Prologo

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"Benvenuto a Edgerise.
La capitale del nuovo mondo.

Coniata nei primi anni del 2000, Edgerise diventa l'esempio di vita perfetta, lontana dai crimini e dalla violenza. Qui, dove i tuoi figli possono giocare nel viale; qui, dove gli anziani passeggiano indisturbati; qui, dove ogni più piccola forma di delinquenza è pari a zero.

Ogni singolo individuo ha il suo ruolo per far funzionare al meglio tutta la comunità. Ciascun passo è seguito dai team migliori per darvi la possibilità di trovare la vostra strada.

Ma a cosa dobbiamo realmente tutto questo successo? Come può qualsivoglia cittadino dell'ordine di Edgerise compiere al meglio il suo dovere con il sorriso per il resto della sua vita?

Ovviamente grazie all'invenzione del secolo: il Venus. L'unico macchinario in grado di dire chi sarà la tua anima gemella. Il primo gennaio del ventunesimo anno di vita ogni individuo sarà chiamato alla Cerimonia del Legame, in cui verrà dichiarato il partner perfetto con il quale costruire, appunto, un legame indissolubile.

Questo è il luogo più sicuro al mondo in cui crescere i propri figli. Cosa aspetti?

Benvenuto a Edgerise.
Dove la felicità non ha scampo."

La voce robotica, che fuoriesce da altoparlanti invisibili, ricomincia il discorso d'accapo e sui led giganteschi compaiono immagini della fantastica e favolosa città di Edgerise.

Queste sono le prime parole che sento una volta arrivati in città. Mio padre ha accettato un nuovo lavoro e, dopo la morte di mia madre, non ha voluto sentire ragioni.
In fretta e furia ha messo in valigia lo stretto necessario, inclusa me, e siamo partiti.

Dieci interminabili ore in macchina, con la sola distrazione della radio, e l'arrivo in quella che si presume sia la nostra nuova casa. Dopo esser passato nel suo nuovo ufficio in centro, raggiungiamo la periferia dove ogni singola abitazione è uguale all'altra.

Penso che mi perderò tra queste vie. Ma in che modo la gente distingue la propria residenza? Oh. Forse ci sono. I numeri civici. Parcheggiamo nel vialetto numero 3489 di fronte a un garage grigio chiaro. La casa a due piani in mattoni è di un blu scuro con gli infissi e le porte come anche le finestre anch'esse dello stesso colore del garage. L'erba di un verde acceso è alta pochi centimetri, come se fosse stata appena falciata e ogni casa è divisa da delle staccionate bianche alte fino al mio busto.

Mio padre, un uomo sulla cinquantina, dai capelli brizzolati e una fisicità nella media, apre la porta con le chiavi prese dall tasca della giacca.
Una volta dentro scopro  un'atmosfera leggermente più calda e accogliente rispetto all'esterno.

Di fronte l'entrata una scalinata porta al piano superiore. Il parquet in assi di legno di ciliegio si espande anche nel soggiorno, alla mia destra, e nella cucina, alla mia sinistra. Le pareti bianche e gli arredi nei colori tenui del marrone mi fanno credere di entrare in una casa già vissuta.

"Ayla, aiutami con le valigie, su."

Le parole di mio padre mi riscuotono e prima che si arrabbi faccio quello che mi ha detto. Alcuni scatoloni li appoggio nel corridoio, mentre le due valigie con tutta la mia vita dentro le porto sopra. Noto che anche questo piano è nello stesso stile di quello inferiore. Decido di appropriarmi della stanza da letto più piccola rispetto a quella padronale e scopro con gioia di avere un bagno tutto mio.

Il letto a una piazza e mezza è al centro della stanza con la testiera appoggiata al muro. Un armadio in cui ci possono entrare tranquillamente tutti i miei vestiti e una piccola scrivania posta sotto la finestra. Ottimo.

Impiego il mio tempo a mettere tutte le cose a loro posto, domani sarà il primo giorno di scuola superiore, voglio farmi una bella doccia e mettermi a letto presto.

Scendo in cucina per mangiare qualcosa.

"Ayla, ho dimenticato il tostapane in macchina. Va a prenderlo."

"Sì, papà."

Esco fuori dove una leggera brezza d'autunno fischia tra i rami degli alberi di ciliegio che ornano tutti i vialetti. Mi concedo di respirare a pieni polmoni.

"E tu chi sei?"

Sento alle mie spalle. Mi giro e sistemo la felpa per coprirmi dagli spifferi.

Un ragazzo dai capelli neri e lo sguardo truce appoggiato con gli avambracci alla staccionata guarda nella mia direzione. Credo sia stato lui a parlare.

"Ciao." Alzo la mano in segno di saluto. "Io sono Ayla. Mi sono appena trasferita con mio padre."

Mi avvicino di qualche passo. Sono sicuramente un disastro, piena di polvere e con i capelli sparati in ogni direzione.

Mi guarda dall'alto in basso senza proferire parola mettendomi a disagio. Poi alza gli occhi al cielo e se ne va dietro casa sua. A quanto pare siamo vicini.

Stranita dal suo comportamento, mi giro verso la nostra Volkswagen nera quando noto un ragazzo uscire dalla porta principale.

Ma... È il ragazzo di un secondo fa. Come ha fatto a uscire da lì se è sparito nel retro?

Si ferma quando mi nota. Alza la mano per salutarmi e mi sorride.
Ma che tipo strano.

"Ciao. Sei nuova?"

Rimango attonita dalla domanda per qualche secondo e poi rispondo.

"Ci siamo appena presentati, perché mi fai questa domanda?"

Corruccia la fronte per poi distenderla  annuendo con la testa.

"Devi aver conosciuto mio fratello Rayden." Si avvicina alla staccionata nello stesso identico punto dove si era appoggiato, a quanto dice, suo fratello prima di lui.

"Io sono Riley."

Fa un mezzo sorriso e il cuore salta un battito. Spero di non essere diventata tutta rossa. Mi sistemo una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Sfodero il mio miglior sorriso, ricordandomi di avere l'apparecchio ai denti, una mia insicurezza, e lo nascondo con le labbra come posso.

"Ayla, piacere di conoscerti. Scusa se vi ho scambiati prima."

"Oh, ci sono abituato. Siamo gemelli."

Alzo le sopracciglia sorpresa. Non avevo mai incontrato dei gemelli.

"Posso farti una domanda?"Annuisco leggermente.

"Quanti anni hai?"

"Quindici."

"Stupendo. Anche io. Allora ti aspetto a scuola Ayla."

"Ayla il tostapane!" Sento papà urlare dal salotto, facendomi spaventare. Me ne ero completamente dimenticata.

"Devo andare."

Gli giro le spalle quando mi parla di nuovo camminando all'indietro.

"Hey Ayla. Ti sta bene l'apparecchio. Non nasconderlo."

Mi fa l'occhiolino prima di sparire dentro casa, fortunatamente, perché sono certa di essere rossa per davvero stavolta.

Prendo il tostapane dal bagagliaio e torno in casa. Nella mia nuova casa.
Appena arrivata credevo di aver letto 'BENVENUTA ALL'INFERNO AYLA',
ma forse, non sarà poi così male.

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