Pace;

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07 Luglio 1997


Stringevo forte i palmi delle mani sulle orecchie, un suono stridente mi faceva un dolore atroce alla testa.

Il pavimento era freddo e pieno di pietre minuscole che schiacciavano contro il mio corpo provocandomi tagli e ferite poco indifferenti.

Mi alzai a fatica guardando in alto e vedendo le macerie che ricoprivano il cielo notturno, urla di persone e corpi che cadevano al suolo erano i suoni che avvertivo maggiormente. Chi chiedeva aiuto, chi voleva pietà e chi invece ruggente si alzava a combattere ancora.

Con la fronte gocciolante mi voltai verso l'enorme portone della scuola, vedendo Bellatrix lì in piedi, con la bacchetta puntata a pochi metri da lei. Mi sporsi leggermente notando una ragazza con i capelli rosa che stringeva a se un corpo inerme.

Tonks.

Pensai immediatamente tremando e crollando sulle ginocchia, il corpo che stringeva era quello di zio Remus. E poi come se il tempo in un attimo si fosse fermato, una luce verde accecante colpì anche la ragazza, facendola accasciare al suolo.

Un grido di dolore fuori uscì dalla mia gola, mentre la strega con un ghigno mi passava di fianco senza guardarmi. Corsi nella loro direzione ma non c'era più nulla da fare, non ebbi il tempo di stringermi a loro, poiché i volti di tutti coloro che amavo sfrecciarono davanti alla mia mente, tutti morti, uno dopo l'altro.



«Eve svegliati.» Draco mi scrollò brusco le spalle.

Mi svegliai sbandando nel letto e ritrovandomi addosso a lui. Come al solito cercai di regolare il mio respiro mentre la mia testa finiva tra la spalla e il collo del biondo.

«Calma piccola.» mi baciò tra i capelli mentre lacrime calde mi colavano dagli occhi, era stata la visione più terrorizzante della mia vita, non volevo che morissero, non volevo che nessuno morisse.

Singhiozzai stringendomi a lui, non avrei voluto quel contatto, però mi serviva in quel momento, avevo bisogno di calmarmi e lui era il mio tranquillante naturale. «Tranquilla, ci sono io.» si appoggiò alla tastiera del letto trascinandomi con lui e permettendomi di posizionarmi tra le sue gambe, mentre le sue labbra premevano ancora sulla mia fronte.

«È stato orribile.» tremolai bagnando leggermente il suo petto nudo, non finivo più di piangere, cosa che non mi piaceva affatto fare con lui, farmi vedere debole.

«Vuoi raccontarmi cos'hai visto?» chiese e io scossi la testa, non volevo raccontargli che avevo visto tutti morti, le visioni non erano mai un bel segno.

«Facciamo una passeggiata? Che dici?» mi alzai di poco per guardarlo e i suoi occhi blu mi fecero scogliere, quanto mi piaceva il suo sguardo nessuno poteva immaginarlo.

«Potremmo, sì.» dissi passandomi le dita sotto gli occhi. «Dovresti metterti una maglietta però.» non poteva mica girare a petto nudo, non mi sembrava affatto una buona idea.

Lui rise e si alzò infilando una maglietta a maniche corte nera. «Hai paura che qualcuno possa vedermi?» arrossii.

«No!» esclamai facendo solo allargare il suo sorriso, mi misi subito in piedi infilando le scarpe e aspettandolo davanti alla porta.

Lui si pose davanti a me e mi porse la mano. «Che vuoi?» chiesi acida e lui voltò gli occhi al cielo.

«Lo so che ti piace.» mormorò e afferrò la mia mano stringendola alla sua, il suo pollice scivolò ad accarezzarmi il palmo.

La mia mano rimase rigida, forse stavo esagerando un po', ma non ce la facevo a fare finta che non fosse successo nulla, non in questo modo così indifferente. Uscimmo lentamente e l'oscurità del corridoio ci invase, avevo il terrore che qualcuno potesse vederci e lui capii subito.

«Ad un certo orario vanno tutti via, siamo soli, tranquilla.» la sua voce era talmente calma da farmi sciogliere e il calore della sua mani divenne pian piano più piacevole.

Scendemmo le scale e arrivammo all'ingresso principale. «Non avevi detto che non si può uscire?» chiesi scettica.

«Sì, l'ho detto.» disse aprendo la porta. «Ma non ho detto che non si può stare in giardino.» alzò le spalle e mi fece spazio per uscire.

Il venticello caldo mi spazzò via i capelli dal viso e finalmente vidi il cielo limpido e pulito su di me, mi ero stancata di guardarlo solo da quella stupida finestra. Il giardino dei Malfoy era immenso, pieno di alberi di pino e un salice piangente vicino al cancello principale. I pavoni dormivano ai limiti dei cespugli e qualche lucciola qui e lì dava al posto un atmosfera pacifica.

La luce lunare illuminava tutto il luogo, era talmente luminosa che sembrava mezzogiorno. Con ancora la mano stretta nella sua ci incamminammo nel piccolo viottolo di pietra dove gli unici rumori erano quelli dei nostri passi. Dei bellissimi fiori bianchi erano ancora aperti al lati di quel piccolo sentiero, stranamente pensai, poiché era notte fonda.

«Vieni, ti mostro una cosa.» mi spinse verso un piccolo arco fatto di edera e fogliame. «Ci venivo sempre da piccolo.» superato quello ci inoltrammo in un boschetto piccolissimo. Era racchiuso con delle pareti d'erba alta e nel centro c'era un dondolo bianco illuminato dalla luce. Intorno ad esso fiori bianchi e alberelli rendevano tutto paradisiaco.

Mi guardai intorno meravigliata. «È bello.» mi limitai a commentare mentre ci sedevamo e Draco prendeva a spingere poco il dondolo, in modo tale da cullarci entrambi in un oscillazione lenta e tranquilla.

Mi sedetti incrociando le gambe difronte a lui, mentre il biondo faceva penzolare le gambe e guardava verso l'alto. «Lo so, mia madre l'ha fatto costruire per me.» rispose e non lo interruppi, facendolo parlare. «Da piccolo avevo degli incubi terribili e odiavo tantissimo la mia camera, era buia e troppo grande, pensavo sempre si potesse nascondere qualcosa nell'armadio.»

Sorrisi e lui continuò. «Quindi fece costruire questo boschetto artificiale, venivo qui quando mi spaventavo troppo insieme a lei. Stavamo qui tutta la notte a volte, a mio padre non piaceva per niente e quindi lo facevamo di nascosto.»

«L'estate scorsa sono stato sempre qui, lontano da quello che accadeva a casa. Ho ricevuto le tue lettere e venivo a leggerle qui, fin quando mia madre non le ha scoperte.» ingoiò un groppone.

«Chissà che colpo le sarà venuto a scoprire che stavi con una mezzosangue.» sbottai irritata.

Lui mi guardò. «Forse è strano sentirlo da me, ma non mi interessa cosa sei, per me sei solo Eve.»

Risi. «Forse dovevi pensarci prima?»

Sospirò. «Non è semplice vivere in questa famiglia, sono stato cresciuto con la consapevolezza che i purosangue siano i migliori in assoluto. Ma invece, poi mi sono innamorato di te, che sei molto meglio di me e le mie ideologie sono crollate non appena ti ho baciato la prima volta.»

«Quindi pensi ancora che i purosangue siano migliori, o in quella tua testa bacata è entrato finalmente che siamo tutti uguali.»

«Vedremo.» si limitò a rispondere.

«Era tanto orribile il fatto che stessimo insieme?» sospirai dopo un po'.

«Perché non stiamo più insieme? Parli al passato.» mormorò incastrando i suoi occhi nei miei.

Non risposi fissandomi le mani mangiucchiandomi le pellicine delle dita, molto meglio di guardarlo. «Smettila.» tirò via le mie mani. «Giuro che ti affatturo le dita se continui così.» sorrisi insieme a lui.

«Quindi sai anche sorridere?» chiese e subito ritornò il broncio. «Non lo dico mai più.» alzò le mani verso l'alto.

Rilassai il viso e permisi alla sua mano di arrivare alla mia e di accarezzarmi, poi la alzò di poco arrivando alla mia guancia, mi lasciai andare a quel tocco e lentamente mi avvicinai. Sistemai le mie gambe sulle sue e poggiai il viso sulle sua spalla, a pochissimi centimetri dalla sua faccia.

Lui fece sfiorare i nostri nasi infilando la mano nei miei capelli. «Ti sei scansata qualche ora fa.» soffiò sulle mie labbra facendomi rabbrividire.

«Te lo meriti.» contestai facendolo ghignare.

«Strano.» affermò. «Perché ora sei così vicina piccola?» quel nomignolo, per quanto potesse darmi fastidio, mi faceva arrossire come una scolaretta, che imbarazzo!

«H-ho freddo.» balbettai picchiandomi mentalmente.

Le sue labbra si fecero più vicine e la sua mano strisciò nel mio interno cosce. «Ti riscaldo io.» mi baciò voracemente afferrandomi i fianchi e facendomi finire a cavalcioni su di lui.

La sua lingua si fece largo nelle mie labbra mentre spingeva il mio corpo contro il suo, facendomi avvampare talmente tanto da non riuscire più a controllarmi. Le mie mani finirono nei suoi capelli tirandolo verso di me, ne volevo ancora e ancora.

«Quanto mi sei mancata dannazione.» ringhiò sulla mia bocca invertendo la situazione e facendomi finire a contatto con il dondolo. Salì sopra di me facendo vagare le sue mani sull'elastico dei miei pantaloncini.

Tentò di abbassarli ma lo fermai spingendo la mia mano contro il suo petto. «Non qui.» mormorai riprendendo fiato.

«Non ci vede nessuno.» disse lui con gli occhi che scintillavano, quanto mi mancava quella versione di lui, con le labbra gonfie e i capelli spettinati. «E ti avverto che non ce la faccio ad arrivare in camera, quindi o qui o nei corridoi.» mi morse le labbra e mi lasciai andare ad un mugolio che non fece altro che peggiorare la situazione.

«Mi sa che hai scelto.» mormorò finalmente strappando gli unici tessuti che ci separavano.







Non credo ci voglia una lettera per spiegare cosa successe più tardi. Mi lasciai andare, forse un po' troppo, ma dovete perdonarmi, Draco sapeva essere molto persuasivo quando voleva e ora come l'idiota che ero, mi trovavo sotto il getto della doccia con le braccia del biondo che mi cingevano i fianchi. «Quindi abbiamo fatto pace?» mormorò al mio orecchio mordendomi piano il lobo.

Mi scansai sbuffando. «Non credo proprio.» afferrai il sapone passandomelo sulle braccia e lui lo afferrò insaponandomi la schiena e lasciando qualche bacio qui e lì.

Si avvicinò al mio orecchio. «Domani starò via per qualche ora.» mormorò. «Ma tornerò presto.» mi voltai verso di lui.

«Che devi fare?» chiesi preoccupata appoggiando le mani sul suo petto.

Lui mi sorrise. «Mi hanno chiesto di trovare qualche informazione sull'ordine.» sbiancai di botto. «Tranquilla, me ne starò fuori per un po' e farò finta di non aver trovato niente.» mi accarezzò la guancia.

«Cercherò di mettermi in contatto con qualcuno, vedrò di mettermi d'accordo per farti uscire, okay?» il suo sguardò si addolcì.

«Tu vieni con me, non ti lascio qui.» sbottai.

«Non posso venire con te Eve, lo sai che non posso.»

Scossi la testa. «Non ti lascio qui, troviamo un modo, puoi dire di tornare a scuola, non puoi?» mormorai abbandonandomi alla sua mano.

«Vedremo, lo so che non sai stare senza di me.» strusciò il mio naso contro il suo.

«Ti aiuteremo, lo prometto. Basta che accetti il mio aiuto Draco, va bene?» lui mi guardò mordendosi la guancia.

«Fidati di me, resteremo insieme, anche se dovessimo separarci per un po'.» mi baciò sulle labbra delicatamente.

Mi staccai brusca. «Smettila! Resto qui se non vieni con me, non devi rischiare per salvarmi.»

Mi sorrise dolcemente. «Se proteggerti significherebbe morire Eve, morirei per te, questo devi saperlo.»

«Non posso vivere in un mondo dove tu non ci sei.» singhiozzai.

Le sue labbra finirono sulle mie ancora. Poi la sua fronte si scontrò con la mia. «Sei l'amore della mia vita Eveleen.»

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