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Alis

Domenica

Non so come possa procedere questa giornata.
È Domenica e solitamente questo giorno è considerato il più rilassante di tutti, ma purtroppo non è sempre così.
Se non hai niente da fare, ma soprattutto niente a cui pensare, tutto è più semplice.

Mi alzo controvoglia come tutte le mattine e raggiungo il bagno ancora in pigiama per rinfrescare il viso e magari svegliarmi maggiormente.

Non so se mi sento tranquilla oppure ho ansia dentro di me. È una sensazione che non riesco a decifrare.

Gli elementi a cui pensare sono particolarmente chiari, ma non ne ho voglia. Non ho voglia di pensarci e questo... Questo mi fa stare bene, meglio.

Sento che questa mattina sarà diverso, un pò più tranquillo. Non mi interessa se domani, Lunedì, tornerà a essere la soluta routine stressante. Non mi importa del domani. Oggi, solo oggi, voglio sentirmi meglio e stare serena.

E per riuscirci, ho bisogno di un cornetto caldo, un cappuccino leggero come piace a me e un venticello accompagnatore.

Ho solo bisogno di un particolare: la persona giusta.
Non mi va di chiamare Justin e disturbarlo per l'ennesima volta, tantomeno Ashley che starà dormendo ancora e Michael... Michael non so, lo lascerei ad Ashley.

Scelgo quindi di farmi da persona giusta e uscire da sola.

Passo in salotto a dare il buongiorno ai nonni e a papà.

-Cosa vuoi per colazione?- Chiede nonno Ran.

-In realtà avevo in mente di andare fuori a fare colazione.- Affermo dandogli un bacio sulla guancia.

-Ottima idea, corri a vestirti allora, non voglio che tu faccia tardi per pranzo poi.- Dice ovviamente scherzando siccome mancano poco meno di quattro ore a pranzo; ascolto il suo "consiglio" e corro in camera per scegliere l'outfit giusto per questa Domenica.

Non si rivela una scelta impossibile e subito dopo aver finito, esco da casa.

Assaporo il venticello mattutino e mi incammino verso il bar, o almeno uno di quelli che mi ricordo ci siano nei dintorni.

Ne approfitto per ascoltare la musica e infilo entrambe le cuffiette facendo partire la riproduzione casuale.
Era da tempo che non provavo la sensazione nell'ascolto dei suoni... E devo dire che mi sono persa molto.
Mi sento più tranquilla, ma soprattutto con più grinta.
Non mi fa venire voglia di pensare ai problemi come ci pensa al contrario la normalità.

Dopo vari passi, mi imbatto in una graziosa porticina, quella di una pasticceria.
Non sarà un bar, ma è meglio.

La mia entrata è accompagnata dal suono di una campanellina.

-Buongiorno.- Mi saluta la pasticcera con un completino a righe in tema.

Le sorrido girandomi a chiudere la porta e metto le cuffiette aggrovigliate in tasca.

Dopo aver scelto di prendere un cappuccino e un cupcake, mi siedo.
Non faccio in tempo ad iniziare a mangiare, che la campanellina suona dinuovo e riconosco il volto.

-Ciao Alis!- Mi saluta.

-Ciao Thomas.

Ricordo che Ashley mi ha detto di non fidarmi molto di lui perché fa parte dei Kings, ma penso che questa scelta spetti a me.

Dopo aver preso un caffè, si avvicina al mio tavolo e si siede.

- Come va?- Chiede mettendo lo zucchero nella tazzina.

- Bene.- Sorrido.

- Non ci siamo più visti a scuola. È un vero peccato.- Dice.

Mi trovo in difficoltà su cosa dire non conoscendolo bene.
Mi limito a un:- Già.

Continua a parlare e cerco di mantenere stabile il discorso con dei monosillabi, cominciando poi a sciogliermi con le parole dimenticandomi del cappuccino.

Quando ci fermiamo e inizio a berne un sorso, mi accorgo che è freddo, ma non gli do molto peso e lo finisco.

Percepisco gli occhi di Thomas addosso e, dal leggero imbarazzo, sorrido.

- Cosa farai oggi?- Chiede.

- In realtà niente di che.

Si ferma un attimo per pensare sul da farsi.

-Hai voglia di venire con me il pomeriggio? Io e i miei amici ci incontriamo in un bar. Te li faccio conoscere.

In realtà se si trattasse di voglia, non uscirei mai, ma in questo caso il problema è che non conosco molto bene Thomas.
La mia risposta dovrebbe essere 'no', ma mi andrebbe di conoscere nuove persone. Magari sono gentili e divertenti.

-Sì, può andare.- Rispondo e una strana sensazione chiamasi Ashley mi ribolle nel sangue.

-Perfetto. Mi dai il tuo numero? Così ti passo a prendere io.- Propone sempre con il sorriso dolce stampato in faccia. 
Quello che mi servirebbe ogni mattina per stare meglio.

Aiutandomi con il telefono, gli detto il mio numero che dimentico ogni volta che cerco di ricordarmelo a memoria.

Lo salva e subito mi invia un messaggio per darmi di conseguenza il suo.

Dopodiché mi saluta ed esce dalla pasticceria accompagnato dal suono della campanellina.

Seguo anch'io le sue mosse dopo aver aspettato qualche minuto e torno a casa infilandomi nuovamente le cuffiette.

In fin dei conti, mi sono trovata qualcosa da fare nel pomeriggio.

Non impiego molto a raggiungere il luogo di partenza e mi precipito in camera sdragliandomi completamente nel letto.

[...]
Ho appena avvisato i nonni che uscirò con Thomas tra poco, specificando cognome e aspetto per soddisfare la loro curiosità.
Papà non è a casa, siccome è dovuto uscire a fare visite.
Così mi sono raccomandata di informarlo della mia assenza al suo ritorno.

Sono un po' in ansia di incontrare qualcuno di nuovo. Non so se sperare di conoscere nuove ragazze o meno.
Le ragazze o sono giuste o sbagliate, come i ragazzi d'altronde, ma i ragazzi cambiano sempre atteggiamento, quindi sono entrambe le cose.

Non vorrei solo incontrare persone che mi faranno soffrire in qualche modo da tutti i lati e i punti di vista; le persone possono soffrire in tanti modi.

Dopo essermi praparata, mi arriva una notifica: il messaggio di Thomas che mi sta aspettando sotto.

Saluto i nonni ed esco raggiungendo la macchina piazzata aldilà del cancello.
Le finestre sono scure e non riesco a vedere il passeggero; quando abbassa un finestrino accellero il passo più sicura intravedendo il viso di Thomas.

-Hey.- Lo saluto entrando.

-Ciao.- Solito sorriso.

Durante il tragitto cerca di farmi sentire a mio agio parlando, ma io mi deconcentro costantemente.
Non so se considerarla una buona scelta, ma voglio provare ad essere positiva per una volta e non pensare a nessuno.

Thomas ferma l'auto e, dopo avermi rivolto un'occhiata, esce. Io faccio lo stesso e lo seguo.
Entriamo in un bar penso. O meglio, una piccola locandina losca e buia.
Sicuramente il posto non adatto a me.

Ci avviciniamo a un tavolo già occupato da altri ragazzi, amici di Thomas. Lui infatti si siede accanto a uno di essi e invita anche me a farlo.

-Allora Thomas, chi è questa ragazza?- Dice malizioso uno di loro, ma mossa sbagliata che mi fa salire il groppo in gola. Mi sento fuoriluogo, come sempre, ma ora ancora di più.

-Lei è Alis, è nuova a scuola.- Risponde Thomas per niente turbato e faccio del mio meglio per cacciare un sorriso.

-Piacere, sono Lucas.- Si presenta il ragazzo allungando la mano.

Dopo poco, gliela stringo.

-Alis.

-Allora, Alis, come mai sei nuova?- Chiede. L'unica domanda che non va fatta, sembra essere la preferita di tutti.

Thomas si accorge del mio silenzio e senza sapere niente anche lui, zittisce il cosidetto Lucas per non tornare più sul discorso.

-Dicci qualcosa di te almeno.- Un'altro ragazzo più tranquillo si fa avanti. Ha i capelli biondo scuro tendenti al riccio.

- Tu saresti?

- Aron se è questo che può farti dire qualcosa.- Scherza.

Penso un attimo prima di dare risposta, non tanto per non volere, ma per non sapere cosa dire di me.

- Sono venuta al Bronx da Mahnattan. Da piccola vivevo qui. Non amo molto questa città e niente. Non ho altro da aggiungere.- E così come comincio, finisco la lista ristretta.

- Interessante.- Fa uno ridacchiando.

Non mi altero, perchè ancora non conosco nessuno, ma soprattutto perchè non ne avrei motivo.

- Vuoi andare?- Sussura Thomas. Penso abbia capito che di solito non parlo con persone come i suoi amici.

- No.- Sorrido.

Dalla porta entrano due nuove persone; mi stupisco.
È un ragazzo biondo e... Dan.

- Cosa ci fanno loro qui?- Domando senza uno specifico destinatario, quando si avvicinano al nostro stesso tavolo.

- Li conosci?- Replica Aron sorpreso.

-Oh no no.- Mento.

Dan e il ragazzo incognito si siedono.
Entrambi hanno gli occhi fissi su di me.
Il primo ad aprir bocca è Dan.

- Cosa ci fa lei qui?

Vorrei dirgli che poteva chiederlo direttamente a me senza passare per gli amici, ma non è la cosa che mi interessa di più ora.

La mia mente frulla di informazioni.
Se Thomas fa parte dei Kings e questi sono i suoi amici, Dan fa parte di loro.

- Vi conoscete?- L'ennesima domanda e aspetto ansiosa la risposta.

- No.

Non so se essere delusa o cosa, non riesco a esprimerlo. Subito dopo si presenta come nulla fosse.

-Piacere: Dan.

Seguito da un:- Piacere, Matthew.- Dall'altro ragazzo. Mi accorgo degli occhi azzurri così profondi, ma distolgo lo sguardo per non imbambolarmi.

Lucas chiama il barista e ordina qualche bevanda. Nell'attesa, iniziano dei discorsetti. Sento varie occhiate addosso che iniziano a infastidirmi.

- Cosa ci fai qui?- Bisbiglia Dan sicuro che gli altri siano distratti.

- Conosco Thomas. Più o meno.- Dico.

- Conosci Thomas? E da quanto, un giorno? Basta per venire qui con lui?

- Scusa, che vuoi dire?- Mi giro totalmente verso di lui per capire meglio.

- Te ne devi andare. Sul serio, lo dico per te.- Diventa protettivo in un secondo, ma quel secondo basta per farmi capire che Dan non è veramente protettivo, è solo odioso.

- Mica mi uccidono. Dan fatti gli affari tuoi. Non so veramente dove vuoi arrivare.- Ma già dalla prima frase, cala il silenzio in lui.

Il barista arriva con bicchieri e bevande e mi distraggo.

-Cos'è?- Chiedo non sapendo l'ordine che hanno preso per me.

-Semplice birra.- Risponde Thomas, ma come se fosse stato preso in causa, Dan si gira e mi guarda dinuovo.
Questo comportamento è alquanto strano esattamente come suo fratello.

Mando giù un sorso della birra, ma non mi piace affatto il sapore. Nonostante questo, tra un pensiero e l'altro, la finisco senza problemi.

Lucas e un altro ragazzo che non ho conosciuto si alzano.

-Noi andiamo. Abbiamo degli affari da sbrigare.

Il primo mi rivolge un'occhiata prima di uscire dal bar.
Dovrei iniziare a farci l'abitudine...

Dan continua a sembrarmi strano e inizio a voler capirne il motivo, ma non ora e non qui davanti agli altri.

-Usciamo un secondo anche noi. Torniamo subito.- Sbotta Thomas e lui insieme agli altri tranne Dan si alzano.

-Io resto qui.- Decide.

Una volta che si allontanano, Dan mi guarda profondamente con un volto serio e io reggo lo sguardo. Ma non resisto per tanto.

- Devi andartene.- Ordina.

- Devo andarmene!?- Quasi mi stupisco.

Non risponde.

- Rispondi almeno. Che c'è? Ti infastidisce la mia presenza?-Domando, ma non sembra intenzionato a rispondere a questa domanda.

- Sai chi siamo?

- Persone normali, non è così?- Lo sfido, ma non sembra apprezzare questi modi verso di lui.

- No, non è così. Siamo i Kings. Ed è meglio che tu non abbia nulla a che fare con loro.

Usa il loro. Veramente usa "loro" per indicare anche se stesso?
Dan è veramente sinonimo di "attacco nervoso".

- Smettila.

- Ti sto dando un consiglio. Preferisci essere presa in giro alla vita normale di ora?- Non so se prenderla tanto come consiglio.

- Non ho nulla da perdere.- Mi sto odiando mentalmente, perché questo mio atteggiamente è fuoriluogo, lo riconosco.

- E invece ci perderai ancora di più.- A questo punto, rientrano Thomas e gli altri.

- Di che parlavate? Dan fa lo stronzo?- Scherza Thom.

- No no, non preoccuparti.- Sforzo di sorridere, ma non so cosa ne esce veramente.

- Che succede?- Si preoccupa.

- Niente. È che... Mi fa male la testa. Torno a casa.- Mi invento. Ho un leggero mal di testa, sì, ma è lieve e sopportabile.

- Ti riaccompagno.- Fa Thomas.

- No, la riaccompagno io. Anche io devo andare.- Si intromette Dan e si alza autoritariamente.

- Andiamo?- Dice tranquillo.

-Sì.- Rispondo e saluto gli altri.

Una volta fuori, ci avviciniamo alla macchina e partiamo rimanendo prima in silenzio; momento distrutto dalla voce di Dan.

- Perché lo hai fatto?

Non rispondo e giro la testa per non essere costretta a guardarlo, ma non la pensiamo allo stesso modo.

- Guardami e rispondimi.
Di solito non mi dà retta nessuno.

- Non ti ho "dato retta". Avevo mal di testa- Scusa numero due.

- Non ci crede nessuno al tuo famoso mal di testa.- Ribatte e aumenta la velocità.

- Vai piano.

- Non ci vado se non dici niente.- Aumenta ancora.

- Ti ho detto di andare piano infatti.- Ribadisco, ma accellera dinuovo.

- Vai piano!- Urlo per farmi ascoltare e funziona.

- Ti ho dato retta. Ti ho creduto, contento?- Ma non sembra affatto felice.

- Hai paura della velocità?- Cambia argomento.

Abbasso lo sguardo, ma annuisco.

- Perché?- Si interessa ancora. Mi accorgo che sta prendendo una strada diversa, forse per temporeggiare e in effetti dopo poco torniamo in una strada sconosciuta.

- Perché molta gente è morta a causa di incidenti e non voglio far parte di quella percentuale. La velocità non mi piace.- Quando finisco di parlare, sorride e quella linea curva sul suo volto non pare essere a suo agio.
È un evento più unico che raro.

Arriviamo dopo poco davanti al cancello di casa. Scendo salutandolo, ma lui senza rivolgermi parola, riparte a tutta velocità.

ℳ𝒶𝒹 •𝒶𝓂

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Finalmente concluso anche questo capitolo.

Non so come, ma sono riuscita a terminare ora, che me ne sto in silenzio dalla rabbia.

Spero vi piaccia.⚡💕

Voi come state? (sinceri)
E come vi trovate con la vostra classe?

Piccola aggiunta: ho cambiaato i discorsi diretti, penso sia grammaticalmente più corretto.
Meglio con i trattini o le virgolette?

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