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Per my dear dont-fix-me

—Nome

Aslak

Il cognome non è rilevante: sia perché della sua famiglia non è rimasta che cenere, sia perché non gli è mai servito a niente di più che non fosse cercare di portare qualche spicciolo da mettere sotto al cuscino.
Aslak è un tipico nome finlandese che letteralmente significa "colui che si affeziona." Aslak, pur non ritenendosi particolarmente acuto, è abbastanza sicuro che chiunque scelga di dare un nome del genere al proprio pargolo debba sentirsi parecchio solo. Come sua madre, ad esempio.

Quando la sua identità ha subito un

cambiamento drastico, ha utilizzato come nome da "eroe" Blind Spot.
Sarebbe stato molto più utile, tuttavia, se il suo vero nome non fosse stato diffuso su tutti i media dall'unica persona che gli era rimasta, e di cui si fidava. Probabilmente avrebbe dovuto darle più affetto, chissà.

—Età

30 anni; 28/12

C'è una sorta di sfortuna nel nascere intorno al giorno di Natale. In primis, non è rassicurante essere nati quasi nello stesso giorno di un tizio messo in croce. Poi, con questa scusa Aslak ha ricevuto sempre e solo un unico regalo. A volte nemmeno quello. Beh, almeno l'inverno gli è sempre piaciuto. Giocare sulla neve è un diritto che tutti i bambini detengono, e inciampare sulla neve rende più sopportabile il dolore di una sbucciatura al ginocchio. Certo, la mancanza di calore umano si fa sentire più prepotente, ma alla fine si può trovare compagnia anche in un pupazzo di neve quando hai sette anni. O anche a diciassette, a ventotto. C'è da dire che quando hai dei bottoni al posto della bocca è più difficile dire puttanate. Aslak lo apprezza.

Aspetto

Finto biondo e, in realtà, non ha per niente un faccino tanto immacolato. Oltretutto, ha pure gli occhi così scuri da sembrare neri, e il suo patrigno gli ha sempre detto che doveva essere una sottospecie di alieno. O di demonio. Aslak non è particolarmente consapevole di sé, o quantomeno, del biglietto da visita che è il suo corpo. Raramente si guarda lo specchio, si sistema i capelli o fa quel minimo indispensabile per rimanere in ordine. Lascia fare alla maschera che gli copre il volto quattordici ore al giorno e buonanotte, insomma. Nonostante la gente sia ben consapevole del suo nome, nessuno sembra sapere quale ammasso di carne e ossa si trovi sotto al costume nero. Un occhio ingrigito contornato da carne che le fiamme hanno spiegazzato, una cicatrice sul labbro che lo rende perennemente sghignazzante e un viso pallido e scarno. Probabilmente, in un'altra vita, Aslak sarebbe stato sul serio un bel ragazzo, ma alla fine non si lamenta. Ha un cazzo funzionante e non è ridotto in polvere: tutto il necessario, insomma.
È dannatamente altro, tra l'altro, arrivando al famigerato metro e novanta, e ha una massa di muscoli mediocre. Dare la caccia ai cattivoni aiuta, ma un'alimentazione sana aiuterebbe ancora di più.

Storia

(Warnings: violenza domestica, morte violenta, serie di sfortunati eventi catastrofici insomma).

In ogni storia che si rispetti non si può che iniziare dal principio, ma Aslak, a chiunque, racconta solo la parte finale solitamente. Lui che diventa un mercenario dal culo sodo che uccide mascalzoni, o mogli e mariti infedeli, o qualsiasi soggetto gli chiedano di uccidere, per soldi. E a quel punto Aslak blatererebbe del suo amore per il denaro, per i pacchi di soldi che guadagna facendo quel che deve fare, e di come li usi per comprare il fertilizzante per il suo amato bonsai. Ma non si può essere negligenti verso un passato che ti ha reso, al cento per cento, quello che sei, quindi che Aslak voglia o no un tuffo buio nel passato è sempre obbligatorio. Se lui si sentiva affine a Cristo perché nato vicino Natale, il suo passato sembra esserlo perché, come lui, ogni tre giorni sembra risorgere.

Aslak nasce nella periferia di Helsinki in inverno, è figlio unico e sua madre gli dà il nome del marito che, tre mesi prima, è morto. Aslak non ha mai saputo come o perché, insomma, non parlava esattamente di queste cose con sua madre. I discorsi di lei sulla sua gravidanza si facevano solo quando litigavano e vergevano più sul come avesse cercato diverse volte di perdere il bambino in modo spontaneo. Quindi insomma, era meglio non toccare l'argomento. Fatto sta che Aslak passa dieci anni di vita praticamente da solo: sua madre deve portare il pane a casa e Aslak deve solo ringraziare se cerca ancora un modo per mandarlo a scuola. Beh, non che gli facesse chissà quale favore. Da piccolo, Aslak era un bambino estremamente taciturno, che spiccicava parola solo se interpellato. Molto spesso le maestre organizzavano colloqui con sua madre, per parlare di questo disagio del bambino che lo portava ed essere messo da parte dal resto della classe, e probabilmente lei si faceva viva solo per non rischiare di allarmare roba come gli assistenti sociali o la polizia. Ora, il bambino era abbastanza consapevole del fatto che sua madre lo disprezzasse, ma quando sei innocente e non conosci il male è normale prendersi quello che è ed accettare che, forse, è solo perché te lo meriti. Perché deve essere così.
I ricordi di Aslak non sono che brevi flash, e ora come ora pensare a come la faccia di sua madre si gonfiasse ogni volta che gli lanciava addosso il piatto della zuppa lo fa ridere di gusto.
Però sa di averla amata tanto, sua madre. Che quando nell'oscurità della notte si sentiva solo, sapere che lei fosse nella stanza accanto riusciva a dargli pace. Anche la sua violenza gli dava pace. Probabilmente la violenza in generale.

O almeno, fu così fino a quando il nuovo compagno di sua madre non varcò la porta di casa. Aslak aveva quattordici anni, un periodo di per sé già complicato, quando questo omone fissato con la religione iniziò a costringere sua madre a pregare con lui. In Aslak lui vedeva qualcosa di estremamente... sbagliato. Lo vedeva nei suoi silenzi, in quello strano modo che aveva di osservare il mondo. Come se vedesse tutto, come se potesse leggerti l'anima con quegli occhi neri. Aslak non aveva mai preso coscienza di essere uno di quelli diversi, non aveva mai avuto nessuno con cui confrontarsi, nessuno a cui chiedere se fosse normale poter vedere l'interno del proprio cranio. La situazione degenerò quando un giorno Aslak vide, da seduto al tavolo, ciò che l'uomo stesse facendo alle sue spalle, senza tuttavia girarsi. Frugava nel portafoglio di sua madre, prendendole quel poco che le rimaneva dopo aver pagato tutte le spese di casa.
«Prendi i soldi di mamma?»
Bastarono queste parole, e fu come buttare un fiammifero in una tanica di benzina.
Benzina contro cui Aslak lottò per non farsi spargere addosso da un uomo grosso il doppio di lui, che tuttavia gli finì su metà faccia. Il resto avvenne così velocemente che Aslak, se non si ritrovasse mezzo cieco e rivoltante alla vista, penserebbe si fosse trattato di un sogno. Uno di quelli sfocati, indistinguibili: un urlo, il dolore, il silenzio.
Sua madre alla fine ne uscì con la testa spaccata, ritornata a casa, e lui venne portato d'urgenza in ospedale. Il silenzio era rimpiombato in casa, e le cose da dirsi non si erano che moltiplicate. Aslak percepiva il dolore di sua madre in ogni suo sguardo, in tutti i suoi gesti. Era un po' come aver dato da mangiare ad un cane per strada per anni e vederlo, un giorno, azzannato da un cane più grosso. Aslak fece il necessario per non vedere più gli occhi tristi di sua madre, e il necessario, in qualche modo, lo portò prima in galera, poi ad uccidere per soldi, poi ad essere reclutato da una sorta di lega per eroi per sconfiggere il male. Una puttanata da film, insomma, ma lucrativa.

Carattere

Non si può descrivere Aslak con quattro lettere dall' alfabeto, né analizzando il suo essere un capricorno. Ha questi occhi perennemente sorpresi, come se si trovasse davanti ad un'orgia di fantasmi già da appena sveglio, ed è difficile capire se sia seriamente felice o meno. Ride molto, spesso e forte, ha un gran senso dell'umorismo ed è incredibilmente volgare. Impreca, bestemmia, dice "bang" prima di sparare in testa a qualcuno e saltella da un tetto all'altro come se fosse dentro un videogioco. Sembra sapersi divincolare da qualsiasi situazione, per quanto scomoda; sa farsi amare, sa farsi ricordare, averlo accanto è un eterno mistero e allo stesso una ovvia verità. Certo, perché lui potrà anche essere Blind Spot, ma è anche un semplice Aslak che ama la neve, sorride quando piove ma balla sotto al sole. Ma, ovviamente, è anche incredibilmente spietato. Gli piace uccidere? Può darsi. Crede nella giustizia? Per niente. E allora perché uccidere solo "cattivoni"? Aslak non si ritiene essere una qualche sorta di angelo della morte: Aslak non si ritiene e basta. Non ha un'immagine di sé, non sa giudicarsi e di conseguenza non sa giudicare. Sembra provare tutto, ma nulla, e entrambi i suoi occhi riflettono il vuoto. Costantemente a contatto con la morte, probabilmente gli è diventato impossibile stabilire un contatto con la realtà. O comunque, uno più profondo di "respiro, posso mangiare e scopare". I suoi contatti con l'umanità sono stati abbastanza scarsi negli anni, sia di qualità che di quantità, tuttavia trova sempre qualcuno pronto ad affogare con lui in un bicchiere di vodka. Forse è la sua mente ad essere in bilico tra vita e morte, ma insomma, ora come ora sembra volersi solo godere il viaggio. Finché gli reggono le gambe, finché la notte non dorme da solo e finché è lui a premere il grilletto. Mentalmente è ancora un bambino sperduto, difficilmente riesce a parlare seriamente di sé, ed è certo che non arriverà ai quarant'anni. Probabilmente gli servirebbe poco, molto poco, per trovare la voglia di ricercare un po' di stabilità, ma ora come ora non sa nemmeno cosa "stabilità" voglia dire. È molto sfacciato, ma il silenzio sembra accompagnarlo spesso ancora. Chissà se si può essere soli insieme a qualcun altro.

Potere/Costume

Aslak è nato con la capacità di poter vedere a 360 gradi ciò che lo circonda. Non è nemmeno sicuro di come possa scientificamente funzionare (non che se lo chieda, effettivamente) ma può vedere ciò che si trova dietro di lui e in tutti quei punti ciechi che l'occhio umano di solito ha. Da qui ecco il suo nome: Blind Spot, e blind effettivamente ci è pure, dall'occhio destro. Tuttavia se la cava anche così: la mira d'altronde rimane molto più sviluppata della norma anche con un solo occhio e con esso riesce a vedere oggetti molto lontani da lui.
Il suo costume è piuttosto semplice: una tuta nera, fondine per le sue pistole dello stesso colore e una maschera che gli copre tutto il viso tranne gli occhi. Alla fine è roba che si è cucito da solo, quindi le aspettive non dovrebbero essere alte a prescindere. Ah, e usa pure gli anfibi, su cui si destreggia bene in qualsiasi situazione. È molto agile, d'altronde si è allenato parecchi anni per sbrigare le sue faccende di famiglia, quindi insomma, è difficile farlo andare giù senza una lotta all'ultimo sangue. Tuttavia non è molto resistente né gode di una particolare forza fisica: per questo combatte raramente con armi bianche e preferisce di gran lunga gli scontri a fuoco. Inoltre, ha la brutta abitudine di parlare troppo quando è in missione, e questo lo porta a distrarsi in modi che potrebbero essere fatali.

—Altro

» Spesso, durante le sue "commissioni", ascoltava la sua
amata musica inizi 2000, di cui ha una playlist praticamente infinita.

» Non ha mai prestato particolare importanza alle etichette, quindi diremo semplicemente che sessualmente parlando è queer. Tuttavia si identifica abbastanza nel suo genere di nascita, quindi usa i pronomi maschili, ma anche quelli neutri gli vanno bene.

» Ha molta cura per le forme di vita non umane: quindi piante e animali, di cui si prende molta cura.

» Ha una bellissima voce, suadente e profonda, ed è anche bravo a cantare.

» Il suo cibo preferito sono le caramelle, soprattutto quelle al sapore di anguria.

» Sul basso bacino, quando era in prigione, si è fatto fare un tatuaggio: "Ride Or Die".

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