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Alis

Lunedì

Era passata circa una settimana da quando eravamo tornati al Bronx.
Quei giorni avevo dormito sul divano, perché non volevo disturbare nonna, tantomeno gli altri. Papà, invece, nella sua camera. Nonno mi aveva detto che avrebbe svuotato la soffitta, cosicchè avessi potuto "creare" una nuova stanza. Aspettavo con ansia quel giorno in cui sarei tornata ad avere una stanza tutta mia.

Durante la settimana erano venuti molti ospiti a far visita a nonna. La maggior parte non li avevo mai visti prima, ma avevo fatto finta di conoscerli non so per quale preciso motivo. Li salutavo e li intrattenevo, se papà e nonno non erano a casa.
Chiedevo loro come stavano i loro figli per esempio per iniziare un qualche discorso.

Una volta, vennero degli amici di nonno. Erano sposati, così feci loro la stessa monotona domanda accompagnata da un sorriso amichevole: "I vostri figli invece come stanno?"

Sarei voluta sprofondare nel preciso istante in cui mi dissero che non ne avevano per un problema passato della moglie. Non avevo ben capito quale. Da quel giorno, cambiai la lista delle domande pronte per non dovermi ritrovare in quella situazione di vergogna e sensi di colpa.

Svariate volte, vennero a trovarci anche gli zii Jack e Shevon. Ashley, mia cugina, era una bellissima ragazza. Aveva i capelli biondo ramato e un corpo slanciato e magro. Avevamo la stessa età e speravo che a scuola capitassi nella sua classe.
A sentire da ciò che mi avevano detto in segreteria, avrei saputo la mia aula il primo giorno.

Gli zii sarebbero tornati verso il pomeriggio. Avevamo appena finito di mangiare e stavo sparecchiando la tavola. Mi mancava la squadra Rose-Alis e anche la cucina di nonna. Era come se avessi occupato il suo posto, come se stessi colmando un vuoto incolmabile.

In alcuni momenti mi pentivo del trasloco a Manhattan. Papà aveva preso questa decisione dopo aver visto che non reagivo in nessuna situazione: non parlavo, non mangiavo... ero triste, sempre. Avevo vissuto ciò che una bambina non dovrebbe mai vivere, le mie azioni erano solo delle conseguenze comprensibili.

Caricai la lavastoviglie con piatti, bicchieri, posate e pentole e feci partire il lavaggio. Nonna non l'aveva mai usata, preferiva di gran lunga lavarli a mano.

"Nessuno sa cosa può succedere là dentro" diceva e solo dopo averci ripensato, mi accorsi che stava effettivamente scherzando. Ero troppo piccola per capire anche quello.

Stavo per sedermi sul divano, quando sentii la musichetta provenire dalla porta. Corsi ad aprirla ma la stanchezza mi travolse, così rallentai il passo.

"Ciao" salutai gli zii abbracciandoli e feci lo stesso con Ashley.

"Ciao Alis!" e andammo ad accomodarci sul divano.

"Come sono andati questi giorni?" chiese zia, sempre molto gentile e dolce nelle parole e nell'atteggiamento.

"Bene... Più o meno. Anche a Manhattan cucinavo e pulivo, ma il Bronx non mi era mancato più di tanto" risposi sinceramente.

"Quando tornate a Mahnattan?" domandò Ashley.

"Non torniamo. Beh, forse dopo qualche anno se vorrò. Per ora, farò la scuola qui" spiegai. Credevo di averglielo accennato in qualche modo, ma Ashley non ascoltava spesso e se lo faceva, si dimenticava buona parte del discorso nei minuti successivi. Ma le volevo comunque bene... era una sorella per me e speravo di passare molto tempo anche con lei.

"Pensa se siamo nella stessa classe! " esclamò entusiasta tanto quanto me con gli occhi lucidi di speranza.

"Già."

"Noi andiamo da Rose" disse zia Shevon.

"Mamma, io resto con Alis, vado dopo da nonna" affermò mia cugina; sua mamma annuì e si allontanò. Guardai Ashley, aspettando che fosse lei a parlare.

"Come ti senti?" sbottò.

Si notava così tanto che non stavo un granché? Me lo chiedevano tutti da una settimana, anche gente che fingevo di conoscere. La verità era che stavo malissimo. E mi sentivo cambiata da quando ero ritornata in quel postaccio di cui non volevo nemmeno sentir nominare il nome. Che poi quel quartiere non mi aveva fatto nulla, come poteva in fondo? Solo che gli riservavo rancore...

"Bene" mentii spudoratamente e mi guardò storto. Ero una pessima bugiarda, lo ero sempre stato in fin dei conti. Mi rivolse un'altro sguardo per vedere se avevo intenzione di dirle la verità.

"Okey okey... Non sto bene" ammisi e distolsi gli occhi dai suoi, ma a lei non bastavano quelle tre parole.

"Alis... l'hai detto anche a mia mamma due secondi fa, pensi sia questa la risposta che volevo sentire?"

"Magari sì?" e sbuffò scocciata; dovetti arrendermi.

"Non sto affatto bene, ecco. Questa è il quartiere più brutto al mondo, non vorrei nemmeno sentirne parlare. La mia vita è crollata a soli sette anni e ora ricrolla per la seconda volta.
Fa strano, perché il muro dentro di me non si era mai riparato, questo è poco ma sicuro. E non mi va nemmeno di parlare di certi argomenti, mi sale una rabbia che non fa per me. Non mi piace sfogarmi, soprattutto se ho tanto di cui sfogarmi!" raccontai tutto d'un fiato sistemando i lunghi capelli dietro alle spalle, agitata. Non avrei voluto parlarne ma mi sarei sentita in colpa a non risponderle, non mi aveva fatto nulla. Nonostante tutti gli anni di lontananza, il mio affetto per Ashley non era mai cambiato.

"Scusa, non volevo rivolgermi a te con questo tono..." dissi dispiaciuta.

"Hey Alis, sei una ragazza bellissima. Mi meraviglio di come una come te faccia tutto quello che stai facendo!
Hai un cuore grande e te lo dice tua cugina. Sai, ce ne sono di cugine gelose e invidiose in giro! Ma io, sono fiera di te" mi fece l'occhiolino da persona serena e allegra quale era. Sorrisi leggermente per le parole e asciugai gli occhi appena appena bagnati.

"Grazie Ash."

"Usciamo qualche volta insieme? Ho tanti amici qua" propose cambiando argomento.

"Non mi va di uscire."

"E invece esci" mi obbligò. Scossi la testa tenendola alta.

"Nemmeno ad una festa?" provò a convincermi.

"No" mi aiutai con dei movimenti del capo.

"Al mare?"

"Odio il mare."

"Uhm... Anche di notte?" insistette; conosceva bene i miei punti deboli, mi girai di scatto a guardarla emozionata.

"Lo sapevo!" rise. Era il mare di notte la mia debolezza, il posto tranquillo che non vedevo da anni ormai. Lo sapeva bene perché avevo parlato spesso anche con Ashley al telefono da Manhattan.

"Questo venerdì vengo io a prenderti" fece nuovamente l'occhiolino sorridendo fiera. Subito dopo si alzò per andare da nonna e notai che gli zii erano tornati in salotto, così non ebbi tempo di ribattere.

"Pronta per la scuola?" chiese zio Jack.

"Non proprio... Per ora penso a nonna e nient'altro" risposi convinta. Certo, sarei andata a scuola, ma non gli davo una grande importanza.

"Capisco la tua idea, ma non dovresti proprio lasciare la scuola da parte" disse ragionevole.

"Sono serio Alis. Non puoi farti bocciare e sprecare un altro anno della tua vita a scuola. La scuola è l'unico posto da cui tutti vogliono scappare. Io vorrei ritornarci a dir la verità, ma pensandomi da giovane, preferirei lavorare. È una continua incoerenza" affermò ridendo delle sue stesse parole e annuii semplicemente. Dovevo ancora pensarci su, riguardo a quel tema. Non potevo ascoltare un semplice consiglio e farne tesoro fin da subito.

"A proposito di lavoro, che vorresti fare da grande?" cambiò argomento zia.

"Non mi piace parlarne..." risposi; mi dispiaceva essere fredda, ma non adoravo parlare di cose personali agli altri. Forse in futuro lo avrei fatto, ma in quel momento non mi andava.

Continuammo a parlare, o meglio, a farmi le domande e io a rispondere costantemente con risposte che non potevano essere definite tali, ma vedevo che si divertivano a cercare di farmi cedere alle loro tentazioni.

ℳ𝒶𝒹 •𝒶𝓂

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