13.2. 𝗨𝗻'𝗮𝗰𝗰𝗼𝗴𝗹𝗶𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗰𝗼𝗶 𝗳𝗶𝗼𝗰𝗰𝗵𝗶

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Queenie and Jacob's POV

«Quindi quindi quindi» iniziò Queenie, guardando il tramonto al di sopra del bancone da lavoro «snasi?»
«Ci sono!» dichiarò il nomag, passando una scatola confezionata di paste, sbirciò appena sul foro per assicurarsi di non commettere alcun errore.
«Bene! Erumpent?»
«Ci sono!»
«E gli occamy?»
«Anche... c'è tutto, Queenie. Tranquilla!» le sfiorò la guancia.

Il cielo si era tinto leggermente di rosa, mentre la folla di clienti andava gradualmente a dissolversi nel viale.
«Sono le otto! Potremmo anche chiudere, abbiamo venduto tutto. E ho preparato le scatole per le consegne di domani!» esclamò fieramente lui. Erano una potenza insieme, imbattibili in cucina.
«Ottimo, pasticcino!»

Fecero per allontanarsi dal bancone, nel piccolo stanzino del retro bottega, quando dei passi svelti e leggeri irruppero nel locale.
«Mi scusi... sono ancora in tempo?» balbettò.

Era una giovane donna, vestita con un semplice abito verde smeraldo lungo fino alla caviglia, accennò un sorriso a Jacob, che la guardò a sua volta con la stessa cortesia. Ma quando vide la giovane sfoderare la bacchetta dalla tasca, lanciò un urlo e si affrettò a brandire la padella.
«Queenie, Amore!! Non ti muovere!!» le urlò, iniziando a colpirla con il mestolo.

La strega si rabbuiò per un istante, e iniziò a balbettare imbarazzata dell'equivoco.
«Oh, no no no, Signor Kowalski. Io sono Minerva, Minerva Isobel Mcgrannit. Sono con il professore Albus Silente!»

Sentendo quel nome, Jacob sollevò velocemente il capo. Di tanto in tanto lanciava un'occhiata protettiva a Queenie, nascosta dietro gli scaffali degli ingredienti.

«Quel Silente?» spalancò la bocca Jacob.
Anche se era un no-mag conosceva la fama e la grandezza di Albus Silente, Newt spesso lo lodava per le sue incredibili imprese. Era convinto che un giorno gli avrebbero dedicato una cioccorana in suo onore. E lo aveva conosciuto.

«Sì!» esclamò la strega fieramente «Albus Silente, il miglior mago del mondo!»
Jacob a quel punto abbassò la padella e lo sguardo, consapevole di aver fatto un grave errore. Era convinto di essere inbattibile, che forse quella padella lo avrebbe aiutato a bloccare qualsiasi incantesimo.
«M-mi scusi.» balbettò.

Allungò la mano e la rivolse verso la strega, che lo guardava incuriosita, incapace di non guardare l'altra mano impegnata dall'arnese metallico.
«Jacob Kowalski.»

Minerva lo scrutò attentamente, e gli accennò un sorriso.
«Lo so.» sussurrò la strega, scrollando le spalle.
«Quindi, signorina Mcgrannit...»
«Chiamami Minerva, o Minnie.» accennò un sorrisetto.
Anche Jacob accennò un sorriso a sua volta «Oh, nome comune... Minnie.» rimase un po' interdetto.

«Si da il caso, signor Kowalski....» sollevò il capo fieramente «che io e lei siamo molto più simili di quanto immagina, mio padre era un babbano, come lei. Purtroppo molto meno tollerante di lei.» abbassò il capo.
«Oh.» balbettò lui paonazzo «Mi dispiace per aver reagito così prima, è solo che» indicò Queenie, che nel frattempo si era avvicinata a lui, con la bacchetta saldamente stretta in mano «non posso permettermi di metterli in pericolo.»

Solo allora Minerva notò il leggero rigonfiamento sotto la veste di raso.
«Oh, capisco. Ehm, è in attesa? Mi dispiace di avervi spaventati.» iniziò a guardarsi nervosamente intorno, e Queenie le lanciò un'occhiata interrogativa.

«Albus dovrebbe essere qui a momenti, da un momento all'altro! Se non si è perso...» scrollò le spalle. Anche lei iniziò a fissare Queenie, non si fidava di lei, e la cosa era reciproca a quanto le parve di notare.
«Congratulazioni.» concluse con un sorriso.

I due sposi si guardarono negli occhi e le accennarono un sorriso, anche se quello della legilimens era più simile a una smorfia di sospetto, più che forzato.
«Grazie.» dissero insieme.

Mantennero sempre una certa distanza dalla strega, anche se Jacob era già pronto ad offrirle qualche dolcetto, se solo ne fosse rimasto qualcuno. Uno schiocco sordo li fece trasalire, Minerva balzò in aria e lanciò un urlo, mentre Jacob si affrettò a riprendere la padella che aveva finalmente riposto sul banco da lavoro. E continuò a gridare quando delle dita si posarono sulla sua spalla.

«Albus! Ma quante volte devo dirti di non apparirmi alle spalle?!» esclamò lei un po' tremolante.
Albus si sentì in dovere di scusarsi.
«Scusami tanto, Minerva. Ma c'erano dei maghi che mi inseguivano, credo che fossero auror a dir la verità...» ridacchiò, ancora divertito dalla sua reazione.
«Merlino... e ci risiamo!» borbottò lei fra sé e sé, cercando di non rendere evidente il suo malcontento. «Che hai combinato questa volta?» sospirò.

La solita... domanda di routine?

Albus inarcò un sopracciglio «Mi sono solo soffermato a parlare con un amico di lunga data. Credo che non gradisse molto la mia presenza, a dir la verità, per come mi ha cacciato da casa sua.»
«Sguinzagliandoti dietro gli auror?» chiese scettica lei, incrociando le braccia al pett0.
«Hm, non proprio, no.» bofonchiò con un mezzo sorriso.
Jacob e Queenie si fissarono attoniti negli occhi, sentendosi i terzi incomodi di quella situazione.
«Non sono proprio il ben voluto in America...» ammise «mi credono responsabile dei crimini di Grindelwald. Credono che collabori con lui e la sua marmaglia.»

Minerva annuì e ricambiò il sorrisetto di Albus che, nonostante la facesse innervosire facilmente, allo stesso tempo la rassicurava. Albus sembrò finalmente essersi reso conto della presenza delle altre due persone nella stanza, così si avvicinò a Jacob e gli diede un leggero colpetto sulla spalla.
«Pacere di rivederla, signor Kowalski!» gli fece un lieve inchino «E complimenti per la gravidanza.» esclamò, cogliendo i due coniugi di sorpresa.

Queenie si chiese se fosse un legilimens come lei, ma poi smentii questa teoria. Era sicura che se ne sarebbe accorta, tra legilimens si intendevano abbastanza. E anche Minerva rimase colpita per l'ennesima volta. Anche lei si era sempre chiesta come Albus facesse a percepire ogni singolo dettaglio, prima di tutti gli altri.
«Oh» balbettò «grazie. Piacere mio... di rivederla.» esclamò Jacob cordiale, stringendogli la mano.

Non era del tutto vero, a dir la verità. La presenza di Albus Silente era spesso sinonimo di guai in arrivo.

«Ha ancora la bacchetta?» sussurrò Albus, indicando il taschino del pasticcere.
Jacob annuì soddisfatto e, con un gran sorriso, prese il pezzo di legno che custodiva gelosamente.

Lo faceva sentire più vicino a quel mondo che lo aveva accolto, che lo faceva sentire da sempre a casa, come non era riuscito a fare il suo mondo. Sempre messo da parte come un sempliciotto. E poi si era innamorato di una certa giovane strega dai capelli biondi, piccola, bella e ammaliante. La sua Queenie. E il mondo smesso di avere un senso, o di fargli tanta paura.

«Amore, non dovevamo chiudere?» mormorò la biondina, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo «Potremmo andare da Teenie. Così stiamo in un luogo più appartato, per discutere di "faccende delicate"» fece un cenno con la testa ad Albus, e lui acconsentì implicitamente. Ma Minerva, udendo questa proposta, scosse la testa, e subito il mago la zittì.
«Sono concorde! Meglio stare lontano da sguardi indiscreti. E poi ha bisogno di riposare, lei è delicata come un fiore, al momento.» le accennò un lieve sorriso e Queenie arrossì.

«E poi, signora Kowalski... sarà meglio affrettarsi, se suo marito dovrà preparare la cena per tutti.» Ricevette un altro bel sorriso raggiante dalla biondina.
«È gentile, professore. Newt non si sbagliava sul suo conto.» sorrise lei, sistemandogli con un sorriso ammaliante il nodo alla cravatta.
«Spero solo cose belle.» ricambiò il sorriso lui, arrossendo appena sulle guance.

Jacob annuì e si rivolse alla moglie - Non credo che Tina abbia voglia di cucinare- ridacchiò.
«No, infatti.» ridacchiò la strega «Non le piacerebbe affatto.» confermò «Per lei sarebbe solo un favore, in effetti.» fece cenno a tutti di sgomberare il locale.
Jacob lanciò il grembiule su una sedia, aiutò la moglie ad indossare il cappotto e le piantò un bacio sulla fronte.

«Non vorrai mica autoinvitarti? Albus?!»
«L'ho già fatto...» rispose lui non curante, afferrandola delicatamente per il braccio.
«Ma non abbiamo tempo!» tuonò la Mcgrannit, e Albus la zittì di nuovo.
«Sarà illuminante.» disse semplicemente.

E a quel punto Minerva comprese. Queenie Goldstein Kowalski era più preziosa di quanto non sembrasse all'apparenza. Il freddo non si era dissolto, come Minerva aveva sperato. E i suoi incantesimi sembravano non funzionare. Che strano. Non conosceva incantesimi meteorologici così potenti da non essere spezzati da un semplice "finitus incantatem". Annuì a se stessa, e iniziò a osservare i suoi passi che avanzavano tra le pozzanghere.

«Comunque, se intende chiedermi qualcosa professoressa... può benissimo farlo.» esclamò Queenie, facendola trasalire «Sarà meglio che si applichi di più la prossima volta che cerca di controllare i suoi pensieri. Non vorrei che altri, dopo di me, possano venirne a conoscenza.» non c'era più la stessa nota di gioia sulle sue labbra.
E Minerva si sentì colta in flagrante. «Mi dispiace.» riuscì a balbettare, aveva dimenticato che fosse una legimens.

«So che non si fida di me. E le assicuro che vale lo stesso per me. Ma adesso combattiamo la stessa minaccia.» dichiarò seria la ragazza, scuotendo energicamente la testa.
«Mi creda. Io sono dalla sua parte,» proseguì «e non permetterò mai che succeda qualcosa a chi amo.» abbassò lo sguardo verso il lieve rigonfiamento, dove sapeva essere il custodito il più prezioso dei tesori.

«Tina?! Sei tu?» Tuonò la voce sgradevole di una donna al piano di sotto.
Queenie, Jacob e i due ospiti si immobilizzarono. La legilimens si morse la lingua, cercando di inventarsi una scusa sul momento.
«Sono sua sorella, Queenie.» dichiarò, cercando di apparire più sicura di quanto non lo fosse veramente, e più convincente.

Era un'arpia, nel vero senso della parola. Per una volta concorde con sua sorella Tina, davvero scontrosa, ed era meglio evitarla quando beveva più di una tazza di caffè.

«Sei sola?»
«C'è... c'è mio marito Jacob con me» balbettò, cercando di darsi un contegno davanti ai suoi ospiti.
«D'accordo! E Tina? Sono giorni che non la vedo, sicura che sia viva?!»
«Sicurissima, signora Esposito.» Le urlò Queenie con la solita vocetta stridula «Ha tanto lavoro da fare!» continuò a braitare lei, procurandosi di fatto un fastidioso bruciore alla gola.
«Lo so!» e senza salutarla, si chiuse il portone di casa alle spalle, facendo oscillare il corrimano.
Queenie a quel punto, sempre con l'indice puntato sulle labbra, fece cenno al resto del gruppo di avanzare e, quando tutti furono nell'appartamento, chiuse la porta.

La casa era appena illuminata dalla leggera luce della lampada da muro, mentre un'elegante pila di fogli era disposta su una sedia libera, accanto al caminetto, dove ardeva una fiamma verde brillante quasi del tutto spenta. L'atmosfera era piacevole tutto sommato. I due coniugi si tolsero il cappotto, mentre Minerva e Albus rimassero a fissarsi vicino alla finestra.

«Molto carino.» commentò Albus con un mezzo sorriso, ammirando il piccolo e umile appartamento, mentre passeggiava nel salone.
«Mia sorella odia l'eccesso!» accennò un sorriso.

«Teenie? Ci sei?»

Non ricevette risposta. Fece per entrare nella camera da letto, quando la giovane strega in convalescenza la bloccò.
«Sta riposando,» le sussurrò «era così stanca che non si è svegliata neanche una volta!»

Con grande sorpresa riconobbe Lally Hicks, più pallida del solito ma in piedi, anche se con un sacchetto di ghiaccio premuto sulla tempia.
Istintivamente Queenie la abbracciò, non erano così amiche come lo erano lei e Tina, ma anche loro andavano abbastanza d'accordo.

«Sono felice di trovarti ancora viva. Come stai?» le chiese con un gran sorriso smagliante «Ho saputo quel che successo e... beh, tutti lo hanno saputo a dir la verità.» abbassò lo sguardo.

Anche chi non avrebbe dovuto saperlo, pensò tristemente Queenie.

«Più o meno.» rispose l'insegnante, continuando a tamponarsi la ferita alla tempia. «Soltanto un po' stanca.» sussurrò.

Queenie notò che le mancava una ciocca di capelli dalla testa, coperta alla bel meglio con altri riccioli scuri.
«Sei andata dal parrucchiere?» cercò di essere ironica e scherzosa come poteva.
«Magari.» sospirò «Però mi donano... non trovi?» rise debolmente.

«A te sta bene tutto, cara Lally...»
Lally si voltò nella direzione in cui aveva udito quella voce maschile, e appena si rese conto di chi si trattasse, spalancò la bocca in una smorfia di stupore. Con un gran sorriso a trentadue denti stampato sulle labbra, Lally si avvicinò al suo collega e ricambiò energicamente l'abbraccio.
«Piacere di rivederla, Professor Silente. Quale buon vento la porta qui?»
«Questioni burocratiche.» si morse l'interno della guancia, freddamente.
«Ho capito... il Macusa...» ridacchiò lei, consapevole che Albus avrebbe fatto di tutto per non mettere piede in quell'edificio.
«Credevo di trovarla ancora incosciente!» sussurrò lui colpito.

Lally gli accennò un sorrisetto.
«Avevo intenzione di fare qualche altra oretta di sonno, ma Tina quando dorme non riesce a non prendersi tutto il letto. Mi ha letteralmente schiantata a terra.» ridacchiò la donna «E poi ho avuto di meglio da fare.» indicò uno dei suoi amati libri aperti sulla poltrona.
«Non ne dubito.» rise lui.

«Chi è Tina?» chiese la Mcgrannit, che si era nascosta in un angolo della stanza. Non voleva dare né fastidio né essere infastidita.
«Mia sorella!» esclamò lei orgogliosa, gonfiando il petto.

Minerva sbuffò, un'altra ex Grindelwaldiana probabilmente.

«Oh,no. Niente affatto! Mi ha dato la caccia per mesi! E sono sua sorella...» si affrettò a risponderle lei, e nel frattempo le lanciò un'altra occhiataccia, che intendeva dire: «non lasci spazio per le supposizioni nella sua mente».

«Già.» annuì Silente «La signorina Goldstein sta combattendo con ardore. Una donna davvero notevole.» commentò.

Il volto di Queenie si accese repentinamente di gioia «Vado a chiamarla!» esclamò allegramente. Diede un'ultima occhiata al gruppo, alla strega che era rimasta in disparte, a Lally che sembrava conoscerli così bene.
Simpatico quel professor Silente, ammise. Jacob non aveva partecipato troppo alla discussione, entrato in casa aveva indossato il grembiule di Tina, che lei non usava mai, lavato le mani e si era messo nuovamente ai fornelli. Si era affacciato nell'altra stanza solo per chiedere se avessero delle richieste particolari.
«Bene.» sussurrò, più a se stessa che agli altri, prima di allontanarsi, chiudendo le ante della porta della camera da letto alle spalle.

Come minimo Tina le avrebbe ordinato di rimettere apposto la cucina e il resto delle stanze, sperando che Jacob non pasticciasse con qualche arnese magico.

Queenie si avvicinò al suo letto, come al solito rivestito da una morbida coperta di lana. Quasi non la vide nascosta tra i cuscini e completamente avvolta dalle coperte, sembrava un tutt'uno con il materasso non troppo comodo. Queenie le accarezzò una delle tante ciocche brune di capelli sparse disordinatamente sul cuscino. Era così bella, pensò. Una bellezza fuori dal comune, decisamente più bella di lei, anche se Tina dichiarava il contrario. Aveva la bocca spalancata,mentre dalle sue labbra fuoriuscivano dei sospiri sommessi. Si chinò su di lei e le diede una bacio sulla tempia scoperta.

«Lewis, come sei bella!» le sussurrò intenerita continuando a osservarla per qualche istante.
Rimase a contemplarla, ad ammirare la donna che si era presa cura di lei per tanti anni, che non aveva paura di sferrare un pugno per difenderla. Era la persona più preziosa che aveva. La amava con tutta se stessa.
«Teenie, svegliati. Abbiamo ospiti.» la scosse leggermente.
Tina sbattè leggermente le palpebre e ritornò a sonnecchiare.

«Tina?»
«Ehm, sì. Solo cinque minuti.» mugugnò con la voce impiastricciata dal sonno «Ho capito, mi mancano solo quei moduli laggiù. Dammi solo cinque minuti, solo cinque.» blaterò indicando un punto con la mano nella stanza.
Queenie non riuscì a trattenere una risatina divertita.
«Chi credi chi sia?» continuò a ridere.
«Ah sì... manca, manca la squadra.» bofonchiò.

Povera cara, doveva essere davvero stanca.

Magari quel riposino le avrebbe fatto bene. E nuovamente ridacchiò.

«Magari continui domani...» partecipò alla discussione.
«Ah no no no no no!! Troppe cose, troppe cose da fare!» sospirò, sprofondando la testa nel cuscino.
«Sh... torna a dormire, tesoro.»
Tina annuì «Va bene, ok, va bene.»
Queenie le diede un ultimo rapido bacio sulla guancia e uscì dalla stanza sghignazzando, lasciando la sorella ancora a parlottare da sola.

Il soggiorno, invece, era animato dal leggero chiacchiericcio di Lally e Jacob, che avevano iniziato a ridere per un motivo a lei sconosciuto. Si sedette sulla sedia, tenendosi la testa tra le mani. Da quando aspettava un bambino, il mondo circostante le dava particolarmente fastidio. A volte non riusciva a dividere i suoi pensieri da quelli degli altri. Li sentiva molto più amplificati, molto più intensi, e a volte le sembrava di percepire il proprio battito cardiaco nelle orecchie.

Non aveva mai detto a nessuno come si sentisse, nemmeno a sua sorella Tina. Se lei lo avesse saputo, le avrebbe impedito di andare al Macusa per aiutarla. Già le impediva di svolgere anche le più semplici delle mansioni, convinta che potesse recare loro qualche danno. Le chiedeva spesso come si sentisse, e lei rispondeva sempre allo stesso modo.

«Sto bene. Diciamo. Solo un pò di mal di testa.»

Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte sul tavolo.
«Hey tesoro. La cena è pronta!»
Queenie alzò lo sguardo e notò che la tavola era stata ben apparecchiata. Si rimise dritta e prese a guardare Jacob confusa.
«Ah, sì. Ok.» sussurrò.

Il no-mag la guardò preoccupato, afferrò una sedia e facendo attenzione a non strofinarla troppo sul pavimento di mattoni cotti, la avvicinò alla sua.
«Tutto ok?» le accarezzò la guancia.
«Sto bene. Solo che c'è troppa confusione... troppi pensieri.» balbettò, mentre si massaggiava la fronte.
«Ho mal di testa.» sussurrò.
Il resto del gruppo era intenso a commentare qualcosa, che si trovava fuori dalla finestra.
«Vuoi prendere un po' d'aria?» le chiese, comprensivo.

Ma Queenie scosse la testa.
«Non ti preoccupare, amore. Sto bene. E poi sto morendo di fame.» accennò stancamente un sorrisetto.
«Ho sempre fame.» sospirò.

«Potremmo dormire qui.» propose Jacob «A tua sorella non dispiacerebbe. E non credo che sia il caso di smaterializzarci. Non credi?»
«Già. Ne parliamo più tardi, amore.»

Fece cenno ai maghi di accomodarsi ai tavoli e di servirsi liberamente.
«Spero che la cena sia di vostro gradimento!» esclamò, battendo le mani soddisfatto.

Albus lo ringraziò, Minerva si servì per prima, prendendo un po' di tutto. Anche lei non vedeva l'ora di mettere qualcosa di buono nella pancia. Non mangiava da quando erano saliti sulla nave, parecchie ore di viaggio da una parte all'altra del mondo. L'unico pasto che si era concessa era un sacchettino di gelatine tutti i gusti più uno e un calice di succo di zucca.

Riempì con notevole velocità il suo piatto, senza tener conto alla disposizione del cibo. Lei, che era molto ordinata e seguiva accuratamente l'etichetta a tavola, adesso non le importava se il pane fosse sprofondato nella salsa di patate. Rigirò più volte le verdure nella forchetta e si portò il boccone alla bocca, con la stessa velocità con cui aveva riempito il piatto. Jacob la guardò speranzoso, e Minerva sollevò lo sguardo sentendosi osservata dal pasticcere.

«È, è molto buono.» ammise, ripulendosi le labbra sporche di salsa, e prendendo nuovamente il piatto fra le mano per riempirlo una seconda volta.
-che appetito.- commentò Albus, mascherando un sorrisetto bonario.
Minerva gli pestò la punta del piede con il tacco dello stivale, un piccolo ammonimento e gli lanciò un'occhiataccia.
-Bene! Sono felice che la cena le piaccia, professoressa!- esclamò Jacob rincuorato.
Non sapeva fare molto, ma la cucina era il suo forte. Almeno era capace di fare qualcosa, pensò. La moglie gli accennò un dolce sorriso e Jacob arrossì, consapevole che probabilmente aveva letto i suoi pensieri.

Con grande sorpresa di Jacob, non ci volle molto che i contenitori si svuotassero del tutto. Queenie con uno sventolio di bacchetta fece sparire le ciotole unte di olio, e fece apparire dal nulla dei vassoi d'argento, che vennero subito riempiti con dello strudel improvvisato e qualche snaso di Jacob.

Erano troppo simili e belli a quelli veri per mangiarli, pensò Albus.

Ma perché non assaggiarne qualcuno? La pioggia finalmente aveva smesso di battere sulle finestre, e il vento che aveva fatto tremare i vetri fino a qualche minuto prima, si placò.
«Signori.» sussurrò Minerva, quando finalmente la cena giunse al termine «Sarà meglio andare. Domani, io e Albus abbiamo tanti impegni da sbrigare!»

Durante tutta la cena, nessuno aveva citato volontariamente il nome di Gellert Grindelwald, come se potesse irrompere nella stanza da un momento all'altro.

Lally aveva deciso di lasciare il letto libero, accanto a quello di Tina ai due sposini, ma Jacob non voleva che fosse costretta a dormire sul divanetto del soggiorno che, per quanto imbottito, sapeva che non era l'ideale per una strega in convalescenza. Si trascinò a fatica fino alla poltrona e si gettò su di essa, esausto.

Che giornata assurda! Aveva litigato per ben due volte con la stessa cliente sulle forme atipiche delle sue paste di marzapane, sosteneva che le avesse copiato da qualcun altro. E, per la prima volta, Jacob aveva perso la pazienza, e l'aveva cacciata via dal locale.

Diede la buona notte a Queenie e al suo piccolo, e si lasciò sprofondare dalla stanchezza. Si inumidì le labbra secche più volte e si strofinò gli occhi, sperando che notte non passasse divertente.

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