Il mostro è ferito, il mostro è atterrato,
il mostro rubò l'essenza al creato
e su tela miniò sangue d'oro e topazio,
ferrovie palpitanti, vene scoppiate
lenti solchi tra i fondi,
fattori stanchi e nuvole di stormi.
Spirito ostaggio d'una angoscia cupa,
pazzia predatrice all'abisso
lo recluse alfine.
Vestirò la tua tomba
d'ulivo e girasoli;
ché un'anima era troppo
commossa e innamorata,
radiosa, disperata troppo
d'amaro amore viva.
Tra vortici cobalto, meraviglie e vertigini,
di oniriche visioni e sogni tinse
le setole inquiete.
Anima folle, mite, lieve anima,
troppo
per un mondo da ammaestrare,
che non comprese
e a calunnie affilate uccise
il mostro.
Lacero il cielo, un dito soltanto
contrasse e vermiglio il grano;
tuono e agonia e due parole
in testamento:
addio fratello, nel luglio gioviale
quaggiù in terra è infelicità immortale.
Il mostro è sconfitto il mostro
è segnato.
Eppure lo vedo, su tela lo vedo
sfavillare
di tempera e lacrime il tuo sole;
ch'è ben fatto quel ch'è fatto con amore.
Il mostro ora danza, il mostro è libero
di respirare.
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