3. Istituto Santa Monica

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Maristella

Stanotte non ho chiuso occhio e sono in piedi dall'alba.

Il motivo? Semplice.
Sono in ansia. Preoccupata.
Non sono pronta per un cambiamento del genere. Oggi farò osservazione al Santa Monica e non sarà facile. Cercherò di essere invisibile e riempire in maniera costruttiva quei moduli che dovrò poi inviare all'ufficio scolastico.

Trasparenza, oggettività ed equità. Ecco i criteri per ottenere un'osservazione funzionale, vorrei che il dirigente capisca che il tutto viene fatto non per giudicare, ma per migliorare e costruire.

Sicuramente Lorenzo Alessandri non mi renderà la vita facile, i nostri punti di vista sono totalmente diversi... Sarà difficile trovare un punto di incontro, ma voglio essere fiduciosa, non può essere così impossibile.

Lotterò per questo. E lo farò per i ragazzi.

✿⁠ ✿

Osservo l'imponente cancello che mi separa dal Santa Monica, il suo design è semplicemente bellissimo. L'oro rosa che lo caratterizza è accompagnato da ghirigori presenti alle estremità delle sbarre, che all'apice formano una decorazione singolare e raffinata, sembra un cuore.

Mi volto e noto un grosso videocitofono alla mia destra, sono in anticipo di almeno venti minuti. Prendo un grosso respiro e alzo la mano per suonare. Gli spazi scolastici sembrano talmente ampi e dispersivi, che solo Dio sa quanto tempo ci impiegherò ad arrivare presso l'ufficio della presidenza.

Sobbalzo improvvisamente a causa del suono acuto di un clacson, mi volto e noto un'auto dietro di me. Il dettaglio del tridente della Maserati è la prima cosa che risalta, impossibile non notarlo. L'elegante carrozzeria possiede un colore nero opaco. Quella macchina costerà quattro anni del mio stipendio.

Ho la netta impressione che in questo istituto crescano soldi persino dalle piante.

Mi sposto per non ingombrare il traffico e nel mentre sto attenta a non toccare la macchina. Se dovessi graffiarla, addio stipendio di giugno.

L'auto avanza e poi si blocca poco prima di attraversare il cancello... Il finestrino si abbassa e al posto di guida è presente Lorenzo Alessandri.

Proprio lui, ora e subito... No!

«Professoressa Buongiorno... Buongiorno!» afferma con un velo di ironia.

Perché quando pronuncia il mio cognome penso che mi stia prendendo per i fondelli?

«Dirigente Alessandri, salve!»

Non è un buongiorno Lorenzo Alessandri.

«Venga, salga in macchina, le mostro l'istituto!»

O vorrebbe portarmi in qualche posto nascosto e farmi fuori?

Resto a osservarlo per un po', perché da un lato non vorrei farlo, dall'altro non sarebbe male, dato che non so dove andare, ho il sentore che mi perderò in questo posto immenso...

Vista la mia titubanza, l'uomo scende dall'auto fa il giro dell'automobile e apre lo sportello del passeggero.

«Entri professoressa, non mordo. O almeno non subito!» afferma sempre più spavaldo.

«Mi rincuora dirigente, grazie» ribatto con lo stesso sarcasmo.

«Non voglio farla fuori, se è quello che sta pensando... Mi serve tutta intera e anche io a lei, perciò non c'è pericolo, si accomodi.»

Non ci metterei la mano sul fuoco.

Sospiro arresa e mi siedo sul sedile del passeggero.
La macchina è ordinatissima e pulitissima, se vedesse la mia con tutto quella polvere e disordine, minimo gli verrebbe l'orticaria.

Ridacchio di nascosto mentre lo immagino grattandosi dappertutto.

Si mette alla guida e attraversiamo il viale alberato, osservo il panorama dal finestrino: sono presenti diversi edifici in stile moderno, alternati da ampi spazi verdi con punti di ristoro e panchine. Ormai le lezioni sono terminate e noto pochi gruppi di studenti: li vedo parlare, studiare, leggere e ancora studiare.
Non notavo tanta diligenza neanche all'università. Appena vedrà il De Tarso, non oso immaginare...

«Professoressa, le piace l'istituto?»

«Molto» e sono sincera, sarei ipocrita ad affermare il contrario.

«Si vede...» ribatte con soddisfazione.

Nel frattempo parcheggia in una zona adiacente al viale alberato e scendiamo dalla macchina.

Scruta abbastanza insistentemente il mio abbigliamento e di rimando assottiglio lo sguardo.

«Ci sono problemi, dirigente?» affermo accigliata.

«Il suo abbigliamento è accettabile per oggi, ma per questo istituto l'eleganza è al primo posto.»

Accettabile? È l'outfit più elegante che possiedo.

Non ribatto, indosserò quello che ho, "mister perfettino" se ne farà una ragione.

«Venga le mostro uno dei tanti piccoli angoli bar posti all'esterno.»

Uno dei tanti.

Al De Tarso a mala pena ci sono le macchinette. Costate sangue e sudore.

Seguo il dirigente e mi siedo in uno dei tavoli posti esternamente.
Cerco di contenere il mio stupore perché "questo piccolo angolo bar" , come lo definisce lui, è semplicemente incantevole, adagiato sopra un giardino, con tanti piccoli vasi con fiori variopinti e profumati che arricchiscono il contesto. In sottofondo è presente il rumore dello scrosciare dell'acqua proveniente da una piccola fontana adiacente al punto di ristoro.
La pace dei sensi. Studierei volentieri anche io in un posto così.

«Professoressa la lascio sola qualche minuto, vado a prendere i documenti. Lei ammiri pure il mio istituto.»
Il suo tono è come sempre, altezzoso.

Un bagno di umiltà, eh, dirigente?

Neanche ribatto e aspetto che lui si allontani. Che atteggiamento da sbruffone, mamma mia!

Sospiro e mentre osservo il piccolo angolo bar, sento il mio cellulare vibrare. È una telefonata di Francesca, la collega con cui ho legato di più al De Tarso.

"Come sta andando?"

«Sto aspettando che torni il dirigente, l'istituto è immenso...»

"Ci credo! Ho fatto alcune ricerche su di lui, è un gran figo...Lo chiamano l' uomo d'acciaio"

«Pallone gonfiato sarebbe più appropriato... Penso che il suo ego non ci stia neanche in tutto l'istituto!»

Ridacchio insieme a Francesca.
Mi guardo intorno e chiudo la conversazione, magari ci sono telecamere che mi stanno riprendendo... Mi volto da una parte e poi dall'altra, ma non noto nulla.

Ma quanto ci mette?

Alzo le spalle e decido di fare qualche ricerca anche io... Cerco il suo nome su Google e mi appaiono diversi articoli, mi piacerebbe sapere perché lo chiamano "uomo d'acciaio".

Forse per la sua rigidità.

Apro uno degli articoli e leggo fugace: il suo soprannome è dovuto non solo al colore caratteristico dei suoi occhi, ma anche alle sue abilità di resilienza, negoziazione e consolidata competenza sull'expertise.

«È una barzelletta? Confermo la versione "pallone gonfiato"» bofonchio sottovoce.

«Professoressa, noto che il nostro incontro non è stato così catastrofico come credevo!»

La sua voce mi fa sobbalzare, tanto da emanare un gridolino acuto e fare volare il telefono.
Oh, speriamo che non si sia rotto!

Mi volto verso di lui, è alle mie spalle, chinato verso il mio telefono, ma a debita distanza. Il suo sguardo è beffardo, ma anche divertito.

«Dirigente, da quanto tempo è qui...» mormoro non nascondendo il mio forte imbarazzo.

«Tanto da notare che fa ricerche su di me... È così curiosa nel sapere perché mi chiamano in quel modo, nonostante lei mi consideri un pallone gonfiato? Mi delude professoressa, lei dovrebbe essere la prima a dare il buon esempio e non avere pregiudizi o fermarsi all'apparenza.»

Pronuncia quelle parole con una tale tranquillità da apparire inquietante... È palese che lo stia facendo solo per mettermi in difficoltà.

Sospiro. Che posso dire?

«Ecco... Io...»

«Va bene, lasci perdere... Cosa gradisce?»

«In che senso?» chiedo perché sono completamente nel pallone, che figuraccia!

«Se non lo ha capito professoressa, siamo in un bar! Scusi a che pensava?»

A come scappare o sprofondare...

«Io... Un succo di pomodoro non condito, grazie.»

Cala il silenzio, lui aggrotta le sopracciglia e scandisce bene una delle ultime parole.
«Pomodoro?»

«Sì» sussurro.

Lo so, che la scelta appare bizzarra ma è il mio spuntino di metà mattinata e senza non riesco a concentrarmi, dato che ho fatto colazione all'alba... Insomma è come se fossimo a metà mattina, no?

«Glielo vado a prendere io stesso!»

Va a dare l'ordinazione e poco dopo arriva con un lungo bicchiere pieno del liquido rosso.

«Ecco a lei un bel bicchiere di passato di pomodoro, professoressa Buongiorno.»

Che burlone.

I successivi dieci minuti li utilizziamo leggendo e firmando dei documenti sulla privacy, ossia obbligo al segreto professionale. Non posso divulgare nessuna informazione riguardante l'istituto e a ciò che assisterò, pena un anno di reclusione o una multa salata. Ha indicato anche i riferimenti normativi, come se non sapessi i miei doveri.

✿✿

Sono quasi le dieci e ci stiamo avviando verso l'anfiteatro dove avverrà la riunione plenaria.

Camminiamo a passo svelto, è molto più alto di me e i miei tacchi non aiutano, quindi sono un po' indietro.

Vuole seminarmi? Che gentiluomo.

A un tratto si blocca, voltandosi improvvisamente nella mia direzione e a causa della mia foga per poterlo raggiungere, non faccio altro che sbattere contro di lui.
Lui d'istinto blocca le mie braccia e mi squadra in maniera tagliente.

«Buongiorno, dirigente.»

È la voce di una donna anziana molto elegante... Ci passa davanti e vedendoci così gira il viso, abbassa la testa e va via quasi di corsa.

Non ci credo!

«Deve starmi addosso ancora per molto? » sibila infastidito, allontandomi un po' bruscamente.

«È colpa sua! Si è fermato improvvisamente e quasi correvo per raggiungere il suo passo.»
Faccio qualche passo indietro, un po' infastidita e imbarazzata.

Lui si riavvicina e scandendo bene ogni singola parola ordina:
«Mi sono ricordato di una cosa. Si copra.»

Cosa? Cosa c'entra ora?

«Scusi?»

Abbassa lo sguardo verso il mio collo e ripete.

«Deve coprirsi.»
Tocco il mio collo e afferro la mia catenina.

«Esatto! Deve coprirla. La mia scuola è laica, niente fanatici religiosi.»

Questo è matto da legare!

«Fanatica religiosa? Ma di cosa sta parlando? È una semplice catenina con una piccola croce.»

«Ecco, la tolga!»

«Dirigente Alessandri! Non può pretendere una cosa del genere, ho tutto il diritto di indossarla e lei di rispettarlo!»

Non so se sia il mio sguardo severo a fargli cambiare idea o se stiamo per toccare le dieci in punto, che sbuffa, si toglie dal collo il suo cache-col in seta nero, con minuscoli poix bianchi, e lo avvolge intorno al mio collo.

«Meglio» borbotta.

Davvero è arrivato a tanto?
Dovrò tenere questo fazzoletto, che emana un profumo maschile pungente e per me nauseabondo.

«Si sbrighi!»

Si volta e a passo svelto raggiunge un ampio portone con cima una scritta intagliata sul legno che cita:

"Vis unita fortior".

La forza unita è più forte.

Sento un vociare provenire dall'interno dell'anfiteatro, controllo il respiro e cerco di restare sicura e risoluta. Ciò non toglie che sono molto emozionata, speriamo che Dio me la mandi buona.

«Dirigente, posso anche sedermi lontana e appartata, non voglio intervenire troppo.»

«Professoressa Buongiorno, si limiti a seguirmi, le indicherò io la sua postazione.»

Ordini, sempre e solo ordini.

Lorenzo Alessandri spalanca la porta e il vociare si spegne improvvisamente, tutti si alzano in piedi.

Addirittura? Neanche fosse entrato il salvatore della Patria.

Rallenta il passo così riesco a raggiungerlo e attraversiamo insieme l'ampio spazio che porta alla tavolata centrale dove sono seduti un uomo e una donna, mentre il resto dei professori riempie parte delle postazioni dell'anfiteatro.

Le persone mi fissano e bisbigliano tra loro; colgo anche un "chi è?" o "che succede". Arriviamo nella grande tavolata e la mia sicurezza vacilla.

Non dirmi che devo sedermi qui davanti a tutti...

Lorenzo Alessandri sposta una delle due sedie rimaste.
«Si sieda.»

Nonostante un leggero imbarazzo, mi siedo. Ho gli occhi di tutti puntati addosso, non è la prima volta che affronto un pubblico così numeroso, ma questa volta è diverso, non devono ascoltare me, vogliono solo capire chi sono e perché sono qui.

Qualcuno fissa anche il fazzoletto che ho al collo. D'istinto lo tocco e quel profumo continua ad appesantire le mie narici. Mi viene da starnutire.

Il dirigente sposta la sedia di fianco a me e con una calma invidiabile si siede, accende il microfono e saluta.
«Benvenuti docenti.»

Le persone presenti salutano di rimando.

«Prego sedetevi.» continua e tutti si accomodano nelle proprie postazioni.

È reale questa cosa? Al De Tarso durante le riunioni neanche si accorgevano dell'ingresso della preside.

Lorenzo Alessandri mi presenta spiegando il mio ruolo e chiarendo che l'istituto verrà coinvolto in dei progetti estivi. Inoltre informa il suo ruolo come presidente agli esami di stato dell'istituto De Tarso. Qualcuno alza la mano, ma lui glissa tutti indicando che non è questa la sede per le domande, le delucidazioni sarebbero state date in futuro.

La riunione plenaria vera e propria inizia quando uno dei collaboratori di Alessandri illustra tutte le indicazioni degli esami del primo ciclo.
Guardo attraverso i grandi pannelli attaccati alle pareti e noto che gli alunni hanno davvero delle medie molto alte.

«Come mai gli alunni della sezione G vengono ammessi all'esame con una media del 9,3. Cosa non ha funzionato?» interviene l'uomo di fianco a me.

Per alcuni secondi cala il silenzio e dalla platea si alza un uomo, che presumo sia il coordinatore della classe in questione, ed esprime alcune piccole problematiche che hanno avuto a fine anno. Un alunno ha perso un libro le ultime due settimane per poi ritrovalo a fine anno.
La platea mormora con dissenso. Alesandri alza un mano e il brusio cessa.

Io trovo tutto molto esagerato, perché queste piccole difficoltà non sono nulla in confronto a quello che vivo tutti i giorni.

Una cosa mi sconvolge e sinceramente non mi aspettavo... Parlo della competenza di Lorenzo Alessandri, io pensavo fosse un dittatore, invece no, è un vero e proprio leader. Ascolta le perplessità, i problemi di tutti e cerca di trovare strategie. È bravo a non creare conflitti e discussioni inutili, non oso immaginare quando farà la riunione da noi... Spesso restiamo ore a fare dibattiti senza trovare una via d'uscita o una soluzione.

Mi duole ammetterlo ma spesso discutiamo di aria fritta.

«Bene, possiamo concludere qua. Mercoledì inizieremo gli scritti. Io sarò un po' qua, un po' là.»

«Dirigente, se abbiamo finito mi dirigo al De Tarso...» pronuncio quelle parole perché mi sento troppi occhi addosso e mormorii che iniziano a infastidirmi, ma non posso certo sbraitare con un "ci sono problemi?" alle persone qui davanti.

«Se vuole, mi può aspettare fuori, concludo qua e la raggiungo. Ho già avvisato il "suo" istituto che arriveremo tra venti minuti. »

Ah.

«Ma la plenaria è questo pomeriggio.»
«Prima voglio incontrare lo staff per non dilungarci questo pomeriggio. Non ha letto la circolare?» lo dice quasi in tono di rimprovero.

No.

«Sì - ridacchio falsamente - lapsus momentaneo.»

Continua a guardarmi in cagnesco e io faccio finta di nulla, mentre prendo la mia roba e mi dirigo verso l'uscita.

Una volta fuori, respiro. Finalmente!

«Professoressa Buongiorno.» una voce femminile mi chiama e mi volto nella sua direzione.

«Buongiorno...» saluto e osservo la donna davanti a me. Avrà una decina di anni in più di me, con capelli lunghi biondi che ricadono con delle dolci onde. Lo sguardo penetrante e cristallino mi scruta incuriosita e interessata.

«Che maleducata, sono Claudia Alessandri... -mi stringe la mano e mi regala un ampio sorriso- benvenuta, mio fratello non mi ha detto nulla, ho saputo tutto da mio padre...»

«Capisco... Quindi presumo che lei sia...»

«La sorella di Lorenzo, sì. Sa, volevo parlarle perché credevo che mio fratello l'avesse traumatizzata con i suoi modi da cavernicolo e invece vedo che addirittura indossa la sua cache-col. Allora è davvero così brava e preparata come si dice in giro, se riesce a gestire Lorenzo.»

Esplodo in una risata isterica e la donna mi osserva incuriosita.

«Non è come sembra...»

La donna cambia espressione, si incupisce, più volte si guarda intorno e bisbiglia.
«Dovrà stare attenta e guardarsi le spalle. I genitori hanno una grossa, grossissima influenza in questo istituto...»

«Immagino vista l'utenza...» ricchi come sono, non avevo dubbi.

«No, Maristella... Le dico che ne va della sua incolumità! Tenga.»
Mi porge un biglietto e la prima cosa che mi colpisce è la dicitura "DIA".

Direzione investigativa antimafia.


Spazio autrice:

Eccoci qui ❤️❤️❤️
Spero tutto bene e il capitolo vi sia piaciuto. Ho provato a rileggerlo ma sono in dubbio per alcune frasi, quindi help me, please.

La descrizione degli ambienti per me è davvero difficile, perciò anche su quello accetto aiuto.

Allora sto iniziando a creare un po' di action, non riesco a raccontare senza un minimo di suspance.

Anche Lorenzo non è il classico uomo cattivo, sapete già dall' altra storia che mi piacciono i Golden boy (certo non è come Michele)...

Forse ripeto molto Lorenzo Alessandri ma è proprio un modo per marcare il rapporto con Maristella, lei usa il nome e cognome dell'uomo per rimarcare l'iniziale distanza tra i due

Volevo creare un po' di messaggistica tra Stella e l'amica, non so se in questo modo può andare bene. Voi come lo rappresentate nel vostro racconto.

Non so se c'è altro indicare, spero sia tutto chiaro.

Un abbraccio
Bi❤️💙

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