riuscita a divincolarmi da quella stretta e a fuggire, ora non sarei quella che sono. Non sarei più pura.

E tutto a causa sua.

Lui è la mia paura, il mostro che si nasconde in ogni anfratto, in ogni tenebra, in ogni incubo. Io sono il cerbiatto, lui il puma che vuole divorarmi.

Inavvertitamente, un tremito mi scivola sul corpo, subito seguito da molti altri. Un'espressione soddisfatta si dipinge sul muso del mio aguzzino.

La stessa di quella sera.

"Brava, piccola Sofia, fai bene a tremare. Fai bene ad avere paura. Due volte mi sei sfuggita, non permetterò che succeda di nuovo" ringhia, affondando tutte le unghie nel mio collo. Gnaulo per il dolore, ma ancora non riesco a oppormi.

"Quanto sei cambiata, Sofia. Sei più grande, più bella e più muscolosa. Eppure davanti a me vedo quella stessa bambina tremebonda che eri tempo fa" biascica, insistendo di più nella stretta.

Comincio ad ansimare in cerca d'aria e una macchia nera si allarga davanti ai miei occhi, coprendomi la visuale. Dietro di me percepisco le voci fioche di FiammadiSperanza, paralizzata dalla paura per me e per i piccoli che porta in grembo, e dei cuccioli.

"Che c'è, Sofia? Ti faccio male, bambina?" esclama, passando la lingua sulle labbra. "Beh, che ti aspettavi? Un trattamento di cortesia? Forse se avessi fatto come tuo fratello e ti fossi lasciata prendere ti avrei concesso una morte meno dolorosa."

Sentir parlare di Francesco mi fa recuperare quelle poche forze che credevo di aver perso. La rabbia comincia a ribollire nel mio cuore come un sole estivo. "Cosa hai fatto a mio fratello?" sibilo. "Cosa gli hai fatto, mostro!"

"Non darmi del mostro, piccoletta! Non gli ho fatto neanche male! No! Si è accasciato al suolo senza emettere un fiato" replica.

"No..." mormoro. Lacrime di sangue mi sgorgano dagli occhi, imbrattandomi le guance. "Tu l'hai ucciso, hai ucciso il mio Franci!"

LeonediMontagna solleva le spalle, noncurante. "E allora? Ora sto per uccidere te. Mi pare una giusta punizione per ciò che è successo a tuo fratello. In fondo, se anziché fuggire come una codarda fossi tornata indietro a prenderlo, ora, forse, sarebbe ancora vivo" mi sussurra in un orecchio, per poi affondare di più gli artigli.

Sento la voce bloccarmisi in gola insieme al fiato. È vero. È colpa mia. Sono stata io a condannare mio fratello, il mio coraggioso piccolo Franci.

Sono un'assassina.

E ora sto avendo ciò che mi merito.

Attendo l'oscurità, rassegnata, finché, all'improvviso, qualcosa cambia.

Un lampo irrompe nel mio campo visivo, scagliandosi sulla sagoma beige con immane violenza. La pressione sul collo svanisce e torno a respirare.

Sbatto più volte le palpebre per comprendere l'identità del mio salvatore, e rimango senza parole nel riconoscere un famigliare manto bianco e grigio circondato da un'aura nera.

"A-ArtigliodiCardo..." bisbiglio con voce oltremodo flebile. La ferita al collo sanguina copiosamente, e sento i sensi cominciare a venire meno.

"Allontanati da lei! Subito!" ruggisce il possente guerriero, squadrando con puro odio il felino color nocciola.

LeonediMontagna non sembra tuttavia affatto sconvolto in seguito all'apparizione improvvisa del gatto della Foresta Oscura. Anzi, sorride compiaciuto. La scintilla nei suoi occhi di puma si accende ancor più, crudele, folle. "Ma guarda un po' chi abbiamo qui... Che ci fai da queste parti, ArtigliodiCardo?" domanda, prendendo a passeggiare attorno all'avversario come un leone affamato.

Il gatto bianco e grigio sembra stupito di fronte a una tale domanda. Arruffa il pelo scompigliato e si mette in posizione di attacco, pronto a scattare.

LeonediMontagna si ferma e appoggia la zampa insanguinata sul petto. "Oh, forse non ti ricordi di me, Cardo? Forse non mi riconosci più? E pensare che io invece mi ricordo perfettamente di te..." ghigna.

"Ti ho detto di andartene! Non toccare FonteChiara!" ribatte ArtigliodiCardo, parandosi davanti al mio corpo tremante.

"Oh, FonteChiara? Dunque è così che ora ti chiami, Sofia? Gran bel nome, davvero. Ma non trovi che sia un po' pericoloso portare inciso nel proprio appellativo il ruolo che si ha nella profezia?" chiede il gatto marrone, guardandomi.

ArtigliodiCardo gli dà una zampata di avvertimento. Pur avendo gli artigli rinfoderati, lascia sulla spalla del nemico una scia di sangue. "L'ha scelto il Clan della Stella, non lei! Quindi è giusto così! E ora vattene!"

"Oh, Cardo, davvero tu pensi che la giustizia del Clan della Stella valga su ogni cosa? Tu, un gatto della Foresta Oscura? Un rinnegato dalle stelle? Molto divertente..." sghignazza LeonediMontagna.

Il guerriero dagli occhi ambrati abbassa il muso a sentire quelle parole. L'avversario sembra accorgersene, infatti dice: "Che c'è, Cardo? Ho forse toccato un punto dolente?".

"Chi sei tu, che ti rivolgi a me con il nome che portavo da cucciolo?" sibila ArtigliodiCardo, sguainando gli artigli affilati.

LeonediMontagna gli sorride. "Sono uno che sa molte cose su di te, forse più di quante tu ne sappia. Non è vero, fratellino?"

Il corpo possente di ArtigliodiCardo sembra farsi improvvisamente debole. Il pelo si abbassa e la coda si ammoscia. "T-tu? M-mio fratello?" domanda. Un fascio d'ombra, forse un brivido, attraversa il suo corpo trasparente.

Il nemico annuisce lentamente, assottigliando gli occhi. "Proprio così. C'erano Rosa, Miele, Cardo e poi, in un angolino, dimenticato da tutti, anche il piccolo Puma. Neppure tu, mio fratello, ti ricordavi della mia esistenza? Sono scomparso che eri troppo piccolo? Oh, quanto facilmente dimenticano le menti semplici!" Si appropinqua all'avversario, che non reagisce. Lo fissa allibito, con gli occhi ambrati sgranati.

"Oh, ti ho sconvolto a tal punto, fratellino? Mi dispiace molto - o forse no. Beh, comunque, forse, ho una notizia che ti sconvolgerà anche di più" esclama.

Si rivolge a me e il mio sguardo vacilla. Sono ancora la sua vittima, la protagonista di storie fino a questo momento dimenticate. Ma cosa cerca in me? Quale segreto sta per rivelare?

"Mi pare proprio che tu abbia una certa predilezione per questa gattina dal soffice manto bianco e dalle orecchie nere. Per non parlare dei suoi occhi azzurri! Oh, favolosi!" spiega, senza smettere di studiarmi. "Oh, ma aspetta un momento. Manto bianco, orecchie nere, occhi azzurri... Mi sembra di averle già notate in qualcuno queste caratteristiche. Forse in... MantodiNeve?"

ArtigliodiCardo scatta a sentire quella parola. Riesco quasi a scorgere una lacrima inumidirgli l'occhio spento. "M-MantodiNeve... La mia preziosa MantodiNeve..."

LeonediMontagna allarga il ghigno: "Oh, ma guardate il piccioncino innamorato separato dalla sua compagna... L'amore ti rende davvero così cieco? Hai sempre visto le somiglianze tra le due gatte e ancora non l'hai capito?"

Le mie iridi si allargano, ma non so se per l'ansia di sentire una risposta o se per l'imminente svenimento. Anche ArtigliodiCardo appare sconvolto: la coda freme e le zampe vibrano, l'aura oscura che lo avvolge si fa più rada.

Una fitta alla testa mi fa sfarfallare la vista, ma, prima di venire risucchiata in un abisso di gelide tenebre, sento una frase che, lo so già, cambierà la mia vita per sempre.

"Lei è tua figlia!"

~•~•~

Ecco un nuovo capitolo pieno di rivelazioni! Che ne pensate? Come finirà la storia? Lo scopriremo nei prossimi tre capitoli, gli ultimi di questa prima avventura!

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