4. How deep is your pain

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Capitolo 4
    How deep is your pain

<<Credimi mamma, milioni di ragazzi! Ma poi dovresti vedere com'è organizzato bene.>>
<<Eh Ellie, la conosco bene. Però ti sento stanca.>> mia mamma aveva la voce ancora assonnata dall'altra parte del telefono.
<<Disse quella che sta ancora dormendo!>> risi sentendola borbottare.
<<Scema, qui sono appena le 9 del mattino!>> provo a giustificarsi lei.
<<Lo so mamma, lo so. Non sono stanca, sto ancora lottando col fuso orario ma sto bene, giuro.>>
<<Ellie mi raccomando ti prego. Non farmi preoccupare. Per qualsiasi cosa chiama la nonna. La zia Claire mi ha detto che dovrebbe passare per Los Angeles tra qualche giorno.>> una mamma poco americana e tanto, tantissimo apprensiva.
<<Promesso. Tu prova a stare tranquilla. E passami papà.>>
Con mio padre la conversazione fu molto più tranquilla. Mi chiese di tutto, dalle nuove conoscenze ai corsi che avrei dovuto seguire. Mi fece anche lui poche e semplici "raccomandazioni" che sembravano più ordini ma a cui lui stesso credeva poco: non bere, non fumare, non drogarti.

Mi conosceva talmente bene che sapeva perfettamente che non ero abituata a fare nessuna delle tre cose. Non provai nemmeno una sigaretta nella mia vita.
A Monza ho vissuto la mia adolescenza tranquillamente. Poche conoscenze, una sola amicizia.

Sempre stata vista come la tipica figlia di papà, privilegiata dalla nonna ricca americana.
È per questo che scelsi una scuola pubblica al liceo. Frequentare la scuola privata alle medie per me fu una tragedia, eppure i miei compagni non stavano tanto peggio economicamente rispetto alla mia famiglia, anzi.
Mi piaceva la bella vita. Amavo fare shopping, amavo andare alle feste, peccato però che nessuna di queste cose era alla mia portata in Italia a causa dei pregiudizi su di me e la famiglia Ferrari-Collins. Preferivo stare il più possibile nell'ombra.

Tutte le mie prime esperienze le avevo vissute con mia cugina Madison quando d'estate veniva in Italia e ci trasferivamo nella casa al mare in Toscana.
Ebbi un solo fidanzato, se così si poteva definire. Avevo sedici anni quando conobbi Edoardo a Forte dei Marmi. Per quello che sapevo sull'amore ne ero davvero innamorata.
Il primo bacio lo diedi a lui.
Le mie prime esperienze intime le feci con lui.
Mi aveva fatto vivere l'estate più bella della mia vita.

Poi la lontananza, gli impegni scolastici di entrambi, e l'età, avevano fatto si che il nostro rapporto amoroso a mano a mano si sgretolasse.
Ci lasciammo dopo qualche mese, ma da quella volta ogni estate ci incontravamo nel solito lido. Quella con Edoardo era forse l'unica conoscenza sana che avevo in Italia e spesso ho pensato di amarlo, ma di quell'amore sincero che solo un amico può darti.
Per questo in America mi sentivo a casa. Qui pochissime persone avevano pregiudizi. A nessuno importava del tuo passato.
Avevo desiderato tanto vivere la mia gioventù senza dover pensare al parere altrui e questa era la mia seconda occasione.

Chiusi al telefono con i miei genitori e andai da Madison.
Fui accecata dalla quantità di rosa che c'era in quella stanza.
I cuscini erano rosa, le pareti erano rosa. Le tende, il pouff e il tappeto erano rosa.
Anche il pigiama che indossava era rosa.
Sorrisi e buttai sul suo letto facendola sobbalzare.

<<Io non ho capito una cosa..>> mi misi su in fianco fissandola e poggia la testa sulla mia mano <<Kyle è il tuo fidanzato? Vi frequentate? Me l'hai tenuto nascosto stronza!>> cominciai ad insultarla goliardicamente fino a quando non mi mise una mano davanti la bocca e scoppiò a ridere.
Mi stava prendendo in giro. L'avrebbe pagata.
<<Ma sei impazzita forse???? Kyle è gay!>>

Ecco la doccia ghiacciata.
La mia faccia probabilmente prese a fuoco e sbarrai gli occhi. Non che cambiasse qualcosa, ma mai avrei pensato che Kyle fosse gay.
La sua bellezza avrebbe messo in soggezione qualsiasi ragazza e non nego di aver fatto anche pensieri che andavano oltre quella mattina.
<<È il mio migliore amico. Ormai lo conosco da quasi un anno e ti prego, non dire a nessuno della sua omosessualità. Lo so solo io e non so chi altro, non è stato facile per lui.. quindi fa finta di nulla!>> mi raccomandò Madison notando il mio silenzio. Poi continuò <<Piuttosto sto stronzo non mi aveva parlato della bellezza disarmante di suo fratello!>> ecco qua.
<<Oh Maddy ti prego. È uno stronzo di dimensioni cosmiche!>> roteai gli occhi nel vedere la sua faccia sognante.

Anche se tutti i torti non aveva.

<<Può essere, però ha un amico bello tanto quanto lui.>>
<<Madison!!>> la fermai <<ma hai avuto un minimo di interesse per i corsi o hai solo visto i ragazzi oggi?>> mia cugina fece finta di pensarci qualche secondo.
<<La seconda Ellie, solo la seconda.>> le tirai un cuscino facendo cominciare una lotta che finì tra le nostre risate.

Quella mattina, dentro la macchina nuova appena posteggiata, mi guardai dallo specchietto prima di scendere. Gli occhi verdi contornati solo da un filo di eye-liner e del mascara, riflettevano il sole californiano.
Misi un po' di gloss sulle labbra e scesi dalla macchina.
Un po' più avanti Madison e Kyle scrutavano e commentavano con cura la gente che gli passava accanto.
<<Ne avete ancora per molto??>> rimproverai entrambi che mi guardarono dubbiosi <<buongiorno Kyle.>>
Mi diede un bacio in guancia caldo e delicato che mi fece quasi contorcere lo stomaco. Lo guardai imbarazzata come ogni volta che lo avevo così vicino.
Madison ci tolse dall'imbarazzo e prendendoci a braccetto, ci dirigemmo verso la caffetteria prima dell'inizio delle lezioni.

Lei prese il solito caffè latte con cacao amaro, Kyle ginseng e io mi dovetti accontentare di un caffè americano, troppo americano per le mie origini. A volte era davvero dura essere un italiano in un paese straniero.
Il cibo mi mancava. Ero qui da soli 4 giorni e sentivo già la mancanza del mio cibo. 
Appena la barista mi porse il caffè mi girai verso la sala e mi resi davvero conto di quello che fosse. Il caos. Avete presente la scena di Mean Girls dove Cady immagina gli studenti come se fossero animali nella savana? Uguale. I tavoli erano tutti occupati e quelli che a mano a mano si liberavano venivano assaliti da mandrie di ragazzi.

<<Io direi di fare colazione fuori, che dite?>> proposi ai due che acconsentirono guardandosi intorno un po' indignati.
<<Fratello a ore 12.>> disse improvvisamente Kyle borbottando quasi quella frase.
Guardai verso l'ingresso della caffetteria e controluce vidi lui entrare insieme ad altri due ragazzi. Ovviamente il suo metro e novanta non passava inosservato. Potrei giurare di aver visto la bava di alcune ragazze uscire dalla loro bocca mentre Noah Reed passava.
Non incontrai il suo sguardo a causa degli occhiali scuri che indossava, ma lo sentii, gelido come sempre, su di me.

Mi scansai giusto in tempo per evitare una sua spallata e impedire al mio caffè di fare un volo giù per terra.
Lo stava facendo apposta, palese.
Mi girai a guardarlo mentre passava avanti avendo quasi la certezza matematica che si girasse. In effetti fu così.
Tolse gli occhiali e mi trafisse con i suoi occhi più marroni del solito e un mezzo sorriso che gli creava una piccola fossetta sul volto.

Era perfetto.

Con quel briciolo di forza che il suo sguardo mi aveva lasciato, alzai la mano insieme al dito medio con tanto di smorfia.
Vidi la sua mascella irrigidirsi e stringere il pugno della mano tatuata.
<<Ellie ma che cazzo fai!>> Madison mi tirò per il braccio fuori dall'edificio mentre vedevo Noah Reed che a grandi falcate si dirigeva verso l'uscita.
Mi sentivo bollente e non capivo esattamente per cosa.
Kyle mi trascinò dietro un albero poco prima che il fratello uscisse dalla caffetteria e ci vedesse.
<<Tu sei pazza.>> mi disse sbarrando i suoi occhi verdi.
Li guardai un po' sconcertata.
<<Siete davvero esagerati. Lui stava per scontrarsi con me perché ieri accidentalmente l'ho sfiorato! Volevo evitare che il caffè finisse addosso ai miei vestiti il primo giorno di college eh!>>
<<Si ma.. Elisabeth!!>> disse stridula Madison.

Mi stava sembrando una conversazione surreale.

<<Ellie, mio fratello è capace di rovinarti la vita se gliene dai modo. Lascialo stare ti prego.>> guardai Kyle negli occhi. Era serio e alle sue parole un brivido mi colpì il corpo. Rividi i suoi occhi su di me.
<<Ok, eviterò di stuzzicarlo anche se è sempre un ragazzo di 22 anni, non un criminale.>>
Madison guardò Kyle. Quella ragazza sapeva più di quanto non volesse dire.
Kyle controllò dietro l'albero che non ci fosse più nessuno di preoccupante e uscimmo dal "nascondiglio".
<<Follia.>> borbottai. Anche se nessuno dei due mi diete retta.

Arrivammo nel cortile principale dove ci salutammo con la promessa di vederci a pranzo per poi prendere ognuno la strada verso la propria facoltà.
Entrai nel maestoso edificio di architettura.
L'ingresso era formato da un immensa vetrata che prendeva l'intera facciata dell'edificio.
All'interno le pareti erano perfettamente bianche con scale e ringhiere nere.
Mi soffermai sulla mappa e guardai sul mio iPhone gli orari delle lezioni. Cercai di percorrere i corridoi pieni di studenti senza scontrarmi con nessuno. Mi era bastata la lezione.
Trovai velocemente la mia aula e ringraziai il mio meraviglioso senso di orientamento.
Ad accoglierci la professoressa Smith.
La donna sulla cinquantina, con una gonna rossa a ruota fino alle ginocchia e una camicetta bianca ci salutava uno per uno con un sorriso smagliante. Non potevo chiedere di meglio.
Mi sedetti in seconda fila e mi guardai intorno. L'aula era grande. I bianchi marroni risaltavano grazie alla luce delle pareti bianche.
Davanti a me un'enorme lavagna coperta da un telo dove c'era proiettato lo stemma dell'Università.
I ragazzi attorno a me cominciavano a prendere posto.
C'era chi chiacchierava già, chi provava a fare amicizia e chi, in silenzio, prendeva posto imbarazzato.
Notai che quasi tutti eravamo alle prime armi e tirai un sospiro di sollievo.
La mia ansia a volte voleva prendere la meglio.
La professoressa Smith si mise davanti a noi e dopo una breve presentazione cominciò la lezione.

Perché nessuno diceva che il college era un macigno?
Quel giorno passai più tempo a fare la trottola che capire effettivamente dove fossi.
Nell'unico momento di pausa, a pranzo, passammo più tempo a cercare un posto dove sedersi che a mangiare, e poi di nuovo tutti nelle aule.
Quando anche l'ultima lezione terminò tirai un sospiro di sollievo. Il mio corpo non avrebbe retto ancora per molto.
Presi il telefono e vidi che Madison mi aveva scritto di non aspettarla e che sarebbe tornata con Kyle.
Sinceramente non mi dispiaceva, troppo stanca per stare dietro i loro ritmi.
Misi lo zainetto in spalla e con lo sguardo basso verso il telefono andrai dritta verso la macchina.

Entrai su Instagram e sorrisi. Le visualizzazioni sulle mie storie erano quadruplicate. Quanto era soddisfacente prendersi certe rivincite dopo tutti questi anni? Forse la ragazzina viziata era diventata interessante.

<<Stronze.>> dissi a voce alta senza rendermene conto.
<<Grazie. Me lo dicono in molte. Mi sta a pennello come nomina.>> mi gelai.

Rimasi immobile con la testa bassa fissando le Nike nere e azzurre che stavano incrociate davanti le mie minuscole vans, se confrontate.
Poco alla volta alzai lo sguardo sentendo il mio viso andare a fuoco. Sarei voluta scappare ma il mio corpo era totalmente immobile.
Noah mi guardava dall'alto con la mascella serrata e le braccia incrociate, mi stava studiando.
<<Non.. non era riferito a te. Anche se lo meriti.>> dissi giustificando la parola di qualche secondo prima.
<<Le ragazzine non devono dire parolacce, come non devono fare certi gesti.>> rimarcò l'ultima parola riferendosi allo scontro avvenuto la mattina.
<<Il minimo, dopo che mi stavi venendo addosso per vendetta. Se mi fosse caduto il caffè sulla maglia il primo giorno io non->>
Mi fermai vedendo un sorriso malizioso apparire sul suo viso duro.

<<Ti posso assicurare che se vengo addosso a qualcuno è solo per piacere.>>

Rimasi a bocca aperta per la sfacciataggine del ragazzo.
Lui sorrise fiero e si avvicinò al mio orecchio.
<<Non è finita qui, straniera.>> lo sussurrò provocandomi un brivido lungo tutta la mia schiena e andò via.
Ci misi un po' a tornare in me.
Pensai a quello che mi aveva detto e non sapevo se preoccuparmi per le sue ultime parole che sembravano una vera e propria minaccia o pensare alla strana sensazione al basso ventre che mi aveva provocato Noah Reed solo standomi vicino.
Mi infilai in macchina ancora scossa e prima di partire mi guardai intorno.
Lui era li che mi guardava da dietro il suo amico, mostrandomi un sorriso soddisfatto.

Ok, giochiamo.

Misi in moto la macchina, indossai gli occhiali da sole scuro e passai davanti a loro col finestrino abbassato mostrandogli nuovamente il mio affusolato dito medio. Sentii la risata del biondo accanto a lui ma stavolta non mi voltai nemmeno a guardarlo.
Che la partita abbia inizio.

Spazio autrice.
Lo so, lo so. Devo farmi perdonare :(
Purtroppo ho avuto un mese di settembre tragico e non ho avuto ne modo ne tempo di scrivere e aggiornare. La storia sta andando molto a rilento.
Ho postate senza revisionare, spero non ci siano grossi errori :(

Questo capitolo è di transizione al prossimo che sarà una bomba. Spero davvero che vi piaccia ❤️

La vostra Gi. ❤️

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