5. Everglow

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Capitolo 5
Everglow

Non vedevo Noah Reed da tre giorni dopo quel pomeriggio, o quanto meno, lo avevo intravisto in caffetteria ignorandolo.
Lui comunque non mi degnava di uno sguardo.

Passai le ultime 72 ore a seguire le lezioni e studiare, studiare e studiare.
Mia cugina mi ripeteva che stavo prendendo tutto troppo sul serio e che la vita del college la si viveva una volta sola.
Forse aveva ragione, ma la mia asocialità scolastica aveva preso la meglio anche qui.

Tendenzialmente ero una ragazza molto timida e insicura, per questo ancora non avevo fatto amicizia con nessuno, Kyle a parte.
In Italia non avevo più amici.
Le mie compagne mi odiavano, Edoardo era troppo lontano.
La mia vita sociale si riduceva a qualche cena fuori con le mie compagne di atletica ma, dopo l'incidente, non feci più nemmeno questo.
Prima del college non mi resi mai conto che avevo totalmente dimenticato di come si iniziasse un'interazione con qualcuno, ora invece, ogni volta che provavo ad avvicinarmi a qualche collega, venivo assalita dall'ansia.

*

Come ogni giorno, durante la pausa, presi il mio vassoio col pranzo e alzando gli occhi vidi la mano di Madison sventolare tra folla. Mi iniziai ad avvicinare verso il tavolo che aveva occupato insieme a Kyle ma poi il buio.
Seduta proprio in quel tavolo, accanto a quest ultimo, una ragazza bionda che sorridendo mi guardava.

Vidi lei.

Letteralmente impossibile, ma era lei.
Tutto attorno a me risultava improvvisamente sfocato e ovattato, compreso il tonfo del vassoio che avevo appena fatto cadere attirando l'attenzione di tutti.
<<A-Aurora?>> riuscii a sussurrare solo questo prima di cadere nell'oscurità.

Non capii più nulla, non vidi più nulla.

Sentii qualcuno infilare le braccia sotto le mie e sorreggermi al volo evitandomi di cadere per terra.

<<Kyle! Prendila dalle gambe e portiamola fuori!>>

Lo sentivo piano, conoscevo quella voce e tutto fu più chiaro quando intravidi una rosa tatuata sulla mano destra.

Mi poggiarono su una panchina fuori dalla caffetteria.
Sentivo il mio corpo pesare tonnellate.
Sentivo Kyle tranquillizzare Madison che farfugliava qualcosa di incomprensibile al momento per me e vedevo due enormi occhi blu guardarmi dubbiosi.
Gli stessi occhi blu che mi stavano sorridendo in caffetteria adesso erano preoccupati.
Battei più volte le ciglia fino a mettere a fuoco le immagini davanti a me e provai ad alzarmi.

<<Stai giù con la testa.>> mi ordinò Noah premendo un suo dito sulla mia fronte facendomi sdraiare di nuovo.
Il suo profumo di muschio arrivò dentro i miei polmoni.

Ovviamente non lo ascoltai e provai ad alzarmi di nuovo sbuffando.
<<Fai come cazzo vuoi.>> si alzò lanciandosi uno sguardo col fratello e per poco non sbattei la testa sulla panchina dato che avevo il corpo completamente poggiato al suo.

Gentile.

Lo guardai velocemente anche se non se ne accorse.
Scossi la testa e mi misi seduta del tutto. Non era il momento di pensare a Noah Reed.

Bevvi un sorso d'acqua.
Stavano tutti aspettando me. Sentivo i loro occhi addosso.
Guardai quelli verdi di Kyle che risultavano ancora più scuri perché coperti da un velo di preoccupazione.
Guardai gli occhi color nocciola di Madison. Erano rossi dal pianto, e potevo immaginare anche perché si sentisse così in colpa.
E poi guardai quei due occhi color ghiaccio della ragazza di fronte a me.
Più la guardavo più mi chiedevo come potesse essere possibile.

Riguardai Maddy che mi mimò uno "scusami" con le labbra, poi la ragazza davanti a me parlò.
<<Sicuramente mi hai scambiato per qualcun'altra, ma io sono Sophie. Piacere.>> mi allungò delicatamente la mano.
Lentamente gliela strinsi e con nochalance le controllai il dorso. Non c'era nessun cuoricino tatuato.
Feci un respiro profondo.
Non era lei, era impossibile, ma in cuor mio ci speravo.

<<Scusami.. non volevo spaventarti. È solo che.. somigli tremendamente ad una mia amica.>> dissi l'ultima frase con un filo di voce.

Lo strappo al cuore si era riaperto.
Lo sentivo.
Avevo passato l'ultimo anno e mezzo ad elaborare la sua perdita e credevo anche di esserci riuscita.
Ma, con uno schiocco di dita eccola davanti a me.

Ho sempre creduto nella leggenda dei sette sosia. Ritenevo impossibile che su 8 miliardi di persone nessuno ci somigliava.

Avevo sempre desiderato incontrarne una mia, mi sarebbe piaciuto sapere come stava e se magari se la passava meglio di me.
Certo, se la leggenda fosse stata vera, qualcuna delle mie sosia non doveva stare per niente bene in questo momento.
Si diceva che un minimo fossimo collegati, nei sogni o nelle sensazioni.

Io in quell'istante stavo cadendo a pezzi.

Poi pensai che non poteva essere una coincidenza.
Credevo nel fato, nel destino.
Ogni volta che stavo per cadere, qualcosa o qualcuno mi tirava su.
Madison mi conosceva bene e le erano bastate 72 ore per capire che stavo ricadendo in una solitaria monotonia che non potevo più permettermi, non volevo.
E magicamente Sophie.
Tremendamente uguale ad Aurora.
Non era un caso.

<<Io.. ho bisogno di andare a casa. Scusatemi.>> mi alzai barcollando leggermente. Kyle mi aiutò sorreggendomi.
Sentii Madison dire a Sophie che presto le avrebbe spiegato e la defilò con un leggero sorriso.
Prese dalla mia borsa le chiavi della macchina e mise in moto.

Mi sdraiai sui sedili posteriori mentre i miei amici mi guardavano continuamente.
Afferrai la collana con i cuoricini che avevo al collo e la strinsi tra le mani.
Potevo ancora sentire il suo profumo addosso.

"Mi manchi da morire."

Lo pensai, ma sapevo che lei poteva sentirmi.

Mi addormentai così una volta tornati a casa. Senza forze e con un peso al cuore che difficilmente mi avrebbe abbandonato.

                                   Noah~

<<Il cattivo e tenebroso Noah Reed si è messo a fare il crocerossino??>>
Ridevano. Ridevano di me tutti quei coglioni alla battuta pessima di Nate.

<<Ero semplicemente il più vicino. La voglia di vederla sanguinare dopo essere caduta e aver sbattuto la testa in un tavolino aprendosela, era pari a zero.>> esagerato, lo so. Ma preferivo pensare tragico e prepararmi a certe cose.
Rimasero a bocca aperta alle mie parole è un minimo me ne compiacqui.
<<Sei inquietante, cazzo.>> ribadì il mio migliore amico facendo una smorfia.

Mi sedetti al mio posto e mi girai verso l'enorme vetrata della caffetteria che dava nel cortile.
Era seduta sulla panchina con le gambe incrociate persa nel vuoto.
Vedevo mio fratello e la bionda parlare ma era come se non li sentisse.

Non sembrava nemmeno la stessa ragazza spavalda che aveva provato a provocarmi qualche giorno prima. Con scarsi risultati, ovviamente.

Sentii vibrare il telefono dentro la tasca.
Un messaggio mi riportò alla realtà.

"Appuntamento confermato alle 17:00. Non accetto nessuna scusa stavolta."

Sbuffai.

<<Stasera non contatemi.>>
<<Noah abbiamo organizzato questa serata da giorni!>> disse addentando il panino Peter.
<<Ho da fare.>> risposi secco.
<<Il solito da fare di cui noi non possiamo sapere nulla, vero?>> Nate mi guardò sfidandomi quasi.
Mi bastò un occhiata per farlo zittire e mettendomi lo zaino in spalla mi allontanai lasciandoli borbottare.
Nessuno sapeva cosa andavo a fare quasi ogni settimana.
E tale doveva rimanere.

Ore 16:58.
Bussai più volte al campanello.
Davanti a me una targhetta dorata inchiodata alla porta.
  
                         "Dott. Paul Wood
                           Psicoterapeuta"

<<Me ne sto andando!>> dissi a voce alta.
Qualche secondo dopo la porta si aprì.
<<Quando vieni qui mi rendo conto di amare davvero molto il mio lavoro per averti ancora come paziente, Noah.>> un'uomo sulla quarantina mi sorrise.
<<Prima si comincia prima si finisce.>>
<<Vorrei anche pisciare tra un paziente e l'altro.>> sbuffò.

Lanciai lo zaino sul divano posizionato alla destra della porta e poco elegantemente mi sedetti sulla poltrona posizionata accanto la finestra.

<<Mh, ti trovo davvero bene. Pane per i miei denti.>> il dottor Wood prese l'agenda dove appuntava cose e si sedette davanti a me.
<<Mia madre ti manda mensilmente i soldi per queste sedute senza sapere se vengo realmente o meno. Perché continui a insistere se non ho voglia?>> dissi osservandolo velenosamente.
<<Per lo stesso identico motivo per cui tu, nonostante tutto, continui a venire.>>
Incrociò le gambe e sorrise.
Riusciva a zittirmi, l'unico probabilmente.
E io odiavo non riuscire a replicare.
Anzi, odiavo quell'uomo. 

                                      Ellie~

Aprii gli occhi.
Maddy era davanti la porta che mi guardava.
<<Inizi a essere inquietante Madison.>>
Lei sorrise alle mie parole e si avvicinò con un bicchierone tra le mani.
<<Frullato fragole e banana, tieni!>> me lo porse e si sedette a gambe incrociate sul mio letto.
Feci lo stesso e la guardai bevendo un po' di frappè.

<<Scusami, davvero.>> lo disse a occhi bassi, come se avesse davvero la colpa di quello che era accaduto a pranzo.
<<Avrei voluto solo che me lo dicessi.>>
<<Lo so. Sono rimasta scioccata anche io quando l'ho vista ma non pensavo che avresti reagito così. Mi dispiace.>> la voce le si strozzò in gola e gli occhi cominciarono a riempirsi di lacrime.

Mi avvicinai a lei e le presi la mano.
Non pensai nemmeno un secondo che lei lo avesse fatto apposta. Mi amava come una sorella, e mai avrebbe voluto riaprire certe ferite.

Era stata la persona che più mi era stata vicina nonostante i quasi 10mila chilometri che ci dividevano durante quel periodo.
Maddy era una persona fragile infondo.
La sua spavalderia non era altro che una corazza.
La nomina da stronza, a scuola, se l'era creata dopo una sospensione.
In seconda si era fatta beccare a passare il compito a due suoi compagni che la usavano e sfottevano, ma lei era troppo buona per dire no e probabilmente voleva solamente farsi accettare.

5 giorni.

Cinque giorni in cui Madison cambiò da bella ma sfigata a principessa del ballo invidiata da tutti.
Le scattò un enorme senso di protezione verso se stessa che cominciò a fregarsene del mondo circostante.
Ma infondo, la Madison dolce e buona la conoscevo solo io e sapevo perfettamente che prima o poi avrebbe ceduto quella sua parte anche a qualcun altro.

<<Ti prego, non piangere. Io non sono arrabbiata.>> abbassai il viso per guardarla negli occhi.
<<È che mi dispiace. Ho avuto paura.>> confessò la bionda.

L'abbracciai. Così forte che potevo sentire i battiti del suo cuore.
<<Va tutto bene. Devo solo abituarmi alla sua presenza.>> le sorrisi, sinceramente.

Ricambiò forte il mio abbraccio e mi raccontò, per mia volontà, come avesse conosciuto Sophie e come anche lei la scambiò per Aurora.
Sapevo che non sarebbe stato facile ma non volevo precludermi la possibilità di conoscere qualcuno che avrebbe cambiato la mia vita e forse, proprio Sophie, avrebbe potuto aiutarmi a superare quel lutto.

Madison mi pregò di uscire quella sera per liberare la mente, diceva.
Aveva sentito da alcuni ragazzi in caffetteria di una serata organizzata in un locale a Santa Monica, e lei amava tutto ciò.

Ma io non volevo liberarla. Anzi, avevo bisogno di sentirla con me.

Madison rinunciò nell'intento di convincermi ad uscire.
Volevo sfogarmi e l'unico modo che conoscevo era andare a correre.
Con lo stato d'animo che avevo sarei riuscita a farlo per chilometri e chilometri ma le mie condizioni fisiche non erano delle migliori.
Mi rassegnai e cominciai a camminare.
Mi strinsi nella felpa e avviai le AirPods.

Cominciai a guardarmi intorno.
Osservavo le ville che si trovavano nella stessa via di casa nostra, erano enormi.
Ad Aurora sarebbe piaciuto vivere qui.
Lei lo sognava insieme a me.

Voleva studiare biologia. Lei era certa che prima o poi avrebbe trovato la cura per il cancro.
E in parte lo aveva fatto.

Inspiegabilmente tre mesi dopo la sua morte sua la madre, Arianna, andando a fare la tac di controllo scoprì che il tumore al seno le era sparito.
Era certa che avrebbe dovuto subito l'ennesimo intervento.
Erano passati 10 anni dalla prima volta che lo scoprì.
Il primario quel giorno le disse che non aveva mai visto un corpo reagire così bene all'ennesimo ciclo di chemioterapia, e che probabilmente aveva un angelo custode.
Ed era così.
Anche da lassù, Aurora quella promessa la mantenne.

Partì in riproduzione Everglow, dei Coldplay.
Sbuffai e guardai il cielo nuvoloso.
<<Dai. Ma scherzi?!>> lo dissi a lei. Con le lacrime agli occhi.

"E le lacrime scorrono giù sul tuo viso
quando perdi qualcosa che non puoi rimpiazzare
quando ami qualcuno ma tutto va perduto"

Avrei voluto urlare.
Avrei voluto dirle di non prendere quella cazzo di strada quella sera.
Avrei voluto dirle che mi mancava, che avrei fatto di tutto per averla qui con me.

Volevo sapere cosa pensava dell'Università, di Kyle.
Le sarebbe stato simpatico.
Volevo sentire le sue risate nel vedermi imbranata davanti a Noah Reed e commentare la sua bellezza con Maddy.

Iniziò a piovere, lentamente.
Stava piangendo con me, io lo sentivo.
Non era un caso, non poteva.

<<Allora sei proprio stronza!>> mi uscì un lamento misto ai singhiozzi dati dal pianto.

"Potrebbe andar peggio?"

Diceva Chris Martin.

Si.

Improvvisamente sentii un'assordante frenata e due grossi fari sparati su di me.
Immediatamente mi immobilizzai al centro della strada coprendomi il viso.
Sentivo i battiti accelerare insieme al mio respiro che cominciava a farsi pesante, troppo.

<<Ma cosa cazzo fai!>> urlò qualcuno mentre usciva dalla macchina.
Non seppi perché immediatamente il mio respiro cominciò a farsi regolare al suono di quella voce.

Guardai Noah con la vista ancora appannata.
I capelli corti scivolavano leggermente sulla sua fronte a causa della pioggia.
La mascella serrata, come sempre, gli conferiva l'aria da duro, avvalorata dagli occhi quasi socchiusi come se volesse mettermi a fuoco.

<<Perdonami.. non ho visto la macchina.>> dissi soffocando un singhiozzo.
<<Stai diventando un'ossessione, straniera.>>
Lo vidi rientrare dentro la macchina sbuffando.
Poi affacciò la testa.
<<Vuoi salire o devi ancora intralciarmi la strada?>>

Non so perché non esitai nemmeno un istante nell' accettare il suo invito.
Entrai dentro la sua Range Rover bianca.
Era impregnata dal suo profumo. 
Ne inspirai un po' per dar pace al bruciore dentro al petto e parve funzionare per davvero.
Lo vidi scombinarsi i capelli per togliere un minimo di acqua da essi. Poi mi fissò.

<<Mi stai bagnando tutto il sedile.>> disse seccato. Quella macchina era impeccabile.
<<Ti posso assicurare di no.>>
Mi guardò sorpreso è divertito. Anche se il suo cambio di espressione fu minimo.

Non fece in tempo a parlare che continuai.
<<Ah! La felpa, che sciocca. Scusami.>> me la sfilai.

Lo stavo facendo apposta? Assolutamente si.

Posò i suoi occhi sul mio petto senza vergogna e si passò la lingua tra le labbra.
Mi imbarazzai a quel gesto.
Una parte di me amava fare la spavalda, l'altra odiava le conseguenze.
Mi aggiustai il top e mi avvicinai al bocchettone dal quale usciva l'aria calda che aveva da poco attivato il ragazzo.
Si girò senza dire nulla e strinse il volante mettendo in moto.
<<Cosa stavi facendo in mezzo alla strada sotto la pioggia oltre a tentare di uccidere la gente?>>

Perché aveva un tono sempre così accusatorio?

<<Se tu guidassi più lentamente ti saresti accorto della mia presenza. Non voglio nessun altro sulla mia coscienza.>>
Mi guardò con la coda dell'occhio mentre sussurravo l'ultima frase.
<<Stavi piangendo...>> non era una domanda, se n'era accorto.
Non risposi.
Girò velocemente verso una strada che non era di certo quella di casa mia. Ma non dissi nulla.
Mi limitai a guardarlo.

Perché stavo mettendo me stessa nelle mani di uno sconosciuto?

Lo schermo del mio telefono si accese dopo che involontariamente lo sfiorai.
Vidi gli occhi blu di Aurora sorridermi dalla foto che avevo come sfondo.
Sorrisi anche io mentre osservavo il cielo dal finestrino e asciugandomi una lacrima Che silenziosa scendeva sulla mia guancia.

Spazio autrice.
Ciao amici ❤️
Sono così contenta che qualcuno sia arrivato fino a qui che non ne avete idea.
È un capitolo pesante, lo so ma è l'inizio di tante avventure.
Spero vi piaccia e soprattutto ci tengo che me lo facciate sapere ❤️
Un bacio, Gi.

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