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Alis

Sabato

Quella mattina era stato difficile alzarmi, a dir poco impossibile.
La sera prima io e Ashley avevamo chiacchierato per molto tempo, tanto che non mi ricordavo nemmeno di cosa avessimo parlato. Eravamo in una fase dormiente e, molto probabilmente, entrambe non capivamo niente di ciò che diceva l'altra.

Era rimasta a dormire da me dicendomi di avere i libri nell'armadietto a scuola e l'avevo lasciata fare. Ed eccola lì accanto a me a dormire come un ghiro.

Quella notte era stata speciale, perché nonostante tutto ci eravamo conosciute meglio e sentivo un legame ancora più forte di quello di prima.

Mi alzai e mi vestii velocemente, poi cercai di svegliare Ashley scuotendola. Dopo qualche mugolio di disapprovazione, si alzò anche lei con movimenti goffi e buffi.

Senza fiatare, in circa una trentina minuti, finimmo entrambe di vestirci e fare colazione e salutammo i nonni in salotto.

Ad aspettarci fuori c'era Justin, aveva saputo che mia cugina aveva dormito da me. Quella volta mi sedetti nel sedile accanto a quello di Bieber e Ashley dietro nel sedile posteriore.

"Com'è andato il pigiama party?" chiese lui sorridendo. Definirlo pigiama party non era corretto, insomma solo i bambini possono chiamarlo così!

"Ma quale pigiama e pigiama!" scherzai io. Il discorso non continuò e calò il silenzio fin quando arrivammo a scuola.

"Eccoci" esclamò Justin e spense il motore. Uscimmo e sbattemmo gli sportelli contemporaneamente.

"Io e Justin andiamo, abbiamo una verifica" disse Ashley e corsero all'entrata. Io al contrario feci con calma. Ero libera dai pensieri, ma appena vidi Dan, Ryan riaffiorò nella mente. Mi sorrise maliziosamente quando incontrò il mio sguardo e rimasi perplessa. Cosa significava? E se c'entrava qualcosa con quella storia? Se fosse stato lui a scrivermi e non Ryan? Non sapevo cosa credere, ma le mie supposizioni erano abbastanza convincenti. O magari mi stavo facendo troppe paranoie per un sorriso... ero certa di averci visto della malizia, come se mi avesse fatto un torto e mi stesse avvisando di questo.

Suonò la campanella e corsi verso la classe, o almeno aumentai il passo. Mi faceva strano sedermi accanto a Michael, era diverso, ora che sapevo ciò che provava per Ashley.

"Buongiorno" mi salutò gentilmente.

" 'Giorno" ricambiai il saluto amichevole eludendo il 'buon'. Dan entrò cinque minuti in ritardo e non si preoccupò nemmeno di scusarsi con l'insegnante.

"Signorino, deve imparare a comportarsi a modo. Le devo ricordare che potrebbe passare un altro anno al quinto?" lo raccomandò la professoressa. Dan borbottò qualcosa di incomprensibile, ma sicuramente contro l'affermazione.

"Alis", a sentire il mio nome, alzai il capo immediatamente.

"Carter, si sposti nel banco davanti vicino a Dan. Voglio che studiate insieme, che Dan aiuti te, così che lui sia costretto a studiare..." decise improvvisamente, ma non ero d'accordo.

"Prof, scusi, perché proprio io?" chiesi spiegazioni, se c'era un modo per non fare come aveva deciso, lo avrei trovato.

"Perché è nuova e potrà recuperare le lezioni passate, Dan sarà anche costretto a studiare... In più, voglio che facciate il lavoro che assegnerò oggi, insieme. Il lavoro verrà presentato la prossima settimana. E con questo, chiudo il discorso" concluse.

"Mah" mi uscii un suono di disapprovazione e, quando me ne accorsi, tappai la bocca con la mano.

"Ho detto chiuso il discorso, si alzi e si sposti avanti" ripeté. Sentii gli occhi di tutti addosso quando mi alzai e passai al banco davanti.

"Mi dispiace" sussurrò Michael e mi sorrise dolcemente per confortarmi, capiva perfettamente la situazione e sicuramente più di me avendo passato quattro anni con Dan come compagno di classe.

Lui era seduto con non curanza con le spalle al muro, le gambe divaricate e i piedi intrecciati alla mia sedia tenendola ferma sul posto; cercai di stare seduta, ma spostò la sedia continuamente innervosendomi.

"Stai fermo" ordinai, ma continuò a divertirsi.

"Smettila" continuai.

"Smetto quando lo voglio io" replicò. Che sfrontatezza!

"Non mi interessa quello che vuoi tu" lo zittii.

"Ehi laggiù, silenzio" ci richiamò la prof, al che mi innervosii maggiormente siccome era stata una sua idea mettermi vicino a questo paladino dell'impertinenza.

"Senti, ho la settimana piena e dobbiamo fare il compito... Quindi lascio le redini a te" disse. Se aveva l'intenzione di farmi fare tutto il lavoro, poteva scordarselo!

"Assolutamente... no. Ci incontriamo e lo finiamo in un giorno."

"Oggi è l'unico giorno libero", e gli altri cosa aveva di così importante da fare? Non erano affari miei, ma la sua sembrava essere una scusa per togliersi il peso il prima possibile.

"Allora vada per oggi" tagliai corto non molto convinta e aggiunsi: "A casa mia non ti voglio".

"Allora si farà da me" disse schietto; non sembrava per niente offeso.

"Ora?" chiesi di nuovo.

"Fa' come diamine ti pare" rispose stufo cambiando del tutto tono.

"Vengo alle tre" decisi e cercai di stare attenta alla lezione concludendo il nostro discorso. Non sapevo come sarebbe andato a finire quel lavoro, ma di per certo non ne sarebbe uscito fuori un capolavoro. Buffo come i prof possano rovinarti la vita in un secondo!
Stranamente riuscii a concentrarmi, a capire i nuovi argomenti e intervenire alle spiegazioni.

"Abbassa la mano e non fare la sapientina" ordinò Dan infastidito quando alzai la mani per rispondere a una domanda di ripasso.

"Mi scusi se per te il livello di intelligenza nemmeno esiste" lo ignorai tenendo la mano alzata. Mi stupii delle mie risposte, non avevo mai parlato in quel modo prima di allora, forse con Justin... Probabilmente era il fatto di fare nuove conoscenze a influire sul mio comportamento. Cercai invano di non dargli attenzioni, ma si rivelò una missione impossibile.

"Non fare l'intelligente..." ridacchiò lui.

"Non la faccio, lo sono." Mi guardò male.

"Non ti mettere contro di me."

"Non è mia intenzione, abbiamo un lavoro da fare. Meglio non avere problemi."

"Bene. Capisci al volo." Smisi di rispondere, magari avrebbe chiuso la bocca.
Per il resto delle ore in effetti si distrasse con il telefono cercando di non essere beccato. Più che altro ero io che provavo a non farlo notare, siccome lui era totalmente disinteressato dalle conseguenze. Essendo la sua compagna di banco, i suoi problemi sarebbero potuti ricadere su di me ed era l'ultima cosa che volevo.

Appena suonò la campanella d'uscita, sospirai ed abbandonai l'aula.

"Ci vediamo alle tre" esclamai a Dan prima che scomparisse dalla mia vista, per ricordargli l'orario stabilito.

Sul parcheggio, aspettai Ashley e Justin vicino all'auto di quest'ultimo.

"Come va?" chiese.

"Una favola. Sono vicino a Dan e per di più devo fare un lavoro con lui" dissi ironicamente. Risero entrambi e li fulminai con lo sguardo.

"Ci vediamo esattamente questo pomeriggio sperando che ne uscirà qualcosa", appena pronunciai quelle parole, mi ricordai del fatto che Dan viveva con Ryan. Sentii il cuore pronto ad uscire dal torace, non respiravo più regolarmente.

A casa, mi sbrigai a mangiare così da avere maggior tempo per fare i compiti o avvantaggiarmi nello studio. Avvisai i nonni di dover uscire il pomeriggio per questioni scolastiche e salii in camera mia. Mi risultò difficile concentrami anche a casa, perché ormai era a Ryan che pensavo ogni volta che vedevo una lettera del suo nome affiancata ai numeri matematici. Non riuscii a capire come, ma terminai correttamente la maggior parte degli esercizi. Forse pensavo così tanto a lui perché... perché mi mancava. Può una persona mancare pur conoscendola da poco tempo? Forse sì, ma non ero in grado di rispondere, non mi era mai capitato di dover rispondere a una domanda del genere.

Era tutto così strano, così diverso da prima... era tutto più normale. Perfino i problemi erano normali per me.

Avrei potuto provare veramente qualcosa per lui, forse per quello mi mancava. Avevo una voglia assurda di abbracciarlo. Era l'unico capace di colmare il vuoto dovuti a tutti gli abbracci mancati di amici, amici che non ho mai avuto.

Volevo solo sapere perché mi evitava, perché non mi aveva più risposto di punto in bianco. Non aveva senso e se c'era un senso, qual era?

Mancavano dieci minuti alle tre, così iniziai a preparare il materiale da portare con me. Scesi le scale e salutai i nonni e papà, avvertendoli di non sapere l'orario in cui sarei tornata. Sarebbe dipeso tutto dai fatti.

Una volta fuori mi trovai in difficoltà sulla posizione della casa. L'ultima volta era stato Justin ad accompagnarmi per andare alla festa, ma non ricordavo il tragitto. Così decisi di richiamare Bieber per aiutarmi e rispose al secondo squillo.

"Hey Alis." Lo salutai anch'io.

"Hai bisogno di un passaggio?" pensò ridacchiando. Non risposi un po' imbarazzata.

"Chi tace acconsente. Passo subito da te" disse senza il bisogno di avere il consenso e attaccò.

Lo aspettai sul vialetto camminando su e giù come un soldato mentre tirava un leggero venticello. L'autunno è uno di quei periodi intermedi, freddo ma non freddissimo. Un quarto dell'anno dove gli alberi si spogliano e i marciapiedi sono colmi di foglie secche. Non si fa altro che calpestarle e punzecchiare l'udito con il leggero rumore.

Justin arrivò dopo cinque minuti e mi affrettai a salire in macchina, percepii subito il calore del condizionatore.

"Grazie" sussurai chiudendo lo sportello.

"Nulla" e partì. Ero felice di poter contare finalmente su qualcuno che non fosse mia cugina.


"Dove devi andare esattamente?" chiese.

"A casa di Dan" spiegai e immaginavo che avrei ricevuto uno sguardo storto.

"Di Dan? Cosa ci fai a casa di uno come lui?"

"Dobbiamo fare un lavoro insieme. In teoria dovrebbe anche spiegarmi degli argomenti siccome sono nuova, ma in pratica mi impegnerò da sola pur di non farmi aiutare da lui" gesticolai con le braccia sbuffando più volte. Al solo pensiero, mi saliva uno stress alquanto insopportabile.
Dopo poco tempo, arrivammo davanti al portone.

"Ti lascio qui?"

"Sì, grazie ancora."

"Se hai bisogno per ritornare, chiamami" sorrise e fece per ripartire. Mi avvicinai alla porta e suonai il comune campanello. Aspettai irritata e infastidita cinque minuti buoni, quando la porta si aprì e ad aprirla fu Ryan. Rimasi spiazzata, dovevo ammettere che il suo sguardo mi era mancato...

"Che ci fai qui?" esclamò sorpreso quanto me, forse di più.

"Devo... devo fare un lavoro con Dan" sconfissi tutte le forze che cercavano di farmi balbettare.

"Dan?!"

"Già."

Aprì maggiormente la porta per farmi entrare e fu ciò che feci. Mi sedetti sul divano senza farmelo ripetere due volte. La casa era diversa il giorno, non me la ricordavo esattamente in quelle condizioni. Il giorno della festa era piena di gente che occupavano ogni angolo non permettendomi di vedere l'arredamento; in più, sicuramente, qualche mobile era stato spostato per l'occasione.

Ryan era ancora lì. Non sapevo se avesse intenzione di parlare o meno; non sapevo nemmeno se io ne avessi l'intenzione.

"Dan dov'è?" Avrei dovuto fare questa domanda dall'inizio, ma anche se il motivo per cui mi trovavo lì era Dan, sapere dove si trovasse era l'ultima delle mie preoccupazioni. Ma il dovere mi chiamava.

"In camera" rispose. Eravamo entrambi troppo limitativi con le parole. Mi alzai così da poter andare a chiamare Dan, Ryan non mi sembrava intento a farlo.

"Dove vai?"

"A chiamare Dan penso. Abbiamo un lavoro da fare."

"No, vado io" decise con un'aria infastidita. Non riuscivo a decifrare le sue emozioni. Senza accorgermene, sbuffai, ma lui al contrario se ne accorse eccome.

"Che c'è?"

"Non ho detto niente."

"Hai sbuffato."

"Non posso?" Rimase un buco di silenzio in cui pensai stesse formulando una riposta, ma scosse semplicemente il capo.

"Non ti capisco proprio..." dissi.

"Cosa non capisci?"

"Mi sembra chiaro, no? Ci sto pensando da molto tempo."

"A cosa sentiamo?" mi interruppe.

"Cosa? Mi chiedi cosa? Mi hai scritto di uscire e niente, non hai continuato a rispondere. Cos'è? Avevi cambiato idea?" mi sembrai patetica, le aprole che avevo fatto uscire dalla mia bocca mi facevano sentire patetica. Sì, perché una ragazza come me non aveva mai avuto né amici né fidanzati nella sua vita e in quel momento non sapeva come comportarsi, era inesperta.

"Te la stai prendendo con me? Sul serio?" I toni si alzavano sempre di più, non lo avevo mai sentito così.

"Con chi dovrei prendermela?" Ero io il problema? Non andavo bene io? Quello era il dubbio che mi ero sempre portata dietro come un mattone.
Ed ecco che arrivò una risposta.

"Te stessa." Il mio sguardo diventò innocente e debole, totalmente isolato. Non capivo.

"Per te è solo un gioco? Dicevi di non essere abituata a ciò, ma non mi sembra. Fai con tutti così?" Si fermò un attimo per trovare le parole giuste, ma concluse con un sorriso illuso.

"Cosa intendi?" riuscii a domandare, mi sentivo persa e terribilmente in colpa senza averne il motivo.

"Sei andata a dire a tutti del bacio. Pensavo ti piacevo, non che fosse un modo per parlarne con tutti e prenderti gioco di me."

"Cosa?" esclamai incredula. E io che credevo che fosse lui a prendersi gioco di me... è stato tutto un malinteso, ma non sapevo a cosa fosse dovuto.

"Alis smettila. Pensi che mi faccia piacere dirti queste cose? È stato Dan a dirmelo. Sei arrivata a tal punto da dirlo addirittura a lui?"

Mi uscì una lacrima. Una sola lacrima.
Se solo gli altri avessero immaginato l'importanza di quella lacrima, che racchiudeva un dolore immenso. Era vero: era colpa mia. Io ero sbagliata, non ero abituata a stare con gli altri. Cosa mi aspettavo? Di avere qualche amico? Di essere un'amica per qualcuno?
La verità era che ero solo una persona a cui non apparteneva la normalità. Non avevo il carattere per essere come gli altri, non ero adatta. Quella era la mia unica colpa.

Sentii gli occhi pizzicare di dolore, pieni di parole, pieni di odio e di rancore, che sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro, ma era sempre rimasto lì.
Senza aggiungere altro, senza voler capire, salii le scale per poter chiamare Dan. Sentii una morsa al cuore. Faceva male. Avevo sentito lo stesso dolore solo con la morte.... Poteva lo stesso dolore verificarsi con l'amore?
Avrei dovuto essere arrabbiata con Dan, ma l'unica con cui potevo arrabbiarmi era me stessa. Bussai in tutte le porte, fino a sentire la sua voce.

"Chi è?"

"Alis" la mia voce tremava. I suoi passi si avvicinarono e aprì la porta con gli stessi movimenti di Ryan, anche lui rimase spiazzato.

"Vieni" la sua di voce era molto diversa, era più scontrosa.

Mi sedetti sul suo letto, completamente in disordine, mentre lui si sedette, per modo di dire, nella sedia girevole. La sua stanza era scura, solo le pareti erano bianche e donavano una luce in più all'ambiente essendo completamente spoglie.

"Da dove iniziamo?" chiese rivolgendomi finalmente uno sguardo che poteva essere definito tale.

"Strano che ti interessi."

"In realtà non mi interessa, ma penso non avresti aperto bocca così l'ho fatto io" prediligette.

"Già..."

Pensai che ci avesse sentiti, che avesse sentito me e Ryan, ma non capivo perchè non dicesse niente a riguardo siccome lui in qualche modo faceva parte di quel casino.
Quando stavo parlando con Michael a scuola, pensavo che Dan non ci stesse ascoltando e che non ci avesse sentito, a quanto pare ci ero cascata. Era bravo a non dare sull'occhio.
Non volevo complicare maggiormente la situazione e non volevo più avere a che fare con nessuno.

(Fine revisione momentaneamente)

Iniziamo a metterci all'opera dopo pochi minuti e in altrettanti minuti, riusciamo a fare qualcosa.
Non ho mai visto Dan così concentrato.
Siamo quasi alla fine del compito e non vedo l'ora di completarlo e liberarmi dallo stress.

"Togli quel telefono." Lo riprendo appena si deconcentra.

"Lasciami in pace." Replica scontroso.

Roteo gli occhi. C'era da aspettarselo.
Prendo un suo cuscino e glielo tiro.

"Te lo ripeto: lasciami in pace."

"Dobbiamo fare insieme il lavoro."

Vedendo che non mi ascolta, gli lancio un altro cuscino.

Irritato si alza e viene verso di me.

Divertita lo guardo con aria di sfida, ma il suo sguardo rimane duro.

"Dovresti sorridere un pò." Scherzo, ma poi rifletto un attimo. È strano detto da me che poco fa potevo scoppiare in lacrime, ma non ho mai visto Dan sorridere.

"Non fa per me." Rallenta il passo e non capisco cosa voglia fare.

Poi prende un cuscino e lo mette sopra la mia testa spingendo.
Riesco a respirare a malapena e grido.

"Lasciami." Urlo e lo sento ridacchiare in sottofondo, mentre alza di poco il cuscino per permettermi di respirare.

Qualcuno entra dalla porta sbattendola.

"Lasciala!" Ordina Ryan arrabbiato.

"Calmati." Dan toglie finalmente il cuscino e mi alzo a sedere sul letto cercando di riprendere fiato.

"Smettila di essere stupido Dan." Continua Ryan.

Dan torna ad avere un volto arrabbiato e duro.

"Non ti preoccupare, non la stavo scopando." Dice e in un secondo si ritrova con la schiena al muro con le mani di Ryan sul colletto della maglia.

"Ryan!" Urlo, ma le mie parole sembrano mute.

"Giuro che la prossima volta..." Inizia a dire Ryan furioso.

"La prossima volta cosa? Non ti sto rubando la fidanzata! In teoria nemmeno siete fidanzati." Gli ricorda Dan.

Ryan sospira e molla la presa uscendo dalla stanza come se non fosse successo nulla.

Dan mi rivolge uno sguardo, mentre io sono del tutto spiazzata e cerco di formulare i fatti.

È possibile che Ryan sia geloso?

Dan toglie lo sguardo.

"Penso sia meglio che te ne vai. Finirò io il lavoro." Dice.

Vorrei ribattere, ma non mi sembra il momento.

Prendo le mie cose ed esco senza salutarlo.
In soggiorno c'è Ryan, ma non apro bocca e lascio la casa.

E se prima la situazione era critica, ora non so come descriverla.
Non so se Dan riuscirà veramente a terminare il lavoro, ma la cosa che mi preoccupa di più è: sono veramente io la causa di ciò che è successo? Può Ryan arrivare a tanto solo per gelosia?

ℳ𝒶𝒹 •𝒶𝓂

Hate me-Ellie Goulding, Juice WRLD

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Buonasera 💜
Come state passando i primi di novembre?

Come vi sembra il capitolo?

A scuola ho preso 7 al tema, motivo: scrivo bene, ma semplice.
Pensate che io scriva in modo semplice?(non penso sia un'offesa)
Se sì, è una cosa brutta o pensate possa migliorare?
(Scusate se continuo a fare queste domande haha)

Grazie di aver letto😘
Buon sabato sera e buona domenica in anticipo.

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