Ophil dagli occhi di fulmine

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Mentre il buio avvolgeva in una fredda e calma notte la foresta, un ragazzo camminava svelto tra gli alberi.
Sapeva che rischiava di arrivare in ritardo.
E se arrivava in ritardo, poteva quasi certamente aspettarsi la morte.
Era alto con gli occhi scuri e i capelli castani. Indissava abiti rossi e neri e un mantello scuro gli copriva il volto.
Finalmente arrivò ad un'ampia radura senza alberi. Era di forma circolare e si appoggiava al fianco di una montagna.
Nella parete di roccia si apriva una grotta profonda e buia.
Dopo qualche secondo il ragazzo si avviò dentro il tunnel.
Dopo dieci passi esatti una lieve scossa lo percorse per tutto il corpo e si ritrovò nell'ampio ingresso di quello che poteva essere un palazzo reale, solo un po' inquietante.
Le pareti ben lavorate erano di marmo nero e lunghi tappeti rossi.
Un lampadario lanciava una luce innaturale
creando uno spettrale gioco di ombre e riflessi.
Imboccò il corridoio davanti a sé e attraversò il pesante portone di mogano.
Si ritrovò in un salone il centro era occupato da un sontuoso trono rosso e nero.
Un uomo dal corto scheletrico e gli occhi che sembravano due fuochi era imperiosamente appollaiato su di esso.
Vedendolo arrivare l'uomo lo salutò.
<<Faelet>>
<<Signor Rostargund, signore>> replico il giovane.
<<Che notizie mi porti?>>
<<La nostra spia è dagli altri Cavalieri. Tra due giorni io e Murtagh c'incontreremo così potrà tornare qui con me. Mi assicurato che non sospettano nulla. I Cavalieri e Nasuada intendo>>
<<Bene. Ora, ti assegno un compito semplice semplice: abbiamo un'ospite, e magari tu potresti farle vedere in che cella alloggierà e marcirà per il resto della sua miserabile vita>> disse il Rostargund, marcando in modo sprezzante e arrogante.
Si alzò dal trono e si avviò in un angolo buio della sala.
Solo allora Faelet si accorse della presenza di una ragazza.
Aveva capelli chiarissimi e la pelle color latte. La tunica beige era sporca e strappata sul fondo. Le mani erano immanettate e aveva al collo un collare di cuoio nero e ai bordi rosso attaccato ad una catena arrivava in mano all'uomo.
Ma non fu quello ha catturare l'attenzione del giovane Faelet.
Furono gli occhi. Gli occhi...
Gli occhi erano gialli e il suo sguardo penetrante.
<<Sarebbe adeguata una cella dove la magia non si può usare, una di quelle che piacciono a noi>> detto questo strattonò la corda e trascinò la ragazza verso Faelet.
<<Se posso chiedere, signore, come si chiama questa prigioniera?>>
<<Ophil, Ophil dagli occhi di fulmine>> rispose, con tono irrispettoso.

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