14.1. 𝗜𝗹 𝗰𝗼𝗻𝗴𝗿𝗲𝘀𝘀𝗼

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⚠️Sono presenti nella seconda metà trattini, anziché le caporali e lettere minuscole, poiché il capitolo deve essere revisionato.
Pertanto, evitare di guardare questa caratteristica durante la lettura ( poiché verrà corretta a breve )

Tina's POV

Era mattina, la leggera e piacevole luce solare del giorno prima era stata sostituita da una leggera nebbia rarefatta, i vetri appannati e il freddo che penetrava dagli spifferi della finestra rendevano l'atmosfera sopportabile. Tina si girò dall'altro lato, aggrappandosi con forza al lenzuolo, per raggomitolarsi su se stessa.

Rimase parecchi minuti a fissarsi i piedi coperti dalle coperte, infine decise di dare una rapida occhiata all'orologio, senza tuttavia riuscire a distinguere l'ora. Percepì dei passi conosciuti nell'altra stanza e un allegro chiacchiericcio che si univa al suono delle risate, che per anni aveva rallegrato quell'umile appartamento.

«Ciao, Queen.» Borbottò, sprofondando nuovamente nel cuscino.
«Giorno, Teenie.» rispose lei urlando dall'altra stanza, con la solita risata smagliante.
Con piacere Tina constatò che la sorella aveva preparato la colazione e l'odore del caffè, che le piaceva particolarmente, aveva avvolto perfino la sua camera da letto.

«Hai preparato il caffè?» mormorò lei con un sorriso assonato.
«Sì, è qui sul tavolo.»
«Me lo porti?»
«Prenditelo!»

Tina sbuffò, sentiva che quella notte di sonno non era giovata a molto, era stanchissima e desiderava con tutta se stessa di ricominciare a dormire. La testa le faceva male, e la gola le bruciava per la secchezza, e non aveva alcuna voglia di alzarsi per andare a lavoro. Poi le balenò in mente un pensiero, si mise a sedere e si stropicciò gli occhi, sperando che quel gesto potesse aiutarla a svegliarsi.

«Che ore sono, Queenie?»
Ora che ci pensava, non ricordava che sua sorella fosse venuta il giorno prima a casa sua, per farle visita.
«Le nove, tesoro.» Le rispose, sempre urlando.

Le nove, ripetè nella sua mente. Che cosa doveva fare lei di così importante alle nove, da obbligarla ad alzarsi?

«Le nove.» ripetè, «Le nove?!»
Quando si rese dell'orario cacciò un urlo stridulo.
Si alzò in piedi, lasciando cadere sul pavimento le coperte. Non si curò di raccoglierle, il tempo non era a suo vantaggio, contava anche ogni singolo secondo.
«Ho la riunione al congresso!! Perché non mi hai svegliata?!»
Con rapidità si tolse il pigiama ed indossò una camicia qualunque, probabilmente quella del giorno prima, e fra un saltello e l'altro indossò i pantaloni spiegazzati trovati sulla sedia.

«Mercy Lewis!» imprecò.

Indossò le scarpe e per evitare di perdere tempo con i lacci, li ficcò nelle scarpe. Si pettinò alla bel meglio i capelli e si sciacquò la faccia frettolosamente, mentre contemporaneamente cercava di lavarsi i denti.
«Eri così stanca...» fece capolino nel bagno la biondina «Non riuscivamo a svegliarti!»

«Quando vuoi, però, mi lanci un secchio di acqua gelida addosso!» borbottò lei infastidita, mentre si passava il rossetto sulle labbra.

Doveva apparire presentabile, essendo comunque un membro abbastanza importante del macusa. Coprì le occhiaie evidenti come poteva, sperando che non si vedesse l'eccessiva quantità di trucco che aveva usato. Bevve un goccino di caffè per calmare l'emicrania e afferrò il cappotto di pelle appeso al soprabito. Si era perfino dimenticata di essersi già lavata i denti, così corse nuovamente al bagno per rilavarli una seconda volta.

«Ci vediamo più tardi!!»

Li salutò frettolosamente urlando, quasi investì Jacob, che per non cadere si aggrappò a Lally, tutta assorta nella sua lettura.

Al posto dell'impacco ghiacciato, adesso sulla fronte si ergeva un evidente livido violaceo e un rigonfiamento evidente sulla tempia, che la faceva assomigliare più a un Troll che a un essere umano. Aveva ripreso colore, ma erano ancora troppo evidenti le occhiaie dei giorni precedenti.

Forse l'unica a essere in forma smagliante era Queenie, anche se meno colorita del solito a cause delle frequenti nausee mattutine che la costringevano a passare per il bagno più e più volte.

L'insegnante sollevò lo sguardo solo quando Tina era già sparita, così con una smorfia, riprese a leggere, allungando le gambe per assumere una posizione più confortevole.

Filemina si aspettava di meglio. Dalle descrizioni del fratello, il Macusa sembrava un luogo degno di nota, imponente, non un semplice e misero grattacielo bianco. Si era svegliata presto quella mattina, Lys le aveva ordinato di acconciarsi per bene i capelli e di indossare qualcosa di consono per l'occasione.

Aveva insistito, con un po' di olio di gomito, perché la macchia sulle calze di cotone sparisse del tutto. Erano settimane che voleva ripulirle, ma non aveva mai avuto la voglia di farlo, ed erano rimaste dimenticate in un angolino della stanza. Lysander glielo ripeteva continuamente che le sarebbero servite per quella occasione, ma là erano e là erano rimaste.

Fino a quando, ovviamente, non l'aveva obbligata a riprenderle.

Si erano resi conto, a quel punto, che era necessaria una pozione per far sparire la macchia, perché l'inchiostro si era attecchito talmente bene al tessuto che era rimasto sulla stoffa anche dopo parecchi lavaggi.

«Dove mi hai portata?» sospirò delusa, affrettando il passo per stargli vicino con la sua solita diligenza.
Lysander le sorrise appena, e ridacchiò.
«Non tutto è come sembra...» sentenziò, lasciando in sospeso la frase, forse per solleticare la sua curiosità.

Ma Filemina non era affatto curiosa, per niente. Quel giorno aveva pure deciso di indossare il suo vestito buono, il migliore che possedeva, quello con le spalline a sbuffo e la gonna di raso. Glielo aveva regalato lui il giorno del suo tredicesimo compleanno, ancora le stava benissimo, considerando che era cresciuta appena cinque centimetri in altezza. Era leggermente più corto del normale, ma si trattava di una piccola differenza che solo lei poteva notare.

«Meno male...» rispose la corvonero non curante, aggrappandosi al suo braccio.

Temeva che suo fratello, come al solito, la portasse in uno di quei posti noiosi e spogli. Li dipingeva come maestosi paesaggi e imponenti castelli, soffermandosi perfino a descrivere la più piccola fessura dei mattoni con una abilità poetica incredibile, tessendo un armonioso gioco di parole che la incantava. Poi con suo grande rammarico capiva che, come al solito, si dilettava a prenderla in giro.

«Non vedi l'ora di conoscere il mio capo, suppongo!» scherzò il ventenne ricambiando lievemente la sua spallata.
«Sto tremando per l'emozione.» ironizzò la ragazzina, facendogli una smorfia.
Lysander annuì.
«Te l'ho detto... ti piacerà! È una brava persona. Solo...» le lanciò un'occhiatina, divertito «cerca di non farla innervosire troppo. Altrimenti... ti mangia!!» Ringhiò, aggrottando le dita delle mani verso il suo viso per simulare il ruggito di un orso.

Filemina lo fissò appena, come se fosse la più stupida delle persone e inclinò il viso, spostando decisa la sua mano che le copriva la visuale, già offuscata parzialmente dal ciuffo.

«Davvero?» spalancò gli occhi.
Lysander annuì, e Filemina a quel punto scosse la testa.
«Certo... uhm uhm. Come No...» Non curante, non la faceva ridere per niente «e io sono Merlino!»

La Filemina di quattordici anni probabilmente ci avrebbe creduto, avrebbe creduto ciecamente a tutto ciò che Lysander le avrebbe detto. Anche la cosa più assurda e immaginabile. Ormai ne era abituata, anche se ne aveva fin sopra i capelli delle sue battute, che Lys riteneva alquanto divertenti.

«Buffone.» Lo apostrofò «Sei un buffone.»

Ma anche lei era stravagante come suo fratello, e la cosa non le dispiaceva affatto.
Lysander si bloccò davanti all'edificio, si accostò a un uomo, probabilmente un portinaio, vestito di tutto punto.
Non lo conosceva, il macusa tendeva a cambiarli spesso.
Gli fece cenno con un leggero movimento del capo e lui annuì. Gli passò i propri documenti identificativi e un biglietto per visitatori riservato alla sorella.

«Potete andare.» Acconsentì, spostandosi dalla porta d'ingresso.
Si tolse il cappello in segno di rispetto, e trascinò la sorella dentro l'edificio.

Tina era in ritardo. Superò di corsa le scale per raggiungere l'ascensore che l'avrebbe condotta alla stanza delle riunioni. Lei era un'auror, il capo del dipartimento auror americano. Lei Non poteva arrivare in ritardo! Quando l'ascensore si aprì, diede una rapida occhiata alla folla di maghi all'interno.

«Signorina Goldstein.» la salutò una strega «Prende questo o il prossimo?»
«Il prossimo, grazie.» rispose decisa lei, drizzandosi nelle spalle.

Quando l'ascensore si richiuse, Tina iniziò a correre per i corridoi del Macusa. Vi erano così tanti corridoi e vicoli ciechi che, se non si fosse mossa, sarebbe arrivata a metà conferenza.

Scelse di usare le scale, c'erano troppe persone che quel giorno avevano deciso di usare l'ascensore. Ovviamente. Superò ogni singolo gradino e raggiunse il piano desiderato, dopo parecchie rampe di scale. Si fermò per pochi secondi, giusto il tempo di riprendere fiato e appoggiarsi un'attimo al muro che calmare le gambe tremolanti.

Oltrepassò uno dei corridoi vietati alla maggior parte dei dipendenti comuni senza autorizzazione, auror e reclute comprese, per accorciare di molto il suo tragitto.

Fortunatamente lei aveva l'autorizzazione per perlustrare quelle stanze del macusa, e non aveva certamente bisogno di un permesso visto che era il suo lavoro. Prove e archivi dei casi. Il macusa teneva la porta sigillata a chiave, per evitare che eventuali prove potessero essere compromesse.

Quando intravide il portone inconfondibile della sala, Tina sospirò di sollievo. Passò accanto ad una ragazzina dai capelli biondo platino, seduta sulla panchina accanto all'ingresso. Indossava un vestito celeste lungo fino al ginocchio e delle calze in lana grigie da studentessa. Era molto carina, pallida come la seta, a eccezione di un po' di trucco color ciliegia sulle guance.

I capelli erano un tutt'uno con la pelle candida, e di tanto in tanto spuntavano delle ciocche lilla, che la rendevano meno spettrale di quanto fosse. Però era davvero molto carina, tranquilla e a modo. Si guardava intorno un po' smarrita, seguendo il percorso delle lancette dell'orologio elaborato al centro dell'edificio.

Quando la sentì avvicinarsi al portone si voltò a guardarla, sollevando il viso dalle ginocchia. Le lanciò un rapido sorriso, imitando un po' il fratello, e riprese a guardarsi intorno. Si concentrò questa volta sulla decina di elfi domestici che stavano lavorando a qualche metro di distanza.

«Bei capelli.» Commentò Tina senza fiato, ricambiando rapidamente il sorriso.
«Grazie.» Rispose lei smarrita.

Suo fratello le aveva ordinato di non muoversi per nessun motivo al mondo da quella panchina. Quella donna non era vestita come gli altri maghi che avevano varcato la soglia. Erano troppo pomposi per i suoi gusti, fortunatamente le camice bianche e i pantaloni a palazzo non passavano mai di moda.
Tina senza perdere tempo ulteriore spinse la porta, svuotando l'aria nei polmoni, pronta ad affrontare quella commissione che ancora, dopo anni, le incuteva molto timore.

Con suo grande sollievo, notò che la sala non era del tutto riempita e che ancora c'era qualche ritardatario. Passò davanti a un gruppo di maghi, che quando la videro smisero di consultarsi. Si scambiavano sguardi di intesa, mentre dalle loro labbra fuoriuscivano non più fonemi, ma risa di scherno.
«Hai visto? È in ritardo.» disse uno di loro.
«Strano che non si sia sottratta ai suoi obblighi.» sogghignò un altro «Insomma... non viene da settimane al macusa!»

Percival, quando la vide, le fece cenno di affrettarsi a sedere, accanto a lui. Lanciò un'occhiataccia a quel gruppo di individui, invitandoli al silenzio.

«Vi ricordo... che siamo in assemblea. Signori.» Li apostrofò lui.
Lysander non appena la vide le lanciò uno sguardo giocoso.
«Ciao, capo! Dormito bene?»

Una domanda posta affettuosamente, che non aveva nulla a che fare con lo scherno precedente.
Lei annuì.
«Benissimo. Così bene che sono in ritardo!» Sussurrò gravemente, lasciandosi cadere sulla sedia.
«Solo undici minuti di ritardo, capo... non è grave!» Cercò di tranquillizzarla lui.
Tina sgranò gli occhi.
«Solo undici?!» sbottò.

Lysander esitò per un attimo, il suo primo istinto fu quello di allontanarsi da lei per mantenere una distanza di sicurezza, ma si fidava di lei così tanto da sapere che quella reazione non era rivolta direttamente a lui. In fondo anche loro, a volte, arrivavano in ritardo, e Tina cercava sempre di chiudere un occhio.

«Non è questo, Lys.- sospirò - dirigo una squadra, e sai che sono capaci di inventarsi su di me, qualunque cosa!»
«Posso capirla, capo.»

«Ho preso una sola settimana... una! Dopo tutti gli straordinari non pagati!» Continuò a ribollire lei, incurante di essere giudicata dal resto della folla «Vorrei solo far notare, quanto sia frustrante dirigere un'intera dipartimento da soli.»

Il direttore Graves le accennò un sorriso.
«Ci sono passato prima di te.» ridacchiò appena «e sono contento che qualcuno lo dirigga al posto mio... è così snervante lavorare con gli auror, così tanto...irritabili.»
Tina si voltò lentamente verso di lui, ed inarcò le sopracciglia in un'espressione grave, quasi di sfida-Gentilissimo, Percival... davvero, che bella consolazione! Sono felice di essere una buona compagnia per te. «commentò ironica lei «ti ricordo... che anche io sono un'auror» sbuffò.

Percival si addolcì, accennò un enorme sorriso, mentre sul suo viso apparve un'espressione giocosa. «Oh, ma non mi riferisco a te, cara Tina. E per quanto riguarda gli straordinari... beh, ci stiamo passando un po' tutti!» confermò.
Tina annuì.
«Sì, ma guadagno la metà di quello che guadagni tu.»

Graves non disse nulla, sapeva che quello che Tina diceva era fondato. Se tutto fosse dipeso da lui, le avrebbe dato il doppio dello stipendio pattuito, ma lui era soltanto uno di quei rappresentanti rispettabili del macusa. La sua voce da sola non bastava. Sapeva che lavorava il doppio in quel periodo, ma questo non sembrava essere particolarmente considerato dai maghi del ministero, visto che sembrava importare soltanto che Tina fosse una donna.

Una donna che era riuscita a soffiare il lavoro a molti altri maghi maschi, una donna capace di fare un lavoro che certi maghi non sarebbero stati in grado di fare. Eppure era rispettata, quando Tina camminava per il macusa veniva sempre salutata con grande rispetto.

Coloro che, invece, non riuscivano proprio a capitarsi che lei fosse riuscita a raggiungere una posizione così alta, chinavano il capo e proseguivano per la propria strada, continuando a bruciare di rabbia e risentimento.

«Siamo rimasti in venti... venti!!»
«Ieri, Kate stava tornando a casa,» iniziò la giovane recluta, che era rimasta in silenzio fino a quel momento «è stata attaccata da un gruppo di maghi. Dice di non averli visti in faccia, dice che, che ha visto solo una donna.» Le sussurrò all'orecchio.
Tina trasalì, scosse la testa preoccupata.
«Merci Lewis, sta bene... vero?»
«È scioccata.» rispose il mago «Non vuole più uscire di casa, e non vuole tornare in ufficio senza che qualcuno la accompagni! Cercava te, era così terrorizzata!»
«Ci credo bene.»
«Lei» abbassò lo sguardo il giovane «è una brava auror, ma sa com'è, capo. La paura la immobilizza!»
E la stessa cosa certe volte valeva per Tina, essa la colpiva come un secchio di acqua gelida. Avevano perso molte reclute e tanti auror in quel periodo, tutte nel giro di poche settimane.

«Aspetta» lo bloccò lei, dopo che sue le parole presero forma nella sua mente «hai detto una donna?»
Lysander annuì
«Una ragazza.» confermò «Dalla rara bellezza. Probabilmente una Veela.»
La strega sospirò sonoramente, voleva davvero risolvere il caso, ritrovare i propri colleghi e dipendenti, anche se non era certa che fossero ancora vivi.
«Quindi» tentò di parlare, ma i maghi davanti a loro la zittorono bruscamente.
«Siamo in una riunione, certe discussioni fatele a casa.» continuarono a ridacchiare fra di loro.

Quel branco di individui, pensò Tina, stavano rispondendo con la loro stessa "moneta".
Graves si alterò nuovamente.

«Anche voi! O forse dovrei raccontare cosa succede nei vostri uffici? Alison...»

Il più anziano dei maghi si rabbuiò, divenne pallido come un lenzuolo e, senza che potesse aggiungere altro, si voltò dall'altro lato non avendo nulla da dire in risposta.
Il direttore Graves a quel punto sospirò «Bene.» disse semplicemente «ecco. almeno per una volta sapranno che questa, è l'occasione ideale per tenere la bocca chiusa. Imbecilli!»

«A ogni modo.- riprese Graves, cambiando discussione - come stai? Achilles non fa che chiedere di te...il tuo ragazzo sa essere fastidioso, certe volte.»
Fu a quel punto che Tina diede il meglio di sé.
«Ragazzo?! Chi... A-Achilles?» balbettò paonazza, completamente rossa in viso. Lysander scoppiò in una risata fragorosa, che rieccheggiò in tutta la stanza. Gli occhi del presidente americano si posarono su di lui, che inghiottì la risata e cercò di nascondersi come poteva dietro a una giovane strega dai capelli rossi.

«Il capo preferirebbe stare in una stanza per cinque minuti con Abernarthy...piuttosto che stare con quel pallone gonfiato. Dico bene?»continuò a ridacchiare, questa volta cercando di contenere il tono della voce.

Allungò la mano verso di lei, e l'auror ricambiò il cinque.
«Giusto!» esclamò soddisfatta «Sei nella mia squadra da poco più di un anno e già mi conosci così bene.» gli accennò un dolce sorriso, e Lysander ricambiò paonazzo il suo sguardo.
«Già.» abbassò la testa.
«Uhm, il mio migliore dipendente. E anche il più giovane e inesperto.» sussurrò «e il più timido e modesto dell'intero dipartimento. Mi piace!»

«E lei.» mormorò lui «Lei è il capo migliore per cui sto lavorando. A Londra non sono così gentili come lei, Travers» si bloccò di colpo, quando lo vide seduto di fronte a lui, a qualche metro di distanza. Forse non era il caso parlare del suo ex capo al suo capo. In fondo, lei aveva rapporti internazionali con loro.
«Già... lo conosco.» ridacchiò lei «troppo "conformista", non capisce che ogni tanto bisogna cambiare le cose, quando è necessario. E se le cose non vanno come dice lui...»
«Apriti cielo.» sospirò nervosamente, accennando una risatina quasi isterica.

Aveva avuto gli incubi per settimane, quando era stato al suo servizio. Una volta lo aveva perfino accusato di aver imbrogliato agli esami, dopo aver semplicemente sbagliato a scagliare uno schiantesimo. Ogni volta che lo vedeva, gli scoccava delle occhiatacce truci che facevano tremare anche i muri. E lui faceva di tutto per non incrociarlo durante i suoi allenamenti settimanali, messi sempre in discussione. E Travers era stato ben felice di spedirlo in America, per toglierselo dai piedi.

Si avvicinarono a loro altri due maghi, occupando la corsia dietro la loro.
«Minerva, un po' di spazio, per favore!» sussurrò il mago avanzando tra i presenti, cercando di non pestare loro la punta dei piedi.

Minerva si appiattì come poté alla parete di legno, cercando di lasciare spazio a Silente. Si ritrovò ben presto schiacciata dalla massa del suo compagno di avventure, che si era accomodato per benino sulla sedia e si era perso a guardare il panorama. Minerva lo spinse per il gomito, cercando di guadagnare un po' di spazio per se. Gli scoccò un'occhiataccia come lei sapeva fare, e voltò dall'altro lato, offesa.

«Non capisco perché sono qua! Sei tu l'ospite, non io.» si lamentò lei, cercando di mettersi comoda come poteva, sentendo già i muscoli delle spalle stirarsi.

«Siamo qui, perché sei il mio braccio destro. E perché è importante, e perchè sarebbe meglio che tu non mi lasciassi solo.» abbassò la voce.
«Avevi detto.- brontolò «che ti avrei SOLO accompagnato!» continuò a sbuffare «e poi... non posso stare qui, l'invito era solo per te!»

«Tranquilla, Minnie. Mi sono già informato.» sospirò, trattenendo un sorriso.

Certe volte era troppo prudente, che non riusciva a contenere la sua ansia. Tendeva spesso a catastrofizzare, e questo non andava molto a genio ad Albus, perché, la maggior parte delle volte, ciò che diceva solo per eccesso accadeva veramente.

La bloccava in anticipo, con un "non dirlo, ti supplico", sapendo già che avrebbe avuto ragione, che il suo intuito andava ben oltre le classiche sfere di cristallo.

«Il macusa ci tiene moltissimo alle regole, non è come il ministero britannico.» gli ricordò.
«Lo so, lo so», sospirò nuovamente «risponderò a tutto io, non dubitare.»
Tutte le volte che Albus le implorava di non preoccuparsi, scatenava l'effetto opposto in lei. Avrebbe risposto a tutto lui, quando quelle parole presero forma nella sua mente spalancò la bocca scioccata.
«Vuoi dire che...?» sgranò gli occhi, iniziando a tremare visibilmente «Albus...»
«Sì, ma non preoccuparti, Minnie.- rispose non curante, cercando di alleggerire la situazione.

«per le palle di Merlino!!» sussultò a voce fin troppo alta.

Tina si voltò leggermente, e scorse il professor Silente intento ad accarezzarsi la barba appena accennata, con il viso in fiamme e gli occhi della platea puntati contro di loro. Non riuscì a non ridacchiare sotto ai baffi, mentre ritornava a condultarsi con i suoi colleghi. La strega accanto a lui, invece, era pallida e sudaticcia, la fronte completamente bagnata e le labbra serrate in una smorfia ferrea.

«Minnie!! Sh!!» le sussurrò gravemente lui, mettendole una mano davanti la bocca per bloccare qualche altra presunta imprecazione.
«Colpa tua!» mormorò, lanciandogli un'occhiataccia, liberandosi della sua mano. «Non ho un permesso per stare qui, Al!!»
Cercò di calmarsi, di prendere un respiro profondo e focalizzare l'attenzione su altro.

«Ma proposito, quella chi era?» indicò la donna davanti a sé.
«Non ne ho idea.» ammise lui, accennando un sorriso.
Sempre lei, Minnie non si ostinava a cambiare neanche di una virgola.
«Controllala... non mi piace.»
«A te non piace nessuno, Minnie.»

Improvvisamente la porta della grande sala si spalancò, e dalla soglia marciarono una lunga fila di maghi e streghe, in vesti sgargianti. Indossavano degli abiti l'uno diverso dall'altro, ergendo la propria presenza nella sala, come se cercassero di fare propaganda del proprio ministero. La strega bruna, che guidava la fila, indossava una lunga ma semplice veste color senape. Camminava sicura di sé, ignorando il vociare sommesso della platea, stringendo per sicurezza la propria bacchetta con entrambe le mani.

«Vicência Santos. Supremo pezzo grosso del ministero brasiliano.» sussurrò Minerva ad Albus, nonostante il mago la conoscesse abbastanza bene, e avesse conferito con lei in passato.
«Ma non dovrebbe avere una scorta? Visto che hanno cercato di avvelenarla? Degli auror, qualcuno?» sussurrò lei colpita, constatando con sorpresa che ai suoi lati non vi era alcuna sagoma in divisa.
Albus scosse la testa, «non credo sia necessario. Ci sono troppe persone testimoni.» rispose, osservando gli auror di guarda all'ingresso.

«Presidentessa Vicência Santos.» La acclamò a gran voce il presidente americano «il nostro ultimo grande acquisto!» si avvicinò a lei per baciarle la mano.
La Santos gli schioccò un'occhiata fugace e ritirò rapidamente il braccio, ripulendosi la mano sulla veste dalla saliva del mago.

«Mi aspettavo un'entrata d'effetto.» cercò di fare colpo sulla strega con la sua eloquenza.
La donna osservò il suo abito ben stirato e annuì con la testa.
«Risparmi i convenevoli, signor presidente. Credo che nessuno dei partecipanti si sarebbe scomodato dalla propria nazione, per vedermi sfilare in passerella.»
Il mago cambiò rapidamente espressione, non si aspettava una reazione del genere da parte sua, in effetti aveva un pò esagerato.
«Ma se le cose stanno così, non ho intenzione di indugiare. Ho già predisposta una passaporta...»
«Oh, ma certamente. Abbiamo molte cose di cui discutere in questo congresso, Milady.» abbassò il viso paonazzo.
Lei annuì, iniziò a passeggiare per la sala, osservando la schiera di maghi in prima fila.

«Noto con rammarico, che anche qui vi è carenza di auror.» commentò un'uomo alle sue spalle, con un piacevole accento francese, uno dei rappresentanti in carica.
«Non lo sapete?»
La presidentessa brasiliana sollevò il capo, per osservare il mago da cui era fuoriuscita la domanda.
«Quelli all'ingresso sono gli unici rimasti in tutta New York!» ridacchiò.
La presidentessa annuì, il mago si aspettava che partecipasse alla discussione, che prendesse parte a quelle battute estremamente divertenti. Cambiò invece repentinamente espressione e divenne improvvisamente seria.
«Mal comune mezzo gaudio» sentenziò freddamente, zittendolo con un gesto fugace della mano.

«Sapete bene perché.» disse una donna, dall'altro lato della cabina. «Gellert Grindelwald...»
«Non c'entra!! Gellert è pulito! Non ha commesso crimine alcuno!» la interruppe un'altro bruscamente «Gli auror... è già tanto se sorvegliano l'ingresso! Non lo farebbero... se non fossero pagati!»ridacchiò.

-Beh signori, neanche voi fareste quel che fate, se non foste pagati. Ma c'è solo una piccola differenza, eccellenze. Noi, rischiamo la vita per voi. Voi altri...che cosa fate? Vi limitate a scaldare le poltrone con i vostri preziosissimi fondoschiena!-
Nella stanza calò il silenzio, un silenzio tombale, ad eccezione di qualche mormorio sommesso nella stanza e un leggero battito di mani, che venne subito zittito.
Vicência santos si voltò verso di lei, rimase a fissarla seria per parecchi secondi, e con la sorpresa di tutti le sorrise.
-sono d'accordo.- sì limitò a sussurrare.

-Risparmi il fiato, Goldstein. Non è necessario che si esprimi. -
Tina iniziò a percepire un profondo senso di rabbia attanagliarla, nello stesso istante in cui quelle parole velenose fuoriuscirono dalle labbra viscide di Abernarthy.
Percival era rimasto in silenzio, mentre cercava di nascondere il riso dietro la verità scomoda che Tina aveva pronunciato. La tirò leggermente per la manica della camicia, e lei gli lanciò un'occhiata, uno sguardo che voleva dire "fidati di me". Annuì a malincuore, sperando che la caparbietà di Tina non facesse degenerare le cose in uno spiacevole dibattito.

-In quanto membro di questo congresso, credo che sia libera di affermare il mio pensiero. Non spetta a lei decidere per me, sono capace di intendere e di volere. E non vorrei ricordare al congresso, dove è stato trovato fino a qualche mese fa. Non é difficile...riuscire a trovare una cella di massima sicurezza. E in quanto membro del congresso, mi avvalgo dei miei diritti e delle mie facoltà... e sa che posso farlo.-
Abernarthy, visibilmente colpito nell'orgoglio, fece un passo avanti, verso di lei.
- e il macusa potrebbe fare delle indagini su di lei. Insomma, una povera orfana che entra in una squadra investigativa. Una ex auror, che ha aggredito una no-mag, che dirige una squadra investigativa...non vi suona un po' strano, signori? Che cosa fa con i suoi dipendenti, li minaccia, perchè tengano la bocca chiusa?»

«Non si permetta di...» si scaldò Lysander, alzandosi di scatto e puntandogli contro la bacchetta.
Nessuno poteva minacciare il suo capo, insultarla e deriderla davanti a qualche centinaio di persone. Tina lo costrinse a risedersi.

Non reagire, non rispondere alle sue accuse, è ciò che vuole.

Ora capiva perché Tina non riuscisse proprio a sopportarlo. A differenza sua, però, lei non si scompose. Si alzò in piedi e continuò a guardarlo con calma, anche Graves era consapevole che Tina sarebbe potuta esplodere da un momento all'altro, e che non sarebbe rimasta indifferente alle accuse. Con grande fatica riuscì a mantenere il controllo.
«Oh, ma proceda pure.» lo provocò lei «non ho alcun problema a dimostrare la mia lealtà all'assemblea, vale lo stesso per lei?»

«È pericolosa!!- tuonò -Perchè non dovremmo avere paura di essere uccisi da lei?» le puntò il dito contro.
Abernarthy fece un passo avanti, ma fu bloccato improvvisamente da un urlo del presidente.
«Adesso basta! Siamo qui» proferì «per parlare di Gellert Grindelwald.»
«Certamente.» rispose lui, raddrizzandosi con le spalle «Ha ragione, signor presidente.»

- le consiglio di uscire, se ha intenzione di continuare ad infierire sui suoi superiori.-
Abernarthy annuì soddisfatto, si avvicinò a lei, fortunatamente abbastanza distante dalla prima fila.
-ben detto, presidente. Ha buon senso...- gli fece eco lui - hai sentito, Goldstein? Sarà meglio che-
- ma io mi riferisco a lei, Abernarthy. -lo interruppe bruscamente lui, con un sorriso compiaciuto sulle labbra. Alzò un dito per indicargli l'uscita, nel caso in cui l'avesse perduta.

Tina spalancò gli occhi, non riuscendo a capacitarsi di aver udito quelle parole dalle sue labbra. Il presidente era un uomo alquanto particolare, sicuramente non un femminista.
E in quel momento per il mago fu come ricevere un ceffone in pieno viso. Tina conosceva bene quell'espressione, fece un rapido cenno a Lys di non abbandonare la sua bacchetta, e di non abbassare la guardia. Non ancora, almeno. Non si dissero nulla, bastò un semplice sguardo perché Lysander la capisse.

- non sono io a dover uscire, ma lei!!- la additò nuovamente, passeggiando freneticamente nella sala, questa volta urlando. La presidentessa Santos si scostò di lato, quasi travolta dalla sua furia incontenibile. Fece un passo avanti, e un altro e un altro ancora.
Gli auror, vedendo che si stava pericolosamente avvicinando a Tina, lo afferrarono per le spalle, brandendo le bacchette e puntandogliele alla gola.
- che facciamo, capo?-
-Niente.- rispose decisa lei, aspettando la sua prossima mossa.

Albus tutto si sarebbe immaginato, tutto, ma non di divenire spettatore di una "disputa" tra colleghi. Il macusa non era proprio il più pacifico dei luoghi per lavorare, e lui che considerava il ministero britannico come uno fra i peggiori.

- è brava.- sussurrò Minerva - non si piega facilmente. Mi piace!-
Albus ridacchiò, appena è sospirò divertito. - fino a qualche minuto fa, hai detto il contrario...-
-sh!!- lo interruppe bruscamente lei, che non voleva perdersi neanche un secondo di quello scontro.

La Santos, che era rimasta in piedi, decise di prendere posto. Non voleva certamente partecipare a un tale scandalo, che non faceva certamente onore al ministero Americano.
Abernarthy annuì. - bene. Se le cose stanno così...va bene. - sì gonfiò nel petto lo spilungone. - ma chiedetevi, come può una donna ricoprire una carica così importante?-

Vicência sollevò lo sguardo nella sua direzione, offesa, come molte altre decine di streghe, che iniziarono a lamentarsi sonoramente e a far sentite la propria voce.
-come si permette?!- tuonavano, infastidite - Lo fa LEI il nostro lavoro?-
-no, ecco...io non, non intendevo questo...- balbettò in difficoltà.

-torni a firmare permessi per bacchette...- sentenziò Graves, alzandosi. Il mago lo guardò dalla testa ai piedi, ed annuì. Due braccia lo afferrarono sotto le ascelle e lo trascinarono fino all'ingresso, non riuscendo, tuttavia, a bloccare i suoi tentativi di ribellione.
-non toccatemi! Faccio da solo!-
E senza che poterono farci nulla, afferrò la bacchetta dal taschino e lanciò uno schiantesimo nella direzione del capo auror americano.

Vicência lanciò un urlo e riuscì a scostarsi appena in tempo, per evitare delle scintille rosse, che bruciarono solamente la sua candita veste color senape.
- protego!- rispose Tina nella fretta, rendendosi conto che i suoi pensieri erano più che fondati. Lei e Lysander si scambiarono un'occhiata fugace e annuirono contemporaneamente.

Con gli anni aveva imparato a non abbassare la guardia, specialmente con Abernarthy, del quale non si fidava affatto. Iniziava a crederci, di non meritare quel posto, per quanto avesse lottato per ottenerlo. Le sue parole avevano un effetto strano su di lei, sapeva che, in fondo, erano soltanto delle menzogne, e che lui giocasse con i suoi sentimenti e con le sue debolezze. Lei sapeva, anzi sentiva di non meritare quel posto, lei che non era nessuno, non era importante. Era, come diceva Albernarthy, una povera auror figlia di nessuno.

La presidentessa era più scioccata di lei, a diffeeenza sua, non si aspettava una reazione così violenta, e che un individuo del genere arrivasse a quel "punto" per puro risentimento personale.
- come...osa?- balbettò, ancora tremante, brandendo anche lei la bacchetta per puntargliela contro - si azzardi solo a lanciarne un altro, e io giuro che manderò una squadra di auror brasiliani a darle la caccia, e nel mio territorio i suoi sostenitori non potranno aiutarla.- lo minacciò.

- adesso....possiamo far qualcosa, capo?
-Adesso sì- confermò lei -portatelo via.- ordinò l'auror decisa.
Abernarthy fu trascinato con forza, e lui non potè opporre resistenza. Aveva un'ultima carta da giocare, quella che solitamente lasciava sempre per ultima. Prima che potesse lasciare la stanza, lanciò un sorriso repentino a Tina e si rivolse a lei.
-Salutami Queenie.- un sorriso di intesa.
E la bruna iniziò a rabbrividire, a tremare senza controllo, si aggrappò a Lysander, cercando di calmare i nervi. Nessuno doveva nominare sua sorella, nessuno poteva minacciarla. Guardati le spalle, diceva, potresti non essere così fortunata la prossima volta.

Calò finalmente il silenzio. Rimasero tutti a fissarsi, o meglio a fissarla, con occhi confusi. Poi Tina si lasciò cadere, ritrovando un briciolo di calma in mezzo alla tempesta. La mia Queenie, pensò.

-sei stata grande, Tina! Se lo avessi attaccato avresti perso il posto!- le sussurrò Graves. Ma a lei non importava. Adesso la sua testa offuscata dalla paura, in preda al panico. Che cosa avrebbe potuto fare per proteggerla? Lei era una sola, non poteva essere in due posti contemporaneamente. Come avrebbe fatto?

-Lo penso anch'io.- confermò una voce femminile.
Tina guardò di fronte a sé, ed incrociò gli occhi scuri della presidente brasiliana, che la guardava con un gran sorriso.
-mi conosce già, immagino.- cercò di parlare, cercando di non far notare la sua preoccupazione.
-sì.- Confermò Valencia continuando a sorriderle - dai giornali.- specificò - anche se, non tutto quello che c'è scritto è da attribuire alle sue doti. Troppo...limitanti.-
-Già.- rispose timidamente l'auror, accennandole un sorrisetto.

-è stata davvero brava, a mantenere la calma. Abbiamo molto in comune.-
Anche lei era una donna molto moderata, che cercava di pensare più e più volte prima di rispondere.
-beh, con Abernarthy è sempre difficile. Ma si impara in fretta, dopo anni che ti tormenta.-sospirò - una volta, mi sono perfino nascosta sotto la scrivania per non vederlo.-ridacchiò nervosamente, cercando di mascherare l'imbarazzo.

Non sapeva neanche perché glielo stesse confidando, lei che era un pezzo grosso del ministero...perché le sarebbe dovuto importare? Eppure una parte di lei le diceva che poteva fidarsi di quella strega, il quilin in fondo l'aveva scelta. Era una donna ricca di risorse, un tesoro per il mondo magico. Degna di quel ruolo.
-ci credo bene. - sorrise lei comprensiva.

- vuole che parli lentamente? Io a volte tendo a parlare troppo veloce quando, quando sono nervosa.- balbettò, abbassando lo sguardo.
-no, non si preoccupi. - La interruppe con un sorriso - va benissimo così. Fino a quando riesco a seguirla.- rise lievemente.
Tina era convinta che fosse una donna a sui generis, un po' individualista e per i fatti propri, magari un po' troppo riservata all'apparenza. Studiò ogni singola ciocca di capelli della strega, e la collana di perle intorno al suo collo. I suoi capelli la facevano assomigliare a una ragazza uscita da una foresta, per quanto erano gonfi.

- in effetti, quell' "Abernarthy" non era proprio nella posizione adatta per ribattere. Se fossi stata in lei avrei fatto la stessa cosa...insomma un ex Grindelwaldiano che accusa una certa giovane auror, che ha aggredito una nomag.-
-non sa di cosa parla, non sa che...- la interruppe bruscamente Tina, rimanendo nel vago.
-che lo ha fatto per difendere un ragazzo innocente dalle grinfie della sua madre adottiva? Perdendo il lavoro e rendendola alle stregue di un criminale qualunque? Divenendo, pertanto, uno scandalo per l'intera comunità magica e per i giornali?- continuò a sorriderle. Tina si sentì costretta ad abbassare lo sguardo, ed annuì.
-quindi lei sa.- sussurrò - e, e che ne pensa?-
-che finalmente il congresso ha scelto una persona veramente abile come capo di una squadra investigativa.-
-insomma...non pensa che io sia "pericolosa"?- ridacchiò lei.
La Santos scosse la testa, e ricambiò il sorriso.
-non morde mica...-
-già. Ho lavorato duro per ottenere questo posto, per diventare auror. E in effetti, non mi sarei mai aspettata di ritrovarmi a dirigere una squadra di questa portata!- le confidò, abbassando la voce.

Il resto dei maghi si erano alzati, cercando di rimettere in ordine la sala, e il soffitto completamente logoro e traballante a causa delle scintille dello schiantesimo.
Uno degli auror in servizio, si avvicinò a loro, interrompendo momentaneamente la discussione.
-dove li sistemiamo questi, capo?-
Tina sospirò sonoramente, diede una rapida lettura alla pila di pergamene, leggendo attentamente le parole in evidenza. Non erano di sua competenza, ovviamente.
-questi sono documenti del macusa, non del nostro dipartimento. Il signor presidente dovrebbe saperlo...- sospirò.
La ragazza annuì - che cosa faccio? mi ha chiesto di darli a lei.- sollevò appena le spalle.
-Buon Lewis! Di nuovo! Dalli al direttore del dipartimento applicazioni legge magiche sui minorenni! Anzi...chiedi al presidente di farlo, almeno impara a leggere le pergamene con maggiore attenzione, anziché relegare il lavoro a qualcun altro!-
Kate le accennò un sorrisetto e trattenne a stenti una risatina-evidentemente non sa dove mettere le mani, insomma... è il presidente!-
- noi auror siamo diventati tutto fare.- sospirò lei.

La giovane iniziò a guardare Tina, come se volesse dirle qualcosa di importante o si aspettava che lei parlasse.
Come Lysander le aveva detto, stava abbastanza bene, forse un po' più pallida e meno sicura del solito, ma era viva. Visto che non si accingeva a parlare, Tina decise di rompere una volta per tutte il silenzio.
- Ho saputo cosa è successo, mi dispiace tanto. Ma sai cosa è giusto da fare.- le sussurrò.
Kate riprese a tremare, si strinse le mani al petto come se cercasse di abbracciarsi, di difendere se stessa dal mondo, e poi annuì. Sapeva già a quale richiesta si stesse riferendo, ma non riusciva proprio ad affrontarlo, temeva che quell'incubo l'avrebbe tormentata nuovamente.

«Sì, capo. Ma è difficile... dopo che sei stata scagliata su un albero, e afferrata per i piedi. Fortunatamente quella donna è caduta giù, a qualche decina di metri d'altezza. Ma Sono sicura che sta meglio di me!»
Iniziò ad accarezzarsi i lunghi capelli rossi, osservando con sguardo attento la presidentessa, come se fosse un fenomeno.
«Sapeva come agivo, capo. Conosceva ogni mia mossa! Deve avermi seguita per molto tempo. E per giorni mi sembra ancora di sentire il suo alito caldo sul collo.» rabbrividì, chiudendo gli occhi e serrando le labbra in una smorfia di disgusto.

La Sântos fece finta di niente, come se fosse semplicemente uno spettatore o lontana dalla discussione, nonostante si trovasse in mezzo alle due donne. Mantenne una calma apparente, ma la sua mente era già a lavoro, cercando di cogliere in quella testimonianza una presunta corrispondenza con qualche suo caso in Brasile. In effetti anche un suo dipendente aveva registrato un caso simile a quello, di un giovane mago che, per poco non era caduto nel pozzo, per sfuggire a un gruppo di uomini con i mantelli.

«Invieremo un mandato di arresto... ma ho bisogno della tua collaborazione. Devi descrivere quella donna, perché il macusa possa cercare delle corrispondenze.» divenne improvvisamente seria.
La venticinquenne, dai capelli color ebano, si strinse ancora di più nelle spalle, desiderosa di sparire sedutastante da lì.

Ma quali altre alternative aveva?

Non poteva certo essere certa che non avrebbero ritentato l'attacco un'altra volta. Non le restava che fidarsi del macusa, o meglio del suo capo, per il quale nutriva già una profonda fiducia.

-va bene.- acconsentì - passo dal suo ufficio in giornata. Va bene?- Balbettò.
-sì. Stai tranquilla.-
La diede un leggero colpetto impacciato sulla spalla e Kate annuì di nuovo, cercando forse di sembrare più rincuorato di quanto non lo fosse.
-Magari ne sapremo qualcosa in più.- la rassicurò.
- sì. Allora io, ehm. Io vado. - sussurrò. Si tolse il cappello in segno di rispetto e si inchinò davanti alla presidentessa brasiliana e supremo pezzo grosso. E si allontanò.

Tina la vide leggermente arrossire, ma ricomporsi qualche secondo dopo. Fu dopo parecchi minuti di silenzio, che lei riprese a parlare.
-che ne pensa?-
-penso che siamo fregati.- ammise Tina.
- lo penso anch'io.-sospirò -continui così, signorina Goldstein, e ben presto si ritroverà presidente!-
Si sistemò la lunga chioma intrecciata, leggermente scomposta ai margini delle orecchie. -sono tempi bui questi! Ed è fondamentale il dialogo! I suoi dipendenti si sentono ascoltati, ecco perché la amano e la rispettano tanto!-

Tina deglutì a forza e scosse la testa estremamente imbarazzata
-Oh, no, non credo di voler mai diventare presidente! Senza offesa, madama, ma non credo di avere le abilità di un leader di tale livello!-

La presidentessa parve più che soddisfatta della risposta, i suoi occhi si accesero, mentre sulle sue labbra apparve un sorriso discreto.
-io sono convinta-iniziò lei -che lei farà grandi cose, Tina. Va bene se la chiamo così?-
Tina annuì - può chiamarmi come desidera. E, a dirla tutta...sarebbe perfetto se, almeno tra noi, evitassimo i convenevoli.-
Si sorrisero a vicenda.
Non si accorsero che il resto della platea aveva smesso di parlare e che il presidente era pronta a riprendere l'assemblea, a riaffermare le sue teorie.
-credo che noi potremmo andare molto d'accordo, signorina Goldstein. Siamo davvero molto simili, sempre pronte a fare la cosa giusta.-
L'auror arrossì violentemente, una reazione che scatenò una lieve risatina da parte sua.
-Bella, genuina ma anche timidina! Mi piace!- esclamò, accennandole un leggero sorriso -e credo che le nostre strade si incontreranno di nuovo...molto presto!-
-lo, lo credo anch'io!- balbettò con il cuore a mille -il quilin ha scelto bene, è...è degna di ricoprire questa carica, madama presidente. Non si sarebbe inchinata per una come me. Insomma io non sono nessuno, lei è-
-la povera figlia di due poveri guaritori in miseria.- la interruppe bruscamente lei, il suo sorriso si incrinò leggermente. E Tina capì di essere andata troppo sul personale, di aver toccato un tasto dolente.
- mi scusi.- balbettò -non lo sapevo.-
- non parlo mai della mia vita privata, non sopporto di essere nel mirino di tutti solo perché sono il nuovo pezzo grosso del mondo magico. In pochi conoscono la vera me, che in effetti, non è troppo diversa dalla "me" del ministero.- accennò un sorriso timido. Si avvicinò di più a lei. - e poi, importa ha qui dentro, signorina Goldstein.- spostò una mano per indicare la sua fronte, per poi spostarsi subito dopo all'altezza del petto -E qui.- le prese la mano e la adagiò all'altezza del cuore.
- e qui c'è tutto ciò di cui hai bisogno, per essere veramente grandi. Al di là della carica.-

Continuarono a parlare del più e del meno, fino a quando una voce rigorosa non fece trasalire antrambe. Le due streghe si scambiarono un'occhiata di preoccupazione, mentre cercavano di improvvisare qualcosa.

«Vediamo cosa ne pensa il Brasile a tal proposito!»
Gli occhi di Vicência Sântos si spostarono automaticamente da quelli di Tina agli occhi del presidente Americano, cercando un appiglio nelle discussioni che riusciva a cogliere. Ma non era brava a improvvisare.
«Io penso...»
Tutti gli occhi del congresso si spostarono verso di lei, e lei dovette combattere l'imbarazzo. Si prese qualche secondo, mentre il presidente americano era in attesa.
«Penso che, che bisogna agire alla svelta! Siamo rimasti senza risorse! Bisogna addestrare i ragazzi a sapersi difendere, già dal primo anno! Permettere loro di usare le bacchette almeno per legittima difesa!» dichiarò, cercando di spostare l'attenzione su altro.
Diede un'ultima occhiata a Tina, accennandole un sorriso imbarazzato e di intesa reciproca, anche lei pallida.
-ottima proposta, Madama. Anche se, la domanda era un'altra. Crede che ci si possa fidare di questo consiglio?»
La risposta non tardò ad arrivare.
-beh, se vi fidate dei vostri dipendente...non vedo il motivo per cui dovrei farlo io.»

Anche questa volta la sala si ammutolì, Percival e Tina abbassarono il viso, mentre Albus uscì un pacchetto di Creakers salati da sgranocchiare, al posto dei popcorn.
Minerva gli diede una leggera gomitata, pallida come un lenzuolo.

Ma da dove gli venivano certe idee?

«Smettila.» gli sussurrò a denti stretti. «non siamo al cinema!»
«Dici? A me sembra una commedia!» ridacchiò «ne vuoi uno?»
Minerva sospirò ed annuì.
«In effetti... mi è venuta un po' di fame» ricambiò il suo sorriso, cercando di non fare rumore mentre masticava.

Uno dei tanti editori di una delle varie gazzette scattò una foto alla scena. Già Albus lo immaginava nelle librerie, in caratteri enormi recitava "grande scandalo al Macusa". Probabile sarebbero apparsi, proprio nel momento in cui lui e Minnie si stavano godendo piacevolmente la scena.

Il presidente smise di sorridere.
«Scusi?» chiese paonazzo.
«Beh, perché chiederlo, se vi fidate così tanto. Io non conosco i membri dell'intero congresso, essendo entrata in carica da meno di un anno fa. E come sa... la situazione è molto delicata anche da noi, tanto da limitare i rapporti con le altre nazioni.»
E il presidente si ritrovò concorde con lei.
«Concordo.» dichiarò.

Lysander allungò il capo, per rendersi conto che, il capo del dipartimento applicazioni della legge sulla magia si avvicinato al presidente americano. Il suo incubo peggiore, dopo la luna piena.
«Oh no! Non lui!!»
Afferrò il cappotto di Tina e lo aprì in un impacciato e disperato tentativo di nascondersi.
-capo, nascondimi!- la supplicò -le faccio gli straordinari!-
-addirittura?- ridacchiò divertita lei.

«Non si può sapere.» affermò Travers, come sempre di cattivo umore con un espressione risentita sulle labbra, pronto a dire la sua «Proprio ieri, tre dei nostri sono risultati positivi alla maledizione imperius. Sono stati ritrovati con dei documenti molto riservati, estremamente riservati.»
«Mi scusi, ma come possono essere stati trovati nelle mani di qualcuno se sono "estremamente riservati"?» chiese il presidente americano, inarcando un sopracciglio.
Travers scrollò le spalle e scosse la testa.
«Non ne abbiamo idea» ammise «nessuno riesce a capacitarsi come una cosa del genere possa essere accaduta! Le indagini non riconducono a nessun sospettato.»

«Ma non li avete incantati?»
«Certamente! L'incanto Fidelius-»
«Ah! Quindi vi siete nuovamente fidati della persona sbagliata, dico bene Travers?» ridacchiarono in coro.
«Come al solito» cantilenò una voce.
Il mago arrossì imbarazzato, incapace di rispondere alle critiche da parte di quegli sconosciuti. Rimase immobile ad accettare le risate, fino a quando la platea si zittì.
Albus Silente si era alzato in piedi in tutto il suo splendore, l'abito grigio perla in contrasto con i colori scuri e spogli della sala. Minerva si appiattì ancor di più al muro, per concedergli di ergersi completamente, divenendo di fatto una ventosa.
Tutti i maghi si voltarono verso di lui, Travers prese a guardarlo supplichevole, sperando che mettesse da parte il risentimento del passato. Erano tutto tranne che amici.
«Albus Silente.» sussurrò una giovane strega a bassa voce.

«Professor Silente!» esclamò il mago del malumore, togliendosi tanto di cappello. Le sue pupille si dilatarono nel momento stesso in cui un flash lo colpì.

«Travers. È sempre un piacere rivederla.» rispose Albus con un tono stucchevole, ccennandogli un sorriso forzato.
Lysander invece rimase nascosto, continuando a sperare di non essere visto.

«Ha qualcosa di interessante da dire, professore?»
«Vorrei farvi solo una piccola lezione sull'incanto Fidelius, anche se... non siamo a scuola. Sapete bene che è molto facile leggere una mente... controllarla, offuscarla, stravolgerla, manipolarla. E non per niente avete trovato tre dei vostri dipendenti sotto l'effetto della maledizione imperius. La domanda è, chi è il traditore?» chiese pacatamente, come se non avesse nulla da aggiungere al suo dispiacere già completo. Il resto della platea rimase in silenzio.
«Ma forse con un indagine, potremmo capire.»
«E dopo tutto questo tempo credete davvero di riuscire a scorgerne gli effetti? Si lascerebbe davvero trovare così facilmente? A meno che non ci siano stati degli incidenti di percorso, ma... ne dubito, considerando chi abbiamo di fronte.» lo interruppe.

«E la bacchetta? Ogni bacchetta può essere tracciata!» propose un'altra donna.
«E se fosse rubata? Insomma, meglio non lanciare una maledizione senza perdono con la propria.»

«Gli auror...» gemette Tina, che aveva compreso a quale punto volesse arrivare «solo gli auror sono autorizzati ad utilizzare le maledizioni senza perdono, in qualsiasi contesto. Chi non ne ha l'autorizzazione, riceve automaticamente un mandato di arresto...»
«Esattamente.» annuì lui soddisfatto «e se pure ci fossero delle tracce... chi vi assicura che non ce ne siano molte altre? False, ovviamente.» proferì.

Gellert, per anni, era stato la sua luce nel buio, la sua vita. Il suo faro in mezzo alla nebbia. Senza rendersene conto una lacrima solitaria ricadde sul suo viso, inzuppando appena la barba, leggermente meno opaca e curata dell'anno prima. Aveva stile, lo sapeva. Stava invecchiando, troppo velocemente in quell'ultimo anno.

La lotta contro quel mago, dai capelli d'argento, lo stava prosciugando, avvicinandolo a un guscio vuoto privo di emozioni. Prima aveva abbracciato con gioia la causa, ora capiva che il gioco non valeva la candela, troppe perdite per poter ancora giustificare quella sua ambizione. Adesso era animato dal rimorso, dalla necessità di perdonare se stesso, per i suoi sbagli, per tutto ciò che leggeva sui giornali.

«Per quanto alcuni di voi continuino a evitarlo per paura, a credere alla "prospettiva" che Gellert Grindelwald sia diverso, buono e gentile... io dico: non si limiterà a spargere fiorellini per le strade. Lo sapete cosa vedrete, se non fate qualcosa al più presto.»

Minerva accennò un sorriso, era convinta che Albus sarebbe riuscito a penetrare le corazze di quei maghi, con solo un pizzico di ironia e tanta tanta diplomazia. Le sembrava di immaginarlo, ad Albus, se fosse vissuto qualche millennio prima sarebbe andato sicuramente molto d'accordo con Cicerone, sempre pronti ad agire per rendere concrete le proprie proposte, alla ricerca di qualcosa di più grande di loro.

Poteva vederlo mentre si dilettava a passeggiare per le strade, a intraprendere interessanti conversazioni con chiunque incontrasse. Minerva ci pensò bene, anni or sono, le parve di leggere la storia di un uomo particolarmente legato al suo popolo, che con il suo dire li conduceva nel loro agire migliore. Un filosofo greco, dalla lunga barba biancastra che amava parlare con la gioventù. Un certo Socrate. Non aveva fatto però una bella fine, rammentava. Non era sicuramente il caso di Albus, o almeno così sperava. Dovette coprirsi la bocca per trattenere una risatina divertita. Chissà come sarebbe stato Albus nel giro di pochi anni.

«Nessuno dubita il contrario, professore.» rispose Tina «Almeno si spera, che sia così...» disse gelidamente, guardandosi intorno
«Non è così, signori?- ironizzò, cercando di mascherare il fastidio nella voce.

Albus accennò un sorriso, cogliendo la "leggera" freddura. Notò che i suoi occhi si erano posati proprio su quel gruppo di maghi, che non osavano non controbattere per ogni singola questione. Questa volta rimasero zitti.
«Dovrebbe essere così, direttrice.» disse, con un mezzo sorriso «ma credo che questo dipartimento abbia bisogno di cercare delle prove... prima ancora di credere. Hanno bisogno di prove tangibili, prove che non troveranno mai, delle prove che si trovavano proprio in quei documenti rubati, deduco.» parlò con calma, continuando a osservare i due governatori.
Travers, che fino a quel momento non aveva fatto altro che brontolare e passeggiare nervosamente avanti e indietro, si bloccò di colpo, impietrito.

«E lei, lei come lo sa? Che, che sono stati rubati quel genere di documenti?- balbettò pallido come un lenzuolo, sentendo la critica da parte degli altri presidenti del congresso. Ma lui non c'entava con quella rapina, lui era solo uno dei rappresentanti in carica, ma la sua posizione lo rendeva ancora più responsabile. Era stato colto flagrante, proprio dal mago che detestava di più.
«La sua ansia la tradisce, Travers. In ogni caso... non avrebbe potuto farci nulla. Non poteva saperlo. Solo, sarebbe il caso dire che cosa riportasse esattamente quei fogli.»
Travers respirò profondamente e rispose, «identità, Crimini di guerra, documenti vari, casi irrisolti.»

«E non solo.» dichiarò Albus cogliendo la sua insicurezza.
E Travers si vide costretto ad annuire.
«Le tracce dei minorenni, alcune mappe dove sono stati riportati i raduni di Grindelwald degli ultimi cinque anni- balbettò, sperando di non essere ammonito per occultamento di reato.
«Ma» continuò lui paonazzo «per quanto riguarda i ragazzini... beh, non è un problema, non è rilevante.»
A quel punto Lysander si sentì infiammare, sapeva che era un inutile taccagno, ma non credeva che potesse arrivare a quel punto. Lasciò scivolare via il cappotto che lo nascondeva, e si rivolse a lui, cercando di non incrociare direttamente il suo sguardo.

«Non è rilevante?!» tuonò.

Era sempre stato riluttante a far studiare Filemina ad Hogwarts, per quanto fosse una delle più importanti scuole del mondo.
«Mia sorella è monitorata non so da chi, così come migliaia di bambini! E io mi dovrei fidare del vostro ministero?!»
Tina agitò appena la bacchetta, e Lysander si ritrovò ben presto seduto sulla sedia, incapace di rialzarsi di nuovo.
«I vostri figli vanno a scuola! E non dovreste preoccuparvi che possa succedere loro qualunque cosa in vostra assenza?» continuò a combattere il ventenne, mentre Tina cercava di calmare la sua ira come poteva.

Travers, quando lo vide, gli schioccò uno sguardo ricco di ribrezzo, ma dovette abbassare il capo quando sentì che la sua voce era sostenuta da molti altri genitori nella platea, che stavano iniziando a farsi sentire.
«Ci stiamo lavorando.» disse semplicemente.

«Troveremo una soluzione, Lys. Passa nel mio ufficio.»
Lysander sospirò ed annuì.
«Mi vuole licenziare, capo?»
«No, certo che no.»

«La nostra priorità è trovare quei documenti. Di qualunque nazione essi appartengano, è fondamentale trovarli! Riguarda tutti, non solo l'Inghilterra! Fate attenzione ai vostri archivi, non possiamo permetterci di perdere prove importanti sui suoi crimini. O non avremo più alcuna valida ragione per arrestarlo e sconfiggerlo definitivamente!»

Man mano che la folla di maghi andava sempre di più a disperdersi, Albus trascinò Minnie fuori dalla sala per raggiungere un angolino appartato.
«Che cosa ne pensi, Minerva?» le chiese Albus, cercando di non dare troppo nell'occhio, studiando il soffitto.
La giovane strega sospirò «credo che siamo tutti... fregati.» si trattenne, cercando di non usare tutte le imprecazioni che le erano venute in mente «e i ragazzi? Sapevamo già da anni che Hogwarts non è più un luogo sicuro.»

«Non abbiamo scelta, professoressa Mcgrannit. Hai sentito la presidentessa, vero? Su una cosa siamo d'accordo, i ragazzi devono imparare a sapersi difendere.» le sussurrò gravemente lui -non è un compito degli auror, ma il nostro! Gli studenti devono saper brandire la bacchetta, e conoscere almeno gli incantesimi base del manuale!-

Minerva si stropicciò gli occhi e scosse la testa «Non basta. Questo non è sufficiente per tenerli al sicuro. Se Grindelwald è riuscito a far sparire gli auror senza lasciare alcuna traccia, non avrà paura di affrontare dei marmocchi in divisa!»
«lo so, ma non abbiamo altra scelta se non provare e riprovare. I ragazzi imparano in fretta! E poi siamo rimasti in pochi, gli auror-»
«Avranno sicuramente bisogno di nuove reclute.» lo interruppe lei. «Non è il caso di esporli così facilmente!» mugugnò infastidita.

Albus prese ad accarezzarsi la barba ed annuì «e quindi...che cosa pensa di fare, professoressa Mcgrannit? Le è venuta in mente qualche idea?»
«Io no, ma tu potresti averne qualcuna! Insomma...lo conosci più di chiunque altro! Tu e lui...»
«Io credevo di conoscerlo.» la interruppe bruscamente, lanciandole un'icchiataccia. «te l'ho già detto, Minnie. Io non so più chi sia!»
«Beh, io non ci credo! Avete condiviso per anni la stessa ambizione, dovresti sapere, almeno in parte, come agisce.» sospirò.

Continuarono a discutere del più e del meno, quando una voce li fece trasalire antrambi.
«Professor Silente?»
Albus si voltò appena, per vedere il capo del dipartimento auror americano che si teneva entrambe le mani per l'imbarazzo.
«Ecco, mi dispiace molto disturbare lei e la sua accompagnatrice» sussurrò, cercando di ritrovare la sua solita sicurezza.

La giovane auror si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, in attesa di una reazione da parte loro, ma Albus non disse nulla che potesse dare un segnale di interessamento o di intesa.

«Le dispiace seguirmi nel mio ufficio?» chiese infine.
Minerva rimase immobile a fissarla contrariata, poi si rivolse ad Albus.
«Nel suo ufficio? Vuole arrestarlo?»
«Oh, no certo che no! Non ne avrei il motivo.» sorrise.
«E perchè vorrebbe parlare con Albus nel Suo ufficio?» continuò Minerva seria, scrutandola attentamente.

Albus trattenne una risatina divertita, era molto protettiva, pensò. Eppure, sembrava aver cambiato idea su di lei, ma evidentemente non si fidava ancora abbastanza. Le fece cenno di zittirsi, che ci avrebbe pensato lui a tutto.

«Perché non vorrei che la nostra discussione possa essere divulgata e perchè... è troppo importante quello che sto per dirle.» concluse lei, inarcando un sopracciglio. «ma se ha paura che io possa "mangiare" il professor Silente... beh, può benissimo partecipare attivamente alla discussione.» concluse freddamente Tina, risentita dalla sua mancanza di fiducia.

Era forse così stupida da credere alle parole di Abernarthy?

«Va bene.» le sorrise Albus.
«Ma...»
«Minerva, so che non ti fidi di nessuno. Ma siamo qui per trovare delle informazioni che possano aiutarci contro Grindelwald.» le sussurrò.
«Neanche io mi fido di lei, professore.» ammise la mora, incrociando il suo sguardo «ma Newt si fida di lei, e io... io mi fido ciecamente di lui.»

Sentì appena le guance infiammarsi, forse per la timidezza, o forse perché era la prima volta che parlava di lui a un totale sconosciuto. Per giunta con il suo professore. Albus parve leggerle la mente, capire quel pensiero, perché le accennò un'enorme sorriso.

«Hai sentito, Minnie? È un'amica di Newt, e se lui si fida di lei e viceversa, non vedo il motivo per cui non dovrei farlo anch'io!» si scambiarono una rapida occhiata e si sorrisero a vicenda. «e poi non ha alcuna intenzione di arrestarci... non è così, signorina Goldstein?»ridacchiò lui, dando una leggera gomitata alla sua accompagnatrice che, si vide costretta ad annuire.

«Bene!- acconsentì «Ma i suoi auror-»
«Non entreranno nella stanza, non si preoccupi.» annuì Tina «Non divulgherò a nessuno le informazioni che sto per dirle, professore.»
Albus annuì.
«Le maschere?» le chiese, per essere sicuro di aver capito.
«Può darsi.» sì guardò intorno per assicurarsi di non essere udita da nessuno «qui anche i muri hanno le orecchie, professore.»
«Non ne dubito.» le rispose Minerva, con un sorriso tirato.
«Bene, da questa parte, allora!»

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