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Londra

Nives

«Guarda la ruota panoramica!» esulto come una bambina, il vento si infrange sui miei capelli. Una ciocca si appiccica sulle labbra, Blake la scosta con cura con l'aiuto delle dita. Sono felice che mi abbia finalmente concesso di conoscere la sua amata famiglia. Ivonne è una donna fantastica ,per quanto sia importante una figura paterna in un nucleo familiare, riesce benissimo a non far notare l'assenza di suo marito. Scarlett è una ragazza dolcissima, dal primo istante in cui i suoi occhi azzurri hanno incontrato i miei, mi ha accolto come se ci conoscessimo da anni. Ho notato lo sguardo fiero di Blake quando ci ha viste insieme, non ho mai provato una sensazione così appagante dentro di me. Sapere che lui sta bene, rende automaticamente serena anche me.
«Vieni con me» mi trascina lontano dalla London Eye, tiene la mia mano come un vero fidanzato. Non mi ha ancora chiesto di essere la sua ragazza, sono sicura che a Blake non servano queste cose. Lui è semplice, conciso. Non ha bisogno di regali costosi e feste stratosferiche. Siamo simili in questo. Ci dirigiamo verso una stradina piccola, ogni tanto si ferma. Non sono mai stata in Inghilterra, ho visitato solamente gli Stati Uniti. Le temperature sono decisamente più basse, il tempo è sempre umido e poco illuminato. Siamo qui da quasi due giorni, il sole ci ha regalato la sua comparsa solamente nei primi attimi del mattino. Persino la signora Margherita sembrava contenta di poter annaffiare le sue piantine sul portico. Blake mi ha presentato un po' tutti, persino il capo del vecchio negozio dove lavorava da ragazzino. Il sorriso sulle labbra e gli occhi su di me. Sempre, ogni istante.
Una rampa di scale si erge fiera davanti a noi, lascio scendere prima lui essendo claustrofobica. Odio gli spazi troppi piccoli, l'ansia mi attanaglia lo stomaco. Stringo con forza la mano, lui mi aiuta a scendere con cautela. Un'enorme galleria, si erge davanti ai nostri minuscoli corpi. Graffiti su tutte le mura, si sovrappongono e si uniscono. Opere d'arte nascoste in questo piccolo pezzo di paradiso.
«Ti piace?» chiede, gli brillano gli occhi alla vista di quel posto. Deduco abbia passato più tempo qui che a casa sua, lo deduco dal modo in cui ricorda perfettamente ogni scritta. Cammino spensierata tra i vari caratteri, uno mi colpisce particolarmente. Un bambino seduto in un angolo con le manette strette ai polsi. È disegnato in gigantografia, maestoso, padroneggia fra gli altri. Non oso guardare il ragazzo al mio fianco, so già che è opera sua. Il suo sguardo si erge fiero, si siede sul cemento freddo e mi invita a fare la stessa cosa. Lo faccio, senza obiettare.
«Ti ho già accennato che non tutti i soldi che mi procuravo erano puliti» annuisco incitandolo a continuare.

«Mi sono ritrovato in situazioni che avrei voluto evitare, una volta sono stato anche inseguito da alcuni agenti di polizia su una statale in piena notte» sorrido al pensiero.
«Fuggivo per non essere preso. Ho corso chilometri, poi sono caduto giù da una collina e mi sono nascosto dietro un cespuglio» racconta, ha lo sguardo colpevole. Porta le mani in alto.
«Pardon madamoiselle» si scusa. Cerco un contatto, sento il bisogno di toccarlo. Quando l'afferro mi sento appagata. Appoggio il naso nel collo, lo sento sospirare leggermente mentre le ginocchia toccano le mie spalle. Mi intrappola tra il muro e il corpo massiccio.
«Non vuoi sapere come mi sono procurato questa?» indica la cicatrice con aria divertita, conosce ogni mio punto debole. Sono trepidante, ho bisogno di sapere.
«In realtà non ricordo più nemmeno come ci sia finita lì» esclama divertito, ride di gusto si tiene la pancia con le mani.
«Stronzo!» gli lascio un buffetto sulla guancia. Non so bene quanto tempo passa, ma il mio stomaco comincia a brontolare.
«Forse è meglio se torniamo a casa» propone, annuisco silenziosa. Sono molto stanca, abbiamo camminato così tanto tempo che ci siamo allontanati moltissimo. Casa di Blake è dall'altra parte della città.
«Pensi che un giorno io possa davvero perdonare mio padre?» la sua domanda mi lascia interdetta. Il cappotto gli si è alzato sulle spalle,le falangi sono racchiuse nelle tasche dei jeans, i capelli nascosti da un berretto in tono con la sciarpa. Cammina, né troppo indietro né troppo avanti.
«In cuor tuo conosci già la risposta, non fingere con me» ci fermiamo entrambi sul ciglio.
«Io non riesco credere che lui abbia scelto la seconda opzione Nives, ha preferito i soldi piuttosto che la sua famiglia. Il suo reato è piccolo rispetto a quello degli altri, ma ciò non significa che debba essere perdonato» la cattiveria con cui parla mi fa accapponare la pelle. Certo, ho sentito Blake parlare molte volte di suo padre ma mai con un tono così sprezzante. Cattivo, sofferente. Come se il bambino dentro di lui gridasse ancora per essere lasciato in pace, dai giudizi, dai continui schiamazzi della gente.
«Dio ci insegna a dare una seconda possibilità, tu puoi farlo Blake. Io so benissimo che puoi farlo» gli lascio un bacio a fior di labbra, cammino da sola per ritornare a casa. Lui mi segue senza proferire, le rughette sulla fronte mi lanciano un preciso segnale. Sta riflettendo e sono profondamente soddisfatta.
Casa di Blake è vicina: il giardino davanti è curato nei minimi dettagli, nonostante Ivonne abbia un braccio fratturato. Lei ha affermato che è stato Nemo, il suo gatto randagio, l'artefice di ciò che è successo. Blake l'ha rimproverata così tante volte che sembrava la scena comica di qualche fiction in tv. Lui adirato con sua madre, mentre lei rideva. Si, rideva.
«Vi sembra questa l'ora di arrivare?» esclama la ragazza sull'uscio, guarda l'orologio sul polso. Resta ferma per un breve periodo di tempo, poi con uno scatto si dirige verso di noi. Salta sulla schiena del fratello, lo abbraccia da dietro. «Mi sei mancato molto» dice, le credo.
Il modo in cui lo stringe a sé come se fosse l'ultima speranza, alcune lacrime si accumulano ai lati degli occhi. Sono commossa. Il modo in cui si stringono e richiedono affetto, la mancanza di una figura paterna, il risentimento verso l'uomo che li ha concepiti. Blake ha trovato rifugio nel dover proteggere costantemente sua sorella, Scarlett invece ha sempre visto Blake come l'unica figura maschile che potesse sostituire Davon, suo padre.
«Saliamo dai, la mamma ha preparato delle lasagne ottime» é la stessa Scarlett ed interrompe il momento, il mio stomaco reagisce subito alla parola cibo. Il viso della madre fa capolino dalla porta, noto subito la somiglianza con i due figli. I capelli sono raccolti in uno chignon spettinato.
Ci scruta dall'alto indaffarata.
«Siete già di ritorno? Scusate ma la lampada doveva essere ripulita» spolvera con maestria ,i piedi saldi su alcune sedie ed un lucidante tra le gambe. Sono sicura che mia madre amerebbe il suo modo di fare, entrambe odiano gli acari.
«Mamma per favore vorresti rendere invalido anche l'altro braccio?» il ragazzo al mio fianco la rimprovera con un sorrisetto sulle labbra.
«Adesso tutti a tavola, si mangia!»

*

Dopo aver pranzato abbiamo deciso di inserire della musica per animare la giornata. Scarlett ha improvvisato alcune canzoni di Beyoncé con un telecomando come microfono, Blake esaminava la situazione con un leggero cipiglio su viso. L'ho visto ridere solamente quando le donne sono riuscite a coinvolgere anche me. Siamo entrambi stesi sul suo letto, sfiniti dal pomeriggio intenso. Le lucine colorate sul soffitto ricordano vagamente la mia camera a Denver. Il viso è inserito nel mio collo, ogni tanto riesco a percepire il respiro sulla pelle nuda. Rabbrividisco quando ci lascia qualche bacio, gioca con alcune ciocche senza preoccupazioni. Libero dalle catene, una tigre in balia della propria autonomia.
«Grazie per esserti presa cura di me» dice con la voce impastata dal sonno.
Vorrei dirgli che non deve ringraziarmi, ma il respiro pesante mi fa capire che si è addormentato. Gli accosto le coperte sul torace, resto a fissarlo. La barba incolta, i capelli un po' troppo lunghi, gli occhiali neri da lettura sul naso, la cicatrice visibile ad occhio nudo. La sfioro con precisione, amo il modo in cui marca ancora di più il suo essere uomo. Amo tutto di lui, amo ogni suo centimetro. Scendo le scale con estrema delicatezza. Mi blocco nello stesso istante in cui alcuni singhiozzi perforano il mio udito.
«Va tutto bene, tranquilla» la voce di Scarlett risuona nell'intera stanza,supplica in silenzio qualcuno o qualcosa. Mi avvicino piano al suo corpo, trema. Incrocia il mio sguardo, cado nelle pupille. Identiche a quelle del fratello. Mi siedo sul pavimento accanto a lei, arpiona le braccia con le sue piccole mani. Mi si stringe il cuore, ritorno con la mente alla prima volta in cui il ragazzo che amo mi ha parlato della sua più grande sofferenza.
«Ti prego Nives, tu sei l'unica che può riuscirci» so benissimo di cosa parla, sono le stesse parole che ha usato Blake nello stesso momento. Non sono sicura di ciò che ha detto. Non posso prometterlo, ma ci proverò.
Per te.
Per tua madre.
Per Blake e per tuo padre.

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