11.1. 𝗤𝘂𝗲𝘀𝘁𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗰𝘂𝗼𝗿𝗲

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Queenie e Jacob si guardarono intensamente, seduti l'uno di fronte all'altra, mentre Tina era andata nel retro bottega per mettere in ordine il magazzino.

Le bastarono pochi sventolii di bacchetta e lo sporco e la glassa, attaccata come colla sugli scaffali, sparirono, risucchiati da una forza invisibile. Ritornò qualche minuto dopo in negozio, dopo essersi tolta il cappotto e il gilè, rimanendo con addosso solo la solita camicietta bianca, con il medaglione dorato ben visibile sul petto.
Quando vide Queenie e Jacob baciarsi, girò i tacchi e tornò nel retro bottega, tingendosi lievemente di rosa sulle guance, sperando di trovare qualcos'altro da fare.

Jacob, udendo i suoi passi, si allontanò dal viso della moglie e iniziò a guardarla negli occhi, con un mezzo sorrisetto sghembo sulle labbra.
«Non ti preoccupare per Teenie, caro.» Lo anticipò lei.
«Ma non hai visto quanto è diventata rossa? Non credo che sia il caso di»
«Oh, ma stai zitto!» Esclamò lei divertita, impedendogli di continuare la frase «Teenie é adulta, non è una bambina! Vedrai che si abituerà!» Scoppiò a ridere.

In tutta risposta prese Jacob per il colletto della camicia e lo tirò a sé con veemenza, e subito lo baciò di nuovo. Lui le poggiò una mano sulla guancia, mentre Queenie affondò le sue manine fra i suoi capelli. La accarezzò teneramente con la punta delle dita, assaporando la morbidezza della sua pelle. Quando si separarono, scoppiarono a ridere all'unisono, lievemente, con le labbra leggermente inumidite.

«Hm, tesoro.» Balbettò Jacob, paonazzo, guardandola con occhi trasognati.

Che dolce... nonostante fossero sposati da mesi, ormai, continuava ad arrossire! Lei lo amava anche per questo.

La legilimens gli sorrise ammiccante, divertita per la sua reazione e gli strofinò il naso con il suo. Jacob si tinse di rosso sulle guance.

«Hai da fare stasera? Qualche ordinazione?» Gli chiese la biondina, avvolgendo le sue ciocche scure intorno alle dita, giocherellando con i suoi capelli.
Abbandonò la sua sedia, per sedersi sulle ginocchia del marito, Jacob la avvolse fra le braccia e appoggiò il viso sulla sua spalla e Queenie gli lanciò uno sguardo malizioso.

Conosceva un modo divertente per trascorrere la serata, il solo pensiero le colorò le guance. Un po' le mancava il Natale, la luna di miele trascorsa a ridacchiare sotto le coperte.

«Hm, solo qualche decina di snasi. Ma sai una cosa? Non mi importa!»
Poggiò le labbra sulla sua schiena, per lasciarle un bacio leggero, quasi impercettibile, sul tessuto della camicia.
«Stasera voglio solo stare con te!»

Tina dall'altra stanza sbuffò sonoramente, e "accidentalmente" fece cadere dei vasetti di terracotta vuoti. Contenta di aver ritrovato qualcosa da fare.

«Beh, adesso ha qualcosa da fare» Rise il nomag, che conosceva bene la cognata, consapevole che ne avrebbe rotto sicuramente qualcun altro. E poi riaggiustati. Un altro tonfo secco di piatti in frantumi si disperse nella stanza.
«Ops...»
«Che sbadata!» Dissero ironicamente i due sposini, con le lacrime agli occhi per le troppe risate.

Smisero di ridere quando sentirono di non aver abbastanza aria nei polmoni, troppo stanchi per continuare. Ripresero a guardarsi intensamente, Queenie gli accarezzò uno zigomo e gli sorrise amorevolmente.
«Stai pensando la stessa cosa che sto pensando io?» Le chiese con un mezzo sorrisetto.
«Hm, dipende. Che cosa pensi?» Chiese ingenuamente, sfiorandogli le labbra con le sue.
Jacob sentì il cuore minacciare di fuggire via dal petto, e Queenie rise quando se ne accorse.
«Beh, sei tu la legilimens...» sussurrò lui, impacciato.

«Voglio che tu lo dica, ad alta voce.» Sussurrò lei, mentre già pendeva dalle sue labbra.
«Hm... potremmo chiudere il negozio un pò prima, tornare a casa. Cucinare qualcosina di buono, mangiare a lume di candela. E non essere disponibili per nessun altro per qualche ora...» inarcò un sopracciglio, complice.

Le scostò i capelli biondi dalle spalle, raccogliendoli delicatamente fra le dita, per scoprirle parzialmente la nuca.
Con il cuore che ancora batteva forte nel petto, le avvolse la vita con le braccia, e iniziò a stamparle tanti piccoli baci sulla spalla e sul collo.

E a dirla tutta, proprio non le dispiaceva come idea, tutt'altro. Suo marito sapeva essere molto convincente.

«Hm» si lasciò sfuggire lei, cercando di non dimostrarsi troppo entusiasta «non possiamo chiudere subito il negozio e magari posticipare la cena?» Si ritrovò casualmente a proporre speranzosa, stringendogli la mano fra le sue, che aveva adagiato sul ventre.

«Uhm, non credo proprio, non hai mangiato nulla oggi!» Esclamò lui in risposta «Ma, se ci muoviamo, potremmo sfruttare il tempo a nostro vantaggio...»
Provò ad aggiungere una nota di sensualità nella sua voce, che lo rese ancora più goffo e impacciato.

Queenie lanciò un gridolino, e Jacob desiderò nascondere il viso nella camicia. Questo certo non giovava al suo autocontrollo!Iniziò a ridere come una matta, incapace di contenere le risate.

«Ah! Mi fai morire!» Ridacchiò.
«Lewis, quanto ti amo!» Esclamò lei.
«Ti amo anch'io.» Le rispose, prendendosi il mento fra le mani.

Un tacito segnale di consenso. Tra loro era tutto così stranamente facile adesso.

I due si diedero una rapida occhiata e contemporaneamente balzarono dalla sedia. Queenie lo trascinò energicamente per il polso verso il retro bottega, dove Tina aveva finito di rimettere al proprio posto i vasi, che aveva rotto volontariamente.

«Teenie! Chiudi tu il negozio, io e Jacob abbiamo da fare!» Esclamò autoritaria la biondina, lanciandole una rapida occhiata.
Non le diede neanche il tempo di rispondere, perché era già sparita verso l'uscita. Tina era arrossita violentemente, dopo aver elaborato a cosa alludesse la sorella.
«Divertitevi...» pensò, senza tuttavia riuscire a mascherare un profondo imbarazzo nella voce e, allo stesso tempo, senza riuscire a trattenere un sorrisetto.

Tutto voleva pensare tranne che a quello, che le ricordava quanto la sua vita fosse "povera" sotto quell'aspetto.
Queenie, di contro, le aveva urlato «Contaci!» e lei di conseguenza era arrossita, riprendendosi solamente quando sbattè la fronte contro la porta della cucina.

Queenie esultante, invece, trascinò Jacob con tutte le sue forze, invogliandolo ad affrettare il passo e uscirono dal locale. Il nomag balbettò qualcosa di indefinito, prima di sparire dalla scena, quasi trascinato dall'entusiasmo della strega.

Albus and Minnie's POV

La debole luce nella stanza rendeva ancora più inquieta l'atmosfera, le ombre ellittiche degli oggetti nel dormitorio dell'insegnante di trasfigurazione sembravano sovrapporsi le une sulle altre, rendendo il tutto quasi surreale.

Silente stava scrutando attentamente Minnie, mentre sistemava nella sua valigia una sottoveste da notte. La strega lo aveva rimproverato, con un occhiataccia, per averlo sorpreso a guardarla mentre sceglieva accuratamente le sue cose private destinate per il viaggio e, per tutto il tempo, cercava di osservarla di sottecchi, senza farsi scoprire.

«Tu non fai i bagagli?»
«Per fare cosa?» Chiese Albus colpito.
«Beh...» iniziò Minerva innervosendosi, picchiettando nervosamente il dorso della valigia con le sue lunghe dita da pianista, «per andare in America, forse? Lo hai già dimenticato?» Gli chiese gravemente, ironica.

Era così puerile certe volte!

«Certo che no! Solo non vedo il motivo per portare tutta questa roba! Insomma, non credo che sia necessario un vaso da notte!»
Minerva in tutta risposta sbuffò.

«Non é un vaso da notte ma un contenitore! Dove credi che possa mettere gli ingredienti per le pozioni?»
Albus le lanciò un sorriso divertito.
«Va bene, Minnie. Ma partiamo fra una settimana! Sei previdente!» Esclamò, colpito.

Non che le servisse un intero kit di pozioni!

Negli ultimi giorni sentiva una profonda e spiacevole sensazione, un certo sesto senso che annunciava l'arrivo di una tempesta. Guai in arrivo.

«A ogni modo, hai risposto alla lettera? Hai confermato la nostra presenza, vero?»

Era alquanto risentita e Albus non ricordava di aver fatto qualcosa di vagamente importante. Forse era successo qualcosa, lei era sempre così gentile... ma almeno con lei doveva tentare di essere onesto.

E ora come glielo diceva che lei, forse, non era stata invitata al congresso?

Come si era aspettato, sbarrò gli occhi, quando lui scosse leggermente la testa, per risponderle. Si sfregò la fronte per trattenere la rabbia. Quando diventava pallida e statica, sapeva che era meglio starle a qualche metro di distanza..

«Non hai dato la conferma? Tu non hai risposto alla lettera?» Iniziò a prendere fiato gradualmente.
Un suono gutturale che lo travolse completamente, e come al solito non riuscì ad astenersi dal manifestare le sue solite reazioni.

Silente scoppiò, una sonora risata, e Minerva prese a guardarlo con insistenza.
«Sì, Minnie. Ho inviato la conferma.» Annuì, mentendole.
Minerva Mcgranit richiuse la valigia con un tonfo, e con un incantesimo la spostò fino all'ingresso del suo alloggio.
«Lo trovi divertente?» sbottò irritata.
Si sedette sul letto e si prese il viso fra le mani, sospirando tristemente.

Albus notò che tremava appena, e che si trovava quasi sul punto di piangere.

«Cosa c'è, Minnie? Cosa c'è che non va?» Le chiese dolcemente, provando a incrociare il suo sguardo cristallino.
«Non chiamarmi Minnie!» Rispose seriamente, sollevando lo sguardo e accennando un mezzo sorriso.
«Tu mi fai impazzire, Albus
Albus rimase a guardarla per qualche altro minuto, e poi improvvisamente parlò, sollevandole lievemente il viso per il mento, costringendola a incrociare il suo sguardo.
«So che c'è dell'altro, Minnie. Non reagiresti così altrimenti.»
Minerva scosse la testa e si asciugò gli occhi bagnati con un fazzoletto.

«Non é importante.» Disse con una voce simile a un sussurro.
«Se stai piangendo è importante, molto importante. Minerva Mcgranit non piange per un nonnulla!» Le scostò una ciocca di capelli dagli occhi.
Minerva riflettè. Non voleva che Albus la considerasse una sciocca, una "ragazzina" con problemi di cuore. Ma quando aveva visto Mcgregor con un altro bambino fra le braccia, il mondo le era caduto addosso. Era tornata a casa per salutare il luogo in cui era sempre cresciuta, ai margini dei babbani.

«Ho rivisto Dougal...» disse fra i singhiozzi.

Dou.

Albus sapeva quanto ancora fosse innamorata di quell'uomo, sapeva quanto fosse difficile per lei parlarne.
Aveva rinunciato a lui, per non annullare se stessa. Si era ritrovata a riflettere in quei giardini, passeggiando sotto le chiome degli alberi.

Dougal le aveva chiesto di sposarla sotto la quercia dove avevano inciso sul tronco rugoso dell'albero i loro nomi. Lui la chiamava "piccola Minnie", ogni volta che tornava da Hogwarts per l'estate. E a diciassette anni, quando le aveva chiesto di condividere il resto della sua vita con con lui, Minerva gli aveva detto che ci avrebbe pensato. E per molte notti non aveva dormito. Nella sua mente riecheggiavano ricordi su ricordi, le passeggiate sulle rive del ruscello, ad ascoltare il canto degli uccelli.

A questi piacevoli e intensi ricordi, si accavallavano i ricordi di una vita, trascorsa a celare la sua magia agli stessi membri della sua famiglia. Ricordava tutti i vani tentativi di sua madre di celare le loro doti magiche, le lacrime versate e la sfiducia di suo padre, che non accettava che la moglie gli avesse nascosto una verità scomoda come quella.
Qualcosa del genere non poteva rimanere nascosto.

Sua madre, la dolcissima Isabel, aveva preso fra le mani il viso di suo padre e gli aveva detto fra le lacrime:
«Sono sempre io.»
«No, non è vero!» Aveva sbottato lui, prima di uscire dalla stanza e sbattersi la porta alle spalle, facendo tremare la già fragile casetta di paglia.

E quando aveva scoperto che anche Minerva era una strega, così come il resto della sua famiglia, era rimasto quasi scioccato, tanto da evitarli durante i giorni successivi. E aveva mantenuto costante questo atteggiamento per mesi, anni. Adesso suo padre era da qualche parte nel mondo, la sua voglia di viaggiare non si era estinta negli anni, nonostante i suoi capelli avessero iniziato a ingrigire e le spalle curvarsi. Mentre Isabel, probabilmente continuava a seguirlo in silenzio, al suo fianco. E vegliavano da lontano su di lei e sui suoi fratelli.

Anche i babbani si dimostravano alquanto intolleranti. Ecco che cosa avevano in comune con loro maghi.

«Si é sposato nuovamente e ha avuto un altro figlio!»

Perché era così perfida? Lei che avrebbe dovuto essere felice per lui, non provava altro che vuoto, rimorso. Si sentiva un'estranea a se stessa. Mai la sua coscienza si sarebbe spinta a questo, era convinta. Eppure...

Albus le accennò un sorriso comprensivo, ritrovandosi a ripercorrere nuovamente lo stesso tragitto.
«Devi andare avanti, Minnie. Non puoi vivere nel passato!»

Quante volte glielo aveva detto! Lui che non faceva che crogiolarsi nel tormento per il fantasma della sorella. Quell'affermazione non l'aveva aiutata affatto, a giudicare dalle lacrime che le scavavano la pelle.

«Non ci riesco, Al! Volevo andare a casa, per salutarla un'ultima volta, e poi ho visto Dougal. E sai una cosa? Non si ricorda neanche chi sia! Non sa neanche che esisto!»

Minerva scoppiò a piangere e a singhiozzare, e Albus rimase lì a guardarla, inerme. Non sapeva cosa dirle, senza ferirla.

«Non restare lì impalato, dimmi qualcosa!» Sbottò la strega, asciugandosi gli occhi «Anzi no! So già cosa mi dirai, che sono una sciocca a essermi innamorata di un babbano! Una debole di cuore.»

Aveva questa incredibile "dote" di ferire se stessa, troppo critica. Loro due erano praticamente identici, ognuno riusciva a vedere soltanto la parte buona dell'altro, e mai quella di se stessi.

«Non sei una sciocca. Io sono un folle. Mi sono innamorato del mago più oscuro di tutti i tempi. Imparerai a prendere il dolore e a renderlo una forza. Tu sei Minerva Mcgrannit, la Minnie che conosco è capace di vincere tutto!»
Minerva sollevò appena lo sguardo, la vista ancora offuscata dalle lacrime «Uhm, credi che abbia fatto un errore non sposandolo?»
Albus scosse la testa. «No, non hai commesso alcun errore. Hai scelto di vivere libera, ti saresti sempre sentita inadeguata se avessi fatto la scelta opposta! È stata una scelta difficile, ma certamente quella giusta!»

Hai scelto di vivere libera... si sentiva terribilmente vicino a Gellert Grindelwald in quel momento! Quante volte lui stesso aveva detto di allontanarsi dalle persone di "specie diversa"?

«Come lo sai?»
«Perchè ti conosco abbastanza da sapere che non avresti mai voluto rivivere sulla tua pelle ciò che ha dovuto sopportare tua madre. Isobel avrebbe voluto la tua felicità, lo sai Minerva.»
Minerva accennò un sorriso e sospirò rassegnata. «Sì. Mia madre non avrebbe mai voluto che affrontassi ciò che ha dovuto superare lei. Era una donna forte, Isobel
Albus le allungò la mano e Minerva la afferrò, la aiutò ad alzarsi dal bordo del letto e le picchiettò amichevolmente sulla spalla.
«E sù... fammi un sorrisetto! Ho saputo che Elphinstone ti ha inviato un'altra lettera...» le fece l'occhiolino, e lei arrossì violentemente.

La strega gli accennò un sorrisetto e gli diede una gomitata alle costole, per poi cambiare subito dopo repentinamente espressione.

«No... non non ancora!» Balbettò lei, con una nota crescente di irritazione nella voce.
Albus accennò un sorrisetto divertito.
«È insopportabile!» Continuò la strega «Si è messo in testa che vuole sposarmi!» Sbottò «Il vice ministro della magia vuole sposarmi! Non ci posso credere... un pallone gonfiato come Elphinstone chiede a Me di sposarlo!»

A quel punto Albus capì era riuscito a distogliere l'attenzione su un altro argomento, uno alquanto scomodo, e scoppiò a ridere.
«Che hai da ridere?» Sbottò, accigliandosi e sgranando gli occhi.
«Beh, Minnie... non ti vedevo così irritata, ehm... da sempre?» Scoppiò a ridere «Elphinstone non è così male in fondo...»

Quanto amava prenderla bonariamente in giro a quel modo!

«A si? Anche se ha dei bei occhi, non significa che sia autorizzato a farmi una proposta così indecente!» Si sistemò l'orlo della gonna.
Albus le lanciò un mezzo sorrisetto, si sentiva particolarmente potente in quel momento.
«Dei bei occhi? Uhm, divertente. Non avevi mai fatto un complimento del genere a qualcuno... allora... ti interessa!»

Sapeva leggere tra le righe, su questo era certo. Ne abbe ancor di più conferma quando la vide tremare appena, colta in fragrante dalle sue supposizione.
«Ho ragione?» Scoppiò a ridere.

Minerva impallidì, iniziò a sudare, asciugandosi una lacrima ormai dimenticata.
«No, ehm.» La voce le si incrinò «Per quanto possa essere carino, non è il mio tipo. No, assolutamente no. È un pallone gonfiato, e resta "sempre" un pallone gonfiato.»

Albus, ovviamente, non ne era del tutto convinto.

«Ma rispondi alle sue lettere! Perché gli rispondi, se non lo sopporti?»
Sul viso suo apparve una risatina beffarda, ma dovette nasconderla per non fare irritare la strega ulteriormente, che certamente odiava le sue supposizioni.

Ma quelle non erano solo supposizioni, ma dichiarazioni.

«Non posso certamente ignorarlo! Non posso certamente ignorarlo... così... di punto in bianco, non sarebbe educato... ecco...» Si strofinò il naso. Si stringeva le mani per l'imbarazzo, nascondendo la vergogna dietro a una maschera di indifferenza.

«Ecco, io non credo che ci resterebbe bene...»
«Certo certo. E io sono Godric Grifondoro!» Rise Albus, non riuscendo più a trattenersi «Comunque, Minnie, Elphinstone è un uomo ricco di sorprese! Vedrai che con il tempo quanto siete simili in fondo. E se Elphinstone ti ha chiesto di sposarlo, beh continuerà a farlo! Lo conosco... è molto timido, ma se ha trovato il coraggio di scriverti, evidentemente ci tiene a te.»

Lo conosceva bene. Dietro quel sorriso timido si nascondeva una persona dolce e riservata, dalle poche parole, ma capace di muovere il mondo. Era la parte complementare di Minerva, forse un po' più cagionevole di salute, un po' troppo alto e meno energico di lei, ma Elphinstone era un uomo buono.

Minerva scosse la testa. E fu come se tutti quei ricordi di una vita fossero lì, pronti a tormentarla.
«Io non lo amo, Albus. E non credo che il mio cuore sarà mai suo. Io ci provo, ma è così difficile dimenticarlo!»
Albus annuì comprensivo.
«Vedrai che il tempo risolve ogni cosa. Anche le ferite del tuo cuore.»

Purtroppo, non le mie.


Spazio autrice
Per chi non lo sapesse, nel fandom, Elphinstone sarà il marito di Minerva, un matrimonio felice, ma senza figli. Il suo secondo ( ma vero ) grande amore dopo Dougal❤️

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