Diagon Alley;

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11 Agosto 1996

L'aria afosa di agosto irrompeva nella camera poco illuminata con delle piccole folate di vento che facevano muovere le tende.

La luce del sole entrava delicatamente dalla finestra, saltellando qui e lì e posando la sua ombra sul mobile di fronte a me e soprattutto sulle assi del mio letto a baldacchino.

Indossavo un semplice pigiama in raso, corto e fresco, ma che non era affatto un buon rimedio dato il caldo asfissiante che c'era fuori. Mi ero sventolata per qualche minuto con il ventaglio, ma la mano aveva cominciato a farmi male e nonostante potessi fare magie, questo non cambiava il fatto che non conoscessi nessun incantesimo per avere aria fredda.

Ieri avevamo festeggiato il mio diciassettesimo compleanno, festeggiato forse era un parolone, dato che l'unico festeggiamento era stata la torta dopo la cena e qualche regalo qui e lì dai membri dell'ordine. Non mi ero di certo svegliata di buon umore, ma la sorpresa delle bambine, che per qualche ora erano venute a salutarmi mi aveva riempito il cuore. Daphne, Blaise, Theo e Tracey mi avevano fatto recapitare i loro che avevo aperto con poco entusiasmo e riposto subito dopo a fianco agli altri.

Il regalo che io aspettavo non c'era.

Non era passato molto da quando Draco mi aveva risposto con quell'inutile bigliettino che aveva causato molte attenzioni quella sera. Non appena ebbi finito di leggere le ultime parole, si incendiò nelle mie mani, facendo prendere un serio colpo alla signora Weasley, che probabilmente aveva visto come i miei occhi si fossero subito riempiti di lacrime.

Qualche ora più tardi era salita in camera, credeva ancora stessi male per Fred, ma dopo averla rassicurata che andava tutto bene, rimase ancora un po' con me, accarezzandomi la schiena, mentre io me ne stavo con la testa infilata nel cuscino.

«Fa male a volte, ma poi il dolore passa.» aveva sospirato, forse tirando su il naso. «Starai meglio, te lo assicuro.»

Ma più i giorni passavano, più stare meglio era diventata una vera e propria utopia per me. Non apprezzavo più niente di quello che mi circondava e mi sentivo sola, tremendamente sola.

Come al solito, anche quella mattina, stesa sul letto, con il volto rivolto verso l'alto, lasciai che le lacrime mi percorressero le guance, arrivando a bagnare il mio collo e il retro di esso provocandomi un leggero fastidio. Non singhiozzai, non emisi alcuni tipo di suono, lasciai che il dolore scorresse via con loro, lontano dal mio corpo.

Per giorni avevo pensato a come rispondere, però poi mi ero arresa, forse non dovevo, non dovevo rispondere, non dovevo combattere per questo. Ero stata un passatempo, mi ripetevo nella testa, nient'altro che quello.

E mi ritrovavo a piangere al solo pensiero di quello che c'era stato, come una stupida. Perché era così che mi faceva sentire tutto questo, un'idiota ad aver pensato che potesse funzionare davvero tra me e lui.

Sentii bussare alla porta ed immediatamente feci passare le dita sotto gli occhi, mandando via il trucco in eccesso e le lacrime che autonomamente continuavano a scendere.

«Posso entrare?» chiese zio Sirius dietro la porta.

«Sì.» risposi restando in quella posizione.

Lui aprì la porta ed entrò rapidamente, accostandola subito dopo. Mi guardò per un attimo, forse per capire in quale stato pietoso mi ritrovavo. Poi venne a sedersi vicino a me. «Molly mi ha detto che non stai tanto bene.» mormorò quasi fosse qualcosa di pericoloso da dire.

«Sto bene zio.» mi limitai a dire evitando il suo sguardo.

«Ti manca casa?» chiese e avvertii nella sua voce una vena di dispiacere.

Scossi la testa sorridendogli. «È casa, per me, dove mia madre si è sentita tale.» lui sorrise malinconico afferrandomi la mano.

Poi guardò le pareti tappezzate della camera, della sua camera. Me l'aveva concessa per il periodo che sarei stata qui, un incanto proteggeva la casa, che la rendeva più sicura di quella degli zii. Questa stanza era la più piccola della casa, almeno così mi aveva detto.

Era piena di poster di squadre sia babbane che magiche, quindi quidditch e football che si mescolavano sulle pareti, accompagnati dall'orribile foto di una donna in bikini in motocicletta, che era impossibile da togliere dato che l'aveva appiccicata con la magia.

«Tua madre diceva di adorare questa stanza.» disse all'improvviso. «Sai, eravamo grandi amic-...»

«Lo so che stavate insieme zio.» lo interruppi facendolo restare per un secondo senza parole.

Poi si riprese scuotendo la testa. «Sì, credo di si.» affermò. «Quando sei nata tu, io e Marlene non avevamo un bel rapporto, sai, cose da ragazzini, però accordai che la tua culla venisse messa lì.» indicò un punto sotto la finestra.

«Le piaceva che stessi a contatto con la luce, con l'aria fresca e tutte quelle stupidaggini. Quindi questa un po' è anche casa tua, come lo sono quasi tutte le case dell'ordine, dato che ti abbiamo sballottolata di qui e di lì.» ridacchiò.

«Ma sei venuta su bene no?» mi guardò.
«Forse abbastanza bene da capire che quel ragazzino spocchioso per cui passi le notti a piangere non ti merita neanche un po'.»

La sua voce risultò dura, ma allo stesso tempo sapevo che il consiglio che mi stava dando non era per niente sbagliato. «Mi sento vuota zio.» mi lasciai sfuggire.

Lui guardò davanti, sorridendo a malapena, quasi con lo sguardo consapevole di chi si è sentito dire quelle cose milioni e milioni di volte, forse lui stesso si era ritrovato a ripeterlo.

«Sei proprio come lei tu.» sussurrò. «Non si innamorava, ma quando lo faceva, lei ti dava tutto il cuore e soffriva, soprattutto per quell'idiota di tuo padre, e figurati che non era neanche innamorata di lui.»

«Lo era di te?» era più in realtà un affermazione.

«Se avessimo avuto più tempo.» sussurrò tra se e se. Poi sembrò ritornare tra i vivi. «Ora vestiti avanti, fatti una doccia, Ninfadora sta venendo a prenderti, andate a Diagon Alley, i gemelli hanno aperto il loro negozio.» mi batté una mano sulla spalla.

Io mi avvicinai stringendomi a lui. «Grazie.» mormorai tra le lacrime ancora.

«Troverai sempre un luogo in cui tornare qui Eve,sempre.» mi baciò tra i capelli per poi alzarsi e lasciarmi da sola.

Mi diedi una mossa, sapevo quando Tonks potesse essere impaziente e poi avevo voglia di svagarmi un po' con la testa, dovevo smetterla di battere sempre sullo stesso pensiero, non mi faceva per niente bene. Mi asciugai le lacrime e dopo essere uscita dalla doccia, mi infilai un vestitino a fiori bianchi con uno sfondo nero, misi le converse bianche un tantino consumate e dopo aver sistemato i capelli in due trecce scesi al piano di sotto.

«Andiamo?» chiese Ninfadora che teneva per braccetto Ginny.

Ci salutammo velocemente e con uno schiocco, dopo aver raggiunto la porta, arrivammo a Diagon Alley. Diversamente da solito il luogo era spoglio, cupo, molti negozi avevano chiuso i battenti, forse a causa dei mangiamorte che ultimamente stavano seminando solo terrore.

«Gli altri sono dentro?» chiesi quando l'enorme negozio di scherzi apparve davanti a noi.

Era davvero ben fatto. Dava luce a tutto il posto, che a parte i colori accesi che andavano dall'arancione al viola, il mortorio che li circondava mi faceva venire un angoscia esagerata.
Entrammo nel negozio che era situato su due piani, gli scaffali erano pieni zeppi di roba che avrebbero fatto brillare gli occhi a chiunque.

«Buongiorno signore!» esclamò George alle nostre spalle facendoci sobbalzare.

Indossava un abito viola che faceva risaltare ancora di più i suoi capelli color carota. Fred al suo fianco ne indossava uno arancione. Mi soffermai a guardarlo solo per un minuto e i nostri occhi si incontrarono, distolsi subito lo sguardo facendolo finire tra i filtri d'amore.

«Fate anche queste cose?» chiesi afferrando una boccettina piena di liquido rosa.

«Sì.» affermarono. «Chi vuoi far innamorare Eve?» chiesero prendendomi in giro per poi scomparire.

Harry, Hermione e Ron arrivarono dalle mie spalle facendomi prendere un colpo. Li salutai con un cenno del capo, ma il mio sguardo si concentrò fuori, dove una testa bionda si stava uscendo da nocturn Alley.

Mi mossi velocemente, senza dire niente a nessuno corsi fuori dal negozio. Non sapevo perché stavo facendo una cosa talmente stupida, ma avevo bisogno di chiarimenti, di una spiegazione, anche minima.

Lo vidi svoltare in un vicolo e prima che potesse sfuggirmi lo afferrai per la manica tirandolo verso di me. Si voltò infuriato, ma appena mi vide rapidamente mi spinse nel vicolo, facendo entrare a contatto la mia schiena sulla parete rocciosa.

«Che ci fai qui?» sibilò avvicinando pericolosamente il suo viso al mio.

«Ma che diavolo ti è preso eh?» ringhiai afflitta. «Pensi che un bigliettino di merda possa spiegare perché mi hai lasciata.»

Lui mi guardò duro. «Non voglio stare più con te, cosa devo farci?» chiese titubante, ma potevo percepire i suoi occhi che passavano dai miei alle mie labbra in pochi secondi.

«Perché lasciarmi con un biglietto? Non hai le palle di farlo di persona?» sentivo le lacrime bruciarmi gli occhi. «Non mi hai chiesto come stessi, non ti sei preoccupato per me e dicevi di amarmi? Non ti vergogni neanche un po'?»

Abbassò lo sguardo respirando profondamente. «Smettila di fare così Eve.»

«No invece!» sbottai. «Hai buttato nel cesso mesi di relazione.»

«Che fai qui?» chiese sospirando. «Mi stavi seguendo?»

Scossi la testa. «Volevo delle spiegazioni, me le merito.»

«Ti ho già spiegato che non voglio più stare con te, non ci sono altre ragioni.»

«Invece dovrebbero esserci, hai detto di amarmi dannazione! Non valeva niente per te? Quelle due parole che mi hai ripetuto per mesi.» lo spintonai.

«Esatto.» gridò per poi guardarsi intorno. «Sei stata un passatempo, mi sono divertito, lo ammetto, ma sei stata solo questo. Ti ho illusa solo per averti intorno. Quindi ora non ho più niente da dirti.»

«Perché non ti credo? Ah? Perché non credo ad una fottuta parola?» chiesi.

Lui mi guardò addolcendo lo sguardo. «Perché non mi lasci in pace Eve?»

«Perché io lo so che è successo qualcosa, lo so Draco. Non farmi credere che tu sia un bastardo perché lo so che non lo sei.»

«Allora hai sbagliato completamente con me, non mi hai mai capito Eveleen.»

Sparì nell'ombra lasciandomi da sola, che con un vuoto nel petto mi lasciai cadere contro la parete. Piansi ancora, con la paura che ora, fosse davvero finita. Ma non mi sarei arresa, neanche morta.

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