Capitolo 18

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

<<Non ci credo!>>.

La quiete della sera viene interrotta da queste mie parole. Sto cercando di concludere un murale a cui sto lavorando da più di tre ore, e naturalmente le bombolette continuano ad esaurirsi prima che ci riesca.

<<Mi state prendendo in giro?!>> ribadisco tra me e me.

Presa da un attacco di rabbia, scaglio l'ennesima bomboletta vuota sul muro. Lasciando anche un enorme chiazza di colore. Vedendola quasi non un urlo. Naturalmente! Dovevo lanciarla sul muro per farla funzionare, e ora il murale è rovinato!

Sospirando rassegnata mi accascio per terra.

La verità è che non voglio pensare a quello che è successo qualche ora fa con Stiles. Credevo che esprimere le mie emozioni disegnando sarebbe servito, ma non riesco a farlo se le bombolette non collaborano. Come sono arrivata a questo punto?

<<Cosa intendi per "volpe"? Sei una specie di volpe mannara? Ti prego, non dirmi che esistono anche quelle perché io...>>

<<Stiles!>> lo fermo <<No, non sono una "volpe mannara". Non so neanche se esista questo termine. Anche se non mi sorprenderebbe...>>.

Gli rivolgo un'occhiata, e vedo come lui mi stia guardando quasi al limite dell'esasperazione.

<<Ok, ok>> sbuffo <<Io... io sono una kitsune>>.

Lui alza gli occhi al cielo: <<E io dovrei sapere cos'è o...>>, gesticola con le mani.

Sospiro. Non sono pronta a raccontare tutto questo. Ma ormai sono con le spalle al muro, non posso più tirarmi indietro.

Alzo lo sguardo, puntando i miei occhi nei suoi. La tenue luce dell'alba entra dalla finestra colpendo dolcemente il suo viso, ricordandomi che fra poche ore dovremmo essere a scuola, ma adesso come adesso abbiamo cose più importanti a cui pensare. Quei colori caldi e tenui non fanno altro che renderlo cento volte più bello. Le ombre che si formano sul suo volto fanno sembrare i suoi zigomi più marcati e la linea della sua mascella più pronunciata. Le sue labbra sono rese ancora più rosee e invitanti ora che vengono accarezzte da quelle tinte soffici. E i suoi occhi sembrano quasi brillare come quelli di un lupo mannaro per quanto sono dorati.

<<Ti ricordi quando dissi a te e Scott di quel libro di mio padre?>>.

Annuisce.

<<Be', era una specie di gigantesca enciclopedia sul sovrannaturale. Qualunque creatura esista in questo mondo è di sicuro spiegata in quelle pagine. È così che ho potuto imparare a conoscere tutte le mie... capacità>> spiego <<Ma andiamo con ordine>>.

Prendo un respiro profondo, per poi rivolgere un'ultima occhiata al ragazzo in una muta richiesta di conferma da parte sua. Lui non fa altro che annuire di nuovo, silenzioso.

Costringo la mia bocca a riaprirsi: <<La prima cosa che hai bisogno di sapere è che le kitsune non possono essere "create" come un morso può fare con un lupo>> inizio, facendo le virgolette con le dita alla parola create <<Si può solo nascere kitsune. Infatti io sono così a causa di mia madre>> sospiro, abbassando lo sguardo.

Parlare di lei in qualche modo mi fa più male di quanto mi aspettassi. Nonostante non l'abbia mai incontrata mi sono sempre sentita come se un pezzetto di lei fosse rimasto dentro di me, e non solo perché sono sua figlia.

All'improvviso sento un forte calore posarsi sul mio ginocchio sinistro. Ci metto due secondi a capire che è la mano di Stiles a provocarlo. Una scarica di adrenalina mi corre per il corpo, riempiendomi tutta. So che lui ha fatto questo gesto in segno di supporto nei miei confronti. Ma una parte di me, molto probabilmente proprio quella di cui stiamo parlando, non può fare a meno di sentirsi infuocata da questo contatto quasi intimo. Devo ricorrere a tutto l'autocontrollo di cui dispongo per restare ferma.

<<Mia madre era italo-giapponese. Era nata in una cittadina del Hokkaido, una zona al nord del Giappone, ma suo padre era italiano. È stata sua madre a renderla una kitsune, esattamente come poi lei ha fatto con me>>. Mi fermo, permettendo al ragazzo di assimilare le varie informazioni rilasciate finora.

Ma lui non dice niente. Anzi. Fissa serio un punto davanti a . Guardo i suoi occhi, e per fortuna al loro interno riesco a distinguere una fiamma di curiosità. Sta cercando di apparire calmo, ma so che muore dalla voglia di farmi domande su domande. Poso la mia mano sulla sua, ancora lasciata sul mio ginocchio. La stringo leggermente.

<<Ok>>. Prendo un altro respiro profondo, chiudendo per un secondo gli occhi: <<La seconda cosa che devi sapere è che esistono 13 tipi di kitsune e sono divisi tra Zenko e Yako, rispettivamente Volpi Benevolenti e Volpi Malevolenti>>.

<<Che tipo sei tu?>>.

Sorrido, felice di sapere che la sua indole curiosa sia ancora intatta. Ora che ci penso Stiles potrebbe essere un'ottima volpe...

<<Prima di dirtelo è necessario che tu sappia che i tipi di kitsune non sono ereditabili. Mia madre era una kitsune Kaze, una kitsune del vento, e quindi una Volpe Benevolente. Quanto a me...>>.

Mi fermo, insicura delle mie prossime parole.

<<Tu cosa?>>.

<<Io...>> esito.

Sento la mano di Stiles lasciare la presa sul mio ginocchio per incrociare le sue dita con le mie. Un nuovo calore si fa strada dentro di me. È dolce, leggero, come un soufflé al cioccolato, di quelli che ti migliorano la giornata e ti scaldano il cuore. Solo grazie a questo suo gesto, le mie incertezze scompaiono.

<<Io sono una kitsune Ongaku, della musica>>.

Lo vedo alzare le sopracciglia: <<Non mi sembra tanto terribile>>.

In risposta, sulle mie labbra compare un sorriso triste e forzato: <<Le kitsune Ongaku sono Volpi Malevolenti, Stiles. Sai cosa vuol dire?>>.

Lui esita, forse sperando di trovare una risposta, ma alla fine scuote la testa rassegnato.

<<Significa che siamo più propense a perdere il controllo. Che la nostra natura di ingannatrici è più difficile da tenere a bada. Vedi, già di per una kitsune è una creatura furba, maliziosa, che inganna per ottenere ciò che vuole. Ma se la kitsune è una Volpe Malevolente allora... sarà più propensa a sfruttare queste abilità per provocare caos. Lo può fare da sola, oppure...>>. Un brivido mi percorre la schiena.

<<Oppure cosa?>> chiede impaziente Stiles.

La mia mente viene invasa da immagini di una creatura completamente nera e con denti aguzzi come sciabole. Ogni tanto rimpiazzata da un'enorme volpe a nove code. La volpe più temuta di tutte.

Apro la bocca, cercando di far uscire la risposta voluta da Stiles, ma tutto quello che ne esce è un singhiozzo strozzato.

<<Ehi, ehi, ehi. Non devi dirmelo per forza. Adesso non ha importanza, ok? Quando sarai pronta io sarò qui per te>>. Stringe ancora più forte la mia mano con la sua, e porta l'altra sulla mia guancia, asciugando con il pollice una lacrima che non mi sono accorta aver versato.

<<Stiles, ti prego. Non voglio parlarne. Lui è tutto ciò di cui ho paura. Lui è la mia più grande debolezza. Lui potrebbe rompermi come uno stuzzicadenti, e allo stesso tempo rendermi pericolosa come un coltello. Ti supplico Stiles, non farmici pensare>> dico, ormai consapevole delle innumerevoli lacrime che mi sgorgano dagli occhi, scendendo giù per le guance, e andando a bagnare la mano di Stiles ancora poggiata su una di esse.

Scuote subito la testa, avvicinandomi a lui e posando un dolce bacio sulla mia fronte.

<<Sei al sicuro qui Moon, con Scott, con Lydia, con Allison e con me. Non ho idea di chi sia questo "Lui", ma ti giuro sulla mia vita che non può farti del male, e non te ne farà>>. Si allontana leggermente da me, facendo così incontrare le nostre iridi. Il mio verde smeraldo si mischia al suo caldo color nocciola. 

<<Giurin giurello?>> gli chiedo, la mia voce leggermente roca per via del pianto, mentre alzo il mignolo della mano destra.

Lui sorride, allacciando il suo mignolo al mio.

<<Giurin giurello>>.

Dopo siamo andati a scuola. Non c'è molto da dire. Ho grosso modo spiegato la situazione anche a Scott, e dire che ne è rimasto scioccato è poco.

La sua mandibola sembrava quasi slogata per quanto l'ha aperta. Ma alla fine l'ha accettato. E non potevo sperare di meglio.

E alla fine della giornata mi ritrovo qui, con un murale rovinato e senza avere più un modo di passare la serata. Spero solo che il proprietario del videonoleggio non si arrabbi per avergli "imbrattato" il muro.

Appena ho visto questo povero edificio abbandonato a sé stesso, e senza un briciolo di colore all'esterno, mi è sembrato d'obbligo renderlo più vivace. Almeno finché le bombolette non me l'hanno impedito.

Mi alzo, decisa a tornare a casa. Questa giornata è stata così stran-

CRASH!

Il suono di un vetro frantumato, seguito poi da un urlo femminile, mi fa letteralmente drizzare i peli sulle braccia. Cosa diavolo...?

Corro all'entrata dell'edificio, giusto in tempo per vedere un enorme ombra scura attraversare la strada per poi scomparire nella foresta. Un brivido mi percorre la schiena quando capisco di che cosa si è trattato. L'alpha. Il responsabile di tutte quelle morti: Laura Hale, il conducente dell'autobus, e ora sicuramente anche qualcuno all'interno del videonoleggio. La paura viene rimpiazzata dalla rabbia, una rabbia che non sapevo di poter provare. Nasce dal profondo del mio cuore, per poi diffondersi in tutto il corpo e riempiendolo di adrenalina.

Ma proprio quando sento le mie gambe muoversi per andare dietro al gigantesco lupo, un singhiozzo mi riporta alla realtà.

Giro la mia testa verso l'origine del rumore, e mi sorprendo quando mi rendo conto che viene da Lydia. La mia migliore amica è seduta nella sua macchina e, mentre fissa un punto indefinito davanti a sé, sembra stia seriamente per avere un attacco di panico.

Improvvisamente mi dimentico completamente dell'alpha.

<<Lydia!>> esclamo, avvicinandomi lentamente alla sua macchina.

I suoi occhi si spostano in un nanosecondo su di me, e sento il mio cuore smettere di battere per un momento. E non in positivo.

Non l'ho mai vista così spaventata. I suoi occhi sono praticamente dilatati al massimo, e rossi e lucidi dal pianto. Stessa cosa per le guance, che sembrano aver assunto il colore dei suoi capelli, se non fosse per le sfumature di nero date dal mascara ormai colato. La sua chioma rossa è leggermente più scompigliata del normale. Il suo volto non trasmette altro che puro terrore. Sembra che sia combattuta tra l'urlare, il disperarsi o lo svenire direttamente.

Ma alla fine tutto ciò che fa è dire: <<Jackson...>>.

<<Cosa?>> le chiedo <<Jackson cosa?>>.

<<Lui... è dentro...>> sussurra <<È dentro... era entrato...>>. Continua a ripetere queste parole come in una specie di trans.

Impreco tra i denti. <<Lydia io arrivo subito, ok? Vado a vedere come sta Jackson. Ce la fai a rimanere qui da sola?>>.

I suoi occhi si spalancano, se possibile, ancora di più. Ma alla fine annuisce lentamente, lasciandosi andare con la schiena sul sedile della macchina.

Senza aspettare un secondo in più, corro dentro il videonoleggio.

Il suono dato dalla campanella sulla porta, rimbomba nel silenzio dell'edificio. Subito noto diversi scaffali per terra, e le decine di DVD sparse sul pavimento. L'elettricità va e viene, lasciandomi per alcuni secondi al buio.

<<Jackson!>> grido, quando entra nel mio campo visivo.

Il biondo è rimasto schiacciato sotto alcuni degli scaffali che sono caduti, ma non sembra comunque essersi fatto male. Almeno fisicamente. Esattamente come Lydia, dal suo sguardo sembrerebbe che abbia visto un fantasma. O nel nostro caso un lupo mannaro.

<<Noemi! Muoviti, tirami fuori da qui!>>.

Annuisco avvicinandomi a lui, ma qualcos'altro attira la mia attenzione. Urlo, portandomi le mani alla bocca.

Un uomo di mezz'età giace sul pavimento, inerme. Gli occhi vuoti. Un lago di sangue lo circonda, mentre continua ad espandersi attorno a lui, bagnando anche alcuni DVD lì vicino.

<<Non stare lì impalata e aiutami!>> sento ordinare la voce di Jackson.

Prendo un respiro profondo, chiudendo gli occhi. Rilascio l'aria. È solo un corpo. Non è niente per cui vale la pena spaventarsi. È... solo... un corpo...

<<Jackson dammi un attimo>>.

<<Cosa?! Aiutami! Muoviti! Devi. Aiutarmi!>> sibila da sotto gli scaffali.

Lo ignoro, mentre estraggo dalla tasca il mio telefono. Mi tremano le mani. Compongo il numero.

<<911. Qual'è l'emergenza?>>.

•☽︎✫☾︎•

<<Le dico che non ero qui quando è successo!>>.

Pochi minuti dopo sono arrivate la polizia e l'ambulanza. Mi hanno aiutato a tirare fuori Jackson, e adesso un agente sta continuando a chiedermi cosa sia successo. Ma questo non dovrebbero scoprirlo loro?

<<Sono stata per tutto il tempo sul retro, me ne stavo per andare quando ho sentito l'urlo di Lydia!>> ripeto per l'ennesima volta.

<<Ma non hai proprio visto cosa è successo?>>.

Guardo l'agente che mi si trova davanti con un tic all'occhio. Sta scherzando vero?

<<Cosa- NO! HO DETTO->>.

<<Ci penso io qui Heigh, puoi andare>>. La voce dello sceriffo Stilinski mi fa tirare un sospiro di sollievo.

"Heigh" annuisce, e dopo avermi rivolto un ultima occhiata si allontana.

Quanto a me, lo osservo andare via con uno sguardo assassino, come se sperassi di vederlo sparire in una nuvola di fumo. Infatti lo spero veramente.

Poi però rivolgo un luminosissimo sorriso a Noah: <<Ti ringrazio! Non sopportavo più quel tizio!>>.

Lui ridacchia: <<Sì, be' perdonalo. È nuovo da queste parti, e non sa com->>.

<<Ehi, ehi! Ma quello è un cadavere?!>>.

Questa frase fa alzare sia a me che allo sceriffo gli occhi al cielo. È chiaro che entrambi abbiamo riconosciuto la voce. Stiles. Curioso come sempre, eh?

Suo padre gli rivolge uno sguardo severo, che porta il ragazzo ad annuire e a chiudere la bocca.

Ridacchio.

<<Ok, grazie ancora per l'aiuto Noah. E per la cronaca, l'aver fatto un murale su un edificio pubblico non è un... insomma... un reato, vero?>> gli chiedo, iniziando a allontanarmi. Lui mi rivolge un sorriso, per poi avvicinarsi a Jackson.

Sorrido a mia volta. Sto per ritornare sul retro dell'edificio per prendere le mie cose e andarmene, ma con la coda dell'occhio scorgo la barella su cui è poggiato il cadavere. Un braccio insanguinato che sporge dal telo che ne cela la vista. Il mio sorriso svanisce.

Un'altra vittima. Un altro uomo innocente. Un altro cadavere. L'alpha continua a colpire, e noi non possiamo farci niente. No. No, non è esatto. Qualcosa la farò io quando scoprirò chi è. Vendicherò queste povere persone che si sono trovate in mezzo a qualcosa molto più grande di loro. Vendicherò le loro famiglie. Se c'è una cosa che odio, è quando uomini innocenti vengono gettati a forza in un mondo che non è il loro. Un mondo il cui primo istinto è uccidere. Un mondo popolato da mostri.

Io non ho avuto scelta. Sono nata così. Ma Scott, e tutte queste persone morte, sì. Non lascerò che un lupo qualsiasi distrugga la loro esistenza in questo modo. Lo ucciderò. Fosse anche l'ultima cosa che faccio.

Sento i pugni serrarsi lungo i miei fianchi pensando a questo, e anche un paio di lacrime di rabbia scivolare lungo le mie guance.

Forse i miei occhi stanno brillando di un luminoso arancione, ma la mia mente sta viaggiando così velocemente che me ne rendo effettivamente conto solo quando sento un tocco caldo sulle mie mani.

Stiles è davanti a me. So che sta cercando di nascondere i miei occhi alle persone accanto a noi. È così vicino che sento il suo fiato bollente accarezzare la mia fronte. Ha stretti i miei piccoli pugni nelle sue grandi mani.

<<Moon, calmati. Ti devi calmare>>. La sua voce è un sussurro sulla mia pelle, ma è ferma e sicura. Sento il mio corpo rilassarsi un minimo alle sue parole.

<<Stiles>> dico <<Portami via da qui>>. L'ennesima lacrima salata mi bagna la guancia.

Lui annuisce, prendendomi per mano e cercando di avvicinare il mio viso al suo petto, per nascondere i miei occhi brillanti.

E la nostra vicinanza è tale, che senza accorgermene stringo le mie braccia attorno al suo busto, abbracciandolo.
Lui ricambia, mettendo dolcemente una mano su un mio fianco, mentre l'altra si poggia sulla mia schiena aiutandomi a camminare verso la sua jeep.

<<Ti porto a casa>> dice, mentre mi fa sedere sul sedile del passeggero.

Annuisco.

Sento che sale al posto del guidatore a fianco a me. Lo scoppiettante rumore del motore mi giunge alle orecchie, mentre lasciamo il parcheggio.

Guardo fuori dal finestrino. E non posso non notare il sorriso che Noah ci sta rivolgendo.

Angolo autrice

Questo capitolo è stato molto difficile da scrivere. Ho cercato di trasmettere quante più emozioni possibili, e ce ne sono tante. Spero di esserci riuscita!

Vi aspettavate che Noemi fosse una kitsune? Be', io avevo dato indizi su questo fin dal capitolo 1. Ma vabbè.

Ultima domanda: qualche idea su chi sia questo "Lui" di cui parla Noemi? Hihihi... Fatemi sapere!

Ci vediamo al prossimo capitolo!

~Giada

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro