Prigione;

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16 Maggio 1997



La mattina seguente a quel tragico evento che mi aveva costretta a villa Malfoy, mi svegliai da sola, raggomitolata tra le coperte dell'enorme letto di Draco. Avvertii il suo profumo sui cuscini e balzai in aria pensando di averlo vicino. Nonostante l'odio che provavo nei suoi confronti, il suo familiare calore mi era mancato quella notte. Forse avrei dovuto dire quel giorno, dato che erano quasi le cinque del pomeriggio quando mi alzai.

La coperta sul divano era ancora in ordine, sicuramente non aveva chiuso occhio, ma non ci diedi molto peso, come si dice? Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Questi pensieri non mi piacevano, ma non ci girai troppo intorno, decisi che dovevo trovare un modo per uscire da quella camera e poi da quella casa. Provai senza successo a forzare la finestra che sembrava chiusa dall'esterno, non ci pensai a spaccare il vetro, sicuramente mi avrebbero sentita e non volevo di certo finire nei guai.

Non tentai nemmeno di aprire la porta, se le finestre erano chiuse, non osai immaginare le porte. Mi precipitai in bagno, notai sull'angolo in alto una finestrella stretta e con le mie capacità, degne di una gazzella zoppa, salii sul water cercando in vano di raggiungerla dato che sembrava l'unica via d'uscita. Non avevo la mia bacchetta, ma con un semplicissimo incantesimo mentale riuscii almeno a spalancarla.

Il tutto non durò più di qualche minuto. La vecchia del giorno prima venne ad afferrarmi per i capelli e mi trascinò ancora una volta in camera, ma io di certo non mi perdevo d'animo, decisi che ci avrei riprovato la mattina successiva. La cena arrivò trasportata da un elfo su di un vassoio, cercai di parlargli, ma dopo averlo posato sul letto, scomparve in uno sbuffo sordo.

Non toccai cibo, non avevo fame, anzi il mio stomaco era completamente chiuso. Quella notte fissai fuori dalla finestra e probabilmente mi addormentai mentre pensavo a come avrei dovuto fare a scavalcare quella finestra. La mattina dopo accaddero due cose abbastanza strane, che mi spinsero per qualche instante a tardare la mia fuga.

Prima di tutto mi ritrovai a letto, sospettai che Draco venisse in camera quando dormivo, questa cosa oltre ad inquietarmi, mi provocava un fastidio enorme, ma non sapevo perché.
Poi la colazione fu servita direttamente dalla domestica, che con sguardo severo e quell'espressione corrucciata mi diede il vassoio, che con tutta la mia sorpresa, conteneva un bicchiere di latte e mente e pane al cioccolato, i miei preferiti.

«Richieste specifiche del signorino Malfoy.» gracchiò.

«Troppo impegnato per alzare il culo.» sbottai.

«Non credo. Il signorino Malfoy non è qui al momento.» si limitò a rispondermi.

Non era qui al momento. E dove diavolo era?

Prima di bere il latte lo annusai, probabilmente dalla mia acutezza volevo capire se fosse avvelenato, ma pensai non ci fosse ormai niente di peggio, quindi lo bevvi velocemente. Addentai un panino e mi diressi verso il bagno, scalza e con ancora la tuta del biondo. Sistemai i capelli in una crocchia disordinata e mi arrampicai ancora.

«Dannazione.» borbottai mentre scavalcavo il lavandino e quasi infilavo un piede del water.

Aprii di nuovo la finestra facendo scattare il
pomello. Sentii il vento fresco sul viso, mi resi conto che forse non ci sarei passata dato che era davvero stretto. Cacciai una mano fuori sentendo il vuoto, poi afferrai l'infisso cercando di uscire tirandomi verso l'esterno.
Riuscii quasi a cacciare fuori la testa.

«Non è una buona idea.» la voce di Draco mi fece sbattere violentemente la testa sulla parte superiore della finestra.

«Oh andiamo.» sbottai guardando in direzione della porta, mentre mi mantenevo la testa a causa dell'enorme botta che avevo appena ricevuto.

Lo guardai, indossava una camicia bianca e i pantaloni neri che gli stringevano le gambe. I suoi capelli erano perfetti, mentre il suo viso, nonostante le occhiaie profonde, non mostravano altri segni di stanchezza. «Potevi farti male.» si limitò a dire mentre mi porgeva la mano per scendere.

Rifiutai ritirando la mia, ma lui non diede segno di essersene accorto. Ritrasse la mani mettendola nei pantaloni e mi squadrò. «Che ti importa?» chiesi mantenendomi a distanza.

«Tutto, mi importa tutto Eve.» sospirò, ma io lo sorpassai. «Per quanto continueremo così?» chiese con un tono esasperato mentre io continuavo la mia colazione.

Sorrisi acida. «Togliti il marchio nero dalla pelle e ne riparliamo.» addentai un altro panino, non l'avrei mai detto ma oggi avevo una fame da lupi. Divorai tutto in un attimo mentre lui veniva a sedersi sul letto a metri di distanza.

«Ieri non hai mangiato.» affermò.

«Quindi oltre a spostarmi da divano barra finestra fino al letto, controlli anche quello che mangio? Non hai davvero un cazzo da fare? Non ti hanno promosso a coglione mangiamorte dell'anno, pensavo che tra voi funzionasse così.» ormai mi restava solo il sarcasmo, dato che probabilmente sarei morta da un momento all'altro.

Vidi un ombra di sorriso apparire sul suo volto, ma po sparire altrettanto velocemente. «Essere promossi non è una bella cosa, almeno qui.»

Poi prima che i miei freni inibitori mi dicessero che sarebbe stata una domanda stupida, la feci comunque. «Dove sei stato?»

Lui mi guardò un tantino sorpreso. «Quindi chiedi di me.» alzò un sopracciglio.

Quasi mi strozzai. «Solo perché la cameriera mi ha portato la colazione che avevi richiesto.» abbozzai la prima risposta che mi venne in mente.

Lui sorrise alzando impercettibilmente un angolo delle labbra. «Vuoi che te la porti io?» le sue dita accarezzarono il mio ginocchio facendomi avvampare.

Spinsi le gambe più vicine al corpo e lui ritrasse la mano. «Ma che ti salta in mente. Meno ti vedo meglio è.» sputai acida ma lui non si smosse come al solito, anzi, rimase fermo nella sua posizione.

«Mia zia vuole che faccia una sorta di addestramento speciale.» deglutì a fatica e io probabilmente feci lo stesso continuando a mangiucchiare qualcosa. «Ma non sei tenuta a sapere cosa.»

«Non sono tenuta a sapere tante cose.» sbottai offesa sospirando. Sospirò anche lui evitando di guardarmi in tutti i modi possibili.

Poi sembrò voler iniziare a parlare, ma appena apriva la bocca la richiudeva immediatamente, boccheggiò un paio di volte. «Mi avresti odiato.» disse guardando dalla finestra. «Sapevo che se avessi saputo qualcosa mi avresti odiato, e anche mentre il senso di colpa mi faceva capire che forse non c'era giustizia in tutto quello, non mi sono fermato perché avevo paura di morire.» si fermò guardandomi.

«Ma non mi importa se mi odi o mi ami Eve, davvero, non è la cosa più importante adesso. L'importante è che tu stia bene, che io possa proteggerti.»

«Non ho bisogno della tua protezione!» sbottai alterandomi.

Lui rise. «Ma sei sempre stata cosí aggressiva?» chiese. «Mi ricordo quando scappavi in camera per avere un altro bacio.»

Avvampai di botto, lo colpii sul petto facendolo andare all'indietro, ma prima che potessi accorgermene aveva afferrato i miei polsi. Ribaltò la situazione facendomi finire di schiena sul letto, mentre lui si ritrovò sopra di me. I suoi capelli mi solleticarono il viso e cercai di distogliere lo sguardo dai suoi occhi spingendolo via. Ma in realtà non avevo nessuna intenzione di mandarlo via da me. Le sue labbra rosee diventarono più invitanti e mi salii l'acquolina in bocca dalla voglia di poggiarci le mie sopra ancora una volta.

Il suo sguardo era puntato sulle mie e ormai eravamo talmente attaccati l'un l'altro che mi meravigliai non mi avesse già baciata. «Dimmi che lo vuoi anche tu Eve.» appoggiò la sua fronte contro la mia. «Non ho mai sentito così tanto il bisogno di una persona.» soffiò sulle mie labbra.

«Io ti odio.» mugolai sentendo il bisogno viscerale di alzarmi un pochino e lasciarmi andare.

Fece per rispondere ma un rumore e un vociare si fece sempre più vicino. Si alzò lasciandomi lì. «Continua ad odiarmi in silenzio. Dopo continuiamo questo discorso.» non mi accorsi nemmeno con quanta velocità sparì dietro alla porta.

Mi alzai anche io e corsi ad appoggiare l'orecchio sul legno freddo. Le voci erano confuse, ma piano piano diventarono distinte.
«Il signore oscuro vuole vederti.» disse Narcissa con voce tremolante.

«Perché mai vorrebbe vedermi?» chiese lui respirando pesantemente.

«Non so perché vuole Draco!» sbottò abbastanza irritata. «Tieni la testa bassa ed evita di rispondere, soprattutto non farlo entrare, arriverà domani mattina.Non deve vedere la mezzosangue, hai capito? Non so nemmeno perché ti permetto di tenerla qui.»

Bene, ora mi trattano anche come un cagnolino.

«Non corre pericolo qui!» disse lui serio.

«Beh allora immagina quando arriverà Astoria qui! Cosa diremo poi? Cosa ci inventeremo?» sibiliò a bassa voce.

Astoria?

«E perché mai quella ragazzina dovrebbe venire qui?» chiese acido, beh caro fino ad un anno fa ci andavi a letto con quella ragazzina.

«Lo sai che i suoi hanno accettato il contratto e fino all'anno scorso non avevi problemi, vi sposerete.» il mondo sembrò crollarmi addosso in un istante.

Draco e Astoria?
Mi allontanai velocemente dalla porta, come avevano potuto farmi una cosa così? Mi sentii d'un tratto cedere sulle ginocchia e lui entrò di nuovo, richiudendo la porta alle sue spalle e guardandomi capì immediatamente che avevo sentito tutto.

«Mi hai presa proprio in giro eh?» chiesi portando le braccia al petto. «Per quanto ancora volevi continuare a prendermi per il culo Draco? Quanto? Volevi aspettare di sposarla e farci dei figli?»

Lui si avvicinò. «Lo sai che sono-...»

«Obbligato?» chiesi conoscendo troppo bene il discorso che voleva rifilarmi. «Sei stato costretto da chi sta volta? Tu e le tue patetiche scuse dietro le quali ti nascondi continuamente! Nessuno ti ha obbligato a far parte dei mangiamorte, nessuno ti ha detto che obbligatoriamente dovevi tentare di assassinare Silente e nessuno ti ha detto che dovevi farmi innamorare di te se eri promesso ad un'altra.»

«Tu!» sputò. «Sei tanto brava con le parole, sei cresciuta dalla parte buona e solo per questo ti senti in dovere di sputare merda su tutti i miei comportamenti. Per te ho abbandonato i miei principi e sono andato contro la mia famiglia, contro tutti, per stare con te. Cosa avrei dovuto fare? Morire per renderti felice?»

«Avevi una scelta, potevi scegliere di vivere una vita per bene, potevi scegliere la vita che Silente ti aveva offerto, potevi restare con me!» gridai.

«Tu non capisci come ci si sente!» gridò di rimando.

«Invece lo so cosa significa!»

Lui sembrava sul punto di esplodere. «No non lo sai, tua madre è morta! Non sai cosa significa poterla perdere, non lo sai!» dopo aver detto quelle parole sembrò calmarsi di botto.

Fece qualche passo all'indietro mentre io le assimilavo nel mio cervello. «È morta perché i codardi come voi, che vi credete migliori degli altri, perché siete purosangue, sono degli infelici e frustrati, che nella loro vita non conoscono altro che odio. Pensavo tu fossi diverso, ho pregato che tu lo fossi, ma in realtà sei solo un fanatico come gli altri.» risposi pacata e con la voce piatta, mentre mi sentivo morire dentro.

Lui non rispose, si voltò e dopodiché chiuse la porta violentemente, lasciandomi ancora una volta in quelle quattro mura che d'ora in poi avrebbero designato la mia prigione.

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