𝒞𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝒱 - 𝒩𝒶𝑜𝓂𝒾 𝓅.𝟤

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A mia sorella,

Grazie per la tua forza e la tua determinazione.
Grazie per esserti presa cura di me
Quando neanche io ero in grado di farlo.
Grazie per non esserti mai allontanata
Per aver visto del buono in me
Anche quando io vedevo solo marciume.

Grazie per avermi insegnato l'arte del coraggio,
Per avermi annaffiata di amore
E avermi fatta sbocciare.
Grazie per i tuoi preziosi consigli ,
Per aver riempito tutti i miei silenzi
E aver dato forma a tutti i miei pensieri.

Grazie di essere stata la migliore amica che potessi avere.

Resterai per sempre la mia ancora,
Il mio porto sicuro,
La mia casa.

•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•

«Mi dispiace di aver creato così tanti problemi in questi anni» ammetto con tristezza sottraendomi dal suo sguardo.

Mi sento in colpa, e questa sensazione non sembra volermi lasciare andare.

«Tu non sei un problema, non per me almeno.»

La sua voce è una melodia soave simile al canto degli angeli.

La sue parole son più dolci del miele e sanno curare la mia anima più di qualunque medicina o terapista.

Lei è l'unica di cui mi fido, l'unica di cui mi importa davvero.

«Ma sono passati quasi dieci anni e vorrei solo vederti andare avanti, essere felice...» continua.

«Non so come si fa» confesso io.

Ed è vero; non so come si supera un dolore così grande e come si lascia alle spalle una sofferenza tale. Ogni giorno mi sveglio e combatto con tutte le mie forze. Per non mollare. Per non cadere ancora. Ogni giorno guardo il mio corpo e mi detesto per il male che gli ho fatto. Per tutte le cicatrici a cui l'ho condannato.

Mi odio, solo perché non sono mai riuscita ad amarmi davvero.

«Cominciamo dalle cose semplici: per esempio, so che nella biblioteca di Brera oggi fanno un evento per autori emergenti. Potremmo andare, che ne pensi?»Azzarda a dire.

Sa già come la penso. Per quanto mi riguarda ho chiuso con la scrittura. E tutto mi sento fuorché una autrice.

«Sai già che non mi importa.»

«E invece non è così; so che è l'unica cosa di cui ti importa ancora un po'. Solo perché qualcuno ti ha detto di no non significa che non è la tua strada. Pensi che gente come Leopardi o Lady Gaga abbiano sempre ricevuto un sì come risposta?»

Scoppio a ridere. Solo mia sorella potrebbe inserire Leopardi e Lady Gaga nella stessa frase. E per di più farla suonare anche sensata. Non dubito che le sue parole siano vere, ma io non sono loro.

«Loro avevano un talento però, cosa che io non ho.»

«Tu hai molto più di un talento; hai un dono. Ed è sprecato se non lo tiri fuori. Fidati di me, stavolta ci sarò io al tuo fianco» insiste Naomi.

Alla fine mi lascio convincere. Non so nemmeno io come, ma mi lascio trascinare verso l'evento.
Avrà inizio alle 17:30 nella biblioteca principale, perciò dopo aver pranzato, io e Naomi ci prepariamo per uscire.

Lei indossa un jeans nero assieme a un maglioncino color mattone, le classiche Timberland ai piedi e un cappotto dello stesso colore.

Ha una fisicità che le permette di poter fare ciò che vuole; alta un metro e settantacinque, con una gamba affusolata che farebbe invidia persino alle modelle. Pesa sì e no cinquantacinque chili, da bagnata.

Ha gli occhi di un grigio blu che cambiano a seconda del tempo. Nei giorni di sole si accendono, mentre quando è nuvoloso raccolgono il colore del cielo diventando grigi.

Io, al contrario, non vanto la stessa bellezza. Infatti opto per una tuta oversize nera, tutta in pandant, accompagnata da delle sneaker bianche. Lego i capelli castano scuro in una coda bassa e lascio qualche ciuffo ribelle cadere sul viso.

Non oso mai con vestiti troppo aderenti, perché metterebbero in risalto i miei difetti e mi farebbero sentire a disagio. Non lego mai completamente i capelli perché non voglio andare in giro a volto scoperto, ma nemmeno li tengo sciolti perché sono fastidiosi.

«Sei pronta?» Mia sorella mi chiama dalla porta.

«Si, ci sono.»

«Beh?! Andiamo a mani vuote? Porta qualche scritto no? Metti che c'è la possibilità di leggere qualcosa, che fai, vai a memoria?» Dice sbuffando.

Per lei è tutto facile, certo.

Decido che ormai in questa cosa ci sono dentro e se devo dare una possibilità alla vita, devo dargliela fino in fondo. Così corro in stanza a raccattare qualcosa scritto da me, ma non guardo neanche cosa ho preso. Un racconto vale l'altro.

«Fatto. Ora possiamo andare?» Domando sarcastica.

«Da che non volevi andare, da che ora hai anche fretta eh» mi punzecchia lei.

Non rispondo alla sua provocazione ovviamente. Ma silenziosamente la ringrazio per avermi spinta a fare questo atto di coraggio. Comunque vada oggi, io ricorderò di averci provato.

Raggiungiamo la biblioteca con la metropolitana, in circa venti minuti da casa. Noi stiamo in zona San Siro, il che è una palla unica per due come noi che non amano il calcio. La confusione che si crea ogni volta che c'è una partita é sconcertante. Per non parlare di quanto traffico causa e quanto poco parcheggio resti per noi residenti.

«La mappa dice che dovrebbe essere qui a destra» commenta Naomi intenta a capire il navigatore sul telefono.

«So dove è la biblioteca» tento di dire, ma non mi sente.

È più entusiasta di me.

«Dice che siamo arrivati» annuncia qualche passo più avanti.

«Lo so» mi sforzo davvero di farmi ancora sentire?

È inutile.

«Eccoci, dai entriamo, mancano solo dieci minuti.»

Varchiamo la soglia di ingresso e subito le mie narici si scontrano con il profumo della carta. Un odore che fin da piccola amo. Quando arrivavano i libri nuovi per la scuola ricordo che restavo anche giorni interi a sniffarli, finché l'aroma di carta nuova non svaniva completamente. Lo stesso vale ancora oggi per i romanzi che compro.

«Che buon odore» commento a bassa voce entrando.

«Perbacco! Siete in tanti a scrivere qui a Milano» ironizza Naomi, stupita dalla quantità di gente che si è presentata.

Ma se per lei è una piacevole scoperta, per me si rivela terribile. Odio i luoghi troppi affollati. E se tra tutte queste persone io non centrassi nulla? Se facessi una brutta figura? Mi guarderanno tutti...

«Avrai molti ascoltatori oggi mia cara» continua mia sorella, ignara dell'imminente attacco di panico che si sta facendo spazio dentro di me.

«Non credo di sentirmi bene» confesso a bassa voce, tremante e senza fiato.

«Ma che dici, è un po' di ansietta, è normale. Anche io ne avrei davanti a tutta questa massa di gente. Ma vedrai che te la caverai benissimo. E poi, se non te la senti di leggere nulla, possiamo sempre fare le spettatrici per oggi. Tranquilla» mi porge la sua mano e io la afferro velocemente.

Lei è la mia ancora. Mi ci aggrappo con tutte le forze, altrimenti temo che potrei morire seduta stante.

Circa venti minuti più tardi, l'organizzatrice dell'evento sale sul piccolo palchetto che hanno creato e prende a parlare dal pulpito.

Sì presenta, racconta come è nata l'idea di creare questi incontri, e annuncia che tra il pubblico ci sono vari editori che potrebbero interessarsi alle opere lette.

«Una gran bella opportunità» commenta a bassa voce Naomi.

«Vogliamo dunque iniziare a leggere qualcosa?» La signora dai capelli biondi, legati in un impeccabile chignon basso, sta volta si rivolge a noi "autori".

Ma nessun coraggioso si fa avanti.

«Oh, insomma, siamo qui per leggere o no? Non abbiate timore di essere giudicati, qui siamo tutti uniti da un'unica grande passione.»

Poco dopo, un giovane ragazzo alza la mano tra la folla e si propone di leggere qualcosa.
Sale sul pulpito e comincia a narrare la sua storia. É intrigante: un giallo a sfondo fantasy scritto durante i tempi del covid.

Rimango piacevolmente colpita dalla sua scrittura e la trama è così avvincente che, se fosse già un libro, probabilmente lo comprerei. Chissà cosa penserebbero invece della mia storia le persone, se la leggessi.

Un quarto d'ora più tardi, il ragazzo dai capelli bruni e gli occhi nocciola, scende per lasciare spazio a un'altra autrice. Andiamo avanti così per un'ora circa. Ormai tanti hanno preso coraggio e si fanno avanti in sequenza.

«Adesso mi piacerebbe chiedere a voi, se c'è tra il pubblico qualcuno che stuzzica la vostra curiosità, di cui volete conoscere la storia» la signora bionda sta volta si rivolge alla "commissione" e subito noto che uno di loro rivolge il suo sguardo a me.

Sento che potrei morire adesso. Non voglio essere chiamata per nessun motivo al mondo. Ma è troppo tardi.

«La ragazza in nero» dice indicando me.

«É destino, lo sapevo. Forza Ester, tocca a te» mia sorella tenta invano di incoraggiarmi, tutta euforica, ma non serve a molto.

Sento le chiappe incollate a questa sedia e non riesco a muovermi da qui.

«Signorina, lei ha qualcosa di suo da leggerci?» Domanda l'oratrice principale.

Per un breve ma intenso istante ho pensato di dire di no. Ma non so se me lo sarei mai perdonata.

"Abbiamo detto che saremmo andate fino in fondo, ricordi?" Domando a me stessa.

E così, senza sapere neanche io come, riesco ad alzarmi e dirigermi verso il pulpito. Apro lentamente la cartella che ho portato, pronta a scoprire quale dei miei racconti ho raccattato nella fretta. A saperlo prima, avrei scelto con cura il migliore. Ma forse è meglio così, che il destino abbia fatto da sé.

Probabilmente io non sarei stata in grado di prendere una posizione. Così scopro quale racconto narrerò: sto per leggere l'inizio della mia storia.

•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•~•

Eccoci con un altro capitolo!

La storia inizia a prendere forma e piano piano usciamo dalla sola fase introspettiva della protagonista e diamo più spazio agli avvenimenti.

Ovviamente, sappiate che in questo libro ci sarà sempre una fase di riflessione, perché è il suo marchio di fabbrica.

Cosa ne pensate di Naomi? Sarà una colonna portante di questa storia.

E di Ester? Piano piano iniziamo a conoscerla meglio, e inizia persino a fare dei passi avanti. Siete curiosi di conoscere il suo manoscritto?

Ci vediamo nel prossimo capitolo per scoprirlo!

Baci
❤️

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