8. Non è per i deboli di cuore

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Maristella

Il rombo del motore rugge mentre Lorenzo stringe il volante come se volesse stritolarlo. La notte è scura, illuminata solo dai fari delle auto che sfrecciano lungo la strada cittadina semi deserta. Guardo nervosamente lo specchietto retrovisore, cercando di scorgere i fari dei nostri presunti inseguitori.

«Stanno ancora dietro di noi,» sussurro preoccupata.

«Devo capire se ci stanno realmente seguendo,» Lorenzo afferma con voce ferma, ma che traspare preoccupazione.

«E come facciamo?» chiedo titubante.

«Così, tieniti!»

Non ho neanche il tempo di realizzare, che lui gira il volante bruscamente a destra, imboccando una strada laterale secondaria. Le gomme stridono sull'asfalto e trattengo il fiato. La macchina sobbalza su una serie di buche, ma Alessandri mantiene il controllo con maestria.

Mi volto a guardare, l'auto nera è ancora dietro di noi, un'ombra minacciosa che ci segue come un predatore.

Il dirigente sbatte nervosamente una mano sul volante e digita dei numeri sul monitor dell'auto.

«Chi chiami?» domando.
«Mia sorella,» ribatte secco.
«Per cosa?» continuo e lui si volta verso di me assottigliando lo sguardo, è furioso.
«Per mandarla a cagare!» risponde di getto e inizio ad invocare tutti i Santi del Paradiso.

Gli squilli della chiamata rimbombano in tutto l'abitacolo.
«Lorenzo! Stai bene? Hai usato il numero di emergenza...» La voce della donna traspare una palese preoccupazione.

«Credo ci stiano inseguendo, anzi ne sono quasi sicuro... Dimmi perché ora non dovrei mandare a cagare te e tuo marito,» la sorella sospira, mentre lui controlla se la macchina è ancora dietro di noi.

«Di già... - sussurra la donna - con chi sei?»

«Maristella Buongiorno.»

«Sei consapevole che se sono realmente loro, la notizia è uscita dalla scuola.»

«Sei un genio, Claudia. Ora dimmi che cazzo dovrei fare.»

«Che macchina ti hanno dato da testare?» ribatte lei.

Macchina da testare?

«Una Jaguar... Perché?»

«Maristella mi dispiace per l'accaduto, risolveremo... Lorenzo, portali da noi, raggiungeteci in un punto preciso, fatti una corsetta, come ai vecchi tempi.» propone lei e io borbotto frasi non pienamente comprensibili neanche per me stessa, ho paura.

«Se dovessi danneggiare l'auto, sarete voi a ripagare i danni...»

Davvero si sta preoccupando di questo e non della nostra vita?

«La casa automobilistica si farà un po' di pubblicità per aver aiutato le forze dell'ordine.»

«Non corro più Claudia,» sentenzia lui.

«In questo momento non hai scelta, abbiamo bisogno del tuo aiuto, ti mando il punto sulla mappa!» detto questo riattacca.

Lorenzo sbuffa e continua a controllare lo specchietto retrovisore.

Subito dopo un punto lampeggia nel monitor, entrambi ci voltiamo verso quel bip. È il luogo d'incontro: fuori città, in montagna in mezzo al nulla.

«Sei sicuro di farcela? È una brutta strada.»

Lui si volta verso di me, con sguardo offeso, ma attraversato da un lampo di sfida.

«Tu pensa a tenerti.» ribatte, mentre preme dei pulsanti sul monitor e scorre le canzoni di una playlist, finché non clicca su una delle sinfonie di Beethoven, la numero sette per l'esattezza.

Sta scherzando? Pure la musica? Per non parlare dell'ansia che mi crea quella sinfonia.

«Mi concentro così - si giustifica, notando il mio sguardo guardingo - Maristella, qualsiasi cosa succeda non urlare, mi disturba e distrae la tua voce.»

Gli lancio un'occhiataccia, non sopporta la mia voce, mi sta dicendo questo?

Sto per ribattere offesa, ma dietro di noi, gli abbaglianti degli inseguitori si fanno sempre più intensi.

«Devi andare più veloce!» borbotto, ma Lorenzo non risponde, mi ammonisce di fare silenzio, portandosi l'indice sulle labbra.

«Tieniti forte,» avverte a un tratto, girando bruscamente il volante. La macchina sbanda leggermente mentre lascia l'asfalto per il terreno accidentato. Le pietre e i rami scricchiolano sotto le ruote, ma lui non rallenta, tanto meno gli inseguitori.

«Se continui così, ci perderanno.» ammonisco, perché più che trascinarli in un punto, sembra quasi che li voglia seminare.

«So quello che faccio, fidati.»

Fidarmi? Sì certo, come no.

Il rombo del motore risuona nelle mie orecchie mentre ci lanciamo tra le curve strette in prossimità della montagna. Il cuore mi batte all'impazzata, e posso sentire l'adrenalina scorrere nelle vene.
Chiudo gli occhi e prego Dio di farmi uscire da qui sana e salva.

Lorenzo continua a schiacciare il pedale, la velocità aumenta. Mi aggrappo al sedile, cercando di non pensare a cosa succederebbe se perdesse il controllo dell'auto. A un tratto, sterza bruscamente, e la macchina scivola leggermente prima di riprendere aderenza. È come se stessimo partecipando a una gara automobilistica, solo che il premio è la nostra vita.

«Come fai a guidare così?» chiedo, la voce tremante. Lui mi lancia un'occhiata veloce, un sorriso appena accennato sulle labbra.

«Ho fatto un po' di pratica,» risponde enigmaticamente, mentre affronta un'altra curva con una precisione che mi lascia senza fiato.

Il paesaggio scorre veloce fuori dal finestrino, un miscuglio di ombre e luci. Ogni secondo conta, ogni movimento è calcolato. Non so come, ma inizio a sentire una strana fiducia. Forse, solo forse, ce la faremo.

Accelera ancora, e la macchina risponde con un ruggito. Sento il vento che entra dai finestrini leggermente abbassati, portando con sé l'odore della montagna e della paura. I fari dei presunti mafiosi sono ancora dietro di noi, ma sembrano allontanarsi leggermente.

Improvvisamente, Lorenzo rallenta, gli inseguitori si avvicinano e svolta bruscamente a destra, imboccando una strada secondaria che non avevo nemmeno notato.

«Sei sicuro che sia la strada giusta?» chiedo, cercando di mantenere la calma. Lui non risponde subito, concentrato sulla guida.
«Lasciami guidare o ti metto un bavaglio!» sbotta brusco e io sbuffo.

Nota la mia insofferenza e ammorbidisce il tono «Sono abituato a guidare solo con la musica, ho bisogno di concentrarmi... Ora viene la parte più delicata.»
Non ribatto, altrimenti rischio davvero l'irreparabile.

La strada ora è ancora più tortuosa, e ogni curva sembra un salto nel vuoto. Ma Lorenzo guida con una sicurezza che mi sorprende, accompagnato dalle note di Beethoven che rimbombano in tutto l'abitacolo.

Chi sei veramente?

I fari dei mafiosi si fanno più distanti, ma non troppo. Lorenzo mantiene una velocità costante, il motore rugge in protesta.
Le curve strette della strada di montagna richiedono tutta la sua attenzione. Sento il cuore battere forte nel petto, ogni battito un promemoria del pericolo imminente. La vettura dietro di noi, i tornanti e la musica mi creano un' ansia che non credo di avere mai provato.

L'auto affronta la salita verso l'apice della montagna. Le mani del dirigente sono ferme sul volante, ogni movimento preciso e calcolato. La strada si snoda davanti a noi, una serie di curve strette e tornanti che sembrano sfidare la gravità.

«Ora tieniti forte, ci siamo quasi» dice, con un sorriso che tradisce la sua sicurezza. Non posso fare a meno di notare come i suoi occhi brillino di determinazione, come se ogni curva fosse un vecchio amico che non vedeva l'ora di incontrare di nuovo.

La macchina scivola attraverso ogni tornante, le gomme stridono leggermente sull'asfalto. Lui accelera in uscita, il motore che risponde con un ruggito profondo. Ogni curva effettuata è un balletto di precisione, un gioco di accelerazioni e frenate che mi lascia senza fiato.

La strada si fa sempre più ripida, le curve sempre più strette. Lui non sembra preoccuparsene. Anzi, sembra quasi divertirsi. Ogni tornante è un'opportunità per dimostrare la sua abilità, ogni rettilineo una breve pausa prima della prossima sfida.

Non ci posso credere che in una situazione del genere, lui si stia divertendo un mondo, è pazzo!

«Eccoci» sentenzia, mentre affronta l'ultimo tornante. La cima della montagna si apre davanti a noi, un panorama mozzafiato che si estende a perdita d'occhio.

Quando finalmente ci fermiamo, il silenzio è quasi assordante dopo il ruggito del motore. Si gira verso di me, il sorriso ancora sulle labbra.

«Benvenuta in cima,» dice, con un tono che mi fa capire che per lui, è stata una passeggiata e invece io non riesco a calmarmi.

«Ma non c'è nessuno, siamo in trappola!» dico disperata.

Lui sorride sinistro e ribatte «Aspetta!»

Con un'ultima occhiata dallo specchietto retrovisore, Lorenzo da un'ultima accelerata verso la parte opposta della montagna, frena bruscamente, facendo girare la macchina di 180 gradi. Inserendosi in un'insenatura.

Il motore della macchina si spegne con un sussurro, lasciandoci immersi nel silenzio della montagna. Ci scambiamo uno sguardo, il respiro ancora affannoso dopo la corsa frenetica.

«Qui va bene,» dice, indicando il piccolo spiazzo nascosto tra gli alberi. Con un'abilità sorprendente manovra la macchina fuori dalla vista, coprendola con rami e foglie «Ora aspettiamo.»

Aspettiamo la morte? Vorrei dirgli.

Il cuore mi batte forte nel petto mentre osserviamo la cima. Le luci dei fari si avvicinano, e posso sentire il rombo dei motori delle altre vetture.

«Stanno arrivando,» sussurra, i suoi occhi fissi sulla strada.
«Dobbiamo solo tenerli qui abbastanza a lungo.»

Le auto dei nostri inseguitori si fermano vicino a dove ci siamo nascosti. Gli uomini scendono, guardandosi intorno con sospetto. Li sento mormorare di averci visti arrivare qui. Lorenzo sorride, un sorriso che non avevo mai visto prima. «Ora,» dice, tirando fuori il cellulare dalla tasca.

Manda un messaggio. È il segnale per la sorella. Diverse automobili sbuccano da ogni parte e circondano gli altri.

I presunti mafiosi si guardano intorno, confusi e preoccupati. «Cazzo succede?» uno di loro grida, ma è troppo tardi. Gli agenti scendono rapidamente, armi in pugno.

Lorenzo osserva la scena, il sorriso furbo ancora sulle labbra.
«Pensavano di averci trascinati in una trappola e invece...» dice soddisfatto.

Mentre gli agenti controllano i nostri inseguitori, mi rendo conto di quanto sia stato abile Lorenzo. Non solo è stato un pilota eccezionale, ma ha anche una mente fredda e strategica.

『••✎••』

Sono seduta in una delle auto delle forze dell'ordine, il cuore ancora martellante nel petto. La corsa è finita, ma l'adrenalina scorre ancora nelle mie vene. Non riesco a credere a quanto siamo stati vicini al pericolo, eppure, grazie a Lorenzo, sono qui, al sicuro e quegli uomini presi.

Guardo davanti a me, cercando di calmare il respiro. Lui è stato incredibile, ogni curva, ogni manovra, perfetta. Non ho mai visto nessuno guidare così. Forse in televisione.

Forse è stato un pilota professionista? O ha avuto un addestramento speciale? Mi vengono in mente le parole del presidente del consiglio sul suo passato "mangiare polvere", "ti ho tirato fuori dal fango", e quelle che ha rivolto alla sorella: "non corro più".

Ho anche scambiato due chiacchiere con la sorella, ha detto che sono stata davvero brava. Non so a cosa si riferisse, forse a morire di paura.

«Tieni!» la sua voce mi risveglia dalle riflessioni. Lorenzo è qui davanti a me che mi porge un bicchiere di succo al pomodoro. «Ho pensato che ti aiutasse questa specie di liquido rosso... Come farà a piacerti, non lo capisco!»

«Ognuno ha i suoi gusti...» ribatto ancora titubante, strappandogli il bicchiere dalle mani, mentre farfuglio un "grazie".

«Hai avuto paura dell'inseguimento o della guida?»

«Di entrambi.»

«Questo è niente!» sbraita un po' seccato.

«Come?»

«Avanti, che ti aspettavi? Pensavi che sarebbe stata una passeggiata, una volta accettate le richieste di Castelletti? Secondo te per quale motivo inizialmente ero così contrario?»

«Non mi aspettavo certo una passeggiata, ma tu come sempre non mi hai tranquillizzata, anzi...»

«Ti ho portato qua sana e salva, cosa dovevo fare? Darti un bacetto sulla fronte e dirti "andrà tutto bene".»

Il suo sguardo è duro e penetrante. Sento il cuore battere forte nel petto, ma cerco di mantenere la calma. «Non puoi permetterti di avere paura,» continua, la voce ferma e decisa, «devi restare fredda e lucida. Una volta che ci mettiamo in gioco, non possiamo più tornare indietro. Il loro obiettivo di oggi era metterci terrore, farci capire che loro hanno il comando. Secondo te non sanno chi è mia sorella? In questo momento abbiamo fatto capire loro che non abbiamo paura, che non potranno fare quello che vogliono!»

Mi alzo in piedi, mettendo le mani sui fianchi. «Non è così facile, invece è preoccupante che tu sia così tranquillo e freddo» sbraito, cercando di mantenere la voce ferma. Il mio tono è alto, tanto che qualcuno si volta verso la nostra direzione.

Lorenzo fissa per un attimo i miei occhi «Sei sempre in tempo per rinunciare... Forse sarebbe meglio che non chiedessi assegnazione da noi, dovresti lasciare spazio a qualcuno veramente motivato e all'altezza del compito.»

Le sue parole mi colpiscono come un pugno nello stomaco. So che ha ragione, ma non posso fare a meno di sentirmi ferita e arrabbiata. «Sono motivata e all'altezza!» ribatto infastidita, senza abbassare lo sguardo. «Farò del mio meglio. Non posso abbandonare questo bambino.»

Lui sospira, il suo sguardo traspare una leggera delusione. «Pensavo di sì, ma ora non ne sono così sicuro. Perché la paura di questa sera e la completa mancanza di fiducia nei miei confronti, non ti porterà lontano, non ci porterà lontano. Non posso permettere errori fatali.»

Non ribatto perché in fondo ha ragione soprattutto sul fatto della fiducia... Non mi fido di lui, tanto quanto lui non si fida di me!

«Non è per i deboli di cuore, Maristella. Difficilmente mi sbaglio.»

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