V. Francisca.

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Presente.

                                                  Soundtrack – The Great War, Taylor Swift.

🌻

"Signorina Ortega, vuole deliziarci con il suo commento sul Canto V dell'Inferno?"

Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, e non avrei potuto redimermi dal farlo.

Ho un legame complesso con uno degli autori che ha scritto la storia della letteratura nel mondo. Se inizialmente ero titubante per la sua difficoltà nel leggere i suoi scritti, adesso è dovuto al...legame. Il legame che ho instaurato con questa storia specifica. Tale da inserire nelle opzioni del mio piano carriera accademico un corso facoltativo sulla letteratura italiana.

A volte il destino sa essere davvero beffardo. Sono passati giorni, settimane, mesi da quando io e il fratello della mia migliore amica abbiamo messo un punto a tutto ciò che avevamo e tutto ciò che eravamo. Un intreccio di speranze e sogni falliti, frantumati dall'idea di appartenere a due mondi diversi.

Due mondi che ci hanno lacerato, segnato, fatti diventare più grandi prima del tempo necessario a capirlo.

Ed è per questo che, nell'alzarmi in piedi per esporre la mia parte, mi mette a disagio sapere che ho addosso tutti gli occhi dei presenti alla lezione di oggi. Avrei dovuto optare per le mie solite calze così doppie da far sembrare le mie cosce di due taglie maggiori, ma invece la divisa dell'istituto evidenzia tutte le problematiche che ho con il mio corpo.

Nell'ultimo anno, sono dimagrita molto. Lo stress per i corsi di make-up extrascolastici mi hanno messo a dura prova, e l'inizio di un percorso da un terapeuta mi sta aiutando a limare tutte quelle caratteristiche che non tolleravo del mio carattere.

Per accennarne una, il mio rapporto con le donne.

Per anni, sono cresciuta in un ambiente elitario dove una scarpa di Christian Louboutin valeva più di un rapporto umano. Dove un abito da settemila dollari aveva la priorità su una vacanza con i propri figli. E un lavoro da investimenti da capogiro era più importante dell'avere una famiglia a casa che aspettava il tuo ritorno.

Mio padre è un megalomane schiavo del potere e del denaro. Mia madre è il frutto del suo controllo, in un mondo in cui il patriarcato la fa ancora da padrone, quando in realtà dovrebbe essere estirpato come radici velenose.

E io ho capito che avrei dovuto prendere le difese di una vittima nonostante io sia stata a mia volta una sua vittima. Ho capito che avrei voluto essere migliore di quello che mi era stato insegnato, e che l'idea di donna arrampicatrice che avevo nella mia testa era frutto del mio passato, e in parte anche colpa di una me che non aveva avuto la maturità per distaccarsene.

Ma ho aperto gli occhi.
E non è mai troppo tardi per aprire gli occhi in questo mondo.

Se non ci proteggiamo noi donne, allora non lo farà nessuno.

E quel nessuno, prima o poi, pagherà il prezzo alto dell'indifferenza.

Tutto questo sono stata in grado di realizzarlo solo dopo anni di aiuti e realizzazione interiore. Quando quell'ambiente tossico non è più stato al centro dei miei pensieri. Non è più stato in grado di farmi male. Solo quando ho provato a farmi valere in una realtà già segnata, ho capito che tutto ha un valore diverso nella vita.

Ma a che prezzo?

Tutto.

Al prezzo di tutto.

E l'uomo che mi sta fissando con i suoi occhi malinconici, striati di mare e argento, rappresenta quel tutto.

Era tale e oltre. Ma ciò che mi ha fatto non potrà più risanare la ferita che era stata già aperta dai miei demoni interiori. Cioè che mi ha fatto non potrà più mettere un limite tra me e il paragone con le altre.

Tra me e il paragone con Cordelia.

Ma io gli ho mentito. Conosce una visione di me distorta, usurata dal tempo e mai più ripresa. E se c'è un aspetto che può sollevarmi da quanto accaduto è che il rapporto di Paul con Blade è stato risanato. E che in fondo, nel mio cuore, potrei addirittura essere grata alla donna che mi ha fatto del male per tutto questo tempo.

Perché, se Paul è ritornato a sorridere, è anche merito suo. E ammetterlo è una ferita sanguinante in un cuore di troppe spine.

Il rapporto che hanno instaurato dopo che Paul si era lasciato con me è stato addirittura più forte di quel che avevano già avuto in passato.

Ma poi, lui l'ha lasciata.

Si sono bruscamente allontanati. Lei nei suoi riguardi è diventata più diffidente e fredda, e solo quest'anno hanno iniziato a parlarsi di nuovo con maturità.

Mi sono sentita la causa di ogni male. Potrebbe risultare paradossale, ma ho cercato di prendermi io la colpa. Ma allo stesso tempo, io sono anche convinta del loro amore e di ciò che avevano. Non hanno mai finto per il tempo che sono stati uniti. Ma devo consumarmi nelle mie domande, perché non ne ho il diritto. Non dovrei più impicciarmi.

Così come la storia dei due amanti danteschi, Paul Hills e Francisca Ortega erano anime buie e solitarie, viaggianti in un girone dell'Inferno. Un destino che si era divorato la loro speranza in un mondo migliore, in cui l'amore potesse essere riconosciuto come il sentimento più nobile e indistruttibile di ogni epoca.

"Signorina Ortega?"

La voce di Mrs. Oiligriv mi riporta sulla Terra, e l'impatto è destabilizzante. Mi sistemo i lembi della gonna a scacchi verde-nera, e mi schiarisco la voce con il capo chino. Il foglio sul mio banco contiene tutto ciò che devo dire, quindi non dovrei avere problemi a ribadire i miei appunti. Ma più il ticchettio dell'orologio mi ricorda che il tempo scorre, più vorrei non aver mai scavato nelle mie ferite storiche.

Mi sistemo una ciocca rossa dietro un orecchio, e capisco di avere le guance rosse. Ho mille sguardi sulla schiena, ma è la maledizione del mio incrociato con quello dell'uomo nella fila accanto e un po' più avanti a peggiorare la mia situazione precaria.

Lui ha le dita delle mani incrociate e i gomiti sul banco, ma è semi girato verso di me per osservarmi, e accanto a lui c'è un posto vuoto.

Avrei potuto sedermici a inizio lezione? Forse. Ma le sue iridi pregne di rimorsi, rimpianti e sensi di colpa mi ricordano perché sono tanto simili alle mie nel loro essere così diverse, ed è automatico che ci sia ancora tanta strada da fare per ritrovare la serenità perduta.

Il foglio tra le mani mi trema, e sono sicura che, da esposta quale sono, più di un presente l'avrà notato. Non aiuta il fatto che l'insegnante si sia alzata e appoggiata alla cattedra a braccia conserte, per ascoltare meglio cos'ho da dire.

"Mi sono appuntata molte annotazioni, ma vorrei centrare il mio focus solo su alcune che rispecchiano a pieno il mio pensiero."

"Siamo tutt'orecchi, signorina Ortega. Nel suo curriculum accademico è presente una predisposizione a questa materia e all'argomento trattato, ed è il motivo per cui ho scelto lei per concludere la lezione di oggi. È così, giusto? Ha un occhio di riguardo per la storia di Paolo e Francesca."

Non posso evitare di fare un piccolo sussulto. E non ho il coraggio di sfidare lui.

"Sì, è giusto." vocifero appena.

"Ottimo." batte le mani. "Iniziamo."

"Vorrei partire dal contesto dell'opera. Paolo Malatesta e Francesca da Rimini sono due personaggi della letteratura realmente esistiti, e di cui autori illustri come Petrarca, Boccaccio, D'annunzio e Pellico ne hanno omaggiato la storia. Ma l'opera che ha contribuito a renderli tali è la Divina Commedia di Dante Alighieri. I due giovani appaiono nel Canto V dell'inferno, raffigurando le anime destinate al cerchio dei Lussuriosi. Lei era sposata con Gianciotto Malatesta, fratello di Paolo, e questo matrimonio è stato la causa della sua morte ingiusta. Era stato combinato dal padre di lei, Guido da Polenta, per l'aiuto ricevuto dall'amico nel cacciare i nemici dei Traversari. E oltre al danno, anche la beffa, perché Francesca è stata ingannata sin dal principio: per conoscere la sua futura sposa, a Ravenna mandarono Paolo. E Francesca ha accettato con gaudio l'unione a nozze con quello che pensava essere il suo futuro sposo. Ma ben presto, l'inganno d'identità e la forzatura dell'accettazione sono venuti a galla, e il giuramento della donna si è rivelato fatale. Da quel matrimonio è nata una figlia, Concordia, ed è stata la salvezza delle sue giornate. Perché senza sua figlia, quel matrimonio senza amore avrebbe potuto condannarla a una vita senz'anima."

Le parole si stanno raggruppando nella mia gola. Le dita strette intorno alla carta sono l'unica costante che mi permette di mantenere un rapporto con la terraferma, poiché la mia mente vorrebbe essere ovunque tranne che in questa stanza.

"Ma Paolo, rammaricato dell'inganno che le aveva procurato la sua famiglia, ha iniziato a visitare la fanciulla grazie all'alibi dei suoi possedimenti presenti a Gradara. Ma è stato uno dei suoi fratelli, Malatestino dell'Occhio, a dare vita alle sciagure dei due giovani. Aveva spiato a lungo gli incontri segreti tra i due, che stavano diventando sempre più insistenti, ed è stato solo questione di tempo prima che il settembre del 1289 potesse diventare la data simbolica per eccellenza. Giangiotto, il fratello di Paolo, era stato avvisato della visita del giovane da Francesca. E beccare i due darsi un bacio durante una lettura della storia di Lancillotto e Ginevra, personaggi leggendari del ciclo bretone e molto simbolici all'interno del racconto, è stata la fine."

Deglutire è diventato ancora più difficoltoso. Le parole mi stanno entrando sottopelle e...e non riesco. Non riesco a non collegare... me stessa.

Il mio mondo. Il mio destino.

Chiudo gli occhi per un istante, faccio un piccolo respiro e poi riprendo.

"Giangiotto ha estratto la sua spada accecato dalla gelosia e dall'ira di quello che ai suoi occhi era stato un tradimento, e i due amanti in un primo momento hanno provato anche a scappare, ma tutto inutile. Il sacrificio di Francesca, ovvero pararsi davanti al suo uomo per salvarlo dalla furia del marito, è il simbolo per eccellenza di questo amore profano agli occhi del mondo, ma una salvezza agli occhi dei diretti interessati. Dante ha inserito i due amanti nel girone della Lussuria all'interno dell'Inferno, ed è qui che analizzo la mia opinione sull'opera del poeta, Mrs. Oiligriv."

"Sarei voluta arrivare a questo punto." mi sorride, e fa un gesto di permesso con la mano. "Dica pure."

"Sarò molto onesta, ma è stata la riflessione che più mi ha tormentata durante le ore di studio e parafrasi del Canto. Dante ci ricorda che i due amanti sono dei lussuriosi, due anime viaggianti in cerca di un perdono che non arriverà mai, poiché, a sua detta, macchiati di un peccato gravissimo. Ebbene, discuto la sua scelta di mostrarli mentre volano insieme per catturare il suo sguardo e la sua meraviglia. Mi spiego meglio: tu, autore, ci hai presentato queste due persone come la quintessenza del male. Chiusi in un luogo tenebroso e sinistro, fatto di pianti, lamenti e urla per indicarne l'aspetto carnale."

"Dante non ha mai detto che loro siano tali. Francesca, d'altro canto, viene considerata da lui come 'la più giustificabile', poiché meno resistente a quell'amore che l'ha portata alla rovina. Considero l'accusa al poeta alquanto superficiale, poiché è chiaro che nessuno abbia obbligato i due giovani a condannarsi."

È come se mille stalattiti mi avessero trafitto la schiena in un colpo solo.

La voce accusatoria di Cordelia Copperfield la avverto in ogni angolo del mio corpo, della mia mente, della mia anima.

Il suo messaggio implicito è chiaro, ma dichiararlo dinanzi alla classe intera ha il sapore del veleno.

Mi giro verso di lei, e non ho paura ad affrontarla. Non più. Perché ciò che ha detto è di una gravità estrema.

"Stai dando la colpa a Francesca per essersi innamorata? Di aver sperimentato quell'amore puro e incondizionato di cui tutti noi sogniamo nella vita, ma pochi hanno il coraggio e il carattere per tenerselo stretto?"

Anche la mia frecciatina contiene un esperimento che, ne sono sicura, ha colto in pieno. La sua espressione cambiata ne è la dimostrazione, fatta di una mascella indurita e una linea sottile al posto delle labbra.

"Dico soltanto che, di quei tempi, certe libertà non erano ammesse. E se ti prendi il lusso di sfidare la sorte..."

"Francesca non ha sfidato nessuna sorte." La mia voce si alza. "Francesca si è semplicemente innamorata dell'uomo di cui ha provato qualcosa già a prima vista nel loro primo incontro, e ha nutrito quel sentimento in tutti gli incontri successivi."

Il sorriso di Cordelia è quanto di più lontano e fedele alla sua replica. "Stiamo dicendo lo stesso, Ortega. Lei non doveva innamorarsi. Solo così si sarebbe salvata."

La mia risata secca è decisiva. Sono sicura che più di una persona stia osservando il nostro dibattito con estremo interesse, ignorando cosa nasconda realmente.

"No. Tu stai dicendo che a lei andava negata una libertà. Io sto dicendo che quella libertà è un sacrosanto diritto."

"E a che scopo, mh?" mi risponde. "E poi, vorrei ricordarti che tramite le parole del Canto noi veniamo a conoscenza dello stato d'animo del poeta. Nell'ascoltare la donna, Dante prova commozione."

"Sì, perché la ritiene fragile. È lontano dall'essere un complimento."

"Sbagliato." cantilena lei, come se fosse divertente sentire una donna andare contro un'altra donna, e fosse professionale interrompere la mia relazione. Ma la professoressa non interviene, e ciò mi fa credere che cercasse proprio il dibattito all'interno della sua lezione. "Si commuove perché gli ricorda il suo amore incondizionato per Beatrice. E sono sicura di non doverti ricordare chi sia questa donna dall'importanza straordinaria. Giusto?"

È ufficiale: mi sta davvero trattando come una stupida. Ma io non cadrò nei suoi tranelli psicologici. Non oggi.

"Inoltre, Dante è chiaro sulla sua posizione." continua a inveire lei. "Il sopravvivere del sentimento dei due oltre alla morte viene visto come segno della potenza che lo caratterizza, e una dimostrazione di quanto fosse impossibile un fato diverso."

"Allora stai esattamente confermando la tua negazione. Non è colpa di Francesca. E non lo è mai stata. Lei era innamorata. Punto. E trattarla come se avesse desiderato essere trafitta dalla spada di un uomo animalesco e senza coscienza è alla pari di dire un "si è cercata tutto questo." E suona tremendamente sottomesso alla ideologia del patriarcato persistente nella nostra società odierna, Cordelia Copperfield. E se dopo secoli di storia in cui mogli e amanti sono state uccise dai loro uomini per atti come adulterio, stregoneria – vedasi l'Anna Bolena di Enrico VIII – e altre sciocchezze al limite del surreale, il tuo unico pensiero è incolpare una donna di aver vissuto a pieno la sua vita... be', mi spiace dirtelo, ma sei causa del problema stesso. E fai compagnia a molte donne e uomini come te che non accettano la realtà dei fatti."

Un brusio si fa spazio nel nostro dibattito, poiché lei si è zittita. La sua faccia, per la prima volta dopo anni, mi fa allargare le narici dall'orgoglio di ciò che sono riuscita a esporre... senza crollare in un pianto emotivo.

La me di anni fa non ci sarebbe mai riuscita. E questo è un enorme traguardo.

"E sì", insisto "è vero che il poeta prova pietà, ma è anche uno degli autori più ipocriti mai esistiti nella letteratura mondiale. E ciò non intacca il suo immenso talento."

Il brusio aumenta, ma questa volta per la blasfemia che leggo anche negli occhi della professoressa, che mi domanda: "Cosa intende dire, signorina Ortega?"

"È il cuore della mia analisi, Mrs. Oiligriv. E ringrazio l'intervento inopportuno della signorina Copperfield per avermi dato lo spunto per iniziarlo, evitando spiegoni qualunquisti come i suoi. Evidentemente, la mia collega non ha mai sperimentato quell'amore vero e profondo di cui si parla nell'opera. E di questo, mi rammarico per lei e il suo giudizio facile."

Eccolo.

Il punto di non ritorno.

Il volto di Cordelia impresso nella mia mente per l'eternità.

Sbiancato, irrigidito, svuotato della sfrontatezza con cui aveva pensato di portare a casa quella conversazione. Ma quello che lei non sa è che il mondo può distruggermi, mettermi in discussione, annientare ogni mio ideale e valore. Ma non potrà mai, e dico mai cancellare ciò che questa storia è significata per me sin dal giorno in cui ne sono venuta a conoscenza. A costo di rinfacciarle cose che non penso, poiché se c'è una convinzione che mi angoscia da anni è che lei, quell'amore con lui, l'ha davvero provato. E mi concentro sulla targhetta attaccata sul maglione della professoressa per appurare che oggi ho ragione.

Ho ragione a credere nella fatalità del destino. A insegnarci Dante e la Divina Commedia, è nientedimeno che una donna il cui cognome, letto al contrario, forma una sola parola: Virgilio.

E se non è questo il destino, allora non ho idea di come esso possa ancora manifestarsi fra noi comuni mortali.

Dopo aver vinto questo dibattito con lei, la mia fermezza e decisione nell'esporre le mie idee è anche aumentata. In me ribolle la rabbia di una donna che ha atteso troppo a lungo per dire ciò che sta per dire. E necessito dei secondi che mi procuro e del respiro che viene in mio soccorso per concludere l'analisi.

"Dante Alighieri sposa l'ipocrisia della sua condanna nel momento in cui, all'interno del Purgatorio e del Paradiso, inserisce persone che, in vita, erano stati suoi amici. E ammissione di colpa o meno, è un chiaro segnale del suo favoritismo. È una chiara dimostrazione di come ai suoi occhi un amore puro come quello di Paolo e Francesca, che non hanno fatto del male a nessuno, sia da condannare. Mentre, dall'altra parte, non ci pensa due volte a dare una seconda possibilità ad altre figure storiche con reati maggiori alle spalle. La sua pietà e l'apparente commozione, dunque, sono a mio parere becere e fini a sé stesse. Esse non gli impediscono di condannare i due giovani, e né il suo svenimento riesce a rammollire il mio cuore. Certo, qualcuno potrebbe dire che sia un'opera che vada contestualizzata in virtù dei suoi tempi, ma... quante volte abbiamo usato questa scusa ai giorni nostri? Evidentemente, è solo una credenza. E di quei tempi non ce ne siamo mai liberati."

Sono tutti interessati allo svolgimento della mia opinione. Ho avuto il coraggio di mettere in discussione un autore intoccabile. E il petto gonfio di orgoglio è il risultato che voglio incassare.

"Quante volte, di un padre violento, è stato detto che era stato il contesto in cui era cresciuto a renderlo così? Quante volte, di un matrimonio combinato, era stata incolpata la donna di adulterio, mentre l'uomo poteva avere tutte le amanti che voleva? E quante volte una libertà individuale è stata massacrata da quei detentori del è solo la mia opinione laddove l'opinione non è richiesta, poiché non c'è falsa verità al mondo che regga a tal punto? No, signori. Questa non è la realtà che dobbiamo seguire o aspirare. Opere eterne come queste sono state inserite nei programmi scolastici di tutto il mondo anche e soprattutto per analizzare e distaccarsi dalle mentalità del tempo. Per comprendere la posizione dell'epoca, ma condannarla senza se e senza ma."

Sono ancora più carica, e non ho intenzione di fermarmi. "Non deve essere uno svenimento a farvi pena. Non deve essere la convinzione di poter accettare un destino scritto dagli altri a manipolarvi. Dovete essere voi gli artefici di ciò che vi accade intorno. Voi. E nessun altro. Se un lavoro non vi rispetta, ribellatevi. Se il vostro marito o fidanzato fa lo stesso, lasciatelo. Ma non fatevi dire mai cosa fare. Non fatevi dire mai che è sbagliato amare. Perché l'amore è il sentimento che muove il mondo. E se annulliamo anche questo, l'essenza stessa della vita non ha ragion d'essere."

La professoressa ha un'espressione che mi riempie il cuore di beatitudine. E mi blocca per chiedermi: "Come intende concludere questa sua progressione, signorina Ortega? Ci faccia un riassunto della sua idea con poche semplici parole, affinché anche la classe possa riflettere sulla sua idea nei giorni successivi."

Mi prendo il tempo per formulare le giuste frasi che mi sono state richieste, poi inizio.

Ma prima di farlo, i miei occhi hanno una sola direzione. I suoi. Infiniti come il cielo che rappresenta. E la lucidità delle mie sclere sarà la vera condanna a morte di questa storia.

"Non è Francesca a dover chiedere scusa o incolparsi per i suoi sentimenti. Non è Paolo a dover pagare il prezzo più alto per la sete di potere della famiglia di lei. Non è con le parole che puoi dimostrare di esserti pentito per aver giudicato il vissuto di qualcuno, ma solo e soltanto con i fatti. In questo caso, la comprensione e il tatto necessari a salvare due anime che non avevano alcuna colpa se non quello di essersi trovate, tatto che invece viene riservato ad altri. Sono grata a Dante e a tutta la generazione di autori e autrici che l'hanno preceduto e seguito, perché in caso contrario non saremmo qui a discutere di un'opera le cui riflessioni e parole superano i confini del tempo. Ma a noi spetta il cambiamento. A noi spetta sfidare la sorte e dire: non voglio essere una seconda Francesca. E non voglio essere un secondo Paolo. E se proprio dobbiamo incarnarli, facciamo in modo che questa seconda occasione... ne valga la pena."

La campanella ha un tempismo perfetto.
Mi permette di ricordare a me stessa che, per tutta la dichiarazione, i miei occhi non si sono persi un solo istante dei lineamenti di Paul. E vederlo emozionarsi al modo in cui ho esposto il tutto, mi ha reso fragile e vulnerabile al punto di sistemare alla rinfusa i libri nella borsa, e scappare dall'aula ignorando gli aggiornamenti della professoressa Oiligriv sulle lezioni future.

Lontano da tutti. E lontano da lui.

🌻

I miei desideri hanno vita breve.

Una volta chiuso l'armadietto con il lucchetto, sobbalzo alla vista di una mano che ha contribuito allo scatto. So di chi si tratta ancor prima di girarmi, perché quell'odore di agrumi e vaniglia lo riconoscerei fra miliardi.

Ed è incredibile come il silenzio per noi non sia mai stato un problema. Ma fra queste mura, così diverse dai tempi e luoghi in cui Francesca e Paolo avevano avuto modo di conoscersi, io mi sento intrappolata quanto loro. E imploro il perdono della mia anima affinché un'entità superiore non si avvalga della stessa facoltà di Dante nel giudicarmi.

"Esposizione magnifica."

Ho il cuore in gola.

Il solo tono della sua voce avrebbe potuto togliermi la parola, ma sentirlo complimentarsi con le mie idee e le mie passioni ha il sapore di quella condanna che tanto temo.

Ma non voglio scendere a compromessi.
E la mia replica è un basso: "Vado di fretta."

Una gamba fra le mie cosce mi blocca il passaggio. E ora sì che il mio respiro è azzerato.

Fisso l'armadietto mentre metabolizzo come l'uomo accanto a me mi abbia appena impedito di andarmene.

"Io no."

Non riesco a guardarlo. Non riesco a ignorare l'idea che la moltitudine di persone che passeggia nei corridoi possa vederci.

Mi sento in un limbo di proibito e volere. Vorrei parlargli, ma non al prezzo di dargli modo di rubarsi ancora una parte di me.

"Per quanto tempo ancora potremmo andare avanti così, Francisca?"

La sua voce è soffice, e l'inclinazione accentuata sul mio nome mi fa tremare lo stomaco.

Non rispondo. Ho bisogno di vedere qual è il limite che intende superare, considerando che ha ancora un ginocchio fra le mie cosce. Rincara la dose di quel limite con il braccio appoggiato sull'armadietto, e mi osserva. Osserva le mie ciglia e osserva la mia bocca. E io maledico la possibilità di visionare il mondo con la coda dell'occhio.

"Parlami."

Ancora un colpo al cuore che mi disintegra. Ma devo resistere.

"Concedimi le tue parole. Potrà bastarmi."

Mi volto verso di lui. Non so neanche io perché lo stia facendo. E me ne pento nell'esatto istante in cui rispondo.

"Non ti sono mai bastate. Non vedo come ora possa cambiare."

Mi aspettavo uno sguardo arrendevole, rassegnato all'idea di non ricevere quella connessione che lui si spetta.

Al contrario, continua a fissare le mie labbra, e una sensazione mi contorce lo stomaco nel vederlo così sicuro di rispondermi.

"Il contrario, invece. Quel giorno ti ho creduto. Ho creduto alle tue parole. E ho creduto ai tuoi occhi."

Adesso sono i miei a cedere a un pizzicore che proprio non vorrei. È segno di una debolezza che non posso concedermi. E la trasferisco nella mia risposta.

"E oggi? Credi ancora a quelle parole?"

Uno strano senso di inquietudine mi tormenta. Sebbene non riusciamo a disintegrare la connessione dei nostri sguardi lucidi, provo una fatica immensa a sostenerli. E vale lo stesso per il silenzio riempito solo dall'assordante chiacchiericcio nei corridoi.

"Credo soltanto a me stesso. E al bene che mi voglio e che merito."

Poche e semplici parole per alimentare quelle insicurezze che, un tempo, mi avevano reso la donna che avevo tanto odiato. Per mesi, non mi ero capacitata di come vedessi quell'odio nutrito da me anche riflesso nei suoi occhi. Ma se ero stata capace di mentire, ora sarei stata capace anche di sopravvivere.

"Quindi credi a Cordelia."

Ma è la mia risposta a svegliarlo dal torpore delle sue sicurezze. Tutto si aspettava, fuorché la convinzione nella mia voce e la profondità del mio sguardo. Ancora incatenato al suo.

"Mh?"

"Credi a lei."

"E con questo cosa vorresti dire?"

Il suo tono è un sospiro, ma la sua paura di sbagliare è assordante. E lo è anche per me decidendo di confessare i miei pensieri.

"Hai avuto quel bene. Hai avuto ciò che pensavi di meritare. Lei ti ha dato la serenità e la fedeltà che volevi. Eppure, te la sei lasciata scappare."

Ancora una volta. Ancora una volta intrappolata dal suo ginocchio che preme contro il mio inguine. Ma adesso, sono le sue dita e la sua ritrovata confidenza ad allarmarmi, poiché il modo in cui mi afferra i polsi, li solleva in alto, li incrocia e mi schiaccia facendomi appoggiare la schiena all'armadietto... non è normale.

Non è normale la velocità. Non è normale come ha reagito il mio corpo al contatto con il suo. Non è normale il sentimento che gli leggo negli occhi. E non è normale che, a distanza di tempo, io non abbia ancora imparato la lezione.

Altro silenzio, altre domande. Tocca a me porne una, mentre le mie iridi diventano il suo tormento preferito.

"A che gioco stai giocando?"

Esce poco più di un sussurro. E non riesce a demolire la sua sicurezza. Il mio petto sta iniziando a sollevarsi a un ritmo scomposto, e non reagisco a quelle dita. Non reagisco ai miei polsi accarezzati dai suoi morbidi polpastrelli.

"A un gioco che avremmo dovuto giocare fin dall'inizio. Ed evitarne la fine."

Posso avvertire il mio battito accelerato andare al ritmo dell'organo che sento all'altezza del suo petto. La sola certezza che ho è lo smarrimento del mio udito. Perché oltre lui, c'è il nulla. Oltre lui, i corridoi sono un ricordo.

"Ci sei sempre stata tu."

Cosa?

I miei occhi si sgranano.

Se possibile, il mio battito accelera ancora. E la pelle del suo corpo incastrata fra le mie cosce inizia a essere un'invadenza per la mia mancata resistenza.

"Ci sei sempre stata tu, girasole. Tu. E nessun altro."

Non so cos'è che riesce a farmi reagire in questo modo. Se il soprannome che non sentivo da troppo, troppo tempo o la delicatezza con cui il suo respiro mi sta entrando dentro.
Ce l'ho ovunque. Fra i capelli. Nel corpo. Nell'anima.

Ma lo respingo. Premo le mani contro il suo petto e lui mi permette di ribellarmi.

Una volta libera, ho un fiume in piena che vuole controbattere.

"C'ero io? Davvero?"

Non capisce. Ha bisogno di sentirselo dire. E la lezione di oggi è stata illuminante. Come tutte le volte in cui lei, il soggetto dei miei tormenti migliori, si è messa tra di noi.

"E c'ero io anche quando ti sei scopato lei?"

Il fiato mi si strozza in gola. Ricordare quei ricordi non fa bene alla mia apparente serenità ritrovata con il mio terapeuta. Rispolverare quelle immagini mai viste, scoperte da una confessione di Cordelia, restano ancora il mio tormento eterno.

Non sono mai riuscita a digerirlo. Non sono mai riuscita ad andare avanti. Perché sebbene lui stia vivendo in una menzogna creata a hoc da me, è anche vero che dopo la nostra rottura non abbia perso un solo istante. Un solo istante per tornare da lei e riavere quella sicurezza che poi lui stesso ha inspiegabilmente interrotto tempo dopo.

Troppe domande. Poche risposte.
E probabilmente, se continueremo così, nessuno di noi avrà mai quelle poche.

Lui resta senza parole, e il suo viso lo conferma.

"C'ero io anche quando hai scelto di voltare pagina tornando dalla donna che mi ha fatto del male per tutti questi anni?" insisto.

"Non lo sapevo. Non conoscevo tutti i vostri trascorsi, Francisca. Lo sai anche tu. Ne abbiamo già discusso più volte."

"Ciò non giustifica ciò che hai fatto." Mi trema il mento e la voce. E mi manca l'aria. "Ciò...ciò non giustifica che... sei tornato da lei. Sei tornato da lei. E ha fatto un male atroce."

Sono ufficialmente al limite.
Della mia voce e delle mie capacità mentali.

"E tu?" mi risponde, quando riesce a inquadrare la situazione. "C'ero io nei tuoi pensieri quando hai deciso di tradirmi con uno dei miei più cari amici? C'ero io nei tuoi tormenti quando i mesi sono trascorsi, e io non ho passato un solo cazzo di giorno a non chiedermi perché mi avevi fatto questo? Mi hai tradito, Francisca. Hai tradito la mia fiducia e tutto ciò in cui abbiamo creduto. Ma sembri dimenticartelo troppo spesso."

Eccola, la ferita che mi fa ancora male a distanza di tempo.

La bugia a cui mi devo attenere. Il modo in cui lui mi guarda inscenando il tradimento nella sua mente. E la convinzione con cui devo sostenere quell'immagine orribile di me.

"Abbiamo fatto questo discorso già un milione di volte. E c'è un motivo se non siamo mai arrivati a una conclusione."

Provo a procedere, ma lui mi afferra un braccio. Una delicatezza in contrasto con il risentimento e il dolore che stanno germogliando nel mio corpo, insieme al pizzicore che sta iniziando a formarsi ai lati dei miei occhi. Non riesco più a gestirlo.

Ora sono leggermente avanti rispetto alla sua figura, e lui mi fa arretrare per avermi a un palmo dal suo viso. Mi tremano le labbra. E non migliora quando lui ci concentra, ancora una volta, le sue attenzioni.

"Devi promettermi una cosa, girasole. E dopo, ti lascerò in pace."

Se resterà fedele alle sue parole, potrà essere un buon compromesso. Ma qualcosa mi dice che non sarà così. E io sarò costretta ancora a lungo a sopportare il mio cuore spolpato dal modo in cui lui mi guarda.

"Devi promettermi che un giorno mi dirai perché l'hai fatto. Perché hai deciso di infliggermi questo male sapendo che ti amavo e che per te avrei ribaltato il mondo intero e oltre. Devi prometterti di poter sapere la verità. Nient'altro che la verità. E potrai vivere senza la mia ombra a contemplare il modo in cui splendi senza nessuno, e solo con le tue forze."

Una parte di me vorrebbe confessargli tutto.

Un'altra, sta inghiottendo una quantità di saliva così consistente da potercisi strozzare.

Ma nulla di tutto ciò deve accadere.

Nulla delle mie menzogne e resistenze devono crollare.

La sola certezza che ho è quella di proteggerlo. Da mio padre e dallo stesso destino che lo accomuna con il tragico eroe di Dante che porta il suo stesso nome.

E mi pento. Mi pento amaramente di fargli credere che io mi stia avvicinando alle sue labbra e gli stia delicatamente afferrando la camicia per baciarlo. Perché la dolcezza, la speranza e la sorpresa con cui lui fissa le mie mi sbriciola il cuore in mille pezzi, e mi accelera il battito al punto di farglielo udire.

C'è un secondo. Un microscopico secondo in cui penso di azzerare le distanze, e concedere al mondo intorno a noi la possibilità di vedere che sono ancora innamorata di quest'uomo. Sono ancora condannata a inseguire un destino che non può appartenermi. Esattamente come Francesca. Esattamente come il suo conflitto per il matrimonio, la sua gabbia invisibile.

Ma quel secondo scompare come polvere da sparo di una miccia pronta a esplodere. Perché mi ricorda chi è mio padre. Mi ricorda quanto abbia in comune con il padre nella tragica storia d'amore dantesca. E ancor di più, mi ricorda chi siamo.

L'amore e la sfida. I due poli dell'amor cortese. La tensione nobilitante e la tensione distruttiva. E la base della distruzione.

"Hai sempre voluto lei. Hai sempre voluto Cordelia Copperfield. Ed è ora che tu apra gli occhi e te ne faccia una ragione. Lasciami in pace, Paul. Vai avanti per la tua strada. E io andrò avanti per la mia."

Chiunque avrebbe notato il tremore nella mia voce. Chiunque avrebbe notato il modo in cui mi sono allontanata di scatto e la velocità con cui mi sono asciugata le lacrime con la camicia nel mio tragitto intrapreso lontana da lui.

Chiunque. Ma non lui.

Perché lui è diverso. Lo è sempre stato.

Lui ha sempre cercato di mostrarmi la vera me. Quella che non avevo il coraggio di far uscire. Quella con cui ho lottato. E quella con cui lotto ancora ogni giorno. E sono alquanto sicura che lui abbia percepito la menzogna nelle mie parole, e non si arrenderà fino a quando non avrà una mia risposta alla sua promessa.

E mentre le mie lacrime prendono il sopravvento, e la sua figura sbiadisce lontana dai miei passi veloci e incerti, io continuo a credere di aver ragione sull'amore che non si sceglie e non ha una via di fuga.

Ma preferirei, almeno per una volta in tutta la mia misera esistenza condannata, di trovarne una a tutto il dolore che comporta la solitudine. E a differenziarmi, almeno per un istante, dalla tragicità del destino di quella donna del passato collegata al mio presente.

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