Allegro: Before you go

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Antonio appena aveva saputo che le condizioni di Wolfgang era peggiorate repentinamente, si era precipitato a casa sua, quasi come attirato da una forza superiore.

Per lungo tempo aveva detestato quel ragazzino energico e sbruffone, ma sapeva che dietro quei pensieri negativi che gli riservava, c'era nascosto un grandissimo rispetto e un enorme orgoglio nel poter star vicino a uno dei più talentuosi compositori che avesse conosciuto. Tutto ciò lo spingeva ogni giorno a lavorare, a migliorare.

Ora però il salisburghese stava malissimo ed era per Salieri il momento di mettere da parte il loro screzi e cercare di dare un po' di sollievo morale a quell'anima che si stava avvicinando sempre di più al cielo.

Appena arrivato l'italiano aveva colto la gravità della situazione: Mozart restava inerme nel suo letto, con l'incarnato più pallido del solito e il viso ora illuminato da tantissime goccioline salate. Provava un moto di tenerezza nel vedere il suo rivale con le labbra riarse dalla fatica di respirare, lui che era sempre stato una boccata d'aria ovunque andasse.

Gli occhi stavano perdendo la loro solita luminosità, ma alla vista di Salieri lo sguardo di Mozart si era illuminato e aveva malamente tentato di alzarsi.

- Antonio, sei venuto!- gli disse mentre gli cadeva tra le braccia, ormai troppo stanco di combattere. Eppure in quegli occhi spenti si vedeva ancora una fiammella che lottava per restare accesa.

Sguardo nello sguardo, Salieri si era sentito esplodere il petto con sentimenti contrastanti: aveva scoperto che andare in quella casa era la cosa più giusta che potesse fare, ma allo stesso tempo aveva capito quanto gli facesse male vedere la vita di Mozart andarsene senza che non potesse fare nulla, aveva scoperto troppo tardi i veri sentimenti che lo univano a quell'eterno ragazzino.

Con una calma estenuante aveva tentato di accompagnarlo al suo umido giaciglio ma, per scelta di Mozart, erano rimasti in piedi lì, dove Antonio, trattenendo a stento le lacrime, aveva provato a parlagli.

- Sto morendo, lo sai?- aveva tagliato corto l'austriaco. Sì, certo che lo sapeva, ma non voleva ammettere neanche a sé stesso quella dolorosa verità, tanto meno a lui.

- Oh no Wolfgang, tu vivrai ancora a lungo, comporrai ancora per tanto tempo le tue bellissime opere che mi fanno tanto innervosire, ti prenderai ancora gioco di me con il tuo talento e con la tua estrema voglia di vivere, quella che porti ovunque e che hai trasmesso anche a me, io che sono sempre stato un'anima triste e sola, tu mi hai fatto scoprire la gioia di esistere con il tuo carattere felice e mi hai dato una motivazione per continuare a comporre, mi hai salvato Mozart.

- No, no Maestro, sei tu che con le tue continue critiche mi hai fatto capire l'importanza di lottare. Ma sono stanco adesso, non ho più voglia di combattere. Ci rivedremo amico mio, vero?- rispose Wolfgang con voce roca e un sorriso amaro.

- Si, ci rivedremo. E sono certo che quando succederà sarà tutto più facile e potremo...

Wolfgang era caduto nuovamente tra le sue braccia, il respiro si era fatto più pesante e rantolante, finché non aveva sentito più nulla, né un rumore soffiato né il calore del suo sospiro tra il collo e la testa. Il più grande compositore nella storia era morto così, tra le braccia di una persona che lo aveva detestato per troppo tempo, ma che ora aveva capito l'importanza del loro rapporto.

L' italiano aveva sollevato il corpo vuoto tra le sue braccia e lo aveva portato con un affetto sorprendente al letto dove era sempre stato, lo aveva poggiato e gli aveva chiuso gli occhi completamente spenti, lasciandogli un bacio sulla fronte ancora calda. Aveva atteso il ritorno di Costance osservando il corpo del compositore lasciato vuoto troppo presto, non aveva neanche la forza di piangere. Se ne era andato senza nemmeno salutare e appena fuori dalla casa era caduto in ginocchio nella neve dicembrina, le lacrime bollenti creavano grosse chiazze a terra e andavano a mescolarsi al chiassoso bianco del paesaggio. Nemmeno il freddo invernale era vagamente paragonabile al gelo che sentiva nel petto, un blocco di ghiaccio improvvisamente al posto del cuore, che faceva sempre più fatica a battere.

Si sentiva vuoto, come privato di una parte di sé ed era vero, Mozart era per lui quel lato che lo spronava a lavorare sempre di più, sempre meglio.

Ed ora di lui non era rimasto niente, se non i fogli scribacchiati e stropicciati che teneva tra le mani tremanti, il suo Requiem.

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