Terramara

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Parlami, terra mia,
dai colli negati al mio orizzonte.

Dimmi di una campana
che langue solitaria e al tufo affida
il suo lamento,
la sentenza inclemente
d'un marzo assassino,
rosse burocrazie di sabbia
asfittiche.

Parla a me
che ti fui straniera,
prole illegittima delle stagioni,
immobili, ostinate.

Sfiorami,
dalle botteghe canute sui poggi,
gli usci agghindati a sfrinfole e lampare,
dai cieli densi
di olezzi e di canti

addormentami.

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