Capitolo 20

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Se c'è una cosa che mi fa arrabbiare più dell'essere svegliata prima del suono della sveglia, è quando qualcuno mi attacca il telefono in faccia. Soprattutto se non ho ancora finito di parlare.

Per questo adesso sto lottando contro la voglia di correre nel bosco e lanciare uno dei miei shuriken a Scott.

Appena usciti dalla lezione di chimica, io e Stiles abbiamo chiamato il nostro amico lupo chiedendogli dove fosse finito. E a quanto pare ci avevo visto giusto.

Il Romeo innamorato ha rapito Allison dalla scuola per andare insieme a fare una passeggiatina romantica. Ma quello che mi ha lasciato a bocca aperta è che Allison ha effettivamente accettato. Non la facevo tipo da saltare le lezioni.

E adesso, Stiles e io ci ritroviamo a fine giornata, da soli, a casa sua, dopo pranzo, senza un minimo piano per il nostro pomeriggio.

<<Cosa credi staranno facendo, adesso, Romeo e Giulietta?>> gli chiedo, mentre, stesa sul letto, fisso il soffitto.

<<Probabilmente qualcosa di così sdolcinato che farebbe venire le carie persino ad un omino di pan di zenzero>> risponde con un'alzata di spalle.

Ridacchio: <<Oppure qualcosa vietato ai minori di 18 anni>>.

<<Anche quella è una possibilità, sì!>> mi indica con un dito.

Sorrido, girandomi su un fianco per guardarlo meglio.

È seduto alla scrivania, mentre, con la testa all'indietro, continua a piroettare sulla sedia girevole. Questa posizione mette in risalto il suo pomo d'adamo, che solo ora mi rendo conto essere diventato molto più evidente. Mi tiro una sberla mentale. Certo che è diventato più evidente! Sono passati tre anni dall'ultima volta che l'ho visto, il tempo passa persino per un ragazzo come lui. Mi sembra ieri che eravamo dei bambini di dieci anni che si divertivano a giocare alla caccia al tesoro. Ricordo che Stiles sembrava nato per fare indovinelli, riusciva sempre a ingannarmi. Infatti mi chiedo ancora adesso come poteva essere così bravo. Insomma, sono una volpe! Dovrei essere io la regina degli inganni!

Vedo come ogni tanto il suo sguardo passa da me al suo telefono.

<<Cosa credi sia successo ieri sera?>> domanda.

Sospiro, alzandomi e mettendomi a sedere a gambe incrociate.

<<L'alpha>> rispondo.

Lui si gira di scatto verso di me.

<<Cosa?>>.

<<L'alpha. È stato l'alpha>>.

<<Come fai a esserne sicura?>> chiede, continuando a rigirarsi sulla sedia.

Incrocio le braccia al petto: <<Perché l'ho visto>> rispondo.

Sicuramente non se lo aspettava, in quanto perde l'equilibrio dalla sedia, cadendo di sedere a terra.

Trattengo una risata. Mi sta osservando sdraiato sul pavimento e con gli occhi sgranati.

Scatta subito in piedi, solo che nel farlo sbatte un piede sulla sedia che è caduta insieme a lui.

Inizia a saltellare per la stanza, e nel mentre impreca in quelle che sembrano lingue aliene. Penso che vedere Star Wars gli abbia conferito alcune particolari capacità.

Io intanto finisco di nuovo sdraiata sul letto in preda a un attacco di risate.

Finalmente sembra rimprendersi: <<E quando pensavi di dirmelo?!>> urla.

Cerco di placare le mie risa, prendendo un respiro profondo, ma rimanendo comunque sdraiata sul letto.

Tra un affanno e l'altro metto insieme una risposta: <<Io ci ho provato!>> dico <<Ma stamattina eri troppo occupato a distruggermi l'evidenziatore per prestare attenzione!>>.

<<Sul serio? È veramente questa la tua giustificazione?>> chiede, assottigliando gli occhi e mettendo le mani sui fianchi.

Alzo gli occhi al cielo: <<Comunque, non è che abbia visto così tanto! Quando sono arrivata ho avuto solo il tempo di scorgere l'alpha di schiena che correva via. Sono andata da Lydia per consolarla, e il resto lo sai anche tu>>.

L'immagine della mia migliore amica in lacrime mi fa sospirare. Non avrei mai pensato di vedere Lydia in quello stato. Fin da quando eravamo piccole, lei per me è sempre stato un modello da seguire. Ho sempre pensato che fosse una persona infallibile, che non si spezzava davanti a niente. In poche parole: la perfezione. Credevo fosse tutto ciò che io non sarei mai stata, tutto ciò che per Stiles non sarei mai stata. E penso di aver avuto ragione.

<<Dobbiamo andare da Lydia!>> esclamo.

<<Uh, cosa?>>.

<<Andiamo da Lydia!>>. Mi alzo dal letto, prendendo la felpa che avevo poggiato sulla scrivania. Mi precipito fuori dalla stanza.

<<Ehi, aspetta aspetta. Da Lydia? Cioè a casa sua?>> chiede <<Che facciamo se non c'è? E se sta dormendo? O se non ci vuole? O se non mi vuole? Dovrei cambiarmi? Dovrei mettermi degli altri pantaloni? O vanno bene questi? Forse dovrei mettermi del profumo. Sì, dovrei decisamente mettermi del profum->>.

<<Stiles!>>.

<<Sì?>> alza lo sguardo verso di me.

<<Sta zitto e seguimi!>>.

Annuisce: <<Sì, capito>>.

•☽︎✫☾︎•

È strano come dopo tre anni casa di Lydia sia rimasta la stessa. Il cortile è esattamente come ricordavo, e lo stesso posso dire per l'interno. Persino la signora Martin non sembra essere invecchiata.

Ricordo come venissi qui ogni giorno. Dopo la scuola, non c'era volta in cui non mi fermassi a pranzo. Lydia insisteva sempre con il giocare con le bambole oppure alle principesse, e io le dicevo sempre di no. Fu per quel motivo che incontrai Scott e Stiles.

Ho sempre odiato tutte le attività che venivano associate alle ragazze. Dall'andare a fare shopping, al truccarsi e vestirsi, fino ai più banali giochi che le bambine fanno tra di loro. Preferivo giocare a palla, correre, nascondermi, sporcarmi. La caccia al tesoro che facevo con Stiles racchiudeva tutte queste cose.

Ma nonostante questo, Lydia è stata la mia prima amica, e sarà sempre la persona a cui tengo di più al mondo.

<<Mi controlli l'alito?>>.

Ma mai capirò perché Stiles voglia far colpo.

Lo guardo con le sopracciglia alzate, disgustata: <<Te lo scordi>>.

Alita sulla sua mano per poi odorarsela. Arriccia il naso in una smorfia. <<Oh, andiamo! Che ti costa?>>.

<<No, Stiles! Non ti sentirò l'alito!>>.

Siamo arrivati alla porta d'ingresso e abbiamo suonato il campanello.

<<Ma che figura farò se Lydia decide di baciarm->>. La porta si apre.

<<Natalie! Da quanto tempo!>> esclamo, lanciando un'occhiataccia a Stiles.

I capelli rossi della donna sono esattamente come quelli di sua figlia. Sul viso ha dipinto un cipiglio confuso che mette in risalto le rughe dovute all'avanzare dell'età. Ma è ancora una bellissima donna.

<<Sono Noemi! Ti ricordi di me? Quando ero piccola passavo tutto il tempo qui!>>.

Il suo sguardo si illumina all'istante, e un dolce sorriso si apre sulle sue labbra.

<<Ma certo! Come ho fatto a non riconoscerti prima? Sei diventata una bellissima ragazza! E...>> il suo sguardo si sposta verso Stiles, che, imbarazzato, continua a spostare il peso da un piede all'altro.

<<Oh! Lui è il mio migliore amico Stiles. Siamo venuti perché speravamo di parlare con Lydia. Sai per sapere come sta, visto che oggi non è venuta a scuola>> spiego.

<<Ma certo! Sei il figlio di Noah! Tuo padre parla sempre di te! Entrate pure>> dice. E non posso non notare come le siano brillati gli occhi non appena ha pronunciato il nome del padre di Stiles. Cosa nasconde questa donna?

<<Non sapevo che tuo padre e la madre di Lydia si conoscessero>> bisbiglio al ragazzo, mentre ci dirigiamo verso camera della mia migliore amica.

<<Allora siamo in due>> risponde, con la fronte aggrottata <<Quando finiamo qui papà mi dovrà molte spiegazioni>>.

Dopo aver bussato, Natalie ci fa entrare in camera di Lydia dicendole che i suoi amici Noemi e Stiles sono venuti a sapere come sta.

<<Cosa diavolo è uno Stiles?>> sento mormorare dalla rossa.

<<Oh credimi, mi faccio la stessa domanda da quando sono nata. Insomma, questo soprannome deve pure essere arrivato da qualche parte!>> rispondo.

Stiles mi lancia un'occhiataccia, mentre io cerco di nascondere un ghigno divertito.

Un giorno, non ricordo se in quarta o quinta elementare, ero a pranzo da Noah e durante una delle tante conversazioni, saltò fuori che "Stiles" in realtà non era il vero nome di... beh, Stiles. A quanto pare era un nomignolo molto diffuso nel ramo paterno della sua famiglia: il padre di Noah, ossia il nonno di Stiles, veniva chiamato così in guerra dai suoi compagni. Il vero nome del ragazzo è invece molto lungo e difficile da pronunciare, per questo decisero di affibbiargli questo soprannome. Ricordo che, sempre durante quel pranzo, un piccolo Stiles chiese a suo padre perché non aveva semplicemente scelto qualcosa di meno complicato. Noah gli rispose che il suo vero nome l'aveva scelto sua madre, Claudia Stilinski. Sentito questo, Stiles non si lamentò più.

Anche se adesso so pronunciare bene questo famoso nome, quando ero piccola io, Stiles e Scott non riuscivamo a mettere le lettere in ordine. Ci si intrecciava in continuazione la lingua. Il massimo che potevamo ottenere era "Mischief". Quando Noah ci sentì, scoppio a ridere, e disse che quello poteva andare bene come soprannome alternativo. In inglese "mischief" si può tradurre come guaio, danno, scherzo. In altre parole la perfetta descrizione di Stiles. Scott si rifiutò di utilizzarlo, perché riteneva "Stiles" ancora più semplice da pronunciare, ma a me piacque così tanto che per mesi e mesi non lo chiamai in altro modo.

Ridacchio al solo pensiero. Stiles ha sempre adorato quel nomignolo. Mi chiedo se lo ricordi ancora.

Mi avvicino alla mia migliore amica, sedendomi accanto al ragazzo dagli occhi nocciola che ormai da infiniti minuti non fa altro che osservare incantato la rossa.

<<Noi... noi... volevamo solo sapere se stavi b-bene. Oggi non t-ti abbiamo vista a scuola. Ero- voglio dire! Eravamo preoccupati per te>> balbetta il ragazzo, non togliendo gli occhi dalla ragazza sdraiata alla sua sinistra.

È incredibile come questo ragazzo sia completamente soggiogato dalla rossa -penso- sembra quasi che lei sia una sirena e lui un marinaio pronto a morire fra le sue fauci.

Spalanco gli occhi quando vedo la mia migliore amica incominciare a toccare e accarezzare il bicipite sinistro di Stiles. Ok, cosa sta succedendo?

Lydia fa un grosso sospiro, per poi avvicinare il suo viso a quello del moro. Molto vicino. Troppo vicino! Ok, devo fare qualcosa!

<<Io sto... meravigliosamente!>> constata Lydia, praticamente a un centimetro dalle labbra di Stiles, che sembra stare per andare in iperventilazione. Quanto a me, sono sicura che fra poco la mia mascella toccherà terra.

Cavoli. Siamo sicuri che Natalie non abbia scambiato gli anti-depressivi con dei calmanti per cavalli? MAI Lydia si comporterebbe così con Stiles! Soprattutto davanti a me!

Mentre nella mia testa i pensieri incominciano a lottare tra di loro (c'è chi dice che dovrei piangere, chi che dovrei urlare o chi che dovrei tirare un pugno alla bella coppietta), i miei occhi scorgono una scatoletta di pillole sul comodino della rossa.

La prendo in mano, legggendo poi l'etichetta. Un ghigno mi compare in volto, mentre scuoto la testa. Ora si spiega tutto.

<<Lydia>> la richiamo <<Scommetto che non riesci a dire: "ho visto Susie seduta in un negozio di lustrascarpe" tre volte di seguito e veloce>>.

Lei distoglie lo sgaurdo da Stiles, per poi puntarlo verso di me: <<Ho visto Shusie->> prova a dire <<Ho visto->>.

Sorrido, rimettendo la scatola a posto. Rivolgo un'occhiata eloquente a Stiles. Lui annuisce, sospirando.

Ma Lydia sembra stia delirando. <<Ho visto...>> ripete per l'ennesima volta.

<<Visto?>> chiede Stiles <<Lydia, cosa hai visto?>>.

Lei esita un secondo: <<Qualcosa...>>.

Io e il ragazzo dagli occhi nocciola ci scambiamo un'occhiata preoccupata.

<<Qualcosa... tipo un leone di montagna?>> insisto io.

<<Un leone di montagna>> conferma Lydia, ma il suo sguardo è perso nel vuoto. Sembra quasi stia cercando di autoconvincersi. Ma non ha convinto me.

<<Lo dici perché lo credi davvero, o perché te lo ha ficcato in testa la polizia?>> domando, alzandomi e inginocchiandomi davanti a lei.

<<Un leone di montagna!>> ripete, continuando a fissare il nulla.

Scuoto la testa: <<Quello non era un leone di montagna...>> sussurro. Prendo le sue mani tra le mie, stringendole un po'.

<<Un leone di montagna>> continua.

Sospiro, mentre Stiles prende un peluche a forma di giraffa, mostrandoglielo.

<<Che cos'è?>> le chiede.

Lei si gira di scatto: <<Un leone di montagna!>>.

<<Ok>> sospiriamo io e Stiles <<Sei ubriaca>>.

Come a confermare la nostra affermazione, mi crolla addosso sonnolenta, quasi cadendo dal letto. Grugnisco, cercando di rimetterla stesa. Dov'è la superforza quando serve?

Proprio quando sto per farle posare la testa sul cuscino, si rialza di scatto, cose fosse stata svegliata da un brutto sogno. Il fatto è che nel farlo mi fa perdere l'equilibrio.

Lancio un urletto. Senza sapere precisamente come, mi ritrovo sdraiata sulle gambe di Stiles. La mia mano destra sul suo ginocchio sinistro. Non riesco a processare bene cosa sia successo, fin quando un gemito di piacere strozzato mi giunge alle orecchie. In un primo momento non capisco niente. Sembra quasi che il mio cervello si sia spento. Ma poi riesco a capire che quel suono proviene dalla bocca di Stiles, e che è dovuto alla mia mano sinistra che è poggiata sul suo- OH MIO DIO!

A velocità supersonica (letteralmente) scatto in piedi, allontanandomi il più possibile dal letto di Lydia. Mi ritrovo con la schiena spiaccicata contro la porta della stanza. Penso che adesso la mia faccia sia il concentrato di tutti i rossi esistenti al mondo mischiati insieme. Il risultato è un unico, acceso e uniforme colore che sono sicura non sia stato ancora catalogato. Ricorda il rosso, ma sono sicura sia cento volte peggio.

Sembra quasi una presa in giro. Questo colore oggi sembra perseguitarmi! Ma adesso come adesso preferirei mille volte vederlo riflesso in una pozza di sangue piuttosto che sulla mia faccia.

Sento le guance bruciare. Sono un fuoco. Ma non in senso piacevole. Cavoli, tutte le volte che mi sono immaginata usare queste parole, il senso sottinteso era sempre un altro. Decisamente migliore di questo. Sono sicura che anche i miei occhi stanno bruciando. Riesco quasi ad immaginare quel caldo arancione che, rispondendo al mio imbarazzo, circonda le mie iridi. Quasi a sottolineare ancora di più la situazione.

Cerco in tutti i modi di evitare lo sguardo di Stiles, posando gli occhi ovunque in quella stupida stanza. Senza accorgermene inizio a ridere come una pazza.

<<IO DEVO ANDARE! GIORNATA BELLISSIMA! CASA BELLISSIMA! PERCHÉ STO PARLANDO DI QUESTA CASA? NON LO SO! NON SO PERCHÉ STO PARLANDO DI QUESTA CASA!>>.

Ancora con le spalle attaccate alla porta, cerco insistentemente di trovare la maniglia, in un disperato tentativo di fuggire da questa stupidissima, orribile, imbarazzante, impensabile situazione in cui mi ritrovo.

Una volta trovata, apro la porta, ma quando faccio per girarmi ed uscire definitivamente da quella brutta, incredibile, calda, soffocante stanza, ci sbatto con la faccia.

<<Ahi!>>.

Continuo a ridacchiare ad alta voce, mentre finalmente riesco ad aprire la porta come si deve.

<<È STATO STUPENDO! MI È PIACIUTO TANTISSIMO!>>. Poi mi rendo conto di quando strano sia dire una cosa del genere sapendo quello che è successo poco prima. <<CIOÈ NO! NON MI È PIACIUTO! PER NIENTE! Ok, forse un pochino... MA NO! NO! NON MI È PIACIUTO! PERCHÉ STO CONTINUANDO A PARLARE? PERCHÉ STO URLANDO? NON C'È BISOGNO DI URLARE! ALLORA PERCHÉ STO URLANDO?>>. Senza accorgermene, i miei occhi incontrano quelli di Stiles, che sono spalancati al massimo. Sento le mie guance diventare ancora più rosse. <<IO>>. Continuo a ridere istericamente. <<IO DEVO ANDARE! SÌ, DEVO PROPRIO ANDARE! MARINA MI STARÀ CERCANDO! DECISAMENTE SÌ! IO->>.

Non riesco ad aggiungere altro che le mie gambe vanno in modalità sovrannaturale e mi costringono a correre fuori dalla casa.

•☽︎✫☾︎•

Penso mi verrà un bel mal di testa se continuo a stringere compulsivamente la mia coda di cavallo.

E sono sicura che il pavimento si consumerà se non riesco a mettere un freno alle mie gambe. Continuare ad andare avanti e indietro nella vostra stanza non è per niente una buona idea se siete agitati. Vi fa solo stare peggio. E vi fa anche beccare una bella lavata di testa dalla vostra matrigna; più precisamente una catena di insulti e minacce. Non che non ci sia abituata.

Credo che il mio orologio sia andato in gloria. Quando sono tornata segnava le 13:10, ma adesso mi sembra di vedere le lancette puntare verso le 17:35. Non è possibile che sia stata a camminare per la mia stanza per quattro ore e mezza, giusto? Sospiro, portandomi le mani ai capelli, stringendo la coda per l'ennesima volta. Credo proprio di sì.

Finalmente riesco a far fermare le mie gambe. Faccio una smorfia di dolore. Oh, decisamente sì. I polpacci e le cosce mi dolgono in un modo orribile. Per non parlare delle caviglie. Sembra che qualcuno ci abbia iniettato a forza delle dosi di Letharia Vulpina.

A fatica riesco ad arrivare al letto e a buttarmici sopra a pancia in giù.

Che giornata strana.

Faccio una smorfia nel cuscino. Credo che ormai TUTTE le giornate passate in questa città possano essere chiamate "strane". E credo sia anche un complimento.

A dirla tutta, questa, poteva anche essere una mattinata come le altre. Ma naturalmente, ho dovuto rovinarla.

Il ricordo di quanto successo qualche ora prima si fa spazio nella mia mente, facendomi tornare ad arrossire vistosamente.

Schiaccio nuovamente la faccia nel cuscino, soffocando un urlo disperato.

Sono convinta di provare a schiacciare un pisolino, quando sento qualcuno bussare alla porta.

<<Va via Marina! Adesso non ho proprio voglia di un secondo round di urla!>> esclamo ad alta voce.

Ma il bussare non smette.

Grugnisco arrabbiata, alzandomi e dirigendomi verso la porta. Le gambe non mi fanno più male. Magie della guarigione accelerata!

<<Senti Marina, ho detto che->> inizio, ma sobbalzo quando, aprendo la porta, vedo Matteo.

Sembra preoccupato. Le rughe sulla fronte sono più accentuate, così come le occhiaie sotto agli occhi. Mi chiedo se sia riuscito a dormire in questi giorni.

<<Posso entrare?>> mi chiede, accennando un sorriso.

Annuisco, spostandomi per farlo passare.

Appena richiudo la porta, però, incomincio a chiedermi il perché di questa sua visita. Certo, Matteo è sempre stato l'unico in questa famiglia a volermi effettivamente "bene". Anche se non potrei ancora metterci la mano sul fuoco.

<<Ho sentito quando sei rientrata qualche ora fa>> mi dice <<Sembravi piuttosto sconvolta. So di non essere una ragazza, tanto meno il tuo vero... padre. Ma vorrei che mi dicessi cosa c'è che non va. Hai tutti i diritti per non credermi, ma io tengo molto a te Noemi. Come se fossi mia figlia biologica>>.

I suoi occhi, celati dietro quegli occhialetti, si fanno più dolci mano a mano che va avanti a parlare.

Devo essere sincera. Non ho mai visto Matteo come una vera figura paterna. Dopo aver vissuto per tredici anni con il mio VERO padre, nessuno potrebbe sostituire ciò che lui era per me. Ma adesso che sono passati tre anni credo di dover dare una chance anche a lui.

Stamattina ho detto ad Allison di essere riuscita a dimenticare il passato. Di essermi lasciata alle spalle la morte di mio padre e di mia madre. Ma niente potrà mai riparare il vuoto che sento ogni giorno per la loro mancanza.

Credo sia arrivato il momento di provare a crearmi dei nuovi ricordi.

Sorrido incerta. Matteo non è mai stato qualcuno di molto aperto. Anzi, penso sia una delle persone più timide e pacate che abbia mai incontrato in tutta la mia vita. Il fatto che mi stia chiedendo di aprirmi con lui mi fa sperare in qualcosa di effettivamente veritiero.

<<In realtà>> inizio <<Non è successo niente di così incredibile. Più che altro... imbarazzante>>. Ed ecco che il rosso ritorna a farsi strada sulla mia faccia.

Vedo Matteo sorridere dolcemente.

<<C'entra per caso un ragazzo?>>.

Evito il suo sguardo, ma non riesco ad impedire che l'ombra di un sorriso mi compaia sulle labbra.

Annuisco: <<Sì, decisamente sì. Lui... ecco, è il mio migliore amico. Lo conosco da una vita, fin da quando vivevo qui anni fa. Mi è sempre piaciuto. È sempre stato al mio fianco qualunque cosa facessi, ed è il ragazzo più gentile, dolce, leale e bello che abbia mai visto. Lui è...>>. Mi fermo quando vedo il modo in cui mi sta guardando il mio patrigno.

<<Cosa?>>.

Lui scuote la testa: <<Niente, niente. È che questo è completamente nuovo per me. Gaia e Lucia sono ancora delle bambine. Non ho ancora avuto la possibilità di intraprendere questo tipo di... conversazioni con qualcuno. Non so di preciso come comportarmi. Ma una cosa la so per certa>>. Un dolce sorriso fa comparire qualche ruga in più sulle sue guance. <<Magari non sarò in grado di darti dei buoni consigli come potrebbe fare una madre, o perfino il tuo vero padre. Ma ti posso assicurare che l'amore che hai per questo ragazzo ti porterà a fare cose stupide. Ma stupide in un modo che tu non puoi neanche immaginare>> ridacchia <<L'amore è la cosa più insensata che possa esistere. E se tu ami questa persona con tutta te stessa, e posso dirti che è così dal modo in cui i tuoi occhi brillano, allora preparati a passare i momenti più stupidi, insensati e imbarazzanti della tua vita. Perché l'amore fa questo. Ti rende incapace di pensare. Ti rende incapace di far battere il tuo cuore correttamente. Magari può essere una cosa dolorosa e a tratti nociva, ma il sentimento che ti arriva in cambio è la cosa più forte e bella che tu possa provare in vita tua>>.

Silenzio. Dire che sono scioccata è dire poco.

Ma devo pur rimanere fedele a me stessa, no? Quindi faccio comparire un ghigno sulla mia bocca: <<Wow. E tu come fai a sapere tutte queste cose sull'amore?>>.

Con mia grande sorpresa, lui scoppia a ridere: <<Perché l'ho provato! Più precisamente con la donna che in questo momento si trova al piano di sotto a farsi un caffè>>.

Alzo le sopracciglia, stupita e scettica.

Lui continua a ridacchiare: <<So che non ti sta molto simpatica. Ma ti assicuro che all'inizio non era così. Era una donna dolce ed estroversa, che amava la vita. Era la donna di cui mi sono innamorato>> sospira <<Ma quando sono arrivate le gemelle è cambiata. Ha incominciato ad essere più acida e maleducata. Ancora adesso non riesco a capire il perché. Ma alla fine, se si ama veramente qualcuno non si è disposti a sopportare qualunque maledizione?>>.

Non rispondo, continuando a fissare il vuoto, pensierosa e ancora un po' scettica.

Lui sorride: <<Adesso devo andare, ho un incontro di lavoro>>.

Alzo di scatto lo sguardo, rispondendo al sorriso.

<<Ci vediamo stasera all'incontro genitori-insegnanti. Tanto sono sicuro che non ci sarà niente di cui discutere>>.

Fa per alzarsi, ma io lo fermo mettendogli una mano sulla spalla. Si gira verso di me.

<<Ti ringrazio>> dico.

Lui sorride ancora, ma stavolta mi coglie di sorpresa, dandomi un bacio sulla fronte. Un calore che non sentivo da tanto mi inonda ogni parte del corpo. L'ultima volta che l'ho provato è stato il giorno prima della morte di mio padre.

Sorrido. Forse alla fine potrei anche sopravvivere.

Angolo autrice

[VI PREGO LEGGETE!]

Uno dei capitoli più difficili da scrivere per mancanza d'ispirazione.

Non sono molto soddisfatta ma spero che a voi sia piaciuto. Quella scena con Stiles... non so da quale parte del mio cervello sia uscita. Sono scoppiata a ridere io mentre la scrivevo.

Siamo arrivati a 1K di letture. Io non so veramente che dire. Siete fantastici.

All'inizio, non pensavo neanche che questa storia potesse raggiungere un risultato del genere. Era partito tutto come un modo di mettere per iscritto i miei pensieri, essendo che non avete idea di quante storie mi girano per la testa.

Perciò non posso fare altro che dirvi GRAZIE. Grazie a tutti per il supporto che mi state dando, e che spero continuerete a dare.

Vi ricordo come al solito di lasciare una stellina o un commento se il capitolo vi è piaciuto!

Ci vediamo alla prossima!

~Giada

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