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Mila

Martedì

Quando aprii gli occhi mi ritrovai il viso di Dan di fronte e realizzai che ci trovavamo ancora a scuola, entrambi sdraiati sul pavimento con gli zaini a fungere da cuscini.

Non potei controllare l'ora, ma potevo dedurre che fosse ancora presto, nessuno era a scuola. Anzi propabilmente dormivano tutti. Essendo in pieno inverno era anche particolarmente freddo e non sapevo con cosa coprirmi. Quello era uno dei giorni in cui casualmente mi svegliavo senza il bisogno della sveglia. Presi il libro per passare il tempo, non sarei comunque riuscita a riaddormentarmi, e per cercare di distrarmi dalle basse temperature. Però la lettura non mi deconcetrò affatto ed ero completamente gelata. Mi alzai da terra per controllare nell'aula se per caso ci fosse qualche coperta. Nulla da fare.

Tornai nella posizione di prima, quella vicinanza con Dan mi infastidiva, ma non potevo fare altrimenti. Se mi fossi allontanata, avrei avuto una sensazione di freddo maggiore. Notai che sul polso aveva un orologio, così avvicinandomi e girando con cautela l'orologio, riuscii a vedere l'ora.

"Hey" sussurrai scuotendolo leggermente per paura di farlo arrabbiare. "Hey Dan."

Continuai a scuoterlo sulla spalla per un po' fino a che aprì gli occhi spaesato e assonnato. "Che vuoi?"

"Sono le sette e mezzo."

"Nessuno viene a scuola a quest'ora. Dormi un altro po'" e si girò dall'altro lato per continuare a dormire.

"Sono sveglia da tanto ormai" dissi ancora riuscendo a catturare di nuovo la sua attenzione. Mi guardò strabuzzando gli occhi e poi sbattendo le palpebre per svegliarsi.

"E perché?" Non risposi. Sentivo freddo, ma non volevo fargli avere un pensiero in più. Era lui ad aver chiuso la porta a chiave, ma comunque non riuscivo, mi sentivo in qualche modo un peso. Come se mi avesse letto nella mente, avvicinò la sua mano calda sulla mia guancia e capì: "Senti freddo."

Si tolse la felpa e me la diede, ma non potevo prenderla. Era rimasto a petto nudo, avrei avuto dei sensi di colpa a indossarla. Scossi la testa rifiutando il gesto.

"Prendila, è colpa mia se siamo qui dentro. Non posso farti prendere un raffreddore o avere la febbre" ammise.

"Non importa. Grazie, ma non posso metterla" affermai decisa.

"Perché, sei fidanzata e il tuo ragazzo è geloso?" domandò con la speranza di ricevere una risposta.

"Copriti", lanciai la felpa sul suo petto, "e pensa a un modo per uscire di qui."

"Indosserò la felpa solo a due condizioni. La prima è che se ti viene la febbre, posso venire a casa tua quando voglio per vedere come stai. La seconda che vieni vicino a me così ci riscaldiamo."

"No" risposi prontamente.

"Puoi sempre lasciarmi ammalare, non sarò io a sentirmi in colpa poi" e fece spallucce. Sospirai, trovava sempre un modo per averla vinta.

Mi avvicinai a lui e il nostro metro di distanza in un attimo si annullò. Allargò le sue braccia per stringermi e dimenticai tutto quando sentii il calore avvolgermi.

"Questo posto è capace di avvicinare chiunque" ridacchiò. Non replicai. "Sai a cosa pensavo? Potremmo rinchiudere qui dentro Matt e Alis subito dopo scuola. Magari portiamo delle coperte per non commettere il nostro stesso errore..."

"Potremmo, nostro errore...", ripetei le sue parole, "perché mi includi sempre? Non ho scelto io di stare qui e puoi organizzare questo incontro tra Alis e Matthew anche da solo" dissi e feci per allontanarmi, ma iniziai subito a tremare dal freddo così tornai con la testa appoggiata sul suo petto.

"Mi serve il tuo aiuto per convincere Alis a scendere qua giù. Se non facciamo qualcosa noi, quei due non parleranno mai."

Aveva ragione, ma comunque pensavo che non fosse compito nostro interferire. Se Alis non voleva parlare era una sua scelta. Dovevo capire cosa fare. Se aiutare Dan per farla riavvicinare a Matthew o lasciare decidere loro, in fondo neanche li conoscevo bene. Per colpa di Melanie mi ero ritrovata in continua compagnia. Non volevo persone intorno a me, preferivo stare da sola. Così ero cresciuta e così sarei rimasta. I miei stessi genitori mi avevano insegnato a non affezzionarmi alle persone, nemmeno le più care, perché avrebbero potuto abbandonarmi... me lo avevano insegnato indirettamente.

Per smettere di pensare, mi allungai per prendere il libro. Lo facevo spesso quando iniziavo a sentire emozioni e sensazioni estranee. Per esempio quando mi innervosivo, non riuscivo a capire come una semplice idea potesse alterare i nervi. La rabbia... quella non mi faceva proprio ragionare. Insomma, aprendo la mente mi capitava di arrabbiarmi e di conseguenza quest'emozione la spegneva completamente facendomi agire senza riflettere. La mia indifferenza aveva molti perché, uno dei quali era la paura delle sensazioni nuove.
Aprii il libro e sfogliai qualche pagina per arrivare al punto in cui ero rimasta prima, feci per leggere quando Dan, guardandomi storto, disse: "Seria? Ogni occasione è buona per leggere?"

Continuai comunque a farlo osservando le parole, andando avanti con le frasi senza effettivamente capirle. "È una mia scelta."

Non pareva importargli molto, chiuse il libro bruscamente e lo appoggiò a terra lontano. Lo guardai male in cerca di spiegazioni, non capivo perché facesse così.

"Parliamo" fu l'unica proposta che fece.

"Parliamo? E di cosa?" chiesi. Non ero interessata alla sua vita e nemmeno lui avrebbe dovuto esserlo alla mia.

"Non lo so, ma ormai sono sveglio e devo fare qualcosa."

"Inizia tu con le domande" dissi allora.

"E cosa dovrei chiedere?" Ci pensò confuso. "Quali sono le domande normali... ah sì, tipo, hai fratelli o sorelle?"

"No."

"Figlia unica con una cugina rompipalle..." commentò "beh, comunque tocca a te."

"Ti faccio la stessa domanda."

"Un fratello. Cibo preferito?"

Rimasi in silenzio per rifletterci su. "La frutta. Il tuo?"

"La frutta... questa volta farò come te, non ti giudico. Io non so qual è il mio cibo preferito. Città invece? Che vorresti visitare..." chiese ancora.

"Bath."

"Siccome le parole non ti vengono spontanee, perché  proprio Bath?"

"Mi piacerebbe visitare i luoghi dei libri" spiegai. Mi incuriosivano molto i posti descritti e alcuni mi trasmettevano calma solo attraverso la lettura, volevo provare quel piacere nella realtà. Mi guardò confuso, ricordando poi che era il mio turno. "Ehm... stessa domanda."

"Così non vale" si lamentò. "Devi farla tu, non puoi sempre utilizzare le mie."

"Sì, ma non voglio sapere nulla su di te. Non so cosa chiederti." Si ammutolì e non continuò a parlare. Neanche io lo feci, quel silenzio non mi dispiaceva.

Senza accorgermene però mi riaddormentai tra le sue braccia, me ne resi conto solo qualche minuto dopo quando sentii delle voci provenire dal corridoio. Girai leggermente il collo per vedere cosa stava facendo Dan e lo vidi osservarmi.

"Perché non mi hai svegliata?" chiesi e mi allontanai da lui, il freddo era ormai sopportabile.

"Finalmente ti eri addormentata... non c'era bisogno di svegliarti ancora" rispose.

"Non mi piace dormire" confessai.

Corrugò la fronte. "Perché?"

"Mi sembra di non avere la situazione sottocontrollo. Potrebbe succedere di tutto quando sono addormentata e nemmeno me ne accorgerei. Non riesco a pensare di essere così impotente..."

"Ma c'ero io qui" mi fece notare. "È per questo che ti sei svegliata così presto?"

"In parte sì. Evito sempre di sognare... non mi piace farlo. E così mi sveglio spontaneamente."

"Mh" e fece un cenno con il capo.

Andai verso la porta e bussai dall'interno in modo che qualcuno sentisse e venisse ad aprire senza il bisogno di urlare. Dan però aveva scelto proprio di fare quello e insultare chiunque ci fosse aldilà della porta per obbligarli ad aprirla. Scossi la testa in disaccordo con il suo comportamento. Anche io se fossi stata dall'altra parte, avrei continuato la mia strada intimorita da quella voce alta. L'avrei trovato irrispettoso e l'aiuto andava dato a chi lo meritava. Gli spiegai quel pensiero dopo che continuava a fare di testa sua.

"Sì ma loro sono delle teste di..." e lo bloccai tappandogli la bocca, era la seconda volta che lo facevo. Aspettò che io allontanassi la mano prima di dire: "Nessuno ci apre, pensano tutti agli affari loro. A volte serve alzare il tono di voce per far capire agli altri cosa devono fare."

Scossi la testa. "Non funziona così. Se tu chiedi aiuto gentilmente, saranno felici di aiutarti. Se gli urli contro, se ne andranno fregandosene."

"Il tuo ragionamento ha senso, ma beh... non chiederò a nessuno di aprire la porta gentilmente", pronunciò l'ultima parola alterando la voce in modo ridicolo. "Puoi pensarci tu."

Andò a sedersi più in là lasciandomi lì sulla porta a chiedere aiuto e bussare con le nocche per farmi sentire, il mio tono era basso e in quel momento non mi era d'aiuto. Quando iniziai a perdere le speranze, sentii una voce. Avvicinai l'orecchio per sentire meglio.

"C'è qualcuno?" ripeteva.

"Sì, sono rinchiusa qui dentro!" esclamai. Dan si avvicinò: "Aprici, siamo chiusi e non abbiamo la chiave."

"Va bene, vado a chiamare qualcuno" ci avvisò e si allontanò tornando dopo pochi minuti con un bidello. Aprì la porta con la chiave e fummo finalmente liberi.

Alzai la testa per ringraziare il ragazzo e mi accorsi di averlo incontrato il giorno prima.

"Tu", fece lui, "sei la ragazza di ieri mattina."

"Non pensavo frequentassi questa scuola" dissi.

"Lavoro al bar solo quando ho tempo. È di mio zio e passo lì prima di andare a lezione" spiegò e concluse: "Che coincidenza! O dovrei dire... destino."

Dan irritato commentò: "Ma quale destino e destino, credi a queste cretinate?"

"Non dovresti ringraziarlo?" gli feci notare.

Andò a prendere i nostri zaini borbottando: "Sì sì..."

Salutai il ragazzo e me ne andai di fretta riflettendo se fosse meglio tornare a casa o restare lì. Il mio telefono era completamente scarico, non potevo avvisare Carol, ma in fondo Alis l'aveva fatto al posto mio il giorno prima. Potevo tornare a casa subito dopo le lezioni.

Nel frattempo raggiunsi la mia classe e appoggiai la testa sul banco ripensando all'accaduto. Presa dalla fretta, non avevo nemmeno salutato Dan. O forse era stato un gesto naturale, era stato lui ad aver lanciato le chiavi fuori dalla finestra. Non avevo mai conosciuto un ragazzo del genere, o meglio, non avevo mai conosciuto nessuno. A malapena conoscevo mia cugina.

Sembrava che nel mondo nessuno potesse sfuggire alle persone. Ci avevo provato, ma avevo fallito. Era così difficile cercare di essere normale e considerare una conoscenza un semplice cambiamento della mia vita, qualcosa di nuovo. Ogni volta che incontravo qualcuno e ci parlavo, le mie difese aumentavano e non mi affezionavo in alcun modo. Fermare le mie emozioni risultava però sempre più complicato e avevo paura di non riuscire più a trattenerle un giorno.

L'insegnante entrò con i temi in mano e affermò di averli letti. Quando tutti furono entrati, confessò di averceli fatti scrivere per stilare una lista con i nomi dei ragazzi più capaci in modo da farli partecipare a un concorso. Dalle classi di tutta la scuola, i rispettivi professori scegliavano gli alunni migliori nella scrittura.

"I vincitori nella nostra scuola riceveranno un biglietto aereo. La meta sarà da decidere e si accettano proposte, ma sarà la stessa per tutti" spiegò. "Vi chiederei gentilmeente di raggiungere la cattedra secondo l'elenco."

Quando arrivò il mio turno raggiunsi l'insegnante e mi posizionai a fianco della cattedra per osservare il mio tema. Il resto della classe creava una lieve confusione di sottofondo. 

"Sloan, hai fatto un bellissimo lavoro. Il testo è scritto perfettamente, gli errori sono pochi e sono semplicemente degli appunti in base ai gusti personali. Penso che sarai in grado di continuare, credo nelle tue capacità... ti aggiungerò alla lista" disse sorridendo dolcemente.

"Oh", fui sorpresa. "Ma non so se sarò in grado..."

"Sì, ne sono sicura. E comunque non preoccuparti, in qualunque caso questa è una semplice iniziativa presa dalla nostra scuola per premiare alcuni degli studenti. Per me hai tutte le potenzialità... per vincere." Strabuzzai gli occhi, vincere andava oltre ogni immaginazione.

"Ci proverò", lo dissi per non rimanere in silenzio e tornare al mio posto. La mia compagna di banco mi guardò incuriosita; era gentile e non mi aveva mai infastidita, ma era di poche parole esattamente come me.Si chiamava Julia.
Tornò verso il banco con il sorriso quando fu il suo turno, dedussi che anche lei era stata aggiunta alla lista.

Se mi fosse piaciuto socializzare, saremmo potute diventare amiche, ma non ci conoscevamo molto. Quando parlavamo, l'argomento era solo ed esclusivamente la scuola. Era da qualche settimana che aveva occupato il posto accanto al mio. Oltre al mio carattere, anche gli spostamenti non mi permettevano di legare con qualcuno in quella classe.

Pensai al concorso per tutte le ore successive. Alla fine partecipare e tentare non costava nulla. Dovevo solo scrivere un testo seguendo una traccia e consegnarlo, poi aspettare i risultati. Era semplice.

Durante le pause non restai in classe come avrei voluto, ma mi diressi verso i posti vuoti della scuola dove non passava nessuno per evitare che qualcuno venisse da me. Se gli altri mi cercavano, dovevo pensarci da sola a non farmi trovare. Mi appoggiai al muro con la schiena guardando la pioggia fuori dalla finestra. Le goccie che cadevano instillavano a poco a poco calma e tranquillità nel mio corpo fino a neutralizzare tutti i miei pensieri. Desideravo una persona che mi trasmettesse le stesse emozioni della pioggia; nonostante fosse turbolenta, il suo effetto era contrario. Mi rinfrescava la mente spazzando via coscienza e incoscienza, lasciando un vuoto piacevole. Il silenzio veniva spezzato da un suono continuo e ripetitivo con un risultato armonioso. Sembrava che creasse trambusto, invece per me l'unica cosa a crearsi era equilibro, non c'era il solito via vai di macchine o persone fuori, pareva quasi che il mondo si fosse spento. Chiusi gli occhi concentrando l'udito sul respiro e la pioggia fino a quando sentii la gola bruciare e tossii un paio di volte.

Mi allontanai dalla finestra socchiusa e tornai in classe. Nessuno aveva dato attenzioni alla pioggia, sembrava un giorno come gli altri, qualcuno si lamentava addirittura che non ci fosse il sole.

Sorpresa vidi Dan venirmi incontro con delle coperte in mano, ma sembrava di fretta, probabilmente non voleva restare a parlare a lungo, ma ciò non faceva che sollevarmi.

"Le ho prese per non rischiare che prendano freddo" spiegò riferendosi a Matthew e Alis. "Vado a metterle in quell'aula, ti aspetto come ieri."

"Chi ti dice che ti aiuterò?" domandai.

"Tu vuoi aiutarmi" disse convinto.

"Perché dovrei volerlo?"

"Potrei andare sotto la pioggia in questo momento..." e lo bloccai immediatamente.

"La scelta è la tua" affermai, non volendo averci niente a che fare, prima di superarlo per tornare in classe. Mi seguì per fermarmi e continuare la frase.

Mi guardò infastidito, ma disse comunque: "Penso che non ti farebbe piacere che tutta la scuola mi senta urlare il tuo nome sotto la pioggia e a petto nudo. Potrebbero credere che sono follemente innamorato e che per colpa tua mi verrà la febbre."

Non mi importava del pensiero degli altri, almeno finché non influiva direttamente sulla mia vita. Se parlavano non creavano problemi, la cosa poteva infastidirmi solo se arrivavano al punto di ostacolare la mia vita. Potevano credere quello che volevano, bastava che mi lasciassero sola.
A preoccuparmi maggiormente era la sua salute. Ammalarsi per un semplice capriccio era assurdo. Dovetti accettare anche per evitare di farlo mettere in ridicolo.

"Già, sapevo che ti saresti preoccupata per me" commentò dandosi delle arie. Ridussi gli occhi a due fessure e poi me ne andai senza replicare.

Ci incontrammo nuovamente a fine lezioni. Per un momento ebbi il dubbio che l'incontro tra Matthew ed Alis fosse una scusa per finire in quell'aula insieme una seconda volta. Ricordai di avere il telefono scarico, non potevo nemmeno inviarle un messaggio per non rischiare. Dan mi consigliò di raggiungerla in classe prima che uscisse, lui aveva già avvisato Matthew di raggiungere quell'aula. Fui subito più tranquilla e raggiunsi Alis chiedendole di andare a parlare qualche minuto in un posto appartato. Mi sentii in colpa per averle mentito, avrei voluto non aver accettato, ma ormai era tardi. Speravo almeno che riuscissero a risolvere la loro situazione.

Alis accettò senza fare ulteriori domande e andammo nel piano di sotto. Camminai lentamente per fare in modo di essere dietro di lei ed entrò nell'aula senza accorgersi che ero rimasta fuori. Non poté realizzare in tempo, perché Dan prontamente uscì dalla stanza accanto con le chiavi in mano e chiuse la porta. Sentimmo Alis urlare e chiedere di farla uscire.

"No" rispose Dan.

"Dan apri!", si avvicinò anche Matthew per farsi sentire.

"Continuate pure a urlare insieme, io me ne vado" fece. E accadde esattamente ciò. Andò via trascinando anche me con lui mentre le voci dei due si facevano sempre più lievi. Iniziavo a sentirmi tremendamente in colpa, di solito non facevo mai cose contro il mio volere.

"Ora che ci penso, meglio se formulavo la frase in modo diverso" borbottò. Nemmeno ricordavo cosa avesse detto e non volevo di certo capire cosa intendesse.

Lo salutai per fargli intendere di voler andare via e non aspettai una sua risposta. Carol mi aspettava a casa, dovevo raccontarle cosa era successo.    Potevo già farmi un'idea del suo parere, lei voleva che io mi relazionassi, facessi conoscenze e arrivare a qualche buona amicizia. Sarebbe stata sicuramente grata a Dan. Io però desideravo tutto il contrario: volevo stare da sola, preferivo risolvere i problemi senza l'aiuto di nessuno, mi piaceva il silenzio.

La pioggia, precedentemente debole, divenne fitta e scrosciante. Camminai con un passo lento in netto contrasto con le goccie che come freccie colpivano il cemento. Nascosi le mani nelle maniche lunghe della felpa, il cappuccio a coprirmi la testa, il viso scoperto. Le punte dei capelli erano molli e leggermente gonfi; gli occhiali avevano qualche goccia, mi assicurai di asciugarli e infilarli nella tasca della felpa. Più mi avvicinavo a casa, più rallentavo per godermi quella freschezza.

Una macchina sulla strada si affiancò a me che camminavo tranquillamente sul marciapiede. Abbassò il finestrino,  non fui sorpresa di vedere Dan che senza esitare disse: "Vieni, ti accompagno io."

"No grazie, vai pure." Continuai a camminare e lui guidò con la mia stessa velocità.

"Sei completamente zuppa, sali" replicò imperterrito.

"Mi piace camminare con la pioggia" spiegai per fargli capire che non stavo rifiutando per fargli un torto, semplicemente mi trovavo bene lì fuori.

"Allora vengo anche io." Non pensai lo facesse veramente, eppure accostò la macchina e si mise accanto a me.

Rimasi in silenzio, non volevo sapere perché lo faceva. Il mio unico desiderio era tornare a casa e bere una tazza di té caldo per alleviare il dolore alla gola.

Riprese lui a parlare: "Sicura che non vuoi salire in macchina?"

"Sono arrivata" risposi guardando la casa.

Stupito anche lui dedicò qualche secondo alla vista della casa che si trovava proprio a pochi passi. "Oh beh, ora so dove vivi."

"A cosa dovrebbe..." e mi fermai per starnutire. Poi finii la frase: "...servirti?"

"Per venire a trovarti quando avrai la febbre. Non fa bene essere amici della pioggia..." e borbottò: "...e nemmeno di ragazzi sconosciuti."

Avendo sentito gli feci notare che lui era uno sconosciuto, lo conoscevo a malapena. Quindi stava sostenendo che non dovevo essere una sua amica.

"Mi reputi uno sconosciuto?" domandò indispettito senza ricevere risposta. Ci guardammo, entrambi completamente bagnati e gelati. Sentivo bruciare la punta del naso dal freddo. Il suo sguardo era insistente e indecifrabile, non capivo se voleva farmi intendere qualcosa o se semplicemente aspettava una qualche reazione. Ero rimasta ferma solo perché confusa e bloccata, a distrarmi fu la nuvoletta di vapore che creò il suo respiro caldo nell'aria. Ottenne una reazione: distolsi lo sguardo e andai verso casa mantenendo il silenzio e senza salutarlo.

ℳ𝒶𝒹 •𝒶𝓂

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Come vi sembrano i capitoli?
Mila è un nuovo personaggio che cerca di stare alla larga da tutti, soprattutto dai problemi, ma per mano di altri si è ritrovata in mezzo a situazioni che vorrebbe evitare.
La storia è incetrata sui Kings, tutto parte dall'arrivo di Alis per poi conoscere meglio i ragazzi, in particolare alcuni di loro. Piano piano si scoprono dettagli del passato.

Cosa ne pensate di Mila?

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